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Biocarburanti e ripensamenti

E’ davvero odioso dover dire “ve l’avevamo detto”, ma nella fattispecie è inevitabile. Qui e qui, per un paio di esempi, ma vi suggerisco di mettere la parola biocarburanti nel tool di ricerca di Climatemonitor per avere un’idea.

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Arriva dall’ANSA e ve la ripropongo pari pari:

 

Nuovi dubbi su sostenibilita’ biocarburanti

Bilancio negativo a causa dell’abbattimento delle foreste

ROMA – Un altro tassello si aggiunge al mosaico di luci ed ombre dell’utilizzo dei biocarburanti.

 

Stavolta a esprimere dubbi sulla effettiva sostenibilita’ delle alternative ai carburanti tradizionali sono due indagini condotte rispettivamente dal centro di ricerca europeo JRC dell’Agenzia per l’Ambiente dei Paesi Bassi e dalla Overmarks Koen, una societa’ indipendente tedesca.

Secondo i ricercatori l’abbattimento delle foreste, che soffocherebbe gli effetti ”ossigenanti” dei polmoni verdi, per dare sempre nuovi spazi alle coltivazioni da destinare alla produzione di biocarburanti causerebbe una perdita netta di CO2.

In sostanza il bilancio di costi e benefici ambientali attribuirebbe segno negativo alla produzione di carburanti green, rispetto alla diminuzione di CO2 emessa da veicoli e impianti in genere alimentati con biocarburanti. Addirittura la meta’ delle minori emissioni di CO2, derivanti dall’uso di carburanti bio verrebbe ”compensata’ in negativo dalla perdita dei benefici e della capacita’ di assorbimento esercitati dalle foreste sacrificate per produrre biocarburanti, se negli ultimi 10 anni sono stati persi 17 milioni di ettari, con un trend in aumento. Resta irrisolto il dilemma sull’utilizzo dei biocarburanti, introdotti sul mercato come una delle soluzioni strategiche per fronteggiare i fenomeni di cambiamento climatico. I dubbi sollevati dalle due ricerche si aggiungono a quelli gia’ espressi da molte organizzazioni, a cominciare da Greepeace che in un suo rapporto ha sostenuto che i biocarburanti ricavati da colza, soia e olio di palma, usati per miscelare il diesel venduto in Europa, lo renderebbero addirittura piu’ dannoso per l’equilibrio climatico dei combustibili fossili. Si e’ convinta anche l’Ue che per considerare veramente ”sostenibili” i biocarburanti bisogna considerare il loro intero ciclo produttivo e di vita. Gli ultimi studi alla base delle su decisioni hanno rivelato come il processo produttivo dei biocarburanti derivati da olio di semi (l’80% del totale) vanifichi tutti gli sforzi compiuti dall’Ue per raggiungere gli obiettivi di abbattimento emissioni CO2 prefissati per il 2020.

A precisare tutti i contorni del problema serve l’Iluc, acronimo che ha fatto irruzione nel dibattito tecnico e nel processo decisionale: l’Indirect land-use change e’ una metodologia che consente di prendere in considerazione tutti gli effetti diretti ed indiretti causati dalla coltura e dall’utilizzo dei biocarburanti.

Il loro utilizzo nel 10% nei trasporti europei avrebbe dovuto far diminuire le emissioni di CO2 del 35% nell’immediato e del 50% a partire dal 2017. Ma la stessa Commissione europea ha dovuto ammettere che le aspettative potrebbero essere deluse e che servono ulteriori approfondimenti e conoscenze, una cautela da riferire oltre che all’applicazione del principio di precauzione, a una valutazione piu’ corretta del rapporto costi e benefici.

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Però, tranquilli, la riduzione delle emissioni l’avremo comunque, anzi, l’abbiamo già, per effetto della crisi economica. Chissà, magari qualche soldino di quelli gettati al vento in queste policy avrebbe fatto comodo…

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Published inAttualitàEnergia

Un commento

  1. Riporto un commento dal primo link di CM:

    “Ora che cominceranno a fare i conti tenendo presenti le emissioni di CO2 causate dalla produzione dei pannelli fotovoltaici…”

    Ecco, qualcuno lo sta facendo l’Iluc per eolico, solare, eccetera?

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