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No Aviation Without Taxation!

Brian Simpson, presidente del Transport Committee del Parlamento Europeo lo ha detto chiaramente (qui e qui): «Nella UE i governi hanno un bisogno disperato di denaro. Non lo ammetteranno, diranno che tutto serve per difendere l’ambiente, lo stesso che dicono a proposito dell’Air Passenger Duty (APD). Ma non illudiamoci, sia l’European Union Emissions Trading Scheme (EU ETS) che l’APD sono nuove fonti di ricavi e non servono alla protezione ambientale».

Vijay Poonoosamy, chair dell’ Industry Affairs Committee of IATA and vice president international and public affairs of Etihad Airways non è stato meno duro sull’argomento: “Tutto questo perché il trasporto aereo è un potentissimo catalizzatore dell’economia. Mentre spesso i governi utilizzano pretesti ambientalisti per tassare i vettori, limitando così le proprie economie e la propria capacità di investire in tecnologie ed energie sostenibili. E in questi tempi così difficili non si dovrebbero tagliare le ali a un’industria che fa decollare il Pil». Cosa che ad esempio stanno facendo Gran Bretagna, Germania e Austria con l’APD, che costa ai vettori miliardi di euro l’anno, per finire con il costosissimo ETS europeo, “pensato – continua Poonoosamy – per dare nuovi introiti ai governi in crisi finanziaria”.

Ma che sta accadendo nei cieli del mondo per provocare dichiarazioni così dure?

Connie Hedegaard, Commissario europeo per l’azione per il clima, in carica dal 2010, aveva dichiarato il 14 novembre 2011, che l’azione UE prevedeva come obiettivi “un accordo sul clima a carattere generale e legalmente vincolante nell’ambito del quadro delle Nazione Unite (UNFCCC) e anche nell’ambito dell’ICAO per l’aviazione e dell’IMO per il settore del trasporto marittimo”. Invece dal 1 gennaio 2012, anche contro il parere dell’International Civil Aviation Organization (ICAO, agenzia delle Nazioni Unite), l’UE ha reso cogente l’applicazione della direttiva 2008/101 che obbliga gli aerei che atterrano o decollano da aeroporti sul territorio europeo, ad acquistare sul mercato EU ETS i crediti per poter emettere in eccedenza rispetto l’85% del quantitativo “storico” di emissioni1. La quota gratuita rispetto lo storico sarà in futuro destinata a diminuire. Per tale meccanismo i biglietti aerei potrebbero aumentare in Europa a partire dal 2012 per aiutare le compagnie aeree a finanziare il loro contributo alla lotta contro il cambiamento climatico. La Commissione europea ha stimato l’aumento tra 4 e 24 euro per un volo transatlantico di andata e ritorno. Tale iniziativa dovrebbe aiutare l’ambiente ed inoltre, aumentando la richiesta, dare ossigeno al mercato dei “carbon credit” che attualmente è ai minimi storici, in una crisi nera di cui abbiamo già scritto recentemente su CM (“A.A.A. offresi quote emissione. Sconto 70% a causa previsione errata”  e “Emission trading, pochi spiccioli no?”). Negli ultimi giorni si è cercato di frenare l’inarrestabile caduta del prezzo dei “carbon credit” con un voto del Parlamento Europeo per togliere dal mercato 1,4 miliardi di permessi nella terza fase dell’ETS.

(Gli ultimi anni e gli ultimi mesi di valore delle quote – Fonte)

E’ risaputo che l’UE spinge per passare da una fiscalità basata sul reddito ad una fiscalità ambientale. Noi italiani siamo ormai già assuefatti al fatto che un povero pendolare, non potendosi permettere casa in città o “l’auto blu”, dovendo effettuare giornalmente benzina tassata al 60%, concorra “alle spese pubbliche in ragione della sua capacità contributiva” (art. 53 della Costituzione) nel paradosso che chi meno ha più paga. In questo caso “Il sistema tributario è informato a criteri di progressività” solo nel senso che meno soldi hai per comprarti un’auto più efficiente o una casa più centrale e più paghi come eco-pass, pedaggio stradale e consumo. Gli esempi potrebbero essere altri come la tassazione del consumo di energia con gli elettrodomestici obsoleti, ma torniamo all’aviazione.

Tale tipo di fiscalità ora colpisce infatti anche il settore aeronautico l’aviazione. Gli effetti della direttiva 2008/101 determinano maggiori costi per gli aerei che provengono da lontano. Questi sono costretti “a pagare” agli europei per il percorso effettuato in “spazi aerei” che non sono europei, per quella parte del viaggio che si svolge all’interno del loro spazio aereo. Un po’ come se l’ecopass per entrare a Milano avesse il costo proporzionale alla distanza da cui provenite, pagate di più perché avete consumato più energia pesando di più su Gaia. Di fatto è imposta una tassazione senza che chi paga sia interpellato, una scelta UE unilaterale contro il parere delle Organizazioni Internazionali del settore aereo che fa apparire ai paesi extra-UE l’azione come una “taxation without representation”.

Per questa ragione diverse associazioni e compagnie aeree americane e canadesi hanno impugnato le misure di trasposizione della direttiva in Gran Bretagna. Secondo loro queste violerebbero la Convenzione di Chicago, il Protocollo di Kyoto, l’Accordo “Open skies”, e alcuni principi di diritto internazionale consuetudinario, in quanto tenderebbero ad applicare il sistema di quote di emissioni al di là della sfera di competenza territoriale dell’Ue. Però una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea ha confermato “la validità della direttiva che include le attività di trasporto aereo nel sistema di scambio di quote di emissioni” e dal 1 gennaio 2012 la direttiva è operativa. Lo scontro ha tutta l’aria di essere l’inizio di una discussione sul mercato globale: un interessante analisi ad esempio è “China Rejects Paying EU ETS Carbon Emissions Surcharge” di Judith Curry.

La situazione della Cina è ulteriormente paradossale: sono alcune nazioni europee che partecipano ad Airbus a vendergli gli aerei e per farli volare deve pagare acquistando crediti sull’EU ETS. L’Europa è simile ad un produttore di armi che accusa il compratore di far del male usandole, il tutto allo scopo di vendergli oltre l’aereo anche le “indulgenze” che possono permettergli di utilizzarli senza problemi di coscienza. Non è quindi strano che la prima azione dei cinesi sia stata sospendere l’acquisto degli aerei europei accusando Bruxelles di un eccesso di “ecologismo verde”, una sorta di “ossessione”. Inoltre, quest’estate la Camera dei Rappresentanti statunitense ha approvato una legge che proibisce ai vettori USA di partecipare allo schema proposto dall’UE.

Vedremo come andrà a finire. Come post Durban non si tratta del miglior viatico per l’accordo globale vincolante promesso. Speriamo che anche in futuro valgano sempre per tutti le parole di Franklin Delano Roosevelt nel suo messaggio alla sessione plenaria della Chicago Conference nel 1944: «Lavoriamo insieme, perché il cielo possa essere usato dall’Umanità, per servire l’Umanità».

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Maggiori informazioni su alcuni articoli di quotidiani:

Breve Sintesi della Storia del Mercato CO2 in Europa

La Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici è stata adottata al Summit di Rio de Janeiro del 1992 ed è entrata in vigore il 21 marzo 1994 a seguito della ratifica di quasi tutti gli Paesi delle Nazioni Unite, compresi gli Stati Uniti. L’obiettivo principale della Convenzione consiste nel raggiungimento della stabilizzazione delle concentrazioni di gas serra ad un livello tale da prevenire pericolose interferenze antropiche con il sistema climatico.

La Convenzione afferma due principi fondamentali, il principio di equità ed il principio di precauzione. Il principio di equità prevede per i vari paesi responsabilità comuni ma differenziate a seconda delle condizioni di sviluppo, di intervento e della capacità di perturbazione del clima. Il principio di precauzione afferma che l’incertezza delle conoscenze scientifiche non possa essere utilizzata come ragione per posticipare gli interventi necessari ad evitare la possibilità di danni seri ed irreversibili.

Successivamente è stato stipulato il Protocollo di Kyoto (PdK), un accordo internazionale in materia ambientale sui cambiamenti climatici, adottato a Kyoto, in Giappone, nel 1997, durante la Terza Conferenza delle Parti (COP3) della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite. Il Protocollo è entrato in vigore il 16 febbraio 2005 a seguito della ratifica della Russia. Per l’entrata in vigore, il Protocollo doveva essere infatti ratificato da almeno 55 paesi, tra i quali un numero di Paesi industrializzati (Annesso I)2 che nel 1990 avevano emesso almeno il 55% della CO2 eq. totale. Attualmente, tra i Paesi industrializzati, solo gli Stati Uniti non hanno aderito al Protocollo di Kyoto. L’Italia ha ratificato il Protocollo con la legge n. 120 del 1 giugno 2002.

Il trattato, che rappresenta il primo strumento di attuazione della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici, prevede il vincolo per i Paesi industrializzati di ridurre le emissioni dei gas serra del 5,2% nel periodo 2008 – 2012 rispetto alle emissioni del 1990. Il Protocollo di Kyoto è divenuto vigente nel 2005 ed è entrato nella sua fase operativa il 1° gennaio 2008 che durerà fino alla fine del 2012. Il meccanismo sanzionatorio definito all’interno del processo attuativo del Protocollo di Kyoto (decisione 27/CMP.1), si propone di facilitare, promuovere e rafforzare il rispetto degli impegni fissati dal Protocollo, assicurando al tempo stesso trasparenza e credibilità al sistema. Essendo il primo strumento messo in atto per raggiungere gli obiettivi della Convenzione e viste anche le difficoltà nel raggiungere un accordo tra le Parti, si è scelta una linea strategica non orientata a sanzionare economicamente gli Stati in maniera diretta ma a responsabilizzarli in vista, anche, dei periodi di impegno successivi. Nel caso di mancato rispetto dell’impegno di riduzione delle emissioni, il Protocollo di Kyoto prevede dunque l’applicazione delle seguenti sanzioni:

  • Maggiorazione del 30% sulla quantità di emissioni che mancano al raggiungimento dell’obiettivo, addebitata in aggiunta agli obblighi che verranno stabiliti nel secondo periodo d’impegno;
  • Viene previsto l’obbligo di adozione di un piano d’azione per il rispetto dei propri obiettivi;
  • Può essere disposta la sospensione dalla partecipazione all’emissions trading.

(fonte)

L’Unione Europea ha aderito al “Protocollo di Kyoto”(PdK). Il 13 ottobre 2003 ha anche istituito, con la direttiva del Parlamento europeo e del consiglio europeo 2003/87/CE, come fondamento della protezione del clima, un sistema per lo scambio di quote di emissione relative ai gas ad effetto serra che prevede un sistema sanzionatorio per chi non raggiunge gli obiettivi. Si tratta del famoso “European Union Emissions Trading Scheme” (EU ETS). Tale Schema prevede un primo periodo in vista dell’applicazione negli anni 2005-2007 (fase I) in vista della fase relativa agli anni 2008-2012 (Fase II) durante la quale dovranno essere raggiunti i target di riduzione delle emissioni previsti dal PdK.

Il 19 novembre 2008 è stata approvata la direttiva 1008/101/CE che modifica la precedente 2003/87/CE al fine d’includere le attività del trasporto aereo nel sistema comunitario di scambio di quote d’emissione. Inoltre, il 17 dicembre 2008 è stata approvata la proposta della Commissione europea la modifica del EU ETS come definito nel 2003/87/CE per gli anni successivi al 2012. La nuova direttiva 2009/29/CE è stata adottata a marzo 2009, definisce la Fase III del EU ETS in cui ad esempio le installazioni operanti nel settore termoelettrico non riceveranno più permessi gratuiti.

Successivamente è stata approvata la Direttiva 2009/28/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio il 23 aprile 2009. Si tratta della famosa direttiva che definisce gli obiettivi 20-20-20 per il 2020: riduzione del 20% delle emissioni inquinanti, riduzione del 20% dei consumi finali energia prodotta da fonti rinnovabili, incremento del 20% dell’efficienza energetica, e contempla anche il 10% di biocarburanti al posto dei carburanti tradizionali.

 

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  1. 4.7.2007 Il Comitato EEA, composto dagli ambasciatori degli Stati EEA EFTA (Norvegia, Islanda e Liechtenstein e Svizzera) dai rappresentanti della Commissione europea e degli Stati membri europei, ha raggiunto un importante accordo in merito ai livelli di emissioni consentite al settore aviazione che serviranno da base per il calcolo delle quote EEA di prossima assegnazione.

    Le emissioni europee sono state fissate dalla Commissione Europea lo scorso 7 marzo a 219.476,343 tonnellate di CO2 a carico dei 27, cifra che rappresenta la media annuale delle emissioni per gli anni 2004, 2005 e 2006 per tutte le attività legate al comparto aviazione che rientrano negli ambiti di applicazione della normativa. Il quantitativo totale di quote da assegnare agli operatori aerei è determinato sulla base dello “storico” delle emissioni di CO2 del settore aereo da cui deriva il quantitativo totale di quote del trasporto aereo da assegnare nel 2012 che sarà pari al 97% delle emissioni stimate a livello dell’EEA per il trasporto aereo. Nel periodo 2013-2020, invece, questa percentuale si ridurrà al 95% delle emissioni stimate a livello storico a carico dell’EEA.

    I calcoli, effettuati da Eurocontrol (l’Organizzazione europea per la sicurezza della navigazione aerea) oltre a stabilire i livelli di emissioni degli aeromobili hanno tenuto conto degli attuali consumi di carburante, sia dei velivoli sia dei mezzi utilizzati per le attività ausiliarie all’interno degli aeroporti. Secondo la Direttiva 2008/101/CE nel 2012 l’85% delle quote sarà distribuito gratuitamente agli operatori del settore mentre il 15% sarà messo in vendita mediante asta. Nel periodo 2013-2020 invece verranno concessi agli operatori l’82% delle quote, il 15% verrà messo all’asta e il restante 3% andrà a formare una riserva speciale per una ridistribuzione successiva a disposizione di eventuali nuove compagnie aeree. (Fonte rinnovabili.it []

  2. (Paesi industrializzati): Australia, Austria, Bielorussia, Belgio, Bulgaria, Canada, Croazia, Danimarca, Estonia, Federazione Russa, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Islanda, Irlanda, Italia, Giappone, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Monaco, Norvegia, Nuova Zelanda, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Stati Uniti d’America, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina, Ungheria, Unione Europea. []
Published inAttualitàNews

Un commento

  1. donato

    A me sembra che l’Europa sia affetta da mania suicida! A questa conclusione, comunque, sono giunto in base a ragionamenti che travalicano gli aspetti ambientali puri e semplici, già da qualche tempo. Analizzando le mosse dei vari artefici delle politiche sociale, economica ed ambientale europee, infatti, mi sono convinto che essi operano in preda a dei sensi di colpa nei riguardi di tutto il resto dell’umanità. Ho l’impressione che si voglia far scontare a noi cittadini UE una penitenza per purgarci del peccato originale caro ad una certa ideologia che solo da un punto di vista politico, ha perso il diritto di cittadinanza in Europa: essere il continente all’avanguardia nelle politiche sociali, economiche ed industriali. Mi sembra, però, che si stia applicando il principio che le colpe dei padri ricadranno sui figli per sette generazioni. Tutte le scelte che siamo costretti a subire, infatti, avranno delle conseguenze negative non solo sulla nostra generazione, ma anche su quelle che seguiranno. Si penalizzano, infatti, le nostre produzioni agricole in quanto bisogna far posto alle produzioni del secondo e terzo mondo; si crea una moneta unica lasciando la responsabilità delle scelte economiche e fiscali ai singoli Stati; si rifiuta di uniformare le proprie politiche estere ed economiche in quando si vuole essere “uniti”, ma ci si vuol lasciare le mani libere per fare il bello ed il cattivo tempo nei teatri extra UE. Dulcis in fundo si penalizzano le nostre economie sottoponendole a balzelli pseudo-ambientali in nome del “principio di precauzione” e “di equità”. L’equità, però, è solo di facciata (vedi a titolo di esempio gli stress test che hanno penalizzato in particolar modo le banche italiane costringendole ad onerosissimi aumenti di capitale). Il principio di precauzione, invece, ci sta precludendo possibilità di sviluppo in campi molteplici della tecnica e dell’economia (vedi OGM, per esempio).
    Mah, che Dio ce la mandi buona (ma ci credo poco).
    Ciao, Donato.

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