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Il clima di medio termine: Come natura crea

Già parecchio tempo fa abbiamo avuto modo di commentare il target che l’IPCC si è dato per la stesura del prossimo rapporto, il quinto, previsto in uscita per il 2013. Il prof. Filippo Giorgi, che rappresenta il Paese nell’esecutivo del Panel, aveva rilasciato questa intervista al quotidiano La Stampa, spiegando che l’attenzione non sarà più rivolta alla stesura di previsioni (o scenari) centenarie, quanto piuttosto a previsioni a scala spaziale e temporale molto più limitata.

Con questo nuovo articolo pubblicato sul BAMS, i membri del Decadal Predictability Working Group hanno cominciato a gettare le basi di questo nuovo tipo di approccio. E’ un articolo interessante e per molti aspetti del tutto nuovo, anche nel modo in cui sono esposte le tematiche affrontate. Nel commento ci aiuta Judith Curry, è infatti dalle pagine del suo blog che ho avuto notizia di questa pubblicazione.

C’è una frase contenuta nell’ultima sezione del testo decisamente interessante:

Given that over the course of the next 10–30 years the magnitude of natural decadal variations may rival that of anthropogenically forced climate change on regional scales […]

Considerato che nel corso dei prossimi 10-30 anni l’ampiezza delle variazioni decadali di origine naturale potrebbe rivaleggiare con quella dei cambiamenti climatici di origine antropica su scala regionale […]

Direi che il commento è scontato, e la Curry non manca il bersaglio:

I don’t recall the climate establishment “giving” this one before.  The implications of this is that the warming between 1970 or 1980 to 2000 should be operating under the same givens also.

Non ricordo di aver visto l’establishment climatico “considerare” niente del genere in passato. Ciò implica che il riscaldamento tra il 1970/1980 e il 2000 potrebbe essere avvenuto secondo le stesse dinamiche.

Ma credo che si possa dire anche di più. L’ipotesi è riferita la futuro prossimo (in termini climatici ovviamente). Nel recente passato questa rivalità, contrasto, reciproco annullamento, lavoro di gruppo – chiamatelo come volete- tra forcing antropici e naturali, è stata più che evidente. E’ infatti dal cosiddetto arresto del Global Warming degli ultimi 10-15 anni che nascono le perplessità che gli autori cercano di investigare. Una decade o poco più, appunto, che è stata oggetto di pianificazione per la mitigazione dell’impatto antropico in base a scenari di previsione che non si sono affatto verificati.

Cosa è cambiato adesso? Perché la variabilità naturale è ora data per prevalente? E il caldo sempre più caldo? E l’affermazione di Susan Solomon: wet gets wetter, dry gets dryer? Tutto questo dove è finito? In questo articolo si parla di 10-30 anni, cioè più o meno fino al 2040. Mi par di ricordare che per quella data dovremmo essere già tutti arrosto, oppure no? Un bel passo avanti, non c’è che dire.

Ma non è tutto qui. Segue infatti un lungo periodo interamente dedicato alle incertezze sia spaziali che temporali nei dataset delle osservazioni, siano esse oggettive o derivanti da dati proxy. Incertezze che, a quanto leggiamo (e sapevamo) complicano non pesantemente il lavoro di verifica dei modelli di simulazione. La Curry obbietta giustamente:

[…] with all these uncertainties in the observations of ocean temperature, “unequivocal” and “very likely”  in the AR4 seem overconfident.

[…] con tutte queste incertezze nelle osservazioni delle temperature oceaniche, [i termini] “inequivocabile” e “molto probabilmente” nell’AR4 sembrano presuntuosi.

Ma le simulazioni non contengono delle importanti incertezze solo perché è difficile sottoporle a verifica. Esiste un problema sostanziale anche nella rappresentazione dei processi fisici con cui agiscono le varie forzanti. Gli autori fanno un esempio molto semplice riferito all’area del Pacifico equatoriale e alle variazioni delle temperature di superficie: i modelli che hanno come output una intesificazione delle condizioni di El Niño, hanno la meno realistica rappresentazione della variabilità dell’ENSO, mentre i modelli che interpretano più correttamente le oscillazioni dell’ENSO, hanno la peggiore rappresentazione del gradiente delle temperature di superficie. Stanno parlando del più grosso serbatoio di calore del Pianeta!

Gli appassionati di catastrofi climatiche prossime venture e classifiche delle temperature medie superficiali globali, tendono sempre a dimenticare che gli ormai famosi anni più caldi di sempre sono arrivati sempre in concomitanza di condizioni di El Niño. Spike di temperatura che è impossibile non notare nelle serie. Bene, El Niño è un evento climatico di origine naturale che domina il clima del Pianeta, ben comprensibile nelle sue dinamiche, del tutto sconosciuto in termini di origini di occorrenza.

Sembra di leggere un articolo di scettici climatici. Judith Curry si chiede se gli autori si siano resi conto dei risvolti che le loro affermazioni possono avere nell’ambito del dibattito sul clima. Personalmente spero ne abbiano di dirompenti, e mi associo quindi alla sua conclusione: niente più “inequivocabile” e “molto probabilmente” nell’AR5 per cortesia.

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Published inAttualitàClimatologiaNews

3 Comments

  1. teo

    Se fossimo tutti coerenti con l’idea di misurabilita’ non si sarebbe qui costretti a parlar di queste cose, very likely.

  2. Guido Botteri

    Ho letto l’articolo della Solomon (e altri) sui contributi del vapor acqueo stratosferico ai cambiamenti decadali nel rateo del riscaldamento globale. Se non avessi problemi con i permessi per pubblicare parti dell’articolo (primo di tutti i tempi per riceverli) vi mostrerei tutti i dubbi, le incertezze, la confusione che la Solomon elenca in quell’articolo. Ma vi invito a leggere voi stessi quell’interessante articolo, che potete trovare qui
    http://www.sciencemag.org/content/327/5970/1219.abstract
    nella cui pagina potete ottenere il full text o il pdf.
    Tutto questo mi fa venire in mente l’arroganza del termine “negazionisti”, parola che meriterebbe per lo meno una certezza al 100%, e NON un “very likely” (che “very likely” evidentemente non è…come traspare sempre più evidentemente dalle ammissioni di persone anche di rilievo, non ultima la stessa Solomon). Pure una cosa per essere tale, vuol dire che NON è certezza, è solo una probabilità (e pare che sia pure da abbassare, a prender per buono quello che dice la Solomon, famosa per la sua dichiarazione della presunta irreversibilità del GW).
    E se una cosa NON è certa, ma solo probabile (salvo poi a discutere “quanto”), come si fa a “negare” il diritto di altri di non crederla al 100% ? Come si fa a chiamare “negazionista” chi ha una sua opinione che ha LEGITTIMA SEDE E GIUSTIFICAZIONE in quello spazio che manca ad una certezza conclamabile ?
    Non è evidente la totale, megagalattica, arrogante contraddizione di chi usa quell’odioso e offensivo termine per etichettare chi non la pensa come lui ?
    ps
    Dicono che negare l’AGW sarebbe come essere sostenitori della Terra Piatta. C’è una profonda contraddizione in quest’accusa. Sono stati gli scettici sulla teoria della Terra piatta (che erano una minoranza rispetto al generale consenso che essa fosse appunto piatta) ad aver ragione…non capovolgiamo la storia, per favore.
    Ora c’è un ampio consenso sulla forma della Terra, che però non è paragonabile a quello sull’ipotesi AGW, perché la forma della Terra è stata poi osservata, misurata in ogni modo, fotografata, verificata oltre ogni possibile dubbio, mentre non ci sono prove né verifiche degli scenari (NON previsioni, “scenari”) al 2100, e, se vogliamo, i primi segnali NON sono favorevoli alle aspettative dei sostenitori di quell’ipotesi.
    Inoltre neanche allora si è potuto parlare di “the debate is over”, argomento chiuso, tanto che la teoria che la Terra fosse rotonda, che fu considerata quella giusta per secoli e secoli, è stata giustamente contestata da chi ha fatto osservare che in realtà essa non è esattamente rotonda, ed ha usato per la Terra il termine di “geoide”, che vorrebbe dire che la Terra è “a forma della Terra” 🙂
    argomento quindi che non andava comunque “chiuso”, perché la scienza non è materia da “chiudere”, non è materia da dogmi, o ideologie, ma una base comune per persone di idee anche assai diverse. Se piove, infatti, non piove solo per la persona di destra, ma piove anche per chi è di sinistra, e quindi sarebbe il caso di tener fuori dalla scienza ideologie, politica, religione, e pregiudizi, e guardare ai fatti e farsi guidare da essi.
    Secondo me.

    • Fabrizio Giudici

      “Dicono che negare l’AGW sarebbe come essere sostenitori della Terra Piatta. C’è una profonda contraddizione in quest’accusa. Sono stati gli scettici sulla teoria della Terra piatta (che erano una minoranza rispetto al generale consenso che essa fosse appunto piatta) ad aver ragione…non capovolgiamo la storia, per favore.”

      Per la cronaca, e anche per alleggerire un po’ i nostri discorsi energetico-climatici, credo che questo paragone sia del tutto improponibile, da una parte e dall’altra. Non so in quale contesto gli AGWiani abbiano citato i sostenitori della Terra Piatta vs Tonda, ma molta gente crede che la Terra era considerata piatta finché Colombo non scoprì l’America. A parte il fatto che è già complicata di sè, la storia, per via dell’equivoco tra Indie e Nuovo Continente, in realtà all’epoca di Colombo c’erano parecchi sostenitori della Terra tonda. Eratostene aveva misurato il raggio nell’antichità e Dante nella Divina Commedia esponeva un modello della Terra tonda. Ora, francamente non saprei come andare a misurare se fossero in maggioranza i piattisti o i rotondisti… E poi chi andiamo a misurare? L'”opinione pubblica”? La “comunità scientifica”? Tutte cose che, per le epoche a cui ci stiamo riferendo, sono non misurabili.

      Tanto per essere coerenti con l’idea di misurabilità…

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