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Catastrofe climatica: a ruba le creme solari.

Chissà che non serva a risollevarci dalla crisi. Che so, si potrebbe provare a riconvertire l’industria alla fabbricazione di unguenti protettivi. E’ quanto scopriamo che potrebbe rendersi necessario secondo un classico esempio di catastrofismo gratuito, ovvero di spregiudicato uso di condizionali in varie declinazioni per riuscire a condire il proprio studio con la giusta dose di riscaldamento globale, cambiamenti climatici, disfacimento del clima e, naturalmente, aumento di qualcosa di spaventoso.

Di cosa? Ma dei “buchi daazzoto” no? Ebbene sì, state pronti, la bassa stratosfera sta per diventare un colabrodo. Sarà tutta piena di piccoli ma estremamente maligni forellini attraverso cui i raggi ultravioletti si getteranno verso la superficie provocando ogni sorta di devastazione.

Curiosi di sapere come? Ecco qua.

Da Science:

UV Dosage Levels in Summer: Increased Risk of Ozone Loss from Convectively Injected Water Vapor

Dovrebbe accadere questo. Dal momento che l’attività convettiva (i temporali) porta vapore acqueo in alta quota e questo vapore favorisce il processo chimico di distruzione delle molecole di ozono, qualora la convezione dovesse aumentare a causa dell’aumento della concentrazione di anidride carbonica e metano, questo potrebbe portare all’apertura di un numero imprecisato di “buchi daazzoto”, come detto, con tutte le conseguenze del caso.

Il condizionale è d’obbligo, ovviamente, ma non perché abbiano voluto essere prudenti, quanto piuttosto perché per avere un effetto del genere, stante che i temporali ci sono sempre stati e nessuno ne ha registrato un aumento, giungere ad un incremento delle reazioni chimiche suddette necessiterebbe di un aumento del vapore acqueo in stratosfera ma, nello studio, i preoccupati ricercatori, scrivono che

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Ci sono una serie di considerazioni da fare in ordine all’iniezione convettiva di vapore acqueo che induce l’attivazione clorina e la rimozione catalitica dell’ozono sulle medie latitudini dell’emisfero nord in estate. Innanzi tutto il fatto che una particolarmente secca bassa stratosfera stia caratterizzando lo stato climatico corrente.

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Particolarmente secca. Bene, qualche giorno fa, qualcuno che dice di saperne di temperature pare abbia fatto sapere che queste stanno aumentando da 250 anni. Lo slogan credo fosse “250 anni di global warming” (mettiamo da parte le considerazioni su questa affermazione perché non vi voglio tediare). Per cui, dopo due secoli e mezzo di riscaldamento, seguendo la logica di questo paper, nonostante le continue “punture” di vapore acqueo nel posteriore della bassa stratosfera, questa rimane particolarmente secca. E’ naturale quindi che qualora il riscaldamento dovesse continuare – e sono parecchi anni che non lo fa, qualora i temporali dovessero aumentare – e sin qui non è accaduto, il processo si dovrebbe invertire e la particolarmente secca stratosfera potrebbe diventare particolarmente umida, cioè, addio ozono.

Si potrebbe pensare che questa nostra sia mera speculazione, che si tratta di uno studio sulle caratteristiche della convezione profonda etc etc. Il fatto è che sono gli stessi autori a prestare il fianco alla critica, innanzi tutto con il ‘problemino’ di cui sopra riguardo il vapore acqueo e poi, come ormai accade praticamente per tutte le pubblicazioni sulla scienza del clima, lanciandosi – loro sì – in iperboli del tutto speculative e infondate circa le “possibili conseguenze” di quanto suggeriscono. Come sempre, inoltre, tralasciando il fatto che stanno parlando di qualcosa che è sempre accaduto, almeno da quando Zeus ha iniziato a giocare con i fulmini gettandoli dalla cima dell’Olimpo.

Nel press release dell’università di Yale, da cui provengono le firme di questo paper, ci sono naturalmente le loro dichiarazioni, che dovrebbero avere lo scopo di chiarire i punti salienti del loro lavoro. E si legge che lo studio suggerisce che i forti temporali come quelli registrati negli Stati Uniti e in altri paesi nei mesi recenti potrebbero contribuire a distruggere lo strato di ozono, specialmente ove fossero presenti agenti chimici di origine antropica. Il depauperamento dello strato di ozono potrebbe inoltre diventare un dei molti allarmanti e irreversibili feedback del cambiamento climatico.

E ci risiamo quindi con gli eventi intensi, sempre in chiave catastrofica ma non più in termini di impatto inteso come pericolo, quanto piuttosto un più sottile sebbene altrettanto spaventoso effetto correlato. Quelli di cui parlano sono i temporali più intensi, quelli per esempio che sul territorio oggetto dello studio e citato nel press release, originano anche i tornado, per i quali però non è stato osservato alcun trend di aumento. Sicché l’astuta correlazione tra il “tempo che fa oggi” e il “clima che farà domani” per l’ennesima volta è fondata sul nulla. Vogliono scrivere che i temporali di domani avranno effetti diversi da quelli di ieri e di oggi? Bene, abbiano almeno la buona creanza di dire che con le serie storiche attualmente disponibili non è possibile estrarre alcun segnale di variazione della frequenza di occorrenza e intensità degli stessi, malgrado si parli di un periodo in cui le temperature medie sono salite proprio come dicono che dovrebbero salire domani.

Ah, naturalmente, quanto viene referato e pubblicato, poi diventa “legge” scientifica. Ecco quindi che sorvolando sulla valanga di condizionali e sul traballante ragionamento circa le conseguenze di un ipotetico quanto inosservato trend positivo di questi eventi, si forniscono le prove (evidence) ad un altro team di ricercatori di Harvard per dire che stando a quanto stabilito da questo studio, potrebbero aumentare i rischi di cancro della pelle indotto dall’accresciuto assorbimento di radiazione ultravioletta. Da phys.org:

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Dei ricercatori hanno trovato un collegamento tra il cambiamento climatico, la perdita di ozono e l’incidenza del cancro della pelle.

Per decadi gli scienziati hanno saputo che gli effetti del cambiamento climatico globale avrebbero potuto avere un impatto potenzialmente devastante in tutto il globo, ma i ricercatori di Harvard dicono che ora ci sono le prove che esso potrebbe avere anche un drammatico impatto sulla salute pubblica.

[/info]

Morale: la catastrofe è servita, ovvero, come trasformare uno studio sulle osservazioni del contributo della convezione alle dinamiche della chimica stratosferica in una inutile sagra del condizionale catastrofico, che naturalmente apre le porte di Science e dei media, procurando al contempo applausi a scena aperta del mainstream scientifico.

Che s’ha da fa’ pe’ campà.

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Published inAttualità

3 Comments

  1. Maurizio Rovati

    Er buco d’aazoto è stato l’ultimo successo completo dei catastrofisti.
    Sono riusciti a demonizzare e a far sostituire i gas CFC a livello mondiale. Questo ovviamente con l’aiuto della Politica. Politica internazionale basata sull’ONU e sui trattati scritti e firmati per SALVARE IL MONDO (Montreal).
    I proclami si sprecavano anche allora su tutti i media: “forse è già tardi, se smettessimo oggi coi CFC er buco d’aazoto” si chiuderà tra un secolo, non c’è tempo da perdere, saremo tutti ciechi e tutti avremo il cancro della pelle, moriranno tutti gli animali e le piante, i bambini! nessuno pensa ai bambini”… insomma scary scenarios come piovesse.

    Oggi questo “ritorno al futuro” d’aazoto suona un po’ come una ritirata, nemmeno strategica, un ripiegamento su una vecchia e sicura trincea difensiva.

    Questi vecchi amici sembrano dirci: ” ve lo ricordate che abbiamo già salvato il mondo a colpi di trattati internazionali? Siamo sempre noi, siamo bravi e buoni e se non fate quello che vi diciamo saranno guai come quelli che non ci sono stati prima e che ci saranno dopo, moltiplicati per mille dal climarrosto.

    Insomma il solito, famoso, effetto s-Cassandra.

    • Francesco Murano

      All’epoca lavoravo in una ditta che trattava estintori. Ricordo il bando degli estintori ad halon (uno dei migliori prodotti antincendio che avessi mani visto che non a caso viene ancora utilizzato in applicazioni militari ed aeronautiche). Nacquero come funghi improbabili centri di smaltimento e produzione di agenti estinguenti “ecologici”. I costi di smaltimento dello halon erano ovviamente alti ma per evitarli bastava disperdere accidentalmente (ovviamente) il contenuto degli estintori. Comunque gli effetti nel buco d’azzoto sono oggi chiari e misurabili: non sono piu’ il ghepardo d’una volta.

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