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Lindzen: Ritenere che il clima abbia raggiunto la perfezione non è un segno di intelligenza.

Pare sia tempo di dichiarazioni. Il caso vuole che qualche giorno fa abbia circolato in rete anche un altro discorso, oltre a quello di Kevin Trenberth. Si tratta di Richard Lindzen, climatologo altrettanto noto ma di vedute diametralmente opposte.

Sapendo di peccare di cherry picking, questo l’ho tradotto 🙂

Buona lettura.

Contro una precipitosa azione climatica

di Richard Lindzen

L’idea di un clima statico, immutabile è estranea alla storia della terra o di qualsiasi altro pianeta, che sia avvolto in un involucro fluido. Il fatto che il mondo sviluppato sia andato in crisi isterica per anomalie della temperatura media globale di pochi decimi di grado lascerà di stucco le future generazioni. Tale isteria rappresenta semplicemente l’analfabetismo scientifico di gran parte del pubblico, la vulnerabilità dello stesso alla sostituzione della verità con la ripetizione, e lo sfruttamento di tali debolezze da parte di politici, sostenitori dell’ambiente e, dopo 20 anni tamburo battente dei media, anche di molti altri. Il clima è sempre in evoluzione. Abbiamo avuto glaciazioni e periodi più caldi, quando gli alligatori nuotavano nello Spitzbergen. Le ere glaciali si sono verificati in un ciclo di 100 mila anni per gli ultimi 700 mila anni, e ci sono stati periodi precedenti che sembrano essere stati più caldi di quello attuale, nonostante i livelli di CO2 fossero inferiori agli attuali. Più recentemente, abbiamo avuto il periodo caldo medioevale e la piccola era glaciale. Durante quest’ultima, i ghiacciai alpini avanzarono a coprire i villaggi. Dall’inizio del XIX° secolo i ghiacciai sono in ritirata. Francamente, non capiamo fino in fondo né l’avanzamento né il ritiro.

Per piccoli cambiamenti nel clima associati a decimi di grado, non c’è bisogno di alcuna causa esterna. La terra non è mai esattamente in equilibrio. I movimenti delle immensità oceaniche, dove il calore viene spostato tra gli strati profondi e la superficie fornisce variabilità su scale temporali che vanno da anni a secoli. Un recente lavoro (Tsonis et al, 2007), suggerisce che questa variabilità è sufficiente per tenere conto di tutti i cambiamenti climatici a partire dal XIX° secolo.

Per il riscaldamento dal 1979, vi è un ulteriore problema. Il ruolo dominante della convezione cumuliforme nelle zone tropicali richiede che la temperatura segua approssimativamente quello che viene chiamato un profilo adiabatico umido. Questo richiede che il riscaldamento nell’alta troposfera tropicale debba essere 2-3 volte maggiore rispetto alla superficie. Infatti, questo mostrano tutti i modelli, ma non lo mostrano i dati, e questo significa che qualcosa non va con i dati. E ‘noto che circa sopra 2 km di quota, le temperature tropicali sono piuttosto omogenee sul piano orizzontale, sichhé il campionamento non è un problema. Sotto i 2 km (circa l’altezza di quello che viene definito come lo strato di inversione), c’è molta più variabilità orizzontale, e, quindi, c’è un serio problema di campionamento. In tali circostanze, è ragionevole concludere che il problema risiede nei dati di superficie, e che il trend misurato attualmente in superficie è di circa il 60% troppo grande. Anche il trend dichiarato è maggiore di quello che avrebbero ottenuto i modelli se non fosse stato per l’inclusione di un fattore di correzione arbitrario rappresentanto da aerosol di raffreddamento. Tale discrepanza è stato segnalato da Lindzen (2007) e da Douglass et al (2007). Inevitabilmente nella scienza del clima, quando confliggono i dati con i modelli, un piccolo gruppo di scienziati potrà intervenire nella modifica dei dati. Così, Santer, et al (2008), sostengono che estendendo le incertezze nelle osservazioni e nei modelli si potrebbe eliminare parzialmente l’incoerenza. Il fatto che i dati abbiano sempre bisogno di essere corretti per andare d’accordo con i modelli è del tutto inverosimile e indicativo di un certo malcostume all’interno della comunità scientifica del clima.

Ne viene fuori che un controllo più accurato e privo di ambiguità del ruolo del feedback nell’accentuazione del riscaldamento da effetto serra mostra anche che tutti i modelli sovrastimano esageratamente la sensibilità climatica. Qui, si deve rilevare che l’effetto serra opera inibendo il raffreddamento del clima attraverso la riduzione netta di radiazione in uscita. Tuttavia, il contributo di CO2 da solo, infatti, non porta ad un riscaldamento importante (circa 1 grado. C per ogni raddoppio di CO2).

Le previsioni più accentuate dei modelli climatici sono dovute al fatto che all’interno degli stessi, le sostanze a effetto serra più importanti, vapore acqueo e nubi, agiscono in modo da amplificare enormemente qualsiasi cosa faccia la CO2. Questo è indicato come un feedback positivo. Ciò significa che gli aumenti di temperatura della superficie sono accompagnati da riduzioni della radiazione netta in uscita -aumentando così il riscaldamento da effetto serra. Tutti i modelli climatici mostrano tali variazioni quando sono forzati con le temperature osservate in superficie. Le osservazioni satellitari del bilancio radiativo della terra ci permettono di determinare se tale riduzione, di fatto, accompagni un aumento della temperatura di superficie in natura. Come si è visto, i dati da satellite del sensore Erbe (Barkstrom, 1984, Wong et al, 2006) mostrano che il feedback in natura è fortemente negativo -riducendo fortemente l’effetto diretto della CO2 (Lindzen e Choi, 2009) in netto contrasto con il comportamento dei modelli. Tale analisi rende evidente che anche quando tutti i modelli sono d’accordo possono essere tutti in errore, e questo vale per tutte le questioni inerenti la sensibilità del clima. Sfortunatamente, Lindzen e Choi (2009) conteneva una serie di errori, tuttavia, come illustrato in un documento attualmente sottoposto a referaggio, questi errori non sono stati rilevanti per l’assunto principale del lavoro.

Secondo il panel intergovernativo dell’ONU sui cambiamenti climatici, il forcing antropico dei gas ad effetto serra è già circa l’86% di ciò che ci si aspetta da un raddoppio della CO2 (di cui circa la metà proveniente da metano, protossido di azoto, freon e ozono), e le allarmanti previsioni dipendono da modelli per i quali la sensibilità di un raddoppio di CO2 è maggiore di 2°C, ciò implica che dovremmo già aver visto molto più riscaldamento di quanto ne abbiamo visto finora, anche assumendo che quanto sin qui misurato sia tutto da attribuire alle attività umane. Questa contraddizione è resa più acuto dal fatto che non vi è stata un riscaldamento globale netto statisticamente significativo per gli ultimi quattordici anni. Chi opera con i modelli, per difendere questa situazione, come abbiamo già osservato, sostiene che gli aerosol hanno cancellato gran parte del riscaldamento (Schwartz et al, 2010), e che i modelli tengono in debita considerazione le variabilità naturale interna non soggetta a forcing. Tuttavia, un recente lavoro (Ramanathan, 2007) sottolinea che gli aerosol possono indurre caldo e freddo, mentre gli scienziati britannici dell’Hadley Centre for Climate Research hanno recentemente osservato che il loro modello non riproduce adeguatamente la naturale variabilità interna, demolendo così le basi per l’iconica attribuzione dell’IPCC (Smith et al, 2007). È interessante notare (anche se non inatteso), che il lavoro britannico non abbia sottolineato questo aspetto. Piuttosto, essi hanno ipotizzato che la naturale variabilità interna potrebbe farsi da parte nel 2009, permettendo al riscaldamento di riprendere. Riprendere? Sicché il fatto che il riscaldamento sia cessato negli ultimi quattordici anni viene riconosciuto. Va notato che, più recentemente, alcuni modellisti tedeschi hanno spostato la data di ‘ripresa’ fino al 2015 (al Keenlyside et al, 2008).

Gli allarmisti climatici rispondono che alcuni degli anni più caldi si sono verificati nell’ultima decade. Dato che siamo in un periodo relativamente caldo, questo non è sorprendente, né dice nulla sulle tendenze.

Dato che le prove (e ho citato solo alcune delle numerose evidenze), implicano fortemente che il riscaldamento antropogenico è stato molto sovrastimato, parimenti lo sono le basi per l’allarme che da esso deriva. Tuttavia, un punto davvero importante è che le ragioni di allarme sarebbero ancora deboli anche se l’origine antropica del riscaldamento fosse stata significativa. Gli orsi polari, il ghiaccio marino artico estivo, le siccità e le inondazioni regionali, lo sbiancamento dei coralli, gli uragani, i ghiacciai alpini, la malaria, ecc ecc, non dipendono esclusivamente dalle anomalie della temperatura media globale superficiale, ma da un un numero enorme di variabili regionali tra cui temperatura, umidità, nuvolosità, precipitazioni, direzione e intensità del vento. Lo stato del mare è spesso fondamentale. La nostra capacità di prevedere una di queste variabili al di là di un paio di giorni è minima (uno dei principali modellisti si riferisce a questo lavoro come poco più che tirare a indovinare). Eppure, ogni previsione catastrofica dipende da ciascuno di questi in una specifica combinazione.

Le probabilità che si verifichi ogni specifica catastrofe sono effettivamente quasi zero. Questo era vero anche per le precedenti previsioni di carestia per il 1980, di raffreddamento globale nel 1970, del Y2K e molte altre. A livello regionale, di anno in anno le fluttuazioni di temperatura sono più di quattro volte più grandi delle fluttuazioni della media globale. Gran parte di questa variazione deve essere indipendente dalla media globale, altrimenti essa stessa dovrebbe variare molto di più. Si tratta semplicemente di constatare che altri fattori del riscaldamento globale sono più importanti per ogni situazione specifica. Questo non vuol dire che le catastrofi non si verificheranno, ma che si sono sempre verificate e questo in futuro non cambierà. Combattere il riscaldamento globale con gesti simbolici non cambierà certamente òa situazione. Tuttavia, la storia ci dice che maggiori ricchezza e sviluppo possono profondamente aumentare la nostra capacità di adattamento.

In considerazione di quanto sopra, ci si può ragionevolmente chiedere perché vi sia l’allarme attuale, e, in particolare, perché ci sia stata una incredibile recrudescenza di allarmismo negli ultimi 4 anni. Quando un problema come il riscaldamento globale è nell’aria per oltre venti anni, vengono sviluppati numerosi ordini del giorno per sfruttarlo. Gli interessi del movimento ambientalista di acquisire più potere, influenza e donazioni sono ragionevolmente chiari. Lo sono anche gli interessi dei burocrati, per i quali il controllo delle emissioni di CO2 è un sogno diventato realtà. Dopo tutto, la CO2 è un prodotto della stessa respirazione. I politici possono vedere possibilità di tassazioni che saranno ben accette perché necessarie per ‘salvare’ la Terra. Le nazioni hanno compreso come sfruttare questo problema al fine di ottenere vantaggi competitivi. Ma, ormai, le cose sono andate ben oltre. Il caso della Enron (una società energetica del Texas ora fallita), è in questo senso esemplificativo. Prima di disintegrarsi in uno spettacolo pirotecnico di manipolazione senza scrupoli, la Enron aveva fatto una delle più intense azioni di lobbyng per Kyoto. Aveva sperato di diventare una società di negoziazione commerciale dei diritti di emissione di carbonio. Questa non era una piccola speranza. Questi diritti hanno probabilmente un valore di oltre un trilione di dollari, e le commissioni varranno molti miliardi. Gli hedge fund stanno attivamente esaminando la situazione, così è stato anche per Lehman Brothers prima della sua fine. Goldman Sachs ha fatto pressioni a lungo per il disegno di legge ‘cap and trade’, ed è ben posizionata per fare miliardi.

Probabilmente è un caso che lo stesso Gore sia associato a tali attività. La vendita delle indulgenze è già in piena attività con le organizzazioni di vendita di offset per la propria impronta di carbonio mentre a volte riconoscendo che gli offsets sono irrilevanti. Le possibilità di corruzione sono immense. Archer Daniels Midland (La più grande società di agrobusiness americana) ha fatto efficace azione di lobbyng per i requisiti di etanolo nel carburante, e la domanda che ne deriva per l’etanolo può avere già contribuito a forti aumenti dei prezzi del mais e alle difficoltà che ne derivano per i paesi in via di sviluppo (per non parlare meno efficienti prestazioni delle vetture). E, infine, ci sono le numerose persone di buone intenzioni che hanno permesso alla propaganda di convincerli che, accettando la visione allarmistica del cambiamento climatico di origine antropica, stanno mostrando intelligenza e virtù, è in gioco il loro benessere psichico.

Con tutto questo in gioco, si può facilmente sospettare che ci possa essere un senso di urgenza provocata dalla possibilità che il riscaldamento potrebbe essere cessato e che il caso che il riscaldamento osservato sia dovuto in misura significativa alle attività umane si stia disintegrando. Per quanti sono coinvolti negli ordini del giorno più venali, la necessità di agire presto, prima che il pubblico apprezzi la situazione, è davvero reale. Tuttavia, per i leader più seri, la necessità di resistere coraggiosamente all’isteria è chiara. Lo spreco di risorse nella lotta simbolica al cambiamento di un clima in perenne cambiamento non è un sostituto per la prudenza. Né l’assunto che il clima della terra abbia raggiunto un punto di perfezione a metà del ventesimo secolo è un segno di intelligenza.

NB: da qui.

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Published inIn breve

3 Comments

  1. giovanni pascoli

    ah dimenticavo è possibile avere i link del testo originale?
    Grazie!

    Reply
    E’ in fondo.
    gg

    • giovanni pascoli

      senza polemica…. link un po criptico!

  2. giovanni pascoli

    Che bel discorso, trovo che questo dovrebbe essere quasi un insegnamento etico sul tipo di approccio che si dovrebbe avere quando si affronta lo studio dei fenomeni naturali. COme ho già ripetuto più volte questo tipo di approccio io l’ho imparato dagli studi in geologia ma posso affermare con certezza che questo si discosta e di molto rispetto alla media delle altre facoltà scientifiche e tecniche, in primis l’ingegneria. Spesso in questi altri luoghi si impara la regola, la legge, la consequanzialità matematica (2+2=4) e non si impara invece la variabilità e l’aleatorietà dei fenomeni naturali ( circa2+circa2= circa 4……ma quanto vale questo circa?).
    Ricorderò sempre un mio professore universitario del terzo anno che ci disse ” bene in questi 2 anni avete imparato quasi tutte le regole, le classificazioni, le leggi teoriche della geologia ora imparerete che in pratica non si verificano mai così come sono descritte e classificate dall’uomo”.
    Come specifica Lindzen purtroppo l’approccio allo studio del clima è completamente sbagliato oltre che sottostimato e sottovalutato. Non posso concordare con lui quando dice che non si riesce a prevedere il tempo tra 3 giorni ma si pensa di prevedere il clima tra 20 anni, solo un troglodita, uno stupido, un ignorante potrebbe pensare il contratio. Putroppo ritengo che l’approccio della scienza rispetto allo studio del clima, qunando non infulenzato da secondi fini, sia (stato) proprio di tipo trogloditico e solo ora stia emergendo un po di illuminato buon senso ed intelligenza. Questo approccio è stato sicuramente favorito da un fatto: la scienza del clima è una scienza nuova, giovane, per la quale non esiste(va) una solida base, delle fondamenta su cui impostare corretamente gli studi e le osservazioni. Detto con le parole di Cetto un appoccio fatto “a m.n.h.a”. IN questo contesto nebuloso e caotico scienziati provenienti da altri settori, dalla fisica all’economia (!), si sono immischiati, hanno messo del loro e si sono buttati in questa nuova branca con i risultati catastrofici e grottechi che sono sotto gli occhi di tutti coloro che hanno un minimo di buon senso ed approccio critico. Al contrario i risultati catastrifistici ed irreali fanno invece molta presa proprio sulle masse e sull’informazione nazional popolare, acritica e pronta a bere tutto quello che proviene da fonti “ufficiali” Per esperienza e letture personali sulla storia della geologia posso affermare con tranquillità e sicurezza che queste aberrazioni si creano in maniera abbastanza fisiologica proprio quando nasce una nuova branca scientifica. AL giorno d’oggi abbiamo la geologia, i geologi e un mondo di sotto-settori di specializzazione dalla paleontologia alla sedimentologia, alla sismica, vulcanologia, geoingegneria, geotecnica ecc.ecc. ( un po come le specializzazioni della medicina). Ma agli albori della geologia( a cavallo tra 1700 e 1800) e fino ai primi del 1900 i geologi non esistevano, vi erano degli studiosi appassionati di scienza in generale che magari erano dei botanici, dei biologi, dei chimici, dei fisici o altro che cominciarono a interessarsi di rocce, vulcani fossili e fenomeni naturali. Questi scienziati pionieri approcciarono la geologia con l’occhio proprio e “deforme” della loro specializzazione e questa intrusione nel campo della geologia senza basi solide portò a delle aberrazioni che oggi ci farebbero sorridere, come pensare che i fossili fossero scherzi della natura, che la tettonica non esistesse, con spiegazioni per terremoti e vulcanismo che rasentvano la fantasia, la supersizionie e il misticismo religioso. La stessa cosa sta avvenendo con lo studio del clima, siamo agli albori come nella sua (prei)storia l’uomo fu agli albori della civiltà, della scrittura, del fuoco e quant’altro, tutte cose che oggi diamo per assodate ma che furono dei piccoli ed enormi passi fatti dai nostri antenati che percorsero per la prima volta queste nuove strade non certo con il piglio del condottiero ma con l’incertezza del neonato che impara a parlare e camminare. Tutto questo mette in gioco non più la scienza in se ed il suo rigore ma la storia dell’uomo, la sua etica e la sua intelligenza intesa a livello di specie. Putroppo questa presa di coscienza multidisciplinare al giorno d’oggi spesso è mascherata dalla tecnologia che ci fa sentire più evoluti e infallibili di quanto non lo si sia in realtà.

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