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Mese: Luglio 2012

Dimmi dove sei e ti dirò quanto caldo hai

Quando si dice la coincidenza. Soltanto ieri abbiamo pubblicato un post in cui si affronta il tema molto controverso del rapporto tra l’editoria scientifica tradizionale e l’esuberante mondo dell’open access. Oggi ci capita l’occasione di parlarne ancora, non più in termini generici, ma su specifici argomenti di ricerca.

Per la verità quella che in modo un po’ stucchevole si definisce “blogosfera climatica” era in attesa già da qualche giorno. Il blog climatico più seguito in assoluto, Wattsupwiththat, aveva sospeso le pubblicazioni, rimandando ad un annuncio a sensazione atteso per domenica scorsa alle 12 ora della costa occidentale USA.

Annuncio che è puntualmente arrivato. Ma andiamo con ordine.

La critica più accesa che il mainstream scientifico muove a quanti sono su posizioni scettiche riguardo al riscaldamento globale ed alle sue origini, è forse anche la più stucchevole: la materia è talmente complessa – ci dicono – che parlarne o, peggio, tentare di confutarla attraverso i canali non tradizionali, magari con delle ‘semplici’ discussioni sul web, è oltraggioso. Dovrebbe magari far riflettere il fatto che non venga adottato un analogo atteggiamento verso chi discute a ruota libera di catastrofi che sono inesistenti sulle pubblicazioni scientifiche ma che fanno bene alla causa del consenso ma, tant’è. Nell’ambito della più classica applicazione di due pesi e due misure, oggi tralasciamo i primi e ci dedichiamo alle seconde. Perché questo è quello che hanno fatto su WUWT.

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Dimmi quanto hai caldo e ti dirò chi sei

Da Science Daily:

Local Weather Patterns Affect Beliefs About Global Warming

e, ovviamente, anche dalla rivista scientifica che ospita il paper:

Turning Personal Experience into Political Attitudes: The Effect of Local Weather on Americans’ Perceptions about Global Warming

Il concetto é intuitivo sebbene non banale. Le esperienze personali influenzano la propria percezione, anche con riferimento alla convinzione che le dinamiche climatiche attuali siano differenti da quelle del passato e che questa differenza sia da imputare alle attività umane.

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L’IPCC, il nuovo report e la previsione decadale.

Qualche tempo fa, in giugno, é stato pubblicato un documento con cui l’IPCC, al termine di un lungo e complicatissimo processo burocratico, ha fatto sue le indicazioni giunte dall’Inter Academy Council nel 2010.

Sottoscrivendo quanto indicato a suo tempo dallo IAC, in sostanza il bureau del panel delle Nazioni Unite, ha ammesso che nel processo di formazione dei suoi report c’è stato rischio di bias, che si deve fare maggiore attenzione all’uso di letteratura grigia (si parla di scienza, per cui tutto ciò che non é soggetto a revisione paritaria deve essere preso con le molle, specie se arriva da parti in causa come le associazioni ambientaliste), che la scelta degli autori del report deve tener conto di eventuali conflitti di interessi, che i vertici del panel devono restare in carica per un solo report e, infine, che il Summary for Policy Makers, il riassunto di ogni report pubblicato a beneficio dei decisori, rischia di essere un documento molto più politico che scientifico.

Pare dunque che tutto questo prima potesse accadere, almeno potenzialmente. Sorge il dubbio di come si sia potuto fin qui ritenere che quanto pubblicato dal panel in materia di clima – quattro report più un certo numero di documenti dedicati a specifici argomenti – possa essere stato considerato la Bibbia del clima o come possano essere state poggiate sulle indicazioni contenute nei report le policy ambientali, economiche ed energetiche di mezzo mondo.

Ma così é stato. Punto. Ora arriverà il nuovo report, sul quale si sta già lavorando da tempo. Non si sa se le buone intenzioni che lastricano il percorso di qui alla pubblicazione ci condurranno all’inferno o in paradiso. Considerando i tempi stretti e il fatto che una cosa é dire di voler fare una cosa, altro é farla, specie se chi la dovrebbe fare sono gli stessi che non l’hanno mai voluta fare, un’idea di come andrà a finire ce l’avrei, ma lascio volentieri il beneficio del dubbio.

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É solo questione di protocollo

Etichetta, non nel senso del bon ton, ma in quello del cartellino. Se la CO2 viene da un paese che ne produce poca ha un valore, se viene da uno che ne produce tanta ha un costo. Questa, a grandissime linee e senza alcuna pretesa di entrare nel dettaglio, la filosofia dell’ETS, il mercato dove si scambiano le quote di emissione. Filosofia e norme che scaturiscono dal Protocollo di Kyoto.

Ora, che in quella surreale attività che a molti piace definire ‘lotta ai cambiamenti climatici’ il suddetto protocollo e tutto quello che questo comporta non servano a un accidente é cosa nota. Qualora infatti tutti i paesi firmatari lo ratificassero e decidessero di fare di tutto per centrare gli obbiettivi fissati, in termini di simulazioni climatiche forse il global warming arriverebbe nel 2106 anziché nel 2100. Che invece in termini finanziari sempre il suddetto protocollo sia un affarone per pochi e un disastro per tutti gli altri é forse meno noto, benché anche su queste pagine lo si vada dicendo da tempo.

Ma no, é necessario, vedrete, quando il sistema andrà a regime sarà un’altra cosa, ci saranno ricchi premi e cotillons per tutti, ci dicevano.

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La Groenlandia si scioglie. Sí, tra chi non sa scrivere e chi non sa leggere.

Ma sanno tutti parlare. Oh, se lo sanno fare. E parlano, parlano, parlano, fino sfinire chi li ascolta, fino a convincere anche l’ultimo degli scettici delle fesserie che raccontano.

Andiamo con ordine. L’argomento é di pubblico dominio, ma ci vuole un breve riassunto. I satelliti polari impiegati per il monitoraggio ambientale e climatico, hanno registrato nei giorni a cavallo della metà di questo mese un insolitamente vasto tasso di scioglimento della patina superficiale della coltre glaciale che copre la Groenlandia. Ovviamente si tratta di neve e non di ghiaccio, essendo quest’ultimo abbondantemente coperto sotto la prima, anche in questa stagione.

Ció non toglie che la misura sia molto diversa da quelle ottenute negli ultimi 30 anni, cioè da quando queste osservazioni le fanno i satelliti. Questa sotto é l’immagine che riassume il problema.

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Lo Show dei record. Anche senza record.

Prima un piccolo sforzo di lettura in inglese dal sito della NOAA

[info]

Global Highlights

  • The average combined global land and ocean surface temperature for June 2012 was 0.63°C (1.13°F) above the 20th century average of 15.5°C (59.9°F). This is the fourth warmest June since records began in 1880.
  • The Northern Hemisphere land and ocean average surface temperature for June 2012 was the all-time warmest June on record, at 1.30°C (2.34°F) above average.
  • The globally-averaged land surface temperature for June 2012 was also the all-time warmest June on record, at 1.07°C (1.93°F) above average.
  • ENSO-neutral conditions continued in the eastern equatorial Pacific Ocean during June 2012 as sea surface temperature anomalies continued to rise. The June worldwide ocean surface temperatures ranked as the 10th warmest June on record.
  • The combined global land and ocean average surface temperature for January–June 2012 was the 11th warmest on record, at 0.52°C (0.94°F) above the 20th century average.

[/info]

Riassumiamo:

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Luglio 1908: Olimpiadi a Londra e “clima impazzito”.

Luglio 1908 sono in corso le Olimpiadi di londra. Avrebbero dovuto svolgersi a Roma ma in seguito alla eruzione del Vesuvio del 1906 e la profonda crisi economica in cui versava il nostro Paese, il governo Giolitti dovette rinunciare all’organizzazione delle olimpiadi. Le autorità italiane decidono di destinare i fondi per la realizzazione dei giochi alla ricostruzione dei quartieri colpiti a Napoli.

Il 24 luglio, nella maratona, l’emiliano Dorando Pietri entra per primo nel White City Stadium costruito per i giochi. Pietri è stremato, sbaglia direzione all’ ingresso in pista, cade diverse volte e riesce a tagliare il traguardo solo grazie all’ aiuto di due ufficiali di gara. Viene squalificato ma la regina Alessandra gli fa avere una coppa di consolazione. Per la prima volta nella storia moderna dei giochi sfilano le delegazioni con le rispettive bandiere nazionali; subito problemi politici: alcuni degli atleti finlandesi si rifiutano di sfilare con la bandiera della Russia che occupa il loro paese, il portabandiera degli Stati Uniti di inchinare la bandiera di fronte al palco reale.

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Il Paese dei balocchi, dei farlocchi, e dei (chiusi) cento occhi.

Appena ieri abbiamo pubblicato un post linkando alcuni articoli che affrontano in modo a dir poco critico il tema dello sviluppo della filiera delle risorse rinnovabili nel nostro Paese.

Un tema assai scottante, non solo perché tocca il più importante dei settori strategici, ma anche perché, piaccia o no, sia avvenuto con merito o no, il business del vento, del sole di poco altro ancora, e’ ormai una fetta importante dell’economia nazionale, con tutto quello che questo comporta anche in termini occupazionali. Con prospettive, come abbiamo letto, tutt’altro che rosee.

Poteva quindi questo settore sfuggire all’endemica attitudine italica di farsi del male da soli anche in termini di cura del territorio e relativa gestione ‘sportiva’ ove non addirittura malversata della cosa pubblica?

Naturalmente no. A lanciare il segnale, per la verità già sentito, sono stati sempre ieri Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella sulle pagine del Corriere della Sera.

Quelle pale eoliche come grattacieli davanti alla piccola Pompei dei Sanniti (il link e’ della rassegna stampa ENEA).

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Luglio si veste di novembre se non arrivi tu ia ia ia ia

Sicuramente Riccardo Del Turco quando cantava “Luglio” nel 1968 non pensava all’arrivo dell’anticiclone delle Azzorre o a quello africano.
Ma come erano lo stato dell’ambiente ed il “clima” quaranta anni fa, quando la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera era molto minore dell’attuale?
Dal 1826 si conosceva il meccanismo intuito da Fourier e noto come “effetto serra”, era anche noto il “climatic change”, ma non c’erano ancora state Seveso, Chernobyl, l’IPCC, non era ancora mai stata usata la parola “climate change”, etc.
All’epoca una certa sensibilità ambientale aveva già cominciato a diffondersi oltre che “nell’elite” anche tra le persone comuni. A livello mondiale nel 1970 ci fu il primo “Earth day” e nel 1972 la famosa conferenza di Stoccolma da cui nacque l’organizzazione dell’ONU per l’Ambiente (l’UNEP). Segui’ 20 anni dopo il “Summit della Terra” di Rio ).

In Italia, anche se ancora non si conosceva il termine “biodiversità”, il 1° febbraio 1975 Pier Paolo Pasolini in un famoso articolo pubblicato dal “Corriere della sera” ricordava che già da anni erano scomparse le “lucciole”, nel 1976 Pierangelo Bertoli cantava la bella e ormai storica canzone ambientalista Eppure soffia, nel 1961 ne “il giorno della civetta” Leonardo Sciascia” utilizzava il concetto di “linea della palma”, cioè il clima che è propizio alla vegetazione della palma, scrivendo che già si spostava verso nord da anni (come la mafia).

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Sorpresa: Fa la metà più caldo!

Qualche tempo fa uno dei nostri lettori ha fatto una domanda apparentemente banale ma invece piuttosto densa di significato. Si parlava di dati grezzi e dati omogeneizzati, ossia di informazioni raccolte normalmente dalle varie fonti disponibili e poi ‘adattate’ per poter essere gestite. Nella fattispecie si parlava anche di modelli climatici, argomento che non discuteremo oggi. Piuttosto torniamo alle osservazioni.

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I cavalieri dell’apocalisse

Sono a mio agio. Una volta tanto, con buona pace dei nostri detrattori, si parla di una cosa di cui ho piena cognizione di causa. Assistenza meteorologica alla navigazione aerea e sicurezza del volo. Prima di passare a un’altra pagina web, è bene comunque che sappiate che l’argomento è un pretesto.

La pratica, per nulla ortodossa, si rende necessaria perché qualcun altro, altrove, ha fatto la stessa cosa. Proprio su questo argomento.

E’ a tutti gli effetti uno degli ultimi cavalieri dell’apocalisse, naturalmente mancata. Ma questo sembra non importargli più di tanto, così orgoglioso come dev’essere stato del suo ‘volo’ pindarico.

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L’insostenibile leggerezza del calcolo

Questo e’ un post sulla sostenibilità, vocabolo di gran moda e molto spesso abusato. Lo affronteremo con calma, grattando appena la superficie, sperando che si voglia scendere più a fondo nel dibattito che seguirà.

Cominciamo con una domanda da bar. Considerato il modo in cui si sente continuamente parlare della disponibilità di risorse e della scarsità delle stesse in un contesto di insistente crescita demografica, secondo voi, le risorse alimentari disponibili su questo pianeta, sono sufficienti a sfamare tutti? In poche parole, il fatto che ci siano ancora circa un miliardo di persone in condizioni di denutrizione e’ frutto dell’assenza di cibo?

La risposta e’ semplice: no. E non sarebbe così neanche se al mondo fossimo da uno a tre miliardi in più.

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