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Comanda, regola e imponi

Che il mercato delle energie alternative sia un cosiddetto mercato drogato, è fuori di dubbio. Pesantemente sussidiato, ha portato ad una distorsione del mercato non indifferente anche nella percezione delle misure da adottare o meno. Per esempio la green economy avrebbe dovuto creare milioni di posti lavoro (davvero, milioni) perchè ci hanno sempre detto essere la panacea. Tuttavia, le scelte sono sottoposte come dicevamo ad una tale distorsione ideologica, che nessuno ha finora voluto affrontare la realtà di un mondo in recessione un su tutti: Barack Obama, che espresse parole di immensa fiducia nella green economy, durante il suo famoso discorso di insediamento alla Casa Bianca. Da lì a poco la crisi avrebbe cominciato a mordere fortissimo, ma non importa: la green economy avrebbe salvato tutti.

E infatti non ha salvato nessuno, al contrario ha appesantito ulteriormente i bilanci degli stati che, amaramente, si sono resi conto di quanto costi e quanto poco restituisca una rete basata sull’attuale tecnologia delle rinnovabili.

Tutto ciò però non basta. Dopo essersi auto convinti ed aver obbligato il mondo occidentale a convincersi della bontà delle rinnovabili, dopo aver distorto in malo modo il mercato del lavoro, devono sovvertire completamente anche le regole della concorrenza.

E’ quanto propone Russel Smith1 , direttore esecutivo della Texas Renewable Energy Industries Association: il mercato dell’energia va regolamentato, nella fattispecie aumentando il costo del gas. Tale obiettivo andrebbe raggiunto riducendo la produzione di gas (e di conseguenza determinando un innalzamento dei prezzi). Perchè questo? Perchè oggi, con un costo così basso del gas, le energie alternative non hanno avuto ancora la possibilità di raggiungere quella massa critica che da anni si dice che dovrebbero raggiungere. Due considerazioni.

La prima è che c’è una chiara ammissione: le energie alternative costano e non vi è altro modo di farle digerire al mercato se non aggirando la concorrenza.

La seconda, che poi è figlia direttamente della precedente, è che le energie alternative non sono un mezzo per salvare il pianeta, creare posti di lavoro e sentirci tutti più bravi. No, è una industria come le altre, che deve fare profitto ma che essendo stata investita di questo ruolo salvifico può comodamente aggirare qualsiasi regola di mercato e di buon senso. Quindi non importa se le rigidità che si vorrebbero imporre al mercato ricadranno sull’utente finale, questo è decisamente un aspetto secondario.

Fortunatamente, la commissione presso cui Russel Smith ha esposto il suo pensiero gli ha risposto gentilmente, sottolineando che una idea simile, è davvero fuori luogo. Nessuno vuole appesantire un intero comparto industriale che, a differenza delle rinnovabili, è una realtà consolidata e funzionante.

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  1. Renewables advocate proposes curtailing Texas gas production; http://www2.snl.com/Interactivex/article.aspx?CdId=A-13763787-11305 []
Published inEconomia

3 Comments

  1. Crosato Francvesco

    Strano che in queste considerazioni non si considerino i costi della produzione e del consumo di gas e derivati del petrolio. A partire dalla estrazione al trasporto e poi il consumo. I costi trascurati sono quelli di inquinamento e incidenza sociale sulla salute pubblica. Mentre il fotovoltaico non inquina se non alla produzione e in misura limitata. Non ha problemi di trasporto e non inquina durante l’uso. Il primo mercato ad essere drogato è proprio quello del petrolio infatti scarica sulla gestione pubblica i costi e le incidenze dell’inquinamento e della salute. Il gas e i derivati del petrolio dovrebbero, in un mercato corretto, costare di più per tenere conto del disinquinamento e delle cure mediche.

    Trovo davvero strano che degli esperti economici si lascino sfuggire dal conteggio intere voci di spesa ! Che ci siano interessi di parte è palese e in parte giustificato dalla consuetudine. In pratica questi signori danno per scontato che inquinare si può ed è gratuito. Cosa che poteva essere tollerata nella prima industrializzazione non certo nel terzo millennio.

    Crosato francesco

    • donato

      Il costo di un’autovettura Euro5 sconta ampiamente il problema delle emissioni di CO2 e di PM10 (relativamente ai motori a gasolio). Il costo di un litro di gasolio, di benzina e di un metro cubo di metano è fortemente penalizzato da tasse ed accise. Ciò nonostante il fotovoltaico e le energie alternative non riescono a competere con il metano ed i derivati del petrolio. La struttura del prezzo dei combustibili, in altre parole, è tale da compensare ampiamente i costi della salute pubblica e del disinquinamento. Inquinare, quindi, non è assolutamente gratuito.
      Per quel che riguarda l’industrializzazione del terzo millennio, il problema che dovremmo porci è il seguente: vogliamo una industrializzazione del terzo millennio o no? Se si, purtroppo per noi, dobbiamo accettare il costo dell’inquinamento in quanto le altre forme di approvvigionamento energetico (alternative) non sono in grado di sopperire a quelle classiche nonostante gli incentivi. In caso contrario credo che sia inutile parlare di industrializzazione del terzo millennio. L’unica alternativa, secondo me, è cercare di migliorare le tecnologie esistenti in modo da ridurne i costi ambientali e migliorarne il rendimento energetico.
      Ciao, Donato.

  2. donato

    In Texas è andata a finire bene. Speriamo che qualche tesa gloriosa simile a R. Smith non si alzi una mattina e proponga la stessa cosa a qualche commissione con sede in quel di Bruxelles: scommetto che l’idea verrebbe accettata al volo.
    Ciao, Donato.

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