Salta al contenuto

La realtà non è in un software, è nell’aria.

Questa storia la ripendiamo pari pari da WUWT e da World Climate Report. A dire il vero la seguiamo già da quasi tre anni, da quando cioè è stato pubblicato su Nature il lavoro di Steig et al. con cui si ‘ribaltava’ la storia. L’Antartide si scalda, né più né meno come il resto del Pianeta.

Dati scarsi, contraddittori e farraginosi, ma opportunamente riordinati e decifrati. Risultato, una suggestiva copertina della rivista scientifica più accreditata e un tam tam mediatico che ha dato origine ad un mantra che da allora nessuno è stato in grado di scalfire.

E sì che quei dati sono stati ripresi e riorganizzati da altri, tra questi ad esempio O’ Donnel et al., 2011, che hanno puntualmente ritrovato quello che già si sapeva, senza alcun bisogno di ribaltare la storia. Che è la seguente.

Sulla base delle pur scarse informazioni disponibili, si sa che l’Antartide ha subito un riscaldamento attrono alla metà del secolo scorso, per poi vivere un trentennio in cui le temperature non hanno subito variazioni importanti. Una porzione quasi esclusiva di quel riscaldamento, spetta alla Penisola Antartica, settore più esterno del continente, quella lingua di terra e ghiaccio che si protende verso Punta Arenas, il vertice dell’America del Sud. Per una buona parte del settore occidentale del continente, invece, si è trattato di un mix di oscillazioni a scala regionale dirette soprattutto verso la diminuzione delle temperature. A riprova di ciò, il fatto che con l’eccezione dei ghiacci della Penisola, tutto il resto dell’Antartide ha visto crescere l’estensione del ghiaccio in modo significativo.

Ma tutti i metodi sono leggitimi, almeno fino a prova contraria. Vediamo perciò i risultati delle due metodologie. La figura sotto viene dai dati di Steig et al., 2009.

La seguente invece scaturisce dai dai di O’Donnel et al., 2011.

Che si preferisca un risultato o l’altro, nell’assoluta convinzione che chi tratta i dati lo faccia in buona fede, il fatto che gli stessi dati diano risultati così diversi in funzione del metodo statistico utilizzato, vuol dire due cose, 1) i dati non sono sufficienti e, 2) la statistica non è lo strumento ideale per trattare serie così farraginose.

Come fare allora a capire chi ha ragione? Ci vuole un arbitrato, una fonte terza, magari una serie di dati di temperatura completamente diversa. Dove prenderla? Nei lavori in questione una parte dei dati venivano dalle sonde satellitari, ma non delle MSU curate da Spencer e Christy, una serie che ha ormai compiuto 33 anni. Vediamo un po’:

C’è un po’ di blu nella bassa troposfera antartica tra il 1978 e il 2011. E c’è anche un po’ di arancione e rosso. Certo, la bassa troposfera non è la superficie. Certo il periodo è un po’ diverso. Ma questa immagine sembra più coerente con il lavoro di O’Donnel  che con quello di Steig. E questi sono dati reali e omogenei, sia dal punto di vista spaziale che temporale.

Nel frattempo, l’Antartide è lì, in buona salute.

http://arctic.atmos.uiuc.edu/cryosphere/

Non è così per l’Artico, di cui all’immagine sotto, che proponiamo per evitare le bacchettate dei soliti noti.

http://arctic.atmos.uiuc.edu/cryosphere/

Tutto ciò, naturalmente, a inconfutabile riprova del fatto che si tratta di un fenomeno globale!

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualitàClimatologia

3 Comments

  1. Alex

    Poiche’ seguo i Blogs citati sia nell’ articolo che nel commento ero a conoscenza dei fatti riportati. Devo dire pero’ che e’ veramente un piacere leggere un’ analisi cosi’ sintetica e “to the point” come l’ articolo di G.G.

    Inoltre il commento di Donato ha chiarito brillantemente i dubbi che mi erano sorti leggendo i commenti su WUWT (le polinomiali di terzo grado non sono il mio forte).

    Grazie!

  2. donato

    A proposito di temperature satellitari su WUWT, qualche giorno fa, è stato pubblicato un articolo del dott. R. Spencer piuttosto interessante.
    http://wattsupwiththat.com/2012/01/03/uah-global-temperature-for-december-no-change/#more-54148
    L’articolo si occupa di “UAH global” ovvero delle anomalie di temperature globali e nota che l’anomalia di temperatura del mese di dicembre 2011 è leggermente più alta che a novembre (0,13 contro 0,12). La cosa interessante dell’articolo, però, è stata un “giochino” che R. Spencer ha inserito nel grafico delle anomalie: ha interpolato i dati con una polinomiale di terzo grado e … oops, ha ottenuto una curva che sembrerebbe dimostrare un andamento ciclico delle anomalie di periodo quasi sessantennale (con punto centrale di intersezione con l’asse delle ascisse nel 1998). Come prevedibile, si è scatenato un putiferio. Il motivo principale del contendere è che una polinomiale di quel tipo non ha un andamento ciclico (tipico invece di funzioni sinusoidali). Molti dei commentatori hanno visto nella curva una conferma delle tesi del prof. N. Scafetta in quanto essa, dimostrerebbe l’esistenza di una varianza naturale delle temperature che escluderebbe o, per meglio dire, attenuerebbe l’influenza del forcing radiativo. L’osservazione più sensata che ho avuto occasione di leggere è che se è vero che la polinomiale o la sinusoidale interpolano i dati grazie ai portenti della matematica, altrettanto si può dire per la retta. E con questo chiudiamo il cerchio: la matematica, i modelli statistici più o meno sofisticati generano risultati che riescono a rappresentare la realtà fisica, ma che, purtroppo, in molti casi conducono a conclusioni diametralmente opposte (come si vede anche nel post di G. Guidi).
    Un’ultima considerazione a proposito delle temperature satellitari nelle zone polari. Uno dei commentatori dell’articolo di Spencer fa notare che esse perdono affidabilità con l’aumentare della latitudine delle zone osservate fino ad essere inutilizzabili per aree poste a latitudini superiori agli 80°/85°. Anche di questo fatto bisogna tener conto quando si analizzano lavori come quelli indicati nel post.
    Ciao, Donato.

    Reply
    Donato, la tua considerazione sui dati satellitari alle alte latitudini e’ corretta e avevo pensato di inserirla nel post. Poi ho deciso di non farlo perché in realtà era già nel primo post di commento a Steig et al. 2009. Grazie.
    gg

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »