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Tag: Consenso Scientifico

Il Caval Barbero e i Cavalli Frisoni – Note a margine di uno scritto di Cook et al, 2013

di Luigi Mariani e Gianluca Alimonti

 

Gli autori ringraziano il professor Ernesto Pedrocchi per aver loro segnalato lo scritto di Cook et al e per gli utilissimi commenti.

 

L’articolo di Cook et al., 2013

Con l’articolo “Quantifying the consensus on anthropogenic global warming in the scientific literature”, uscito il 15 maggio 2013 su Environmental research letters, gli autori si propongono di verificare il livello di consenso rispetto alla teoria dell’Anthropogenic Global Warming (AGW) attraverso un progetto che si autodefinisce di “citizen science” (scienza civica) e che è stato avviato dai volontari del sito web Skeptical science (www.skepticalscience.com). L’obiettivo del lavoro è dichiaratamente “politico” in quanto, come traspare dai primi passi dell’introduzione, si propone di evidenziare il consenso esistente rispetto alla teoria AGW onde evitare che prenda corpo quel “clima d’incertezza” che potrebbe rendere l’opinione pubblica meno propensa a “politiche del clima” volte a ridurre le emissioni di CO2 ed altri gas serra.

 

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Consenso che passione!

Non ci sono state molte novità in materia di scienza climatica negli ultimi tempi. Difficile attendersene del resto, visto che il problema è davvero molto complesso. A ben vedere, le cose nuove più significative sono venute dalla serie di studi che hanno abbassato parecchio il valore stimato della sensibilità climatica, ossia del riscaldamento atteso per un eventuale raddoppio della CO2 atmosferica rispetto al periodo pre-industriale. Questo non solo potrebbe significare che il disastro è di là da venire, ma significa anche che quanti si sono dedicati a questo genere di studi ultimamente, pur sostenendo la teoria del contributo umano al riscaldamento globale, ritengono che questo sia meno significativo del previsto e, quindi, anche meno pericoloso. Sono quindi ricercatori che aderiscono al consenso sui contenuti scientifici del tema dibattuto, ma rigettano quello della catastrofe prossima ventura.

 

Eppure, se queste pubblicazioni fossero soggette ad uno scrutinio come quello recentemente condotto da John Cook, fondatore e animatore del noto blog catastrofico Skeptical Science, il loro contributo sarebbe classificato a favore del consenso, non nella forma in cui lo abbiamo appena descritto, quanto piuttosto nella sua accezione catastrofica. A ben vedere, questo è esattamente quello che è appena accaduto. Vediamo come.

 

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Legnate dal Wall Street Journal e la rivolta dei veterani della NASA.

L’importanza di un media si misura con tre parametri, l’autorevolezza di chi ci lavora o collabora, la diffusione che ha e l’equilibrio delle notizie. Queste cose spesso vanno insieme. Quando questo non accade in genere prima o poi quel veicolo di informazione cessa di essere importante. Non pare sia questo il caso.

Il Wall Street Journal non è esattamente Topolino. Certo anche il fumetto in questione ha la sua tiratura, ma se si vuole sapere cosa succede nel mondo non è lì che bisogna andare a cercare, quanto piuttosto sul media in questione, avendo cura magari di leggerne anche molti altri.

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Il (con)senso del pudore

Alcuni giorni fa abbiamo parlato dell’intervento in chiave scettica di un gruppo di scienziati sul Wall Street Journal in materia di clima e ideologia ad esso correlata. In quella sede, pur condividendone i contenuti, abbiamo criticato la forma, soprattutto per la dichiarata volontà di mescolare il dissenso scientifico con gli aspetti ideologici della questione. E infatti, abbiamo dovuto segnalare e commentare, seppur brevemente, l’immediata risposta dell’altra parte della barricata.

La saga, naturalmente, continua. E infatti sempre il WSJ ha pubblicato il 1° febbraio scorso una lettera firmata da Kevin Trenberth e altri numerosi scienziati. L’intento è controbattere alla perniciosa affermazione secondo la quale “Non c’è bisogno di panico in materia di global warming”. Evidentemente, si ritiene che invece ce ne sia. Ne prendiamo atto. Ad ogni modo qualcuno ha interpretato questo intervento come assunzione di un obbligo di pubblicare una lettera di smentita, a me sembra invece che si sia voluto dar voce a tutte le opinioni, dimostrando, come organo di informazione, di non avere preconcetti ma di lasciare ai propri lettori lo spazio per formare una propria opinione. Capisco che questo possa per alcuni essere difficile da comprendere ma, tant’è, a ognuno i suoi problemi.

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Dagli al meteorologo!

Cari professionisti della previsione, è giunta l’ora del giudizio. Non già per quello che avete sempre pensato che vi avrebbe portato al pubblico ludibrio, cioè l’ennesima previsione sbagliata, quanto piuttosto per il vostro scetticismo impenitente. Voi disinformati disinformanti, voi specialisti di serie B, voi minus habens, sarete sottoposti alla seguente procedura:

  1. Iniziale accurata selezione attraverso le segnalazioni dei vostri utenti scontenti;
  2. Schedatura;
  3. Corso di indottrinamento intensivo;
  4. Esercizio della professione di fede attraverso accurata diffusione del verbo sui media che occupate in modo tanto immeritato;
  5. Salvezza (forse…e comunque mescolati al popolo bue) grazie all’intervento di color che tutto sanno.

Questa in realtà è la conclusione. Ora la storia.

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Durban abbiamo un problema: Non c’è abbastanza global warming

E’ paradossale che questo problema sia sollevato proprio ora. Ora che il gruppo di studio BEST ha ‘scoperto’ che il Pianeta si sta scaldando, derivando questa affermazione dall’analisi dei dati relativi al 60% dei punti di osservazione che giacciono sul 30% della sua superficie. Gli stessi dati che già altri gruppi di studio avevano del resto ritenuto sufficienti e generare quella isteria climatica che anima da decenni il dibattito.

Dicevo è paradossale perché non tutti sanno, anzi lo sanno veramente in pochi, che una cosa è parlare di riscaldamento globale, altra è comprenderne le origini, cioè attribuire una causa a questa tendenza. In sostanza GW e AGW, decisamente non sono la stessa cosa.

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C’era una volta il consenso

Ma se lo dicono quelli bravi possiamo crederci? Se sono gli elementi di spicco della scienza del clima a gettare via quella odiosa e insostenibile immagine della scienza ‘settled’, della scienza monolitica, della visione unica dei problemi complessi, possiamo almeno dire che questo è quello che andiamo dicendo da anni?

Da Nature prima e dal blog di Roger Pielke jr poi, un’interessante opinione di  Dan Sarewitz, che ha recentemente preso parte alla stesura di un report in tema di geoingegneria:

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Un nuovo scrigno di articoli sul “Global Cooling” negli anni ’70

“La Stampa” ha appena messo online il suo archivio dal 1867 a oggi. Quale migliore occasione per esplorare l’evoluzione delle riflessioni e notizie sul “raffreddamento…

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