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Piccole nuvole crescono

Enrik Svensmark, lo scienziato che per primo ha formulato l’ipotesi che il flusso dei raggi cosmici proveniente dalla spazio possa essere in relazione con le temperature perché facilita la formazione delle nubi, sta per pubblicare un altro paper.

Lo studio, del quale abbiamo avuto notizia dal blog di Nigel Calder, è disponibile in pre-print su Arxiv, sebbene debba ancora essere accettato dalla rivista cui è stato proposto, cioè Physical Review Letters. A leggere il commento di Calder, sembra che questo lavoro possa fornire nuovo ‘carburante’ all’ipotesi di Svensmark, sulla quale stanno lavorando alacremente anche al CERN di Ginevra con l’esperimento CLOUDS, i cui risultati, sebbene confortanti, continuano ad essere controversi.

Sebbene le osservazioni sperimentali abbiano in effetti confermato la relazione causale tra i flussi di particelle cariche e la formazione di nuclei igroscopici infatti, uno degli elementi di maggiore incertezza è costituito dal fatto che questi nuclei per dar luogo alla formazione delle nubi, devono necessariamente crescere oltre certe dimensioni (50nm). Teoria vuole e simulazioni modellistiche vogliono, invece, che il processo di accrescimento di questi nuclei dopo la loro formazione sia destinato ad esaurirsi prima che questi possano raggiungere le dimensioni necessarie, limitandone, ove non azzzerandone l’eventuale contributo alla formazione delle goccioline e quindi delle nubi.

Le prove sperimentali di cui Svensmark da conto in questo nuovo paper, invece, sembrano contraddire tanto la teoria quanto i modelli di simulaizone, mostrando un processo di accrescimento persistente dei nuclei, che riuscirebbero quindi ad avere le dimensioni necessarie alla semina delle nubi.

Steady state response to a change in nucleation as a function of particle diameter, normalized to the particle number before two types of perturbation. a) Ion-induced increase in nucleation. Blue circles are the experimental results averaged over five runs. The red curve is a typical result of a numerical simulation of the experimental situation using a standard numerical aerosol model. Notice that the expected response from the modeling decreases strongly with particle diameter in contrast with the experimental results. A much better agreement is seen with a numerical simulation in the black curve, where the concentration of sulphuric acid is held constant.

Questo permetterebbe di aggiungere un significativo anello mancante all’ipotesi di Svensmark, fornendo il meccanismo chimico-fisico alla base della relazione tra attività solare e clima del Pianeta. La catena degli eventi, leggiamo sempre dal blog di Calder, sarebbe dunque la seguente:

[framed_box] Esplosione di Supernovae → Raggi Cosmici → Modulazione dei flussi di GCR ad opera dell’attività magnetica del Sole → variazioni nell’aggregazione delle molecole e nella produzione di acido solforico → variazioni dei nuclei di condensazione → variazione nella formazione delle nubi basse → variazioni climatiche. [/framed_box]

Sarà effettivamente così? Svensmark insiste, mentre il resto del mondo (fatta eccezione per l’esperimento al CERN i cui autori sin qui si sono però guardati bene dal trarre conclusioni affrettate) va da un’altra parte. Se il paper di Svensmark dovesse essere accettato, sarà interessante vedere come lo accoglierà la comunità scientifica.

Però sta di fatto che, siano i raggi cosmici, siano le nubi, sia quel che volete, ogni volta che l’attività solare cala di intensità in modo significativo questo Pianeta si raffredda. Una ragione ci sarà, non credete?

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Published inAttualitàClimatologia

Un commento

  1. …per alcuni sebrerà magia nera…..speriamo non venga boicottata alla fonte ma possa essere motivo di dibattito, anche se la vedo dura.

    Pitta

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