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Un terremoto tra un minuto! E adesso che si fa?

Innanzi tutto un bel respiro profondo. Già, perché qualche giorno fa mi sono imbattutto in un bell’articolo di tale Annalee Newitz su Wired. Un pezzo in cui si parla molto di previsioni, comprese quelle relative ad eventi climatici, ma, per una volta, senza nominare il disastro climatico prossimo venturo.

 

Our Algorithms Can Predict Future Disasters — Now What?

 

 

E questo accade perché le previsioni di cui si parla hanno il terribile difetto di essere facilmente soggette a verifica, in alcuni casi a distanza di pochi minuti. Quindi, nessuna possibilità di inventarsi la fine del mondo ed uscirne indenni. L’argomento è stimolante, soprattutto per le recenti discussioni che abbiamo fatto sulle nostre pagine.

 

 

Si chiama ShakeAlert l’applicazione che un ricercatore californiano ha sul suo computer, ma andiamo con ordine. La California è uno stato ad elevatissimo rischio sismico, sicché, da qualche anno a questa parte, il territorio è stato letetralmente coperto di sensori per monitorare l’attività sismica. A furia di raccogliere dati, leggiamo su Wired, il monitoraggio è diventato previsione, e pare che l’applicazione negli ultimi tre eventi sismici che hanno interessato la zona – tutti comunque deboli – abbia centrato il bersaglio, emettendo un allarme con pochi minuti di anticipo. Troppo pochi? Dipende dai punti di vista, perché con pochi minuti, anche con uno solo, si possono fare un sacco di cose. Ad esempio fermare un treno, mandare sms alla cittadinanza, avviare lo spegnimento di una centrale elettrica e così via. Certo, il sistema è sperimentale, ma è già impiegato dal sistema di controllo della metropolitana dell’area della Baia di San Francisco. Se scatta l’allarme, i treni rallentano per evitare un deragliamento.

 

Sicché, il problema, ammesso che questa app sia effettivamente così efficace, diventa effettivamente un altro. Qualora mai dovessimo essere capaci di conoscere cosa succederà tra pochi minuti (in termini di disastri, s’intende), cosa faremmo con quell’informazione? Rileggendo la nostra discussione sui terremoti cui alludevo in testa a questo post, ho avuto modo di tornare a vedere come il fulcro del problema fosse proprio quello del cosa e come fare in presenza di informazioni di questo genere. Non un problema di poco conto, dato che qualunque decisione si dovesse prendere, necessiterebbe di un paradigma di pensiero e comportamento da parte di tutti, decisori e non, molto diverso da quello cui siamo abituati, specielmente qui da noi, dove la discussione è lo sport nazionale e l’azione è spesso in clamoroso ritardo.

 

Nel frattempo, c’è chi sta pensando di impiegare sistemi come questi nella progettazione delle cosiddette smart cities, e non si tratta di visionari, visto che c’è di mezzo l’IBM, non proprio una start up. Ah, una curiosità, tra le cose che si stanno studiando per aumentare la disponibilità di sensori, c’è anche l’impiego degli accelerometri di cui sono dotati ormai quasi tutti gli smartphones. E così ieri abbiamo parlato di usare i telefoni per misurare la temperatura, oggi invece di impiegarli per tenere il monitoraggio dell’attività sismica. Questo utilizzo mi pare abbia un po’ più di senso, ma probabilmente è solo perché di queste cose ne so molto poco. Si vedrà, per quel che mi riguarda magari penserei a farli funzionare come telefoni, cosa non sempre così scontata :-).

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Published inAttualità

6 Comments

  1. donato

    http://www.corriere.it/cronache/13_maggio_16/aquila-terremoto-non-imprevedibile-motivazioni-sentenza_34492534-be2c-11e2-9b45-0f0bf9d2f77b.shtml
    .
    Al peggio non c’è mai fine!
    I terremoti non sono prevedibili? Siete pazzi! Non è vero niente! Da oggi essi sono prevedibili per definzione, ohps… per decreto di un giudice! Sembra fantasy, ma non è così: da oggi sappiamo che il terremoto de L’Aquila era prevedibile in quanto rientrava nel periodo di ritorno di 325 anni a partire dall’anno 1000 (sic!). Non so che dire, se avessi qualche anno di meno mi precipiterei a fare le valigie e me ne scapperei. In questo paese non si può più vivere. Una volta si diceva: la fantasia al potere! Oggi mi viene da dire: l’ignoranza al potere!
    Ciao, Donato.

    • Guido Botteri

      dall’articolo:
      “Il sismologo Enzo Boschi ha invece ribadito che «i terremoti finora non li ha mai previsti nessuno. Allo stato attuale delle conoscenze – ha aggiunto – non si riesce a prevedere i terremoti. Quello che è possibile fare, e che i Paesi avanzati fanno, è rendere più sicuri gli edifici in modo da ridurre al massimo in danni».”
      ed è questa la posizione che fu tenuta dalla Commissione, e nella quale credo si possa riconoscere qualsiasi uomo di scienza. Ma ormai la scienza è in mano ad altre persone…
      Ma io ricordo di aver visto un video in cui il sindaco, appena uscito dalla riunione incriminata si esprimeva in pieno accordo con quegli scienziati che ora vuole in galera…. ricordo male ?
      ma a chi spetterebbe la messa in sicurezza degli edifici di un Paese, alla Commissione Rischi, o alle amministrazioni locali ? Ditemelo, perché la mia logica pensa una cosa, ma non sono esperto sulla normativa in vigore.
      Trattengo la mia mano da scrivere le cose esplosive che penso, forse è meglio che vado a dormire, buona notte.

    • donato

      “ma a chi spetterebbe la messa in sicurezza degli edifici di un Paese, alla Commissione Rischi, o alle amministrazioni locali ?”
      .
      Nè agli uni, nè aggli altri, purtroppo. La messa in sicurezza degli edifici privati è competenza esclusiva dei privati e di nessun altro. L’obbligo (si fa per dire 🙂 ) scatta, però, solo se si interviene sulle strutture degli edifici in occasione di qualche ristrutturazione di una certa entità. In questo caso, però, la norma prevede tre tipologie di interventi: adeguamento (molto oneroso e limitato a pochi casi particolari), miglioramento (il caso più comune) e, infine, interventi localizzati.
      Nel primo caso l’edificio deve essere reso conforme alla normativa sismica e, nella quasi totalità dei casi, è conveniente demolire e ricostruire l’immobile (ma in Italia se parli di demolizione e ricostruzione ti linciano 🙂 ).
      Nel secondo caso si deve “solo” migliorare la performance sismica del manufatto: se prima dell’intervento resisteva ad un terremoto x, dopo l’intervento deve resistere ad un terremoto x+dx (con dx non precisato 🙂 ).
      Nell’ultimo caso (aprire una porta in un muro portante, per esempio) basta dimostrare che l’intervento previsto non altera la resistenza del muro medesimo: in questo caso non si rende necessario né l’intervento di miglioramento, nè quello di adeguamento.
      Se l’edificio è di proprietà pubblica, o adibito a pubblici servizi, le cose cambiano e l’adeguamento è obbligatorio. Siccome, però, viviamo in Italia l’obbligo di adeguamento per gli edifici pubblici, e sottolineo pubblici, è molto elastico e soggetto a continue proroghe: tanto per fare un esempio moltissimi dei nostri edifici scolastici (soprattutto quelli “storici”) non sono adeguati alla normativa sismica o a quella di sicurezza antincendio in quanto le leggi che ne prevedono l’adeguamento sono prorogate sine die da oltre un decennio.
      Se uno di questi edifici dovesse crollare in seguito ad un sisma durante le ore di lezione (speriamo che non succeda mai) potete immaginare tutti cosa succederebbe. In seguito (dopo i funerali) le indagini, inchieste, pellegrinaggi, vesti politiche stracciate a più non posso e via cantando si precherebbero. Alla fine il caprio espiatorio sarà qualche povero tecnico che, per sua sfortuna, ha avuto a che fare con quell’edificio, forse per una revisione degli impianti o per una manutenzione più o meno ordinaria e qualche membro di commissione rischi reo di non aver previsto il terremoto.
      Caro Guido, ora, però, mi fermo altrimenti va a finire che le cose che volevi scrivere tu le scrivo io!
      Ciao, Donato.

  2. Guido Botteri

    Beh, io vedrei la cosa positivamente. sapete come la penso, credo nella prevenzione, NON nella previsione, ma se davvero si son fatti passi avanti (se son rose fioriranno) questo non può che farmi piacere.
    da:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Terremoto
    “La velocità di propagazione dipende dalle caratteristiche elastiche del materiale e dalla sua densità, In genere però viaggiano a una velocità compresa tra i 4–8 km/s”
    “Le onde S, ovvero onde “secondarie”, si propagano solo nei solidi perpendicolarmente alla loro direzione di propagazione (onde di taglio). Esse sono più lente delle onde P, viaggiando nella crosta terrestre con una velocità fra 2–4 km/s. Le onde S non possono propagarsi attraverso i fluidi e i gas perché questi non oppongono resistenza al taglio.”
    Ora, non sono un esperto di terremoti, e non intendo passare per tale. Cerco solo di ragionare a tastiera accesa…
    magari dirò cose sbagliate, o inesatte, o ingenue…diciamo che propongo delle idee su cui persone più esperte potranno dire la loro parola competente.
    Da quel che leggo, sembrerebbe che almeno un tipo di onde si possa fermare, perché non si propagano attraverso i fluidi… non mi strillate ancora, è solo uno spunto di ragionamento, non un ragionamento.
    Lascio ad altri verificare se in quali circostanze si possa portare avanti un’idea del genere, almeno per le situazioni più a rischio.
    Ma la cosa che mi colpisce è che la velocità non è poi così elevata, e, almeno per chi non è vicinissimo all’epicentro, questo può dare un minimo di tempo per fare qualcosa…
    Ecco, bisognerebbe che fosse chiaro cosa fare. Bisognerebbe istruire la gente, fare delle esercitazioni, prevedere più scenari a seconda del tempo che si ha a disposizione prima dell’arrivo del terremoto.
    Naturalmente, chi è sull’epicentro… buona fortuna ! Ma chi si trova ad una certa distanza (tale da poter subire danni, ma anche da avere qualche secondo – non minuti, secondi, perché in un minuto un’onda P percorrerebbe dai 240 ai 480 km… -) deve:
    1. ricevere il messaggio, sintetico ma preciso
    2. avere un’idea di quanti secondi ha a disposizione
    3. sapere cosa fare
    4. mantenere la calma e fare quel che si può fare in quei pochi secondi rimasti
    ….
    cioè questa cosa, senza una buona preparazione NON FUNZIONA
    E non vedo una seria preparazione ai terremoti; in questo Paese si preferisce condannare chi non ha previsto quello che non poteva prevedere, ma non si fa NULLA per mettere la gente in condizioni di sapere cosa fare per salvare sé e i propri cari.
    O qualcuno di voi ha visto la benché minima attività di insegnamento o preparazione a come gestirsi in caso di terremoto ?
    In conclusione:
    bella iniziativa, speriamo che la perfezionino, speriamo che qualcuno si decida a mettere i piedi per terra, e fare qualcosa di concreto.
    Ma non dimentichiamo che saranno pochi maledetti secondi…in California, dove hanno tappezzato il territorio di sensori…. e da noi ?

  3. max pagano

    mi immagino la scena:
    il mio smartphone capta le onde P di un sisma, riesce tramite l’app a capire tra quante decine di secondi arriveranno le onde S (quelle dannose per le infrastrutture), chiamo immediatamente il 115 o il 112 o il 113 o il 118……e………

    se sono fortunato, dopo circa 3 minuti di attesa mi risponde qualcuno che mi dice: Scusi, a causa della scossa di poco fa abbiamo il centralino intasato…..

    ………………. 🙂

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