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Gli shift climatici ed il calore degli oceani

Alcuni giorni fa Roger Pielke sr ha portato all’attenzione dei suoi lettori la pubblicazione di un nuovo articolo molto interessante. L’argomento trattato è riassunto nel titolo di questo post. Si parla di rapidi cambiamenti di modalità climatiche e possibilità di intercettarli attraverso i dati disponibili sul contenuto di calore degli oceani (OHC).

Ocean heat content and Earth’s radiation imbalance. II. Relation to climate shifts – Douglass & Knox, 2012 – (qui sulla rivista Physics Letters, qui in versione pdf).

Tra quanti si appassionano alle vicende del clima, è noto ad esempio lo shift climatico della metà degli anni ’70, un cambiamento che ha visto il sistema virare bruscamente da modalità ‘fredda’ a modalità ‘calda’, dando inizio agli anni ruggenti del global warming, cioè proprio le ultime decadi del secolo scorso. Su CM ne abbiamo parlato ormai più di tre anni fa: I Cicli pluriennali del clima: lo shift del 1976.

Molto più recentemente invece, abbiamo discusso il tema del contenuto di calore degli oceani, ad esempio commentando l’ultimo articolo sull’argomento di Loeb et al., (Climate change e oceani, niente calore scomparso o niente calore?), un articolo in cui con una precisione di misura nella quale si ripone forse troppa fiducia, sarebbe stato confermato il trend di aumento dell’OHC – diversamente chiaramente stabile a partire dai primi anni del secolo – confermando anche la prosecuzione dell’immagazzinamento del calore nelle profondità oceaniche in chiave riscaldamento globale che continua nonostante le temperature non aumentino.

Leggiamo però l’abstract dell’articolo messo in evidenza da Pielke sr.

[info]
“In an earlier study of ocean heat content (OHC) we showed that Earth’s empirically implied radiation imbalance has undergone abrupt changes. Other studies have identified additional such climate shifts since 1950. The shifts can be correlated with features in recently updated OHC data. The implied radiation imbalance may possibly alternate in sign at dates close to the climate shifts. The most recent shifts occurred during 2001–2002 and 2008–2009. The implied radiation imbalance between these dates, in the direction of ocean heat loss, was −0.03 ± 0.06 W/m2, with  possible systematic error of [−0.00,+0.09] W/m2.”
[/info]

In sostanza, con i dati sull’OHC, si dimostra l’esistenza di questi rapidi shift climatici e se ne intercettano due molto recenti. Tra questi due eventi, tuttavia, lo squilibrio del bilancio radiativo è stato decisamente molto poco significativo.

Ancora dalle conclusioni dell’articolo:

[info]
….we emphasize the importance of recognizing climate shifts. In particular, it is unsound to calculate a slope across a climate shift. The paper of Lyman et al. [14] is a case in point. These authors reported a radiative imbalance of 0.63 ± 0.28 W/m2 over the period 1993–2008. This was based on an oversimplified interpretation of the data. The OHC data they considered has a steep slope from 1993 to about 2001–2002, after which there is, in their words, a “flattening”, which is identified in the present Letter as the result of the climate shift of 2001–2002. Thus, their estimate of radiation imbalance has little meaning because their slope spans the associated discontinuity……

Since 2002 the implied radiation imbalance is close to zero. The “pause” or “hiatus” in OHC on which this is based has been recognized numerous times in the recent literature, but its implications for the concept of “missing energy” and the theoretical predictions of radiation imbalance have almost never been brought out
[/info]

Dunque nel contesto di variazioni repentine, cui corrispondono modalità climatiche piuttosto differenti, calcolare un trend lineare nell’OHC risulta privo di senso. La stabilità che i dati sull’OHC mostrano a partire dall’inizio del secolo – stabilità che è coincisa anche con l’introduzione del sistema ARGO, decisamente più affidabile dei precedenti standard di misura – non può quindi essere assorbita linearmente in un trend che prima dello shift mostrava un segno positivo molto accentuato, in quanto proprio in relazione allo shift climatico, è evidente che questo trend ha subito una interruzione. Il calore che mancherebbe all’appello, con un presunto forcing antropico dominante avrebbe quindi stranamente cessato di mostrarsi.

In conclusione, raccomandandovi la lettura integrale del testo, direi valga la pena ricordare che contestualmente a questo stop dell’aumento dell’OHC, siano state registrate anche una sostanziale stabilità dello squilibrio radiativo e, naturalmente, delle temperature globali, pur essendo quello della temperatura media superficiale del Pianeta un parametro che difficilmente può essere interpretato come integrale del sistema, essendo sostanzialmente – citando sempre Pielke sr – un parametro bidimensionale e privo di massa.

Circa le origini di questi shift, sorge ovviamente una domanda grande come una casa. Con l’aiuto di un altro articolo di recente pubblicazione tuttavia, vedremo anche come una componente ormai sempre più corposa della comunità scientifica, cominci finalmente a guardare oltre il dominio del forcing antropico, cioè verso la nostra stella. E sapete una cosa? Non ci crederete, ma le notizie sono tutt’altro che buone.

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Published inAttualitàClimatologia

Un commento

  1. donato

    Come qualcuno ama ricordarci, la scienza evolve e si autocorregge in continuazione: questo post ne è la chiara evidenza. La cosa non può che farci piacere in quanto questo si sostiene da sempre su queste pagine: stanti le caratteristiche del processo di evoluzione scientifica bisogna andarci piano con le conclusioni. Ora, sembrerebbe, che le parti si siano invertite! Cose da pazzi! (La citazione è d’obbligo. 🙂 )
    Chi sosteneva che l’AGW era un fatto scientificamente assodato? Chi sosteneva che contenuto di calore dell’oceano e temperature superficiali sarebbero aumentate in modo lineare fino all’arrosto finale? Mah!
    Comunque questi “ripensamenti” non possono che far piacere. Non perché confermano le modeste opinioni espresse, ma perché dimostrano che la scienza prosegue secondo quello che è il suo corso naturale: passi in avanti e ripensamenti.
    Qualche giorno fa si è parlato di nubi basse e della loro influenza sulle temperature globali. Oggi durante la trasmissione televisiva “Leonardo” la notizia è stata ripresa e la giornalista ha sottolineato che la minore altezza delle nubi aumenta l’emissione di calore verso lo spazio esterno: la Terra ha acceso l’aria condizionata, ha chiosato la giornalista.
    Quando su queste pagine si sosteneva la necessità di tener conto delle nubi qualcuno che sapeva ci rimbrottava dicendo che si riprendevano tesi “di nulla rilevanza scientifica”. Ora sarebbe bello che lo stesso riconoscesse che, in fondo in fondo, qualche minimo di ragione c’era. Neanche per sogno! Peggio che andar di notte: insulti e commiserazioni a volontà.
    Vabbè, è la vita.
    Ciao, Donato.

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