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Stampa e divulgazione scientifica, non sempre ha torto la prima

Una nostra nota detrattrice tempo fa le chiamò notizie di seconda mano, io lo chiamo invece far circolare le informazioni che altrimenti sarebbero ignorate. Come questa, la cui fonte è per noi quasi abituale, il blog di Roger Pielke jr.

Come molti sanno, quando alla fine del 2007 si è posato il polverone alzato dalla pubblicazione dell’ultimo report IPCC, la blogosfera climatica si è messa al lavoro e ha scovato parecchie magagne. Impiego di letteratura grigia o di opinioni ideologiche, omissioni di pareri scientifici non allineati, esagerazioni, deroga alle procedure etc etc. Insomma, non proprio un lavoro da panel delle Nazioni Unite (o forse sì, dipende dai punti di vista). Un lavoro però talmente corposo che forse non si finirà mai di analizzarlo a fondo.

Prendiamo ad esempio gli eventi atmosferici estremi e i danni che essi provocano. Nel report in questione il collegamento ad usum ipotesi AGW faceva bella mostra di se, benché col beneficio del dubbio. Pare ci fossero evidenze che dall’aumento dei costi dei danneggiamenti si potesse desumere che anche la violenza degli eventi fosse in aumento. Trovava così asilo l’ipotesi che con l’aumento delle temperature medie globali dovessero aumentare anche le nostre sofferenze da maltempo.

Nel 2010il Sunday Times uscì con un articolo in cui senza andare troppo per il sottile si diceva che le conclusioni del report riguardo questo argomento non avevano adeguata copertura scientifica, anzi, non ne avevano affatto. Per di più, essendo secondo il Times questo noto già all’epoca della stesura del report, appariva chiaro che erano state volutamente ignorate le procedure riguardanti l’impiego di fonti non sottoposte a normale procedura di referaggio.

Il panel reagì immediatamente con un comunicato stampa in cui si asseriva che la copertura c’era eccome e che le procedure a salvaguardia del metodo scientifico (nel senso della divulgazione) erano state pienamente rispettate.

Oggi sappiamo che quello usato per sostenere l’ipotesi del panel era un articolo in bozza, che quando trovò di lì a poco la pubblicazione lo fece con un caveat che esclude il collegamento tra global Warming e trend degli eventi estremi. Sappiamo anche che durante la stesura del report due revisori avevano suggerito maggiore prudenza nell’uso di quelle informazioni e furono ignorati.

Sicché il Sunday aveva ragione due volte e questo è ancora più chiaro ora che è uscito il report (sempre IPCC) proprio sugli eventi estremi che di fatto corregge decisamente il tiro rispetto a quanto asserito nel report del 2007.

Il comunicato stampa però e’ ancora lì e mai è stata pubblicata alcuna correzione. Potrà sembrare una questione di poco conto, visto che nel frattempo sono successe molte altre cose. Ma è opportuno ricordare che l’IPCC non è un organo che fa ricerca, ma la dovrebbe esclusivamente raccogliere, riassumere in forma comprensibile e divulgare ai policy makers, che di questo lavoro sono committenti. Se per una ragione o per l’altra (quasi sempre la stessa e cioè quella di avere un messaggio preconfezionato) si distorce il messaggio divulgato, di fatto si fallisce il proprio mandato. Concetto questo forse sconosciuto ai più, ma che vale tener presente per il prossimo report di cui è prevista l’uscita tra circa un anno e del quale, guarda il caso, abbiamo parlato soltanto pochi giorni fa.

Per concludere, sempre dal blog di Pielke jr e sempre in tema di disastri naturali e danni ad essi correlati, la notizia della pubblicazione di un paper in cui si costruisce per la prima volta un dataset omogeneo sulla frequenza e sull’intensità a livello globale dei Cicloni Tropicali, con specifico riferimento a quelli che arrivano a toccare la terraferma e quindi a provocare danni. Dall’analisi di questo dataset si evince chiaramente che non ci sono trend né di medio né di lungo periodo a livello di singoli bacini, sia per la frequenza che per l’intensità degli eventi. Per cui si rinforza ancora di più la teoria che associa l’aumento dei costi da danneggiamento all’aumento del benessere e dell’inurbamento delle coste. Tratasi di letteratura peer reviewed, chissà che l’IPCC non ne voglia tener conto per l’AR5.

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Published inAttualità

2 Comments

  1. Visto che il precedente articolo parlava di ICCG e Ca’ Foscari, ho appena notato questo seminario che si tiene oggi:

    http://www.iccgov.org/events/seminario_clima_e_eventi_estremi.htm

    “Eventi estremi: il costo dei cambiamenti climatici
    Il nuovo rapporto dell’IPCC sulla Gestione dei Rischi legati agli Eventi estremi e i Disastri per la Promozione dell’Adattamento ai Cambiamenti Climatici”

    Se per caso qualcuno vi partecipasse, sarei molto curioso di sapere se verrà chiarito il contesto di questa “correzione di tiro”.

    • Vedremo. Ad ogni modo, sarebbe sufficiente parlare di “costo del clima” e non di “costo dei cambiamenti climatici” per rendere un servizio utile anziché fare demagogia. A meno che non vogliano convincerci che prima, con riferimento al clima e al tempo, si campava “gratis”.
      gg

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