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Cibo vs biofuel, ennesimo capitolo della saga

Probabilmente parlare oggi di economia è garanzia di essere immediatamente cestinati, se poi addirittura parliamo di modelli matematici applicati all’economia, allora diventa più che certo. Quanto però stiamo per raccontare è un esempio positivo di come si possano utilizzare i modelli matematici, sebbene per spiegare un fenomeno a dir poco fastidioso. Sto parlando delle cause che hanno portato al rialzo repentino e massiccio dei prezzi delle materie prime alimentari. Ormai siamo in tanti a parlarne (qui su CM ne parliamo da molto tempo, davvero) e nonostante ciò la situazione rimane critica e in tendenza, potrebbe anche peggiorare.

L’analisi di turno questa volta arriva dall’Istituto dei Sistemi Complessi del New England ed è firmata dallo scienziato Yaneer Bar-Yam1 . Prima di partire però, è doveroso un rapido punto della situazione (invito in ogni caso il lettore a compiere una rapida ricerca tra gli articoli più vecchi di CM). Nel 2008 è venuta a galla la punta di un iceberg che affonda le proprie radici almeno un decennio prima: con la bolla speculativa (detta “crisi dei mutui”), una serie di ingenti capitali hanno cominciato a spostarsi da una fonte di investimento all’altra, materie prime alimentari comprese. Ora, dobbiamo tutti ricordarci che la speculazione su queste materie prime non è una novità, c’è sempre stata, ma era confinata agli operatori stessi del settore e serviva fondamentalmente a ripararsi dal rischio legato alla produzione agricola.

Tra la metà e la fine degli anni ‘90 del XX secolo, tuttavia, una insensata pressione lobbistica da parte di alcune (grandi) multinazionali ha portato ad una deregulation complessiva del settore legato alle materie prime alimentari. De facto, chiunque poteva partecipare alla speculazione su tali materie prime, al pari di cotone, rame, argento ecc.

E siamo ai giorni nostri. Tra il 2008 e il 2011 è ormai cronaca conosciuta: i prezzi delle materie prime hanno subito improvvisi e massicci aumenti e le materie prime alimentari non si sono sottratte a questo meccanismo. In questi anni ne abbiamo sentite davvero di tutti i colori circa le cause. Un esempio?

La grande siccità australiana del 2008. Oppure, l’aumento vertiginoso della domanda interna di Cina e India. Oppure ancora l’aumento del petrolio (e quindi dei trasporti).

Niente di tutto ciò, per lo meno stando allo studio. Bar-Yam ha costruito un modello matematico per spiegare (attenzione, non simulare) l’andamento dei prezzi delle materie prime alimentari. Ebbene, nessuna delle motivazioni sopra elencate spiega in modo anche solo sufficiente l’andamento dei prezzi. Emergono però due cause, anzi svettano su tutte le altre. Una l’abbiamo già citata, ed è una vecchia conoscenza per i lettori di CM: la speculazione. L’altra causa è altrettanto (tristemente) nota ai nostri lettori, e prende il nome di: cambiamento nella destinazione d’uso dei terreni agricoli. In altre parole: Biofuel.

Se da un lato la deregulation ha sottoposto (condannato) le materie prime alimentari alla speculazione finanziaria, da parte di una pletora sempre crescente di operatori avulsi dal contesto produttivo agricolo, con un conseguente progressivo sganciamento dell’andamento dei prezzi dal meccanismo di incontro tra domanda e offerta, dall’altro lato la riduzione dei terreni agricoli per scopi alimentari per via della crescente produzione di biofuel, ha fatto sì che i prezzi iniziassero una corsa al rialzo e subissero la volatilità del mercato.

Ma questa è la spiegazione che abbiamo sempre dato qui su CM. Il modello matematico di Bar-Yam, però, ci conferma che l’andamento dei prezzi degli alimentari si spiega perfettamente (e lo scienziato ci tiene a sottolineare la perfetta aderenza della ricostruzione con i dati reali), dicevamo si spiega perfettamente con la speculazione e la produzione di biofuel. Con una piccola postilla. Mentre la speculazione tramite futures è sempre esistita in questo campo, negli ultimi 10 anni ci si è mossi verso la quotazione spot. Chiaramente lo speculatore puro ha posizioni corte e costruisce la sua marginalità su prezzi spot.

Vale la pena sottolineare che questo modello matematico non ha ricostruito il funzionamento del mondo, nè messo in luce meccanismi sconosciuti. Come tutti i modelli matematici, questi altro non sono che una rappresentazione semplificata della realtà e quindi possono solo aiutarci a comprendere meglio aspetti singoli di vicende molto, molto complesse. Lo studio di Bar-Yam è estremamente interessante e ha il pregio indiscutibile di quantificare e codificare ciò che molte persone vanno dicendo ormai da tempo: i prezzi delle materie prime alimentari non stanno aumentando per tutte quelle cause catastrofiche che ci vengono raccontate tutti i giorni, bensì per la dissennata avidità di pochi. Ma c’è di più: la velleitaria politica di produzione e diffusione dei biofuel sta scardinando completamente i meccanismi di incontro tra domanda e offerta di materie prime alimentari. Sulle conseguenze dell’aumento di alimenti di base, quali pane e pasta, oltre ogni possibile concreta capacità di acquisto da parte del terzo mondo, non mi dilungherò troppo, tenendo conto che le rivolte in Messico nel 2008 – 2009 e la successiva “primavera” araba hanno una matrice economica, proprio legata ai prezzi degli alimentari. Biofuel e speculazione, altro che riscaldamento globale.

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  1. “The Food Crises: A quantitative model of food prices including speculators and ethanol conversion.” By Marco Lagi, Yavni Bar-Yam, Karla Z. Bertrand, Yaneer Bar-Yam. arXiv, Sept. 21, 2011 []
Published inAttualitàEconomiaNews

8 Comments

  1. Grazie a tutti per gli spunti di riflessione. Ovviamente torneremo sull’argomento, molto presto. Proprio in questi giorni si discute di produzione di biocarburanti in Italia, perchè pare che il terreno sottratto per queste coltivazioni non entri in conflitto con il terreno per produzioni agricole alimentari. Staremo a vedere.
    CG

  2. Sì,una connessione c’è tra biofuel e prezzi delle materie alimentari.
    Purtuttavia,dato l’esaurimento degli idrocarburi ed il rifiuto di carbone e nucleare per fifa, bisognerà pure adattarsi al male minore se vorremo evitare tremende carestie e guerre continue,già iniziate,ai nostri figli.Poichè siamo abituati ad usare tanta energia almeno usiamo i terreni marginali e i rifiuti. Vorrei avviare una discussione per far capire che bruciare le biomasse non altera l’equilibrio climatico perche è a bilancio zero.
    Titolo : CO2 ,innocente perseguitato.
    Giuseppe Manzi Latina

  3. La differenza è che la speculazione, aumentando al momento i prezzi, favorisce i produttori e quindi, in misura ovviamente minore di altri, anche i piccoli agricoltori dello stesso “affamato” Terzo Mondo (poi in un secondo momento la “bolla alimentare” scoppierà, e i prezzi crolleranno – ma quella sarà un’altra storia).

    Invece il biofuel affama e basta.

  4. Roberto farnetti

    Segnalo un libro su questo argomento in uscita con Carocci. “i biocarburanti. globalizzazione e politiche territoriali” di Carrosio G.

    • Lionel

      complimenti anche da parte mia.

      e comunque la vostra professionalità, per chi anche fosse digiuno di questi contenuti, si capisce dalla capacità di mantenere il gruppo direttore ridotto e molto selezionato.

      tenete duro!

  5. antonio

    Molto interessante. se poi aggiungiamo che invece di usare il mais per dar da mangiare alle popolazioni del terzo mondo lo usiamo per fare i ns. sacchettini “chic” biodegradabili in poco tempo la cosa è ancora più chiara.
    Complimenti.

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