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Mese: Agosto 2012

Effetti del caldo sui record del “Corriere della Sera”.

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‘Al Plateau Rosa, a 3500 metri d’altezza, sopra Cervinia, la stazione meteorologica dell’Aeronautica Militare ha segnato ieri 10 gradi. “Un vero record di oltre sei gradi – nota Marina Baldi dell’Istituto di biometeorologia del CNR – se si tiene conto che al massimo lassù si raggiungono i 3-4 gradi centigradi. Ed è un dato analogo a quello ottenuto nella famosa torrida estate del 2003”. La stazione del Rosa (che nel patois valdostano significa ghiacciato) fa da riferimento anche dell’Organizzazione meteorologica mondiale ed è la più alta esistente a livello nazionale. In questo pianoro d’alta quota la stazione venne creata nel 1947 e i valori che quotidianamente registra sono importanti soprattutto per lo studio dei ghiacci’. (il neretto è nostro)
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Questo era l’inizio dell’articolo dal titolo “Il record. Nella stazione costruita a 3.500 metri non si superano mai i più 4. SE SOPRA CERVINIA IL TERMOMETRO ARRIVA A 10 GRADI” , pubblicato il 22 agosto 2012 sull’autorevole “Corriere della Sera” a firma di Giovanni Caprara, pezzo che qui che trovate integralmente.

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Gli artisti del “Buco dell’Orzata”

E così la lunga estate calda sta finendo. Ci ha pensato Beatrice a dare il la (senza Dante che è dato per disperso), ma soprattutto ci penserà l’inesorabile avanzare della stagione e…i prossimi tre/cinque giorni. Un’estate difficile per alcuni aspetti, pochissima acqua e parecchio caldo, ma anche spettacolare per altri, specie di natura turistica.

Dicevamo di Beatrice, o della “burrasca di fine estate” o della “rottura dell’estate” modi classici e pop di chiamare la stessa cosa: il rientro dalle ferie e l’acqua per i funghi – se porcini è meglio. Sul genere musicale da attribuire alla sfiancante nomenclatura delle ondate di calore di questi ultimi due mesi non ho dubbi: si è trattato di un tormentone. Ma a conti ‘quasi’ fatti indubbiamente la stagione è stata anomala, sia nel senso tecnico del termine, ossia con valori massimi e soprattutto minimi costantemente nella parte alta della distribuzione statistica, sia per la percezione che se ne è avuta, in assenza – per fortuna! – di fatti di cronaca che abbiano avuto la forza di attirare i media a tormentarci con qualcos’altro.

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Siccità d’Egitto

Venerdì 24 agosto sono incappato per ben due volte in notizie giornalistiche a sfondo catastrofico basate sull’articolo di Bernhardt et al., 2012 “Nile Delta vegetation response to Holocene climate variability”, pubblicato nel luglio scorso sulla rivista Geology.

La prima  era una notizia di coda del Giornale Radio RAI delle ore 6  (qui dal minuto 08:55) che gossomodo diceva quanto segue: La civiltà egizia delle piramidi fu distrutta da una grande siccità accaduta circa 4000 anni orsono. Questa notizia è una magra consolazione di fronte al caldo di quest’estate…  -> in sostanza mi è parso che in modo non particolarmente elegante si volesse dare ad intendere che anche noi stiamo per fare la fine degli egizi (forse ero troppo addormentato per capire ma ad ogni buon conto ho subito toccato ferro…).

La seconda è l’articolo apparso venerdì stesso a pagina 29 del Corriere della sera a firma di Giovanni Caprara (a cui evidentemente si erano ispirati i giornalisti RAI per il loro “scoop”) dall’eloquente titolo “Il mito distrutto dal clima. Fu un improvviso caldo torrido a far crollare il regno egizio. Così finì il tempo delle piramidi”.

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Sull’orlo del disastro

Di catastrofismo ne abbiamo parlato spesso (e malvolentieri). Chi ci conosce sa che preferiamo ragionare a mente fredda sugli eventi, così come sa che invece ci “disturba” la notizia urlata e l’annuncio della catastrofe prossima ventura. Personalmente ritengo che a forza di urlare alla catastrofe, si genera una tale assuefazione nei lettori, tale da ottenere un danno doppio: primo, non gliene importa più niente a nessuno, secondo, quando arrivano le vere catastrofi, nessuno se ne accorge (finchè non sia troppo tardi).

Tutto questo preambolo per dire cosa? E’ semplice: per la terza volta in 5 anni potremmo essere prossimi ad un baratro, ad una catastrofe umanitaria prima e chissà cosa poi.

Che questo 2012 sia stato un anno a dir poco periglioso per i raccolti di mezzo mondo è un dato di fatto innegabile (peraltro Guido Guidi ne ha parlato più volte nelle ultime settimane, qui su CM e in particolare negli ultimi giorni sono stati approfonditi proprio questi stessi temi, a riprova che l’argomento è veramente un hot topic). Che cosa sta per accadere? Prima un breve riassunto dei fatti.

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Quando c’erano le “bombe d’acqua” ma non sapevamo il loro nome.

Mentre si spengono le polemiche per le “bombe d’acqua” previste su Genova e non avvenute e siamo in attesa che si accendano per quello che invece è accaduto altrove, ho  l’occasione per ricordare cosa accadde a Roma il 27 agosto di 59 anni fa.

All’epoca non si conosceva ancora il “climate change” (da tempo si parlava però del “climatic change”), non c’erano le “bombe d’acqua” e non conoscevamo la distribuzione della temperatura superficiale del Mediterraneo come oggi perché ancora non c’erano i satelliti, non c’era ancora Bernacca e neanche le trasmissioni RAI (sarebbero iniziate nel 1954).

Le mura storiche allora caddero senza dover dar colpa alle nevicate invernali e l’eccezionale caldo estivo (come avvenuto in questi giorni), ove misurata la precipitazione superò i 100 mm in un’ora causando due morti e venti feriti (non c’era ancora la protezione civile su cui scaricare eventuali responsabilità). Ci furono anche delle manifestazioni degli alluvionati, l’acqua non solo allagò gli scantinati ma arrivò al metro di altezza in alcuni punti della città.

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Pandemonium

Vi piace andare a teatro? Personalmente, no. Tuttavia questa volta, qualche risata me la vorrei fare. Sia chiaro, non una risata liberatoria, tutt’altro… riderei probabilmente per non piangere. Lo spunto me lo fornirebbe una nuova rappresentazione teatrale intitolata “Ten Billion”. In realtà si tratta di un monologo che descrive uno scenario altamente plausibile: dieci miliardi di persone su questo
pianeta. Uno degli autori, Stephen Emmott spiega a Deutsche Welle che il brano rappresenta lo stato della nostra Terra in un momento non precisato verso la fine di questo secolo.

Insomma, siamo nel 2100 e siamo 10 miliardi di persone. Ma no, accidenti, no, l’autore ci fa sapere che non è un testo contro la sovrappopolazione. In fondo, Emmott suggerisce che 10 miliardi di
esseri umani potrebbero tranquillamente stare fianco a fianco, tutti quanti, in Cornovaglia. Conoscendo i luoghi, mi prenoto un posto vista mare. Soffro di claustrofobia e non vorrei trovarmi, che so, come 5 miliardesimo essere umano, fianco a fianco con i miei colleghi di viaggio, infossato chissà dove.

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Questione di dettagli

In questa estate calda numerosi articoli hanno citato lo scioglimento dei ghiacci nordici. Qui su ClimateMonitor ogni notizia è stata attentamente analizzata e contestualizzata in termini scientifici e la conclusione è che, come minimo, le notizie vengono quasi sempre amplificate con toni catastrofici. Da semplice “lettore attento” vorrei sottoporre alla vostra attenzione come il messaggio comunicato possa cambiare notevolmente in funzione di pochi dettagli od omissioni. Prendete per esempio questa notizia lanciata da Sole24Ore:

Alcuni velisti italiani hanno compiuto un’impresa, navigando sulla rotta più a nord del Passaggio a Nord Ovest mai seguita da un’imbarcazione da diporto:

CITAZIONE: Billy Budd è la prima barca da diporto a passare così a nord, durante questa stagione era “inseguita” da altre barche, che hanno fatto tardi più a sud, lungo una rotta sulla carta più facile.

Ovviamente grazie al riscaldamento globale, come il giornalista si preoccupa di sottolineare in apertura:

CITAZIONE: E’ tutta colpa dell’innalzamento delle temperature del globo… i ghiacci artici da qualche anno si sciolgono e le vie che sono costate tante vite umane nei secoli scorsi diventano possibili.

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L’AGW c’è, ora c’ho le prove!

Qualche tempo fa, in una breve serie di post che raccoglievano delle opinioni più o meno informate in materia di riscaldamento globale e dinamiche del clima, abbiamo commentato un intervento di John Christy giunto in occasione di una sua audizione davanti al Senato degli Stati uniti. L’elemento che allora aveva destato maggiore interesse, era il discorso sulla scarsa rappresentatività del parametro temperatura media di una data località – e quindi anche di un dataset di località – ai fini della valutazione dell’alterazione del bilancio radiativo indotta dall’accresciuta concentrazione di gas serra in atmosfera.

Secondo Christy, che porta a supporto di questa sua posizione anche dei recenti lavori di indagine scientifica, il parametro temperatura media (Tmax+Tmin / 2) è inadatto alla misura del riscaldamento globale perché composto da due parametri, la temperatura massima diurna e quella minima notturna, molto diversi tra loro a causa delle differenti dinamiche atmosferiche da cui scaturiscono.

La temperatura minima notturna è infatti rappresentativa di uno strato molto sottile della troposfera di poche decine di metri immediatamente a contatto con il suolo. Uno strato che molto spesso risulta essere completamente isolato dall’aria soprastante, dove è lecito attendersi gli effetti più incisivi dell’azione di contenimento del calore operato dai gas serra. Diverso il discorso per la temperatura massima, che invece scaturisce da processi di rimescolamento della bassa e media troposfera più turbolenti, che in quanto riferiti ad uno strato più ampio, permettono di intercettare meglio il segnale dell’effetto serra.

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I dati NOAA aggiornati a luglio 2012

Le anomalie di temperatura media mondiale terra+oceano (GHCN-M 3.1.0) scaricabili da qui sono state aggiornate con i dati relativi al mese di luglio 2012. Si può trovare una descrizione dell’aggiornamento precedente (giugno 2012) qui.
Le differenze di temperature (novembre 2011-luglio 2012) si presentano così: (pdf)

Fig.1: Differenza tra l’anomalia di novembre 2011 e quella di Luglio 2012.
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Animo che non tutto è perduto (mai!)

Catastrofe imminente. Fine del genere umano. Distruzione del Pianeta. Insomma ogni due per tre sembra che si rischi di fare una brutta fine. Più o meno da sempre, da quando la specie che ha imparato a camminare si è potuta permettere il lusso di farlo un po’ meno e si è talvolta fermata a pensare. La nostra fortuna questa, ma anche il nostro eterno tormentone.

Con un difetto clamoroso, anzi due. 1) Nessuna delle catastrofi previste si è manifestata, o almeno non nella forma catastrofica prevista e, 2) nonostante ciò i catastrofisti di ogni era continuano ad inventarne di nuove e sempre più terribili.

Lasciamo stare le follie collettive stile 21.12.2012 ore 11:oo o giù di lì, perché quelle campavano ieri grazie all’ignoranza e oggi grazie ai social network, che avranno pure tanti pregi, ma hanno anche il difetto non banale di fungere da collettore delle fesserie di massa. Dedichiamoci piuttosto a quelle che hanno e hanno sempre avuto alle loro spalle il fior fiore del supporto scientifico, malamente utilizzato da ideologi, attivisti e policy makers che in genere ascoltano solo per i primi 30 secondi, quando cioè non hai avuto il tempo di far loro sapere che hai qualche dubbio.

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Uno stentato ritorno alla vita

Con i primi rudimenti di meteorologia si conoscono i Monsoni come dei venti stagionali su vasta scala che interessano molte regioni del Mondo. Nella stagione estiva, questi venti si comportano come delle brezze di mare di vastissime proporzioni, spingendo, per esempio sul continente indiano ma anche sull’Africa e sul Sud America, grandi quantità di umidità proveniente dagli oceani. La presenza di catene montuose importanti impedisce a questi flussi umidi di proseguire il loro cammino dentro i continenti e si generano così delle piogge torrenziali spesso causa di vaste alluvioni.

Diversamente d’inverno, sempre prendendo ad esempio il continente indiano, quella che “soffia” è una brezza di terra sempre di vastissime proporzioni. Aria fredda proveniente dagli altipiani alle spalle dell’Himalaya che scende giù verso l’oceano mantenendo condizioni di aridità quasi assoluta.

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USA: In arrivo due decenni di siccità naturale, poi ovviamente, disastro antropico!

Che i lettori di CM stiano pure tranquilli, non abbiamo deciso di darci alle previsioni pluridecennali. Anche in questo caso, naturalmente si tratta di un relata refero.

La notizia è arrivata in Italia per il tramite di Andkronos:

Negli Stati Uniti è allarme siccità per i prossimi due decenni, rischi anche per l’Europa

Titolo ripreso da un articolo del Washington Post:

Climate models that predict more droughts win further scientific support (I modelli climatici che prevedono più siccità guadagnano ulteriore supporto scientifico)

Entrambi gli articoli parlano di un nuovo paper pubblicato su Nature Climate Change:

Increasing drought under global warming in observations and models (Siccità in aumento durante il riscaldamento globale nelle osservazioni e nei modelli)

Naturalmente, abbiamo qualcosa da dire 🙂

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Ci mancava solo Gordon! – Aggiornato

Aggiornamento #4 La NOAA ha emesso l’ultimo avviso. Gordon è definitivamente entrato nella fase di declino. Ora è classificato come Post Tropical Cyclone, la depressione…

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