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Scienza e ortodossia

In altra parte di CM ho presentato il commento ad un lavoro di Higgins e Scheiter (H&S) pubblicato qualche giorno orsono su Nature. La lettura di tale lavoro e di un precedente lavoro degli autori stessi, uscito nel 2009 su Global Change Biology, si presta ad alcune considerazioni di tipo sociologico che, al fine di evitare commistioni in sede di dibattito, ho preferito affrontare in una sede indipendente.

Per sviluppare le mie considerazioni partirò dall’abstract dell’articolo di Nature, il quale inizia con un drastico “Recent IPCC projections suggest that Africa will be subject to particularly severe changes in atmospheric conditions”. L’ introduzione all’articolo stesso si apre poi dal canto suo con un bel “Many studies have shown that the climatic conditions under which plants grow are changing (IPCC, 2007). Three major determinants of plant growth, the atmospheric CO2 concentration, rainfall and temperature have changed significantly since the preindustrial time and current projections obtained from simulation models predict further changes in these climate variables (IPCC, 2007).”.

Infine l’articolo si conclude con la frase seguente:“This study, together with palaeoecological evidence , suggest that atmospheric CO2 has been and will be a major factor shaping vegetation change”.


Frasi di questo tipo le ritroviamo oggi pari pari in migliaia di lavori scientifici ove vengono inserite con il sistema del “taglia e incolla” e come controprova cito il fatto che le stesse frasi da me riprese dal lavoro di H&S uscito su Nature sono pari pari riportate dagli autori stessi nel loro precedente lavoro uscito nel 2009 su Climate change biology.

Che valore dare allora a queste frasi, spesso in contraddizione fra loro, generiche al punto di non voler dire quasi nulla e pertanto reputate buone per tutte le occasioni?

Esse a mio avviso rappresentano il bisogno di ortodossia che in questi anni attanaglia molti illustri esponenti del mondo scientifico.

Vedete, nel mondo delle grandi dittature del XX° secolo (nazismo, fascismo, socialismo reale) ortodossia significava obbligo per colui che tenesse alla propria carriera e fors’anche alla propria vita, da un lato di riaffermare in ogni occasione pubblica e privata il culto della personalità del capo e dall’altro di citare come mantra gli slogan canonici, infallibili nel ”lavare il cervello” alle masse. Gli esempi in proposito son innumerevoli e mi limiterò a citare l’emblematica vicenda di Vavilov (genetista di fama internazionale e uomo di scienza integerrimo) e di Lysenko (scienziato di regime asservito al potere dittatoriale di Stalin) nella Russia degli anni ’30 ovvero l’altra vicenda dello scienziato (un fisico delle particelle) che è fra i protagonisti del bellissimo romanzo Vita e destino di Vasilij Grossman.

Certo, le grandi dittature… Ma che bisogno c’è di ortodossia per scienziati che operano nei Paesi democratici? Qui si pone un interrogato rispetto al quale si possono dare parecchie risposte, da cui penso s’inneschi la possibilità di un dibattito.

Una prima chiave di lettura è infatti quella per cui l’ortodossia sia espressione della cosiddetta “logica del gregge”, vecchia quanto il mondo e stigmatizzata dal sommo Dante quando con ribrezzo parlava degli ignavi. Si tratta infatti di una logica repellente fin che volete ma sulla quale ancor oggi si reggono le Nazioni

Un’altra chiave di lettura è quella per cui l’ortodossia serve ad evitare agli uomini di scienza di soccombere alle sirene di teorie che di scientifico magari hanno ben poco (ovvero ai vari negazionismi che contestano alcune teorie dominanti come quella dell’evoluzione, della relatività, dell’AGW, ecc.).

Un’ulteriore chiave di lettura si coglie nella frase di un sindaco che, chiudendo un convegno a cui avevo partecipato portando una relazione critica rispetto la teoria AGW, pronunciò la storica frase “siamo talmente democratici che facciamo parlare anche persone come il professor Mariani”. Si tratta in tal caso di una frase sibillina e che lascia tuttavia trasparire che il “politically correct” non accetta di regola la mancanza di ortodossia e che tale non accettazione si trasforma ahimè in esclusione da ricerche e finanziamenti relativi.

Concludendo e lasciando la parola a chi vorrà eventualmente commentare queste mie considerazioni debbo tuttavia confessare che è per me dura dover pensare che il mondo della ricerca, che dovrebbe essere educato in modo severo al senso critico, dimostri oggi un bisogno d’ortodossia così spiccato. Che senso dare a tutto ciò? Sarà un bene o un male? O si tratterà forse di un male che maschera un bene, come accade per alcuni personaggi/vicende de “Il maestro e Margherita” di Bulgakov?

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Published inAttualità

34 Comments

  1. donato

    La fretta è cattiva consigliera. Nel mio caso questo proverbio calza a pennello. Ho riletto con attenzione il mio commento e, effettivamente, il senso che traspare dal contesto puo’ apparire un po’ diverso da quello che è il mio pensiero. E’ opportuna, perciò, qualche riga di precisazioni.
    Caro Guido io non intendevo affatto dire che il climatologo deve essere giudicato solo dal climatologo o che l’ingegnere può essere criticato solo da un altro ingegnere. Nè che sono accettabili solo le critiche specialistiche relative a parti specifiche del lavoro. Il senso del mio discorso è che, nel mondo di oggi, l’operato di tutti è esposto alle critiche di tutti. In alcuni casi queste critiche calzano, in altri no. Punto. In quanto al “diritto” di esprimere critiche “globali” circa le ricadute sociali, economiche e politiche che scaturiscono da lavori scientifici di carattere climatologico, lungi da me il pensiero di limitarlo in qualche modo: vi sarebbe una incoerenza abissale tra ciò che scrivo su queste pagine da qualche anno e ciò che ho scritto nel commento, non ti pare? 🙂
    Per quel che riguarda la figura del “climatologo” sono del tutto d’accordo con L. Mariani. Quel che intendevo mettere in evidenza con il mio intervento è proprio l’aspetto multidisciplinare che caratterizza l’operato del climatologo. Questa multidisciplinarietà, ovviamente, rende il suo operato maggiormente esposto alle critiche di altre figure professionali che operano in campi diversi, ma strettamente connessi ad aspetti particolari del suo lavoro. La citazione del pensiero di D. Koutsoyiannis aveva questa finalità.
    Con ciò credo di aver sufficientemente chiarito il mio pensiero. La prossima volta cercherò di non scrivere nell’imminenza del pranzo: eviterò le ire di mia moglie e qualche fraintendimento. 🙂
    Ciao, Donato.

    • Guido Botteri

      Donato, sono contento di questo chiarimento, del resto l’IPCC, che pretende di ispirare le policy del mondo, non è forse retto da un ingegnere ferroviario, Rajendra Pachauri ? Mica è un climatologo, per cui tutte queste pretese di chi vorrebbe tappare la bocca alle critiche, perché verrebbero non da parte di climatologi, ma da parte (orrore!) di ingegneri, geologi, meteorologi e via dicendo, suona pretestuosa quando le stesse persone non trovino strano che l’IPCC stesso abbia a capo proprio un ingegnere e non un climatologo.
      Due pesi e due misure come al solito. Posso chiamarla “ipocrisia” ?

    • Luigi Mariani

      Caro Guido,
      esempi di questo doppipesismo ce ne sarebbero moltissimi da citare…
      tuttavia, come dice il saggio, “tutto è bene quel che finisce bene, e l’ultimo chiuda la porta” (mi pare che questo fosse l’adagio usato dagli assistenti Ten e Patsy dopo che Nick Carter aveva scoperto Stanislao Moulinsky travestito da Rajendra Pachauri…o Rajendra Pachauri travestito da locomotiva o… l’IPCC travestito da Stanislao Moulinsky o …. non ricordo più bene…).
      Buona notte.
      Luigi

    • Stanislao Moulinski…
      Luigi, questa é la migliore di tutte!
      L’ideale per chiudere la porta.
      Grazie.
      gg

  2. Luigi Mariani

    Caro Donato, le considerazioni che porti sono sagge e certamente reggono sul piano empirico.

    Tuttavia penso che un discorso sulla climatologia non possa essere impostato su basi salde se non si considerano il suo ambito di lavoro ed il suo profilo storico, il che cercherò di fare con un minimo di sistematicità (e spero tu potrai convenire che molte delle cose da te citate si inseriscono armonicamente nel mio schema).

    Ambito disciplinare: la climatologia si occupa del sistema climatico che ha al suo interno atmosfera oceani, terre emerse, piante, biosfera, ecc. Se parliamo di rapporti acqua-clima o CO2 – clima chi diamine se ne deve occupare se non anche i ricercatori che operano nel settore biologico e che presidiano i segmenti biologici del ciclo del carbonio e del ciclo dell’acqua? Se parliamo di paleoclima come affrontarlo senza l’apporto dei geologi?

    Storia: la climatologia fu fondata nel 1816 da un geografo (Alexander von Humboldt), il più grande climatologo a cavallo fra 19° e 20° secolo è un botanico (Wladimir Koeppen) e fra i maggiori climatologi del 20° secolo c’è pure H.H. Lamb (il fondatore della CRU dell’East Anglia University) che veniva da studi biologici.
    Ma proseguiamo: Giampiero Maracchi è agronomo, Simone Orlandini è agronomo, Federica Rossi è agronoma, Mario Pinna (forse il maggior climatologo italiano del 20° secolo) era geografo, Sergio Pinna è geologo.

    Come vedi si tratta a tutti gi effetti di una comunità scientifica interdisciplinare in cui non credo che nessuno si sognerebbe mai di scomunicare qualcun altro perché non è fisico dell’atmosfera.

    Peraltro la variabili meteorologiche che sono frutto del sistema climatico guidano li ecosistemi terrestri ed oceanici verso un certo risultato produttivo. Ciò spiega perché agronomi e biologi si occupano di climatologia e lo stesso accade per tutti coloro che si occupano di ecosistemi terrestri e marini.

    Per le ragioni di cui sopra nessuna rivista internazionale di climatologia (l’International Journal of Climatology, il Journal of Applied Climatology, l’International Journal of Biometeotology, ecc.) si stupisce se il sottoscritto sottopone loro articoli e così non di rado mi capita di dover referare articoli per queste stesse riviste.

    Ciao.

    Luigi

    • Gianni

      Caro Luigi, pensa che anche a me, agronomo di formazione, è capitato di scrivere su riviste che si chiamano Climate Research, Climatic Change, International Journal of Climatology, Meteorological Applications, Theoretical and Applied Climatology.

    • Luigi Mariani

      Caro Gianni, grazie per la testimonianza, non sapevo tu fossi agronomo. Dal punto di vista epistemologico sarebbe interessante capire fra coloro che operano in un contesto interdisciplinare come quello della climatologia quanti appartengano alle diverse “anime” della materia (ingegneri, idrologi, geologi, fisici, oceanografi, agronomi, forestali, biologi, geografi, storici, …. -> sicuramente mi sono scordato qualcuno) e ciò per meglio capire il contesto e non per scomunicare qualcuno.
      Luigi

  3. donato

    valery nel suo commento si chiedeva per quale motivo il lavoro dei climatologi dovesse essere giudicato da persone che, di mestiere, fanno altro. Il giudizio sull’operato di chiunque spetta ai suoi pari, in altri termini, e non a persone che, in quel particolare campo, hanno poche o nulle competenze. In linea di principio ciò è giusto: non si dovrebbe parlare di ciò che non si conosce altrimenti si rischia di dire sciocchezze. Il problema, però, è parecchio più complesso di quanto appaia e riguarda quasi tutti gli aspetti dello scibile: l’economia, l’ingegneria, l’astrofisica, l’astronomia e via cantando. Quanti, infatti, si improvvisano ingegneri strutturisti dopo un terremoto e sparano sentenze su fabbricati crollati senza avere nessuna cognizione di ciò che è successo? Si arriva a contestare impunemente le analisi tecniche di uno specialista durante una trasmissione televisiva o, come è capitato a me personalmente, durante un pranzo. Nessuno, però, si scandalizza, anzi! Stesso discorso per l’economia. E quante volte fior di scienziati accettano di discutere pubblicamente con esponenti delle “scienze alternative”? Ricordo, in particolare, discussioni a non finire tra medici di fama ed omeopati. E chi non ricorda le varie trasmissioni televisive e non in cui esperti di energia nucleare venivano presi a pesci in faccia da “chicchessia” il cui unico pregio era una buona dialettica ed un ferreo credo antinucleare? In altre parole è comune, nella nostra società, che si discuta di problematiche specifiche anche in ambiti non tradizionali.
    Tornando agli aspetti “climatologici” ho intenzione di illustrare le ragioni del mio interessamento a queste problematiche.
    Consideriamo un fatto semplice, semplice. Si dice che il clima sta cambiando e, per dimostrarlo, si fa ricorso alle temperature globali ed ai continui record che tali temperature mettono a segno. La cosa sembra semplice: si misurano le temperature, le si confronta con quelle del passato e si vede che quelle di oggi sono più elevate. Resta dimostrato che le temperature aumentano. Scavando, però, si scopre che la cosa non è così semplice come appare. Questo, almeno, è quanto è capitato a me. Quello che scrivo, pertanto, è frutto di un’esperienza del tutto personale e non vuole affatto essere una generalizzazione. Ho potuto scoprire, quindi, che la famigerata temperatura globale è una cosa enormemente più complessa di una semplice misurazione. Dietro quel numeretto che rappresenta l’anomalia del 2010 rispetto alla media trentennale o all’anno 2011 si nascondono algoritmi matematici, analisi statistiche e valutazioni probabilistiche estremamente sofisticate. Un dato numerico che rappresenta lo stato fisico di un corpo (il complesso sistema rappresentato dalla Terra e dalla sua atmosfera) è il frutto non di una misurazione, ma di un complesso sistema di misurazioni, omogeneizzzazione dei dati ed elaborazioni matematiche. Un climatologo è, essenzialmente, un fisico dell’atmosfera. Non è un informatico, ma fa uso dell’informatica; non è un chimico, ma fa uso della chimica; non è uno statistico, ma fa uso della statistica; non è un geologo, ma fa uso della geologia, ecc., ecc.. Se uno statistico, esaminando il lavoro di un climatologo, individua errori di tipo statistico (come è accaduto ed accade) non ci vedo nulla di male. Se un geologo, analizzando il lavoro di un climatologo, individua degli errori di analisi dei dati paleoclimatologici, non ci vedo nulla di male. Una delle ragioni per cui molti ricercatori accettano la discussione dei loro lavori sui blog è che, in questo modo, esso può essere esaminato anche da esperti di altri settori che possono individuare, nel lavoro, difetti in parti non specifiche (in un’analisi statistica, per esempio). In tal modo il lavoro può essere emendato prima di essere sottoposto alla revisione paritaria classica e, quindi, acquistare un maggior vigore. Tale “revisione”, inoltre, è molto più rapida di quella tradizionale. Tale, almeno, è il pensiero del dr. D. Koutsoyiannis, autore di un lavoro di cui si discute in altra parte di CM. Opinione che io condivido integralmente.
    Ciao, Donato.

    • Guido Botteri

      Scusa Donato, per una volta non sono d’accordo con te, almeno da quel che capisco, sembrerebbe che si possa criticare solo la parte di propria competenza, il geologo la parte geologica, lo statistico la parte statistica e così via, ma vorrei ricordare che la climatologia è stata usata per modifiche SOSTANZIALI delle politiche delle nazioni, in TUTTI i campi, con la scusa che l’aumento di CO2 causerebbe apocalittiche conseguenze.
      In conseguenza di queste politiche (per me folli) abbiamo visto e vediamo aziende DI OGNI CAMPO fallire o delocalizzare, abbiamo visto e vediamo l’economia occidentale in ginocchio, mentre altri se la ridono e fanno affari d’oro.
      Non mi pare che le implicazioni del credere o meno in affermazioni che hanno un sapore assai ideologico, siano circoscritte in una torre di avorio dove gli scienziati starebbero studiando il clima, e noi, ignoranti, ci permettiamo di criticare quello che loro sentenziano dall’alto del loro sapere.
      No, Donato, non siamo noi che li andiamo a disturbare nelle loro torri d’avorio, sono loro che ci vengono a dire che non dobbiamo usare l’aereo, l’auto, che dobbiamo comprare questo invece di quello, ecc. ecc. e che ci riempiono di tasse da pagare, manifeste o occulte.
      Ma tutto questo sapere è davvero così certo ? Non mi pare visto che le loro previsioni sono miseramente e clamorosamente fallite, e quindi tutta questa conoscenza è lontana dall’essere perfetta ed intoccabile.
      Questa storia non è iniziata oggi, torniamo indietro qualche anno, e vediamo cosa dicevano, e cosa dicevano gli scettici, e vediamo in questi anni se il clima è andato come dicevano loro o come dicevano gli scettici.
      Quando loro trascuravano gli aerosol, il Sole, l’effetto delle piante, i raggi cosmici e via dicendo, e dall’altra parte si faceva notare che il clima non era governato dalla sola CO2.
      Chi ha avuto ragione, gli scienziati nelle loro torri d’avorio, o chi sosteneva quello che loro “adesso” incominciano a riconoscere ?
      Se ti metti a qualche anno fa, conoscendo però quello che è successo dopo, devi riconoscere che le cose NON sono andate come ce le cantavano dalle torri di avorio, e allora dov’è questa pretesa che non si potrebbero criticare, quando le critiche si sono rivelate più esatte delle posizioni degli “scienziati” ?
      Se questa posizione arrogante potevano permetterselo allora, ora assolutamente non se la possono più permettere, visto che le loro previsioni non corrispondono alla realtà, visto che ora devono mettere in mezzo gli aerosol (non solo CO2), le piante (non solo CO2), e tra poco si dovranno accorgere che quella sfera nel cielo non può essere considerata una “costante”.
      Secondo me.

  4. Luigi Mariani

    “Non si capisce perché il lavoro di climatologo dovrebbe essere giudicato da 4 informatici un agronomo qualche ingegnere o chicchessia. Ci sono già i canali adatti per farlo.”

    Concordo pienamente con lei sul fatto che il dibattito scientifico debba avvenire in primis sulle riviste scientifiche internazionali.
    Esiste però un segmento successivo nel quale i lavori scientifici sono ripresi dai media ed il più delle volte utilizzati con l’intento di stigmatizzare gli aspetti più “catastrofici” dei risultati, per cui si creano slogan insensati e contro cui è difficilissimo combattere, come ad esempio “la CO2 veleno per l’ecosistema”, “i deserti avanzano”, “abbiamo rovinato il nostro clima”.
    Purtroppo è in questo modo che la scienza viene oggi data in pasto all’opinione pubblica, alla politica e all’economia.
    E dove sono gli scienziati mentre tutto ciò accade? Se ci và bene stanno nelle loro torri d’avorio intenti ad un dibattito di cui anche lei ci parla nel suo scritto ma di cui nessuno saprà mai nulla. Se ci va male li troviamo a caccia di fondi e dunque intenti a cavalcare l’onda del luogo comune.

    Ecco, credo che CM, con tutti i propri limiti, si proponga di sottoporre a critica questi aspetti.

    Più specificamente, per restare a quanto qui dibattuto, la mia valutazione di partenza è generale (nel senso che il mio riferirmi ad un lavoro che peraltro commento in modo positivo in altra parte di CM è puramente incidentale) e si riferisce alla seguente questione:

    – abbiamo il report di un Panel internazionale (IPCC) sponsorizzato dalle Nazioni Unite (WMO+UNEP) e che è del 2007

    – in tale report si parla di tantissime cose e la coerenza non è ovviamente garantita (come necessariamente accade in report tanto vasti)

    – a latere di tali report vi è poi la sintesi per i politici che trascurando quasi del tutto gli elementi di incertezza (di cui i ricercatori che hanno steso le diverse parti del report IPCC sono immagino consci) mira quasi solo a porre l’accento sulle certezze acquisite.

    – A fronte di ciò quel che non cessa mai di stupirmi (e quando mi trovo a referare lavori d altri autori non manco mai di farlo loro osservare) è che in lavori molti specifici si assista alla citazione del report IPCC nel suo complesso (e non di singole parti come ci sarebbe da attendersi) il che mi sa tanto di piaggeria o di necessità di far capire al lettore come la si pensa. E questo fenomeno come vuole chiamarlo se non un anelito all’ortodossia, di cui francamente mi sfuggono le ragioni scientifiche ma non quelle pratiche?

    Da qui parte la discussione.

    Trasferire la questione che le ho dianzi richiamato su una rivista scientifica richiede lavoro, e non è detto che in futuro non trovi il tempo per farlo, a Dio piacendo.

  5. valery

    Naturalmente tutti voi potete considerare l’articolo di Mariani autorevole ma, per Dio, non si tratta di scienza! La discussione su come vengono accettati ,rifiutati e giudicati in ambito scientifico i lavori non è qui che deve avvenire e se Spina ritiene di farlo, ebbene dubito seriamente della sua serietà. Non si capisce perchè il lavoro di climatologo dovrebbe essere giudicato da 4 informatici un agronomo qualche ingegnere o chicchessia. Ci sono già i canali adatti per farlo. Qui mi pare si sia più interessati alle malefatte di alcuni enti e taluni colleghi che pur di acquisire visibilità mediatica venderebbero la loro madre. Se Mariani si sente un incompreso, uno cui non bastano i canali ufficiali per affermare la sua ‘verità’ allora si dia da fare per dimostrare di aver ragione ma non usi questi canali per sentirsi libero di esprimere le proprie opinioni. Ma dove la vede tutta questa ortodossia? quali ambienti frequenta? Nel lab.di biologia marina dove lavoro non esiste uno solo di noi pronto a scommettere su una o l’altra visione del g.w. I colleghi che ho conosciuto nei convegni in tutto il mondo sono scettici; io non ho opinioni in proposito. Chi sarebbero gli ortodossi? me lo spieghi? scienziati veri o cariatidi in cerca di riflettori? a me parete voi i veri ortodossi chiusi come siete nelle vostre granitiche convinzioni.

    • Valery,
      Rispondo solo ora per le ragioni che l’admin ha spiegato. Questo e’ un ambiente di discussione il cui livello lo fa la qualità degli interventi. A volte si scherza, a volte si fa sul serio. Gli interventi di Luigi Mariani, ti piaccia o no, appartengono sempre al secondo tipo, e di questo, come padrone di casa, gli sono grato e non accetto che terzi sparino a zero senza motivo. Ti ho chiesto di entrare nel merito, hai risposto che frequenti molti scettici, salvo aver accennato prima ad alcuni colleghi che etc etc… c’è una evidente contraddizione in quello che dici. A parte il fatto che chi studia dovrebbe essere scettico per definizione, quindi i ‘credenti’ non dovrebbero esistere. E invece pullulano. Leggi i press release, leggi le interviste, leggi i virgolettati, e infine leggi i paper, con l’AGW tirato dentro all’inizio e alla fine di ogni ragionamento.
      Ad ogni modo facciamo così: dici che il lavoro di un climatologo dovrebbe essere giudicato da pari. Bene. Se quel climatologo dopo attenti studi e profonda riflessione ha detto che sarebbero dovute succedere un certo numero di cose che invece non sono successe, chi non e’ suo pari avrà pure il diritto di farlo notare! Ecco, se questo diritto e’ negato, proprio come fai tu, ecco bella a spiegata l’ortodossia. Come vedi non e’ difficile.
      Infine, per gentilezza, ma ho il potere di chiederlo, abbassa il tono dei tuoi commenti. Qui si discute, non si litiga. Per litigare – tra pari – ci sono decine di altri siti.
      gg

  6. Uffa! Vuoi vedere che dopo gli assegni della Exxon mi sono perso anche qualche altro privilegio??

    • Ti passo uno dei miei. Niente in contrario se e’ ballerino? 🙂

  7. donato

    L. Mariani e G. Botteri hanno messo molta carne a cuocere! 🙂
    Scienza ed ortodossia, secondo me, costituiscono un binomio strettamente connesso e difficilmente scomponibile. La scienza è, quasi sempre, ortodossia, nel senso che gli scienziati (che si autodefiniscono membri di una comunità) si riconoscono in una serie di teorie consolidate che costituiscono il corpus del sapere. Ogni tanto, però, questa ortodossia viene scompaginata da qualche “eretico” che innova profondamente le cose. Il progresso del sapere procede secondo quello che io definisco un “equilibrio punteggiato”: lunghi momenti di stasi, in cui le conoscenze vengono codificate e divengono “ortodosse”, intervallate da brevi “balzi” durante i quali emergono nuove conoscenze che modificano o rivoluzionano quelle precedenti. La storia delle scienze è piena di esempi per cui è inutile dilungarsi: Galileo, Newton, Keplero, Copernico, Chandrasekhar, Einstein, ecc., per citare i casi positivi. Non sempre, però, il “balzo” punta in avanti, capita che possa portarci all’indietro nel senso che, come nel caso di Lisenko, determina un’involuzione delle conoscenze in generale e scientifiche, in particolare. Nei lunghi periodi di stasi la comunità scientifica cerca di perfezionare, classificare, migliorare ciò che si conosce. E’ quello che sta accadendo adesso, per esempio, con il bosone di Higgs. Faccio mie, in proposito, alcune considerazioni svolte dalla prof.sa E. Castellani, filosofa della scienza, in un articolo pubblicato su “Le Scienze” del mese di marzo dal titolo “L’emblematica particella di Higgs”. Dopo un breve resoconto relativo all’annuncio di dicembre circa i primi indizi dell’esistenza dell’Higgs ed un cenno alla profonda innovazione introdotta negli anni sessanta del XX secolo dai fisici teorici con la definizione del Modello Standard, la prof.sa Castellani delinea brevemente gli aspetti filosofici che connotano la ricerca della sfuggente particella. Il bosone di Higgs è il risultato di una previsione matematica. Il Modello Standard non può funzionare senza prevedere l’esistenza del campo di Higgs. Gli sforzi dei fisici sperimentali, quindi, sono tesi a cercare una verifica a questa ipotesi in modo da confermare la veridicità del Modello Standard. Il tutto, però, partendo dal presupposto che gli scienziati “credono” nella validità del Modello Standard e, quindi, cercano di confermarlo sperimentalmente. La verifica sperimentale o empirica, pertanto, rappresenta un modo per stabilire se una teoria è vera oppure è falsa. Un modo per appurare che la “credenza” nella teoria è corretta. La prof.sa Castellani chiosa scrivendo che (cito a memoria) nel caso la ricerca del campo di Higgs non dovesse essere fruttuosa, prima di buttar via il Modello Standard, i fisici hanno già pronte una serie di teorie che, prescindendo dal bosone di Higgs, consentirebbero di salvare il Modello Standard. Come si vede la comunità scientifica è caratterizzata da canoni, procedure, regole (scritte e non) che garantiscono la possibilità di verificare la veridicità della “credenza” in una teoria. Possiamo, pertanto, parlare di ortodossia. Questa forma di ortodossia, però, non può essere considerata negativa in quanto costituisce l’essenza della comunità scientifica: se essa viene meno, viene meno anche la comunità.
    Una comunità (scientifica, religiosa, sociale, politica e via cantando), quindi, si basa su regole, codici, rituali, cioè sull’ortodossia. A volte chi non si riconosce in queste regole è considerato un eretico, cioè un individuo che si pone al di fuori della comunità. J. Curry, per esempio, è stata definita “l’eretica del clima” in quanto ha assunto posizioni che la pongono all’esterno dell’ortodossia scientifica della comunità dei climatologi.
    In altre parole lo scienziato “ortodosso”, in cuor suo, crede fermamente nelle sue idee e, prima di abbandonarle, ha bisogno di tantissime evidenze contrarie. La cosa è profondamente umana e poiché gli scienziati sono uomini non bisogna meravigliarsi per questo. Qualche giorno fa, G. Botteri, citando Einstein, scrisse che cento esperimenti non sono sufficienti a verificare una teoria, un solo esperimento è sufficiente a falsificarla.
    Io concordo pienamente con questa impostazione del problema anche se sono piuttosto scettico circa la sua reale applicazione pratica. A me sembra che le cose, nel mondo reale, vadano nel senso opposto. Quando succede questo, però, l’ortodossia non è più un fatto positivo, ma costituisce una degenerazione che bisognerebbe eliminare.
    Un esempio di questo atteggiamento intollerante e prevaricatore dell’ortodossia e, aggiungo, del politicamente corretto, è quanto accaduto a Viterbo. Lo scorso 12 giugno, in un campo sperimentale allestito circa 30 anni fa, dall’Università della Tuscia a Viterbo, in ossequio ad un’ordinanza del ministero dell’Ambiente, sono stati espiantati alcuni ciliegi. Il motivo? La Fondazione dei Diritti Genetici del sig. Mario Capanna ha chiesto l’esecuzione della condanna a morte dei ciliegi in quanto rei di essere geneticamente modificati. Si trattava di piante assolutamente sterili progettate per resistere agli attacchi fungini e, quindi, bisognevoli di un minor numero di trattamenti anticrittogamici. In questo caso si è invocato il famigerato “principio di precauzione” sulla scorta del quale tutto ciò che è potenzialmente (sic!) dannoso deve essere distrutto. A nulla è valso ogni tentativo di evitare la distruzione del frutto di trent’anni di ricerca scientifica finanziata con fondi pubblici. Ha prevalso un’idea oscurantista ed antiscientifica basata, però, su ragionamenti pseudo-scientifici: gli organismi geneticamente modificati sono dannosi a prescindere, perché del tutto “innaturali” e tutto ciò che non è naturale fa male (alla salute o all’ambiente). In questo caso non vi è nessuna evidenza scientifica che quelle piante fossero dannose, però, sono state distrutte in quanto si crede, sulla base di qualche studio condotto da scienziati (o sedicenti tali), che esiste la probabilità che “potrebbero far male”. Cito solo un esempio (uno dei più recenti), ma potrei continuare per pagine e pagine.
    Questo atteggiamento è frutto di un pensiero “politicamente corretto” e dell’ortodossia che caratterizza una parte della comunità scientifica ed intellettuale del nostro Paese.
    Per quel che mi riguarda un po’ di correttezza politica ed un po’ di ortodossia sono necessari altrimenti il nostro mondo diventerebbe una giungla. Se, però, si eccede passiamo nel campo dell’integralismo che, a mio giudizio, rappresenta la degenerazione patologica dell’ortodossia. Il guaio è che molte comunità che compongono la nostra società (anche qualche frangia della comunità scientifica) stanno diventando integraliste. E questo non è affatto positivo.
    Ciao, Donato.

    • donato

      Non avevo letto il commento di valery. In proposito aggiungo, pertanto, una considerazione che mi è venuta spontanea: lupus in fabula! (A proposito di integralismo).
      Ciao, Donato.

    • Luigi Mariani

      Caro Donato,

      di carne al fuoco ne abbiamo messa moltissima ma grazie al tuo intervento credo sia ora possibile tirar su le reti per vedere se abbiamo pescato qualcosa.

      Tenterò di farlo osservando che sono convinto anch’io, come te, che dietro alla positività o negatività dell’ortodossia in campo scientifico vi sia un problema di misura. Ma qual’è la misura a cui dobbiamo tutti noi attenerci?

      Se dobbiamo stare a quanto ci ha insegnato Galileo ogni attività scientifica deve avere a proprio fondamento l “principio di fedeltà alla realtà” la realtà, per cui la fedeltà alla comunità scientifica d’appartenenza dovrebbe passare decisamente in secondo piano. Insomma, se quella che ho in mano ora è una pera essa non potrà mai diventare una mela solo perché la comunità sostiene ciò.

      Pertanto l’ortodossia è una gran cosa nel senso che dà sicurezza ed evita di dibattersi nel dubbio e nell’incertezza che sono da sempre compagni di chi opera con serietà in campo scientifico.

      Tuttavia se tale ortodossia interferisce con il “principio di fedeltà alla realtà” penso che il nostro dovere divenga quello di contrastarla (ovviamente con mezzi leciti e onesti).

      Luigi

    • donato

      “Ma qual’è la misura a cui dobbiamo tutti noi attenerci?”

      Caro Luigi,
      la domanda che ti sei (e ci hai) posto rappresenta il fulcro di tutta la discussione. Io, personalmente, non so risponderti o, per essere più precisi, dovrei risponderti con un qualunquistico: deve deciderlo il buon senso. E’ una risposta che io stesso reputo troppo debole e troppo scontata.
      Mi sembra, però, che tu stesso abbia fatto una proposta estremamente convincente per stabilire un discrimine tra ortodossia ed integralismo: il vecchio (ma attualissimo) “principio di fedeltà alla realtà” di galileiana memoria. In campo scientifico, credo, che sia ancora l’unica cosa in grado di guidare le scelte di ogni ricercatore, di ogni membro della comunità scientifica, di chiunque sia chiamato a scegliere tra una teoria ed un’altra.
      Ciao, Donato.

  8. Guido Botteri

    Infedeli e apòstati.
    Le religioni variano nella loro trattamento degli infedeli, che spazia dall’indifferenza alla strage. La nuova religione si basa attualmente sull’assalto verbale e sulle denigrazioni e diffamazioni, anche se ci sono coloro che vorrebbero andare oltre (un esempio di questo fu il video “no pressure” in cui si facevano saltare in aria bambini che non fossero particolarmente entusiasti di collaborare alla lotta all’AGW – quindi non solo i “contrari”, ma anche i “tiepidi”; altro esempio è stato l’invito a bruciare le case degli scettici; altro quello di sottoporre gli scettici a trattamento psichiatrico; altro la creazione di appositi tribunali per reati ambientali, come se questa parte della materia giudiziaria non dovesse essere trattata da normali tribunali, ma da giudici appositamente scelti – in base a quale criteri, e soprattutto “da chi” ? – per quello scopo…e potrei continuare con le pericolose stramberie che sono state proposte dai più fanatici cultori di questa nuova religione verde). Chiamano “negazionisti” gli “infedeli” – un riferimento verbale all’Olocausto, di poco valore e abbastanza spregevole (coloro che mi seguono ricordano bene con quanta insistenza e vigore mi sia sempre battuto contro questo uso obbrobrioso e arbitrario di questa parola molto offensiva, e che presuppone che “loro” abbiano ragione, e gli altri torto, prima ancora di iniziare a discutere). C’è una campagna sostenuta per negare ai “negazionisti” qualsiasi tipo di piattaforma pubblica perché possano esprimere le loro opinioni. E tutto questo non ha il sapore della Scienza, ma della setta fanatica.
    A questo punto vorrei fare una mia precisazione sul concetto di democrazia nella Scienza. Perché esso potrebbe non essere chiaro, visto l’insistenza con cui alcune persone scettiche, tra cui il sottoscritto, ricordano che la Scienza non deve essere democratica, e poi le stesse persone, tra cui il sottoscritto, si lamentano della mancanza di democrazia nella Scienza.
    L’apparente contraddizione è dovuta al fatto che si parla di due aspetti diversi della Scienza. Il primo attiene al “contenuto” della Scienza. Non sarà una votazione a decidere se la Terra è rotonda o piatta (come nel racconto di Shelburn “La votazione per la Terra Piatta”)… nella Scienza non conta il “consenso” né l’autorità di qualche autorevole personaggio (ricordate il “nullius in verba” di quando la Royal Society aveva a cuore la Scienza ?) ma contano le evidenze, le misure, gli esperimenti. Non è importante se una certa previsione l’ha fatta lo stimatissimo James Hansen, ed ha il consenso del 97% degli scienziati…ha importanza se quella previsione si verifica o no (e quella previsione NON si è verificata).
    Diversa cosa però è l’aspetto formale della Scienza, e cioè le discussioni, il confronto delle idee. La Scienza si basa su argomenti solidi (in quanto sostenuti da prove concrete), e quindi non ha paura del confronto, non ha bisogno di urlare e denigrare, come fanno i politici. La forza della Scienza è negli argomenti, e questi possono prevalere anche se detti pacatamente. L’importante è che siano giusti e veri. Impedire ad altri di parlare NON è atteggiamento da scienziati. Le idee sbagliate si possono contrastare con la forza della ragione, e delle rispondenze sperimentali.
    Gli apostati sono universalmente ancor più vituperati degli infedeli. Hanno voltato le spalle alla vera fede, qualsiasi essa sia. Gli apostati, o gli eretici parziali, sono ancora più odiati e nel corso dei secoli hanno subito le pene, anche mortali, più terribili.   Nel caso dell’ “ambientalista scettico”, Bjorn Lomborg, è un “credente”. In realtà egli è un credente seriale, accettando, per esempio, che mangiare sedano provochi il due per cento di tutti i tumori e, naturalmente, che il riscaldamento globale sia causato dall’uomo, ma lui rifiuta il sacrificio dell’umanità alla credenza. Questo (per loro) è inaccettabile!
    Cosa sono qualche milione di decessi causati da acqua sporca, punture di zanzara e altri pericoli fintanto che le persone possono essere rese conformi ? Finora è stato aggredito solo con insulti e torte alla crema (da parte di quel Mark Lynas che aveva raccontato che sei gradi in più avrebbero causato l’estinzione della specie umana, ma che non aveva spiegato perché non si siano estinti gli Inuit o i Tuareg, separati da ben più di sei gradi…). Patrick Moore, uno dei fondatori di Greenpeace, ha rotto con il movimento a causa delle loro crescenti tendenze anti-umane, anti-scientifiche e della deriva nell’estremismo. L’ultima goccia per lui è stata la campagna contro il cloro, non solo una componente essenziale della vita umana ma anche la base di uno degli interventi salva-vita più efficaci. Di conseguenza, è stato sottoposto ad una prolungata campagna di diffamazione, descritto come un eco-Giuda, rinnegato e traditore. Ogni commentatore minore o blogger che manifesti incredulità può aspettarsi di diventare il bersaglio di abusi da parte di sedicenti protettori della fede.
    (continua appena possibile)

    • valery

      che palle con i vostri piagnistei.Ma non vi rendete conto che vi comportate esattamente come i vs detrattori? Ammettetelo: non ve ne frega niente del lato scientifico del problema climatico, temete solo di perdere privilegi non acquisiti ma ereditati quindi vi trincerate dietro tonnellate di bit per dire una valanga di ovvietà. Tranquiilizzatevi nessuno vi accusa di negazionismo o di chissacchè, semplicemente i vs commenti non scalfiscono nessuno per la loro vacuità.

    • Valery,
      Ti pregherei di fare una lista di quelli che ritieni essere privilegi ‘ereditati’ 🙂
      gg

    • Guido Botteri

      Valery, apprezzo sempre coloro che contrastano le mie idee con argomenti seri.
      Mi è capitato di dar loro ragione, quando l’hanno avuta (a mio parere) e ci son stati un paio di casi anche su queste pagine di CM. Sulla mia onestà intellettuale non ammetto dubbi (su questo punto sono integralista 🙂 )
      Ma le tue critiche le trovo superficiali, ingiuste e arbitrarie, perdonami.
      Che ne sai di quel che mi importa della Scienza ? Su quale base stabilisci che non me ne importerebbe nulla ?
      La verità è che ci tengo talmente tanto che è questa la ragione del mio interessamento alla climatologia, cercare di contribuire al ritorno della “scienza” nel campo scientifico, contrastandone le derive politiche, ideologiche o comunque legate ad interessi personali di ogni genere.
      I soldi girano, e in abbondanza, nei lidi “ortodossi”, ed io non ho alcun privilegio da difendere, tanto meno ereditato, tant’è che mio padre era direttore del comune di Napoli, e la mia famiglia è una famiglia storicamente di notai.
      Il mio interessamento alla scienza è quindi fuori di ogni possibilità “ereditaristica” (se mi concedi la parola).
      Sono costretto a scappare, per motivi personali, per cui continuerò al mio ritgorno, scusami.

    • Guido Botteri

      Rientro dopo aver cambiato la maglia e lavato i capelli, sporchi di calcinacci caduti da un palazzo al mio passaggio. Se fossi una persona importante potrei anche fantasticare di aver subìto un attentato, tanto vicini mi sono caduti dei pezzi anche grossi, che mi hanno sfiorato, ma mi avrebbero potuto uccidere se mi avessero preso, e con perfetta scelta di tempo 🙂
      Ma tornando a cose più serie, non sarò certo io a giudicare se quel che scrivo siano ovvietà o vacuità, e tu hai tutto il diritto di pensarlo (almeno finché questo Paese rimarrà una democrazia, come spero).
      Grazie al cielo esiste, ed io riconosco e difendo, il diritto di opinione, cosa che proprio da parti più “ortodosse” si è perso di vista, vista l’insistenza con cui molta parte dei sostenitori dell’ipotesi AGW continua a chiamare “negazionisti” (in inglese “deniers”) coloro che osano avere qualche idea anche leggermente diversa da quelle volute dal potere.
      Tu forse in questi anni ti sei occupato di altre cose, hai vissuto in una navicella spaziale, o in isolamento monastico a meditare sulle imperfezioni del mondo ? Altrimenti non si capisce come tu possa affermare una cosa palesemente falsa (e qui non si può parlare di “opinione”, stiamo parlando di fatti obiettivamente verificabili !) che nessuno ci accuserebbe di negazionismo ! fatti un giro su siti allarmisti, e li troverai pieni di questa etichetta ingiuriosa e presuntuosa, perché presuppone che una parte “detenga” la verità (ma più passa il tempo più questa “verità” si dimostra diversa da quella che ci avevano raccontato, anche se fanno i salti mortali, e arrampicate triple sugli specchi per difendere certe posizioni sempre più indifendibili) e che altri “neghino” questa manifesta “verità” proprio per quelle odiose motivazioni che anche tu vai ripetendo senza alcuna conoscenza “temete solo di perdere privilegi non acquisiti ma ereditati”.
      Dunque, secondo te, nessuno ci accuserebbe di “negazionismo”… mamma mia, il web è pieno di questo arbitrario insulto. Io stesso, volendo intavolare un confronto, chiesi ad un professore (che si occupava di diffondere una “verità” che proprio in questi ultimi tempi è clamorosamente fallita), di evitare quel termine e lui, e i suoi amici, per tutta risposta rincararono la dose, lui scrisse che “negazionista” era “poco”, facendomi così capire che con quelli non era possibile un dialogo civile.
      Quanto alle tue contestazioni, io mi sarei aspettato qualcosa di più serio, di maggiore spessore, come qualche dimostrazione che qualcuna delle cose che ho scritto non sarebbero vere.
      Ho scritto tante cose, non sono dotato di divina perfezione, e dunque qualcosa di sbagliato da qualche parte ci sarà…aguzza l’ingegno, leggi con attenzione.
      E’ forse falso che nel video “no pressure” si facevano saltare in aria bambini e persone che fossero anche solo tiepide nei riguardi dekk’AGW ?
      http://en.wikipedia.org/wiki/No_Pressure_(film)
      E’ forse falso che qualcuno ha incitato a bruciare le case degli scettici ?
      http://www.forbes.com/sites/stevezwick/2012/04/19/a-tennessee-firemans-solution-to-climate-change/
      E’ forse falso che hanno chiesto il trattamento psichiatrico per gli scettici ?
      (non ho tempo al momento, ma appena posso ti trovo il link, a meno che qualcuno non ce l’abbia a portata di mouse)
      E’ forse falso che James Hansen ha clamorosamente fallito le sue previsioni del 1988 ?
      (lui previde tre scenari, ma uno solo poi è da considerare, quello che si è veramente verificato, e cioè che le emissioni avrebbero continuato a crescere, e in quello scenario le sue previsioni sono lontanissime da quanto è accaduto – gli altri scenari non vanno presi in considerazione perché si riferiscono a situazioni alternative che non si sono verificate)
      e potrei continuare.
      Se vuoi dare spessore ai tuoi interventi, trovami un errore, una cosa falsa, e poi ne parliamo.
      ok ?

    • valery

      non occorre che continui per l’amor del cielo, la grafomania andrebbe curata!
      Ma anche la schizofrenia. Mi spiego: è ovvio che siete liberi di pensarla come volete sul clima e su qualsiasi altro argomento, siete a casa vs, ci mancherebbe. Le accuse di negazionismo sono rivolte a scienziati da altri scienziate. Voi non lo siete e le accuse che vi rivolgono sono scemenze e null’altro perchè sostenute da gente che si riempie la bocca di paroloni. Voi fate altrettanto: mi scusi una domanda:”Quanti di voi sono scienziati del clima?”. Nessuno, i pare e pure vi atteggiate a guru dell’argomento. Passate allegramente dal citare pagine e riviste più o meno scientifiche al citare articoli giornalistici che solo in estate trovano spazio nelle colonne di un giornale. E’ così che si difende la scienza? E’ compito vs farlo? non credo proprio. ci sono istituzioni che già lo fanno e che, mi creda, non sono per niente convinti della teoria dell’ AGW. A voi piace il gossip scientifico e avete scoperto che, miracolo!!, gli scienziati sono uomini con tutti i loro pregi e difetti e allora? E’ sempre stato così.
      Il dibattito sulla scienza va fatto a livello di pensiero e non di rumors, quindi va spostato ad un livello più alto e solo così si potrà dare un contributo serio. Se si preferisce vedersi al bar e discutere pensando di essere a Venna con Wittgenstein lo si faccia pure ma a me pare che si pecchi un pò di presunzione.

    • E’ molto curioso che questo altissimo commento giunga proprio su un articolo di chi tra noi la scienza la fa davvero. Ad ogni modo, quando vorrai svegliarti dal sonno e indicarci quali sarebbero queste istituzioni baluardo della conoscenza, siamo tutti qui ad aspettare. Queste discussioni – e hai detto bene, siamo a casa nostra, quindi potresti anche dismettere il tuo tono di supponenza – nascono proprio perché il confine tra scienza e chiacchiere da bar e’ stato abbattuto da chi propina l’AGW, prima pubblicando e poi facendo proclami che non stanno in piedi neanche con le stampelle. E le famose istituzioni, come dici tu, si sono tutte sedute a tavola. Trovami un paper o un press release che parli di qualunque cosa, dalle pecore scozzesi al diabete, che non abbia dentro il climate change come il prezzemolo, che ormai e’ il metro dell’IF.
      Sai, non e’ la prima volta che si alzano voci ‘autorevoli’ a dirci di cosa dovremmo parlare e come, a dirci che la discussione si farebbe altrove, ma chissà perché non entrate mai nel merito. Forse lo fate altrove? Bene, fateci sapere dove che ci interessa.
      Ps: di solito non uso il plurale per parlare al prossimo, ma chi la fa l’aspetti.
      gg

    • Luigi Mariani

      Anche se mi spiace ricorrere al “lei non sa chi sono io”, sono a questo punto costretto a farle osservare che io sono a tutti gli effetti uno “scienziato del clima”, e ciò in quanto ho una lunga serie di pubblicazioni, alcune molto recenti (anno 2012), su riviste internazionali di climatologia.
      A questo punto mi dica lei a che titolo trancia giudizi tanto sommari circa le considerazioni espresse in questa sede. E’ per caso uno “scienziato del clima”? E tenga conto che la sua riposta a questa semplice domanda non è senza conseguenze in quanto:
      -> in caso di risposta negativa dovrebbe per coerenza astenersi di qui in avanti dall’intervenire su questo sito in quanto, come ha lei stesso affermato, chi non fa parte del settore fa solo “rumor” o chiacchiera da bar
      -> in caso invece di risposta positiva mi attendo che si astenga dalla chiacchiera (e cioè da quanto ha fin qui fatto) e che fornisca invece un giudizio argomentato circa il problema che evidenzio nel mio scritto.
      Luigi Mariani

    • Fabio Spina

      Per me Valery ha ragione! “La casta è casta e va,si,rispettata,”

      Caro Guido, assumi 7-8-11 premi Nobel con la patente di “scienziati del clima” e falli discutere a livello alto, visto l’argomento direi livello stratosferico. Altro che l’articolo di Nature citato dal Prof Mariani, occorre discutere di articoli pubblicati su riviste più autorevoli.

      Però pensandoci bene: il Nobel sul clima non esiste (ne parlano spesso Nobel non del settore e anche loro andranno esclusi come rumors). In Italia non esiste la laurea in climatologia, come riconoscere gli scienziati del clima? Addirittura chi inizia la “carriera” di “scienziato del clima” va ai convegni nazionali e internazionali e lo fanno parlare pur non potendo presentare il “pedigree”, perché non farlo su un blog? Riviste più autorevoli di Nature è difficile trovarle. Gli articoli sul clima sono pubblicati tutti i giorni sui quotidiani e sono letti da milioni di persone, perché non occuparsene? Il Prof. Mariani è uno di quelli in Italia che si occupa di clima in Italia da tempo ed io non mi permetterei di giudicarlo senza neanche conoscerlo.

      Mi sa che Valery ha ragione ma noi su CM continuiamo a fare come sempre, pure perché altrimenti Valery mica ci poteva scrivere sul blog senza aver presentato il pedigree di adeguato livello. 😉
      Cara Valery,

      stamme a ssenti ..nun fa”o restiva,
      suppuortece vicino-che te ‘mporta?
      Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive

    • Guido Botteri

      Scusate la fretta, sto in partenza per la Sicilia, il post di Valery però (schizofrenia a parte) merita alcune precisazioni.
      Già altre volte ho spiegato che questa pretesa che potrebbero parlare di clima solo i climatologi è pura arroganza, perché ormai la climatologia è entrata dappertutto a condizionare ogni aspetto della nostra vita, con le sue apodittiche affermazioni sull’inquinamento (“termico”, ma furbescamente questo aspetto viene taciuto) e bla bla bla. Insomma la nostra vita viene condizionata pesantemente dalle emissioni della CO2, e noi dovremmo starci zitti ?
      Bella pretesa !
      Attento, Valery, l’ipotesi AGW sta scricchiolando sempre di più, e tra qualche anno chi l’ha portata avanti dovrà nascondersi per la vergogna, secondo me.
      Dovrebbero parlare solo i “bravi” e tutti gli altri starsi zitti, eh ?
      Ma i “bravi” cianciavano del picco del petrolio, avevano organizzazioni, immagino finanziate, non oso pensare con quali soldi, mentre gli scettici, anche su queste pagine, dicevano che le risorse dipendono dalla domanda e dall’offerta, dal costo e dalle tecnologie, e quindi quel picco (più volte rimandato) non aveva senso.
      Ora la realtà ha dimostrato che “avevano ragione” quelli che tu etichetti come persone da bar ed “avevano torto” i “bravi” per quante lauree specifiche avessero (anch’io ho una laurea, in ingegneria elettronica) e per quanti studi avessero pubblicato.
      Avremmo dovuto starci zitti sul picco di Hubbert ? Secondo te sì, ma avevamo ragione noi.
      Potrei fare tanti altri esempi, e provarli con tanti link, ma il tempo incalza, e mi limiterò a far notare che nel cuore del problema climatico, quelli “bravi” facevano previsioni catastrofiche, inserite in vari scenari (vedi, per esempio, James Hansen, 1988).
      Gli scenari sono come ragionare sulla classifica, dicendo, nel caso che la partita A-B finisca con la vittoria di A, il pareggio o la vittoria di B, succederà questo o quello.
      Ok, quando la partita è stata ormai giocata, non ha più alcun senso considerare lo scenario della vittoria di A, che invece è stata sconfitta. Non esistono più “scenari”, ma solo una realtà certa. Così è per il clima, quelli che erano scenari presi in considerazione da Hansen, ora “non sono più niente”, esiste “solo” la realtà che la CO2 è aumentata, mentre il GW si è fermato, e quindi la profezia di Hansen, che si è rivelata molto lontana da ciò che è realmente successo, è “clamorosamente” fallita.
      Oh, a quei tempi quelli “bravi” parlavano della CO2 come se governasse il clima, e come se bastasse abbatterne le emissioni per controllare le temperature.
      Quelli che tu additi come persone da bar, invece facevano presente che la CO2, sì, dà un suo (piccolo) contributo, ma che c’erano tanti altri fattori da considerare, come gli aerosol, le piante (che si nutrono di CO2, e se ce n’è tanta tendono a stare meglio) e via dicendo.
      Quelli “bravi” avevano torto, tant’è vero che ora stanno giustificando il fallimento delle profezie sulla temperatura “proprio” con quelle argomentazioni che portavano a quel tempo (ed anche ora) gli scettici, tra cui varie di quelle persone che tu giudichi chiaccheroni da bar. Sarà pure, ma avevano ragione loro, i chiaccheroni, e NON gli autorevoli e laureati (in climatologia) scienziati (soli) autorizzati a parlare di climatologia, ma che dicevano cose che si sono rivelate false, tant’è che adesso di fatto stanno ripiegando sulle chiacchere dei chiaccheroni da bar, che invece si sono rivelate più vere e più fondate.
      Il tempo, in entrambi i sensi di atmosferico e cronologico, si sta rivelando galantuomo, il clima non dà segni di rispondere alle pretese dei sostenitori dell’ipotesi AGW, forse perché l’atmosfera, gli oceani, la biosfera (escludendone la componente umana) non leggono i report dell’IPCC e non vi si adeguano, ma vanno secondo natura, e ciò si sta rivelando molto diverso dalle dotte esternazioni degli scienziati di climatologia, e di tutti quegli altri scienziati, che in centinaia di altri campi, accettano supinamente le conclusioni dei sostenitori dell’ipotesi AGW.
      Secondo me.

    • valery

      Il mio post lo avete cestinato?

      Ci dispiace per il disguido ma tutti i suoi commenti sono finiti nella cartella spam (forse l’indirizzo mail è inesistente?). Li ho prontamente ripristinati .

      Admin

  9. Guido Botteri

    Demagoghi e ipocriti.
    Alcune persone hanno una grande capacità di coinvolgere le masse, con sapiente uso della demagogia. Si tratta di un’arte misteriosa, in quanto le loro capacità oratorie spesso non resistono ad esami critici. Sono idoli del momento, che spesso risultano avere i piedi d’argilla, come spesso sembra accadere per i predicatori carismatici in TV.
    Uno dei più noti demagoghi della religione senza Dio è Al Gore, certamente grande oratore, ma, dice Brignell, con “chutzpah”. Cosa esattamente intenda dire Brignell, non lo so, scegliete voi tra “impudenza, audacia, faccia tosta, spudoratezza”. Il suo disprezzo per la verità è esemplificato dalla sua caratteristica e onnipresente presenza di fronte a una fotografia satellitare dell’uragano Katrina. Anche alcuni dei più veementi “scienziati” climatici si astengono dal collegare quel particolare evento isolato, e mostruosamente tragico, con il riscaldamento globale. Allo stesso modo le sue profezie di catastrofi, stile Vecchio Testamento, come le inondazioni a causa di un innalzamento del livello del mare, superano ampiamente le pretese più modeste dei “Professionisti”. Come nella distruzione delle città di pianura, ed altre profezie bibliche, Gore promette una pioggia di fuoco e zolfo su di noi, se non cambiamo i nostri comportamenti.
    Gore mostra anche tutte le caratteristiche dell’ipocrita religioso classico (aggiungerei che non c’è bisogno di essere “religiosi” per essere degli ipocriti, abbiamo molti evidenti esempi di ipocriti non necessariamente religiosi, ma Brignell sembra avere qualche personale antipatia per la religione, o almeno per alcuni religiosi).
    Gore ignora i suoi stessi divieti. Misurandoli con la sua stessa misura (carbon footprint) i suoi peccati sono grandi, almeno venti volte superiori a quelli della media americana. Va bene, però, perché acquista l’assoluzione (carbon offsets) attraverso la sua propria azienda. Essendo lui un privato, non si sa se ne tragga profitto direttamente, ma almeno non paga dal suo reddito imponibile e, peggio di tutto, dimostra che i ricchi sono immuni da tutte le privazioni reali che l’attaccamento alla nuova religione impone ai suoi seguaci più poveri.
    (continua)

  10. Guido Botteri

    Peccato e l’assoluzione.
    Brignell afferma che sarebbe nella natura della religione di essere autoritaria e prescrittiva. Essenziale per questo sarebbe il concetto di peccato – una trasgressione di principi teologici, nel pensiero o nell’atto.
    Il peccato originale nelle religioni vecchie deriverebbe, continua Brignell, da una delle fonti della vita sulla terra – il sesso. La nuova religione va ancora più indietro alla base stessa di tutta la vita – il carbonio. Forse la paura fondamentale dell’uomo è la paura della vita stessa. La propensione stupefacente di carbonio a formare composti di complessità illimitata rende possibile l’esistenza della vita, mentre il suo biossido è l’alimento primario, l’inizio stesso della catena alimentare. Tutti i cibi che consumiamo hanno il loro inizio nell’ anidride carbonica atmosferica. E’ quindi il candidato ideale per il peccato originale, dal momento che nessuno può sfuggire alla sua dipendenza. Questa manna che ci ha dato la vita è ora regolarmente bollata dai media come “inquinamento” e “tossica”: sicuramente una delle più perverse distorsioni della storia del linguaggio.
    A quel che dice Brignell, vorrei aggiungere che si gioca furbescamente sull’impatto della parola “inquinamento”, lasciando credere – attraverso il bombardamento mediatico di parole come “inquinamento” e “riscaldamento globale”, che le due cose siano legate, ma non è affatto provato che sia così, e all’inquinamento, quando è sotto forma di aerosol, viene attribuito una funzione raffreddante, NON riscaldante, anche se la questione, a mio parere, è ancora aperta. Come in tanti altri fattori, ci sono contributi di segno opposto di difficile quantizzazione. In questo momento però credo che si possa dire che gli aerosol abbiano una “prevalente” funzione raffreddante, e quindi la loro associazione al riscaldamento globale, senza nessun caveat, è da ritenersi fuorviante e disinformativa. Come nel caso del buco dell’ozono, in cui gli interventi proposti per risolvere quel problema vanno in direzione di un maggiore riscaldamento globale – e non viene detto, e viene lasciato credere l’opposto – perché l’ozono è gas serra, ed una sua maggiore presenza aumenta l’effetto serra, così si gioca con la parola “inquinamento” in un modo, direi, vergognoso, anche perché, oltre tutto, l’anidride carbonica è comunque innocente rispetto all’inquinamento classico come viene immaginato dal pubblico. Quello dell’anidride carbonica NON è quel tipo di inquinamento, ma si suppone che sia inquinamento “termico” (TERMICO, fate bene attenzione a questa parola) perché SI SUPPONE che il contributo della CO2 all’aumento di temperatura sia tale da mandare il pianeta alla rovina termica… però, però, si sa anche che un raddoppio della CO2 causa (Arrhenius) l’aumento di un (solo) grado di temperatura, e per avere un altro grado di aumento (imputabile direttamente alla CO2 – non parliamo qui di feedback, perché quella questione è contestata e lontana dall’essere stabilita, visti anche i risultati di questi ultimi anni… che hanno sconfessato un feedback come quello “ipotizzato” dai sostenitori dell’ipotesi AGW).
    D’altra parte dall’inizio dell’era industriale ad oggi TUTTO il carbone, petrolio e gas bruciati hanno “contribuito” a portare le ppm della CO2 da 278 (nell’anno 1750, secondo fonti serriste) alle appena 393 attuali (per un totale di 115 ppm)…quanto petrolio, carbone e gas dovremmo bruciare per avere un ulteriore grado di aumento imputabile alla sola CO2 ? Cioè dovremmo raggiungere 786 ppm, e per averne ancora un altro, dovremmo raggiungere 1572 ppm ! Andando a 115 ppm alla volta (valore dal 1750 ad oggi), la vedo dura.
    Tornando a Brignell, il correttivo al peccato nella religione è l’assoluzione, dice, e la potenza della maggior parte delle religioni deriverebbe dalla loro pretesa di avere il monopolio dell’assoluzione. Così è con la nuova religione atea. Inoltre, è nella natura della religione di creare mercati fittizi. Ai tempi di Chaucer (1343 – 1400) vendeva le indulgenze papali, cosa che liberava il ricco dalle conseguenze del peccato. Allo stesso modo, le nuove indulgenze sono i crediti di carbonio. Sia nella società antica che in quella moderna queste attività distolgono lo sforzo dalla creazione della ricchezza e quindi agiscono come un freno per l’economia. Essi inoltre danno ai ricchi un comfort che non è disponibile per i poveri – una strada sicura verso il successo.
    Proseliti ed evangelisti.
    La maggior parte delle religioni cercano di crescere per mezzo di proselitismo. La scienza non cerca e non ha bisogno di convertiti. Insegna a quelli che sono disposti ad imparare, ma non si impone a coloro che sono indifferenti. Le religioni (almeno quelle che hanno successo) hanno un imperativo diverso. Un gruppo crescente di credenti rafforza le convinzioni di aderenti esistenti e partecipare alla ricerca di proseliti aiuta a placare i dubbi inevitabili che potrebbero ospitare. Le religioni di successo sono strutturate in modo da comprendere questo meccanismo espansivo. Coloro che possono reclutare gli altri alla causa sono quindi tenuti in grande considerazione.
    (continua appena possibile)

  11. giovanni pascoli

    Sottoscrivo totalmente la risposta di Botteri. Quanto da lui scritto dovrebbe essere un modo di vedere e rifrettera sulla realtà storica umana ormai assodat e invece purtroppo resta un commento quasi anonimo sottostritto da un alro commentatore egualmente o più anonimo. Insomma una goccia in un mare. Purtroppo il pensiero unico dominante é ben altro e corrisponde proprio alla commistione di scienza, fede, razionalità, emotività, paure, ipocrisie, conoscenza vra e falsa, ignoranza ecc. al solo scopo di direzionare e convogliare mandrie umane verso un credo piuttosto che un’altro.
    A questo proposito l’ultima occasione sembra la tragedia del Monte Bianco di queste ore. Repubblica non perde occasione per metterci dentro legambiente e i cambiamenti climatici. Il fatto che quest’inverno sia stato rigido e nevoso soprattutto nell’arco alpino favorendo accumuli di neve ( che diventa instabile d’estate, evento eccezionale!), il fatto che orde di scalatori ormai solcano le vette estreme come se fossero a passaggiare in centro il sabato pomeriggio, il fatto stesso che il distacco di una valanga ( 2 campi di cacio, nulla di eccezionale) é un fenomeno naturale ciclico, ripetitivo, continuativo e frequente. Tutto cio non importa non viene considerato. LA valanga si stacca perché il clima si surriscalda a causa dell’uomo. Questo è tutto il dibattito é chiuso.

  12. Guido Botteri

    John Brignell, in un articolo scritto a giugno 2007, definì il Global Warming, come una religione, non un fenomeno scientifico.
    Ripercorrerò quell’articolo, che mi sembra davvero molto attuale.
    Inizia citando Blaise Pascal:
    “Gli uomini non fanno mai il male così completamente ed allegramente come quando lo fanno per convinzione religiosa.”
    E’ stato Michael Crichton che per primo ha identificato l’ambientalismo come una religione, in un discorso nel 2003, ma il mondo è andato avanti rapidamente e i seguaci del credo ambientalista hanno ora una grande influenza sul mondo in generale.
    Il riscaldamento globale è diventato il nucleo della credenza in una nuova eco-teologia. Il termine è usato come abbreviazione di “riscaldamento globale di origine antropica” (d’ora in poi “AGW”). E’ strettamente legato ad altri sistemi di credenze moderni, come la correttezza politica, la chemophobia (paura della chimica) e varie altre forme di allarmismo, ma rappresenta l’avanguardia dell’assalto all’uomo scientifico.
    Gli attivisti ora preferiscono chiamarlo “cambiamento climatico”. Questo dà loro due vantaggi:
    1. Permette loro di cogliere come “prova” le inevitabili occorrenze di tempo insolitamente freddo, nonché quelli caldi.
    2. Il clima cambia continuamente, e questo gli consente di pretendere di avere ragione in ogni caso.
    (non esiste un caso che possa falsificare la loro ipotesi, nel senso di Popper)
    Solo persone relativamente anziane possono ricordare la fretta cinica con cui gli allarmisti fecero cadere “l’incombente glaciazione” e abbracciarono la previsione esattamente opposta, ma causata dallo stesso (presunto) colpevole – l’industria. Questo successe in Gran Bretagna, che fu la culla della nuova credenza ed era una risposta alla derisione derivante dalla rovente estate del 1976. Il padre della nuova religione fu Sir Crispin Tickell, che aveva grande influenza sul primo ministro, Margaret Thatcher, che era impegnata in una battaglia con i minatori di carbone e gli sceicchi del petrolio, e fu introdotta in politica internazionale, con l’autorità dell’unico leader politico importante in possesso di un titolo nella scienza. L’introduzione è stata tempestiva ma ironicamente, a seguito di sconvolgimenti politici del mondo, un gruppo nuovo e potente di sinistra si andava coalizzando intorno a questioni ambientali. Il risultato fu una nuova forma di religione atea.
    Il culto del riscaldamento globale ha le caratteristiche della religione e non la scienza per i motivi che andremo esaminando.
    La fede e lo scetticismo
    La fede è una credenza senza bisogno di prove. Il metodo scientifico si basa proprio sul concetto opposto.
    Da Bacone, attraverso pensatori del calibro di Locke, Hume e Russell, fino alla magnifica affermazione di Popper del principio di falsificabilità, è stato stabilito il metodo scientifico, solo per essere abbandonato in pochi decenni. Si tratta di una delle grandi ironie della storia moderna che la nazione che è stata la culla del metodo scientifico ha poi guidato il processo della sua dissoluzione. La grande differenza, quindi, è che la religione richiede convinzione, mentre la scienza richiede il dubbio. C’è una grande varietà di fedi. L’ateismo è anch’esso una fede come il teismo. Non vi è alcuna prova né dell’uno né dell’altro. Non c’è nessuno scontro fondamentale tra fede e scienza – che non si intersecano. Le difficoltà sorgono, tuttavia, quando si finge di essere l’altro.
    “Nullius in verba” (dal latino”(Non dar fiducia) alle parole di nessuno”) era il motto della Royal Society, che ricordava la determinazione dei fondatori nello stabilire i fatti secondo il metodo sperimentale e nel procedere della scienza in modo oggettivo, ignorando l’influenza della politica o della religione. Fu scelto come motto della società, al momento della fondazione, da John Aubrey, nel 1660. Brignell cita il fatto che improvvisamente i Verdi avevano cambiato questo motto in “Rispettare i fatti”
    La Scienza vera e propria non parla di “fatti”, ma di “osservazioni, misure”, e come tali soggette ad errore, al contrario dei “fatti” che suonano “indiscutibili”. Ma anche questo secondo motto è stato cambiato, sembra. Andando sul sito della Royal Society vi ho trovato un nuovo motto: “excellence in science”.
    I sostenitori dell’AGW amano usare il nome della scienza, ma non i suoi metodi. Promuovono slogan del tipo “Science is settled” quando i veri scienziati sanno che la scienza non è mai definitiva. Non sono stati, però, sempre così saggi. Nel 1900, ad esempio, il grande Lord Kelvin aveva detto: “Non c’è nulla di nuovo da scoprire in fisica ora. Tutto ciò che rimane è fare misure più precise”. In pochi anni la fisica classica venne distrutta da Einstein e dei suoi contemporanei. Da allora, nella scienza, il dibattito non si è mai più chiuso. I Verdi però pretenderebbero che fosse chiuso proprio in quella parte della Scienza, la climatologia, che rispetto ad altre discipline scientifiche, ha minore padronanza del proprio campo di indagine.
    Il mondo potrebbe (o forse no) essersi riscaldato di una frazione di grado. Questo potrebbe (o non potrebbe) essere causato (anche) delle attività dell’uomo. Tutto dipende dalla qualità delle osservazioni e la validità delle diverse ipotesi. La scienza accetta varie teorie, come la gravità o l’evoluzione, come il meno peggio a disposizione e l’uso più pratico, ma non “crede”. La religione è diversa.
    (continua appena possibile)

    • Luigi Mariani

      Ricordo per averlo a suo tempo letto lo scritto di Crichton (si trattava in effetti del resoconto di una conferenza in cui si identificava l’ambientalismo come una religione on un suo paradiso (lo stato di natura) e il suo dogma (la sostenibilità) e ne condivisi allora come oggi le conclusioni.
      Credo che il vero problema, come del resto Crichton evidenziava nel suo Stato di paura, sia quello di contrastare una religione che è ormai incardinata nel mondo dell’informazione, della politica e dell’economia (la green economy si confiura oggi come una bolla speculativa che fa impallidire quella della new economy).
      Circa poi i media non abbiamo idea del bombardamento mediatico cui sono sottoposti i telespettatori e i radioascoltatori. E difatti sarebbe una gran cosa riuscire a quantificare quante ore la settimana ogni emittente televisiva dedica a concionare i nostri concittadini sui temi di questa religione, presentati in modo del tutto acritico.
      La CO2 come veleno, l’unico cibo buono e genuino quello prodotto con metodi biologico biodinamici, ecc. ecc. Su quest’ultimo tema avrete tutti notato come sia stato del tutto dimenticato un episodio che è a mio avviso emblematico dei danni che possono venire da una religione e che che sicuramente Crichton sfrutterebbe per un suo romanzo se fosse ancora fra noi: un paio di anni orsono in Germania, a seguito di contaminazione da liquami avvenuta in una filiera biologica che produceva germogli di leguminose per consumo fresco, sono morte 37 persone e 2350 sono finite all’ospedale (http://www.economist.com/blogs/babbage/2011/06/food-poisoning).

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