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Legnate dal Wall Street Journal e la rivolta dei veterani della NASA.

L’importanza di un media si misura con tre parametri, l’autorevolezza di chi ci lavora o collabora, la diffusione che ha e l’equilibrio delle notizie. Queste cose spesso vanno insieme. Quando questo non accade in genere prima o poi quel veicolo di informazione cessa di essere importante. Non pare sia questo il caso.

Il Wall Street Journal non è esattamente Topolino. Certo anche il fumetto in questione ha la sua tiratura, ma se si vuole sapere cosa succede nel mondo non è lì che bisogna andare a cercare, quanto piuttosto sul media in questione, avendo cura magari di leggerne anche molti altri.

Sicché non sorprende che chi lo gestisce abbia consentito a pubblicare l’articolo di William Happer, professore di fisica all’università di Princeton. Questo il titolo:

Global Warming Models Are Wrong Again

Non è un climatologo, non è un meteorologo. Ma è un fisico, specializzato in fisica atomica, ottica e spettroscopia. La prima forse no, ma temo che le seconde abbiano parecchio a che fare con le dinamiche atmosferiche, per cui forse il suo scetticismo si fonda su delle cognizioni di causa. E dalle pagine del WSJ, fa il contropelo all’ipotesi dell’AGW e soprattutto al suo pilastro principale, le simulazioni climatiche. Le temperature degli ultimi dieci anni che non sono aumentate, le dinamiche del riscaldamento del secolo scorso, l’assenza di collegamento tra riscaldamento e eventi estremi e, soprattutto, la distanza tra previsioni e osservazioni, che cresce sempre di più.

E’ probabile che più di qualche fervente salva-pianeta abbia avuto un sussulto leggendo questo articolo.

Chissà però che i 49 veterani della NASA, tra ex astronauti, scienziati e ex direttori, non abbiano deciso proprio leggendo questo pezzo di scrivere una lettera all’attuale direttore dell’agenzia.

Sono scettici? No, realisti. Sanno che l’ipotesi AGW è tutta da dimostrare e che l’allarmismo mostrato ad ogni occasione anche dalla stessa agenzia è fuori luogo. Il direttore del GISS NASA James Hansen per esempio, sfoggia il suo sguardo messianico sui media più o meno tutti i giorni, ora perché si fa arrestare manifestando per la salvezza del Pianeta, ora perché pubblica libri parlando delle ‘Tempeste dei suoi nipoti’. Per cui chiedono più equilibrio, più scienza che si concentri sui dati e sui fatti e non sui modelli, per evitare che questa ingiustificata sovraesposizione metta a rischio la credibilità dell’istituzione. Non e’ la prima volta che si vedono azioni del genere, e benché siano abbastanza noiose, possono avere degli effetti sia positivi che negativi. Da un lato può darsi il caso che diano luogo a dibattiti tra addetti ai lavori che allarghino la discussione, dall’altro pero’ continuano ad alimentare quella discussione sociologica abbastanza estranea al dibattito scientifico che va più nella direzione delle strategie di parte che della conoscenza scientifica. Queste tecniche, pero’, le hanno inventate e perfezionate quelli che, gridando all’allarme ogni giorno e presentando sempre nuovi e spesso campati in aria risvolti sociali che queste avrebbero, hanno di fatto portato il dibattito a questi livelli.

Che dire? Ma non c’era un vasto e solido consenso scientifico sull’AGW?

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Published inAttualità

3 Comments

  1. […] marzo scorso abbiamo parlato della lettera che un certo numero di ex-collaboratori della NASA e del GISS ha scritto al direttore […]

  2. donato

    Non posso fare a meno di pensare al fatto che, in genere, sono sempre scienziati, tecnici, ingegneri ed altra gente in pensione a manifestare pubblicamente il loro dissenso rispetto all’ipotesi AGW. Ad essi si aggiungono persone al di fuori della comunità scientifica e “cani sciolti” di varia natura ed estrazione. E dopo aver pensato, mi viene un dubbio atroce: vuoi vedere che se sei uno scienziato in “servizio attivo” e ti viene voglia di dire che l’AGW non è un’ipotesi scientifica dimostrata fai una brutta fine (nel senso che ti “affamano”)?
    Ciao, Donato.

    • Guido Botteri

      Donato, c’è un libro di Nigel Lawson (il predecessore di Sir Nicholas Stern, del famoso rapporto Stern), in cui si sostiene proprio questa tesi.

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