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Gli scienziati Fonzie e le temperature globali

Per quelli come me sospesi a metà tra l’essere giovani e avere smesso di esserlo da un pezzo, c’è un ricordo particolare. Erano gli anni in cui si cominciava a fare un uso abbastanza intensivo delle TV commerciali, la cui attrazione principale cominciavano ad essere le sit-com che arrivavano da oltre oceano. La madre di tutte le sit-com è stata Happy Days. Uno dei protagonisti della serie era Fonzie. Un caratteraccio, uno sicuro di se oltre l’inverosimile, uno che non non riusciva proprio a dire “ho sbagliato”, e sì che di sbagli ne faceva. Questa incapacità, tuttavia, era anche la chiave del successo del personaggio.

 

Negare, negare anche l’evidenza, del resto, è un artificio della comunicazione che garantisce il successo. Il riscaldamento globale è anche comunicazione, per cui, la battuta d’arresto che le temperature medie superficiali hanno subito dall’inizio di questo secolo non può sfuggire a questa logica. Per la verità un tentativo c’è stato, giacché non si parla più di riscaldamento ma di cambiamenti climatici, ove non di disfacimento climatico, ma non si può in alcun modo indurre chi ascolta a dimenticare che tutto questo dovrebbe avvenire per effetto dell’aumento delle temperature, per cui, se queste smettono di aumentare, il messaggio – ricordiamoci che stiamo parlando di comunicazione – rischia di essere parecchio indebolito.

 

Sicché, negli ultimi tempi, stiamo assistendo a ripetuti tentativi di dimostrare che, in fondo, a ben vedere, magari al millesimo di grado, comunque anche negli ultimi anni il pianeta si è scaldato. Ne abbiamo avuto un assaggio qualche giorno fa anche sulle nostre pagine, commentando questo articolo.

 

Ora però scendono in campo quelli bravi, anzi, forse, in termini di comunicazione, il più bravo di tutti. Kevin Trenberth, asceso alle cronache climatiche perché in una delle mail del climategate giudicava “tragico” che non si potesse spiegare dove diavolo starebbe andando a finire il calore che dovrebbe esserci ma non c’è, ha scritto un pezzo per la Royal Meteorological Society:

 

Has Global Warming Stalled?

 

L’articolo è interessante, un vero pezzo di bravura della comunicazione efficace. Prima di dirci perché, ovviamente secondo lui, in realtà il global warming prosegue inarrestabile, snocciola tutta una serie di certezze che mettono davvero il lettore a proprio agio, pronto per l’arringa finale sulle temperature.  Così, en passant, apprendiamo anche che nel recente “stallo” subito dalle temperature medie superficiali globali potrebbe avere avuto un ruolo anche il Sole, inaspettattamente entrato in una fase di quiete. Proprio quel sole che quando le temperature ruggivano era in uno stato che i fisici solari hanno definito grand maximum ma che, incredibilmente, secondo il mainstream scientifico non aveva un accidente a che fare con il riscaldamento.

 

Ma non è questo il punto, almeno non oggi. Oggi vogliamo sapere se il Pianeta ha continuato a scaldarsi. Trenberth mostra un grafico e lo accompagna con un commento, eccoli in successione:

 

 trenberth-gwt

 

[…] Coming back to the global temperature record: the past decade is by far the warmest on record. Human induced global warming really kicked in during the 1970s, and warming has been pretty steady since then.  But while the overall warming is about 0.16°C per decade, there are 3 10-year periods where there was a hiatus in warming. From 1977 to 1986, from 1987 to 1996, and from 2001-2012.  But at each end of these periods there were big jumps.   We find exactly the same sort of flat periods in climate model projections, lasting easily up to 15years in length. Focusing on the wiggles and ignoring the bigger picture of unabated warming is foolhardy, but one promoted by climate change deniers.  Global sea level keeps marching up at a rate of over 30 cm per century since 1992 (when global measurements via altimetry on satellites were made possible), and that is perhaps a better indicator that global warming continues unabated. Sea level rise comes from both the melting of land ice, thus adding more water to the ocean, plus the warming and thus expanding ocean itself.

So the current hiatus in surface warming is a transient and global warming has not gone away: there is a continuing radiative imbalance at the top of atmosphere. But the global warming is manifested in a number of ways.

 

In pratica Trenberth analizza la serie di dati dell’NCDC e trova tre differenti periodi in cui, nonstante la tendenza all’aumento nel lungo periodo, si è verificato uno stallo pari a circa dieci anni nell’aumento delle temperature. L’ultimo di questi va dal 2000 al 2010 ed è comunque un trend decadale leggermente positivo, o almeno questo è quello che lui ha scelto per dimostrare che nulla è cambiato. Sicché, dal suo punto di vista l’obbiettivo è raggiunto, la comunicazione è efficace.

 

Peccato sia mendace, o quantomeno omissiva. Dal blog The Blackboard prendiamo il grafico che segue. La serie storica è la stessa, il trend più recente, quello da cui secondo Trenberth si dimostrerebbe che nulla è cambiato, non abbraccia solo dieci anni, ma 10, 11 e 12, cioè 2003-2012, 2002-2012 e 2001-2012, ed è negativo. Da notare che nella serie non ce ne sono altri simili, per cui, piaccia o no, ora le cose stanno diversamente dal passato.

 

 NegativeTrendsEndingIn2012

 

Naturalmente, fare valutazioni su di una decade non ha molto senso, ma se Trenberth lo fa per dimostrare che il trend è comunque positivo mi aspetto che usi tutti i dati a disposizione, compresi quelli più recenti. Nella fattispecie però, usarli non avrebbe sostenuto il messaggio. Evidentemente, questo è quello che intende per comunicazione scientifica.

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Published inAttualitàClimatologia

7 Comments

  1. […] sono parecchi. Innanzi tutto, diversamente da quanto ci è capitato di leggere sin qui e anche di recente, scopriamo che la fase di interruzione (hiatus) dell’aumento delle temperature globali, come […]

  2. radiometeolibera tv

    non ci ho capito niente

    • Riassumo brevemente i numerosi commenti che abbiamo pubblicato a questa storia del 97%.
      Si tratta di un paper (sono sicuro che altri lettori vorranno fornire il link) in cui è stata condotta la seguente indagine.
      Domande mandate a 10.000 studiosi circa. Di questi circa 3.000 hanno voluto rispondere. Tra questi quelli che avevano almeno una pubblicazione in materia climatica erano 77. /5 hanno dichiarato il consenso rispondendo “bianco” alla domanda circa il colore del cavallo bianco di Napoleone. 77/75=97%. Et voilà.
      Numeri a parte, la faccenda è ancora più assurda. Cos’è il consenso? Conoscenza o convinzione? Se sei del settore e se sei un modellista (unica disciplina su cui si basa l’ipotesi che il contributo antropico sia dominante ove non in assoluto l’unico fattore capace di innescare un cambiamento) allora puoi aderire o meno. Se non sei un modellista o, peggio, se non sei del settore (per esempio chi scrive su quel blog non lo è), quello che esprimi è un atto di fede. Cosa consentita, per carità, ma fino a prova contraria. E cioè, per esempio, nel constatare che il mondo va da una parte e i modelli dall’altra il consenso dovrebbe cominciare a vacillare, perché il dubbio è l’anima della scienza. Ma questo non accade, appunto, perché trattasi di fede, per l’occasione dei cambiamenti climatici trasferita dai temi religiosi a quelli ideologici, anche perché in fondo anche quello della madre terra è un culto religioso.
      Spero di aver chiarito il mio pensiero. 🙂
      gg

  3. donato

    Io la vedrei in un modo leggermente diverso. Nei grafici del post le due rette tratteggiate dovrebbero essere due curve di regressione lineare. Se così fosse la loro pendenza rappresenta la velocità con cui è avvenuto il riscaldamento dal 1970 in poi. Poichè la curva di regressione lineare non è altro che la retta che meglio interpola l’insieme di punti che vengono rappresentati nel grafico, ne deduciamo che, a partire dalla fine degli anni ‘9O del 20° secolo e fino ad oggi, la pendenza della retta è diminuita: in altre parole, pur in presenza di un riscaldamento globale, la sua velocità è diminuita (ci riscaldiamo, ma più lentamente 🙂 ).
    Anche in questo caso, quindi, i modelli GCM hanno delineato degli scenari che nella realtà non si sono verificati: a fronte di trend in crescita costanti o addirittura esponenziali ci troviamo con dei trend di crescita in diminuzione. Dalle mie parti si direbbe che come la giri e come la volti la cosa non cambia: i modelli hanno preso fischi per fiaschi (almeno per ora 🙂 ).
    Ciao, Donato.

  4. luigi mariani

    Credo che sia sensato quanto afferma Pascoli, nel senso che ha poco senso giocare con un anno in più o un anno in meno a scopi retorici (continuare a farsi dar ragione perché così vuole il circo mediatico che poi è quello da cui derivano i fondi di ricerca).
    Ben più importante, per amor di conoscenza, è oggi cogliere l’affresco complessivo, e l’affresco complessivo indica raffreddamento globale dal 1878 al 1910, riscaldamento dal 1911 al 1944, raffreddamento dal 1945 al 1976, riscaldamento dal 1977 al 1996, stazionarietà o lieve raffreddamento dal 1998.
    Io non so cosa succederà dopo, così come non lo sa Trenberth e non ce lo possono dire i modelli deterministici GCMS, che nella loro pochezza sanno solo seguire la CO2.
    Quello che siamo oggi in grado di dire e che da questa alternanza di fasi emergono alcune cose in attesa di spiegazione e cioè i contorni le cime che siamo oggi chiamati a scalare:
    1. cosa rema contro il GW nelle fasi stazionarie o di raffreddamento
    2. perché ogni fase fredda parte a valle di un anno caldissimo (il 1878, il 1911, il 1944, il 1989).
    In merito a tali quesiti vi segnalo un articolo pochissimo commentato e che tuttavia ho riletto di recente e a mio avviso è meritevole di riflessione, nel senso che tenta una risposta complessiva ai due problemi che ho elencato:
    A.A. Tsonis, K. Swanson, e S. Kravtsov, 2007. A new dynamical mechanism for major climate shifts, GEOPHYSICAL RESEARCH LETTERS, VOL. 34, L13705, doi:10.1029/2007GL030288 (il PDF si trova gratuitamente in rete).
    In tale lavoro gli autori attribuiscono i cambi di fase ad un “mechanism, which appears consistent with the theory of synchronized chaos.” In sostanza si tratterebbe secondo gli autori di variabilità interna non forzata da CO2, Sole o altro e legata invece alla natura intrinsecamente caotica del sistema climatico terrestre, una natura che si manifestata in passato attraverso enormi shift (altro che i saltini di questi anni) quali gli eventi Dansgaard Oeschger.
    Luigi

  5. giovanni pascoli

    Anche questo grafico é abbastanza famoso. Dagli “scettici” viene interpretato come un arresto del riscaldamento negli ultimi anni. Dai catastrofisti viene invece interpretato come un aumento costante ma a gradini __¦.
    L?unica cosa che dimostra il tutto è che 1) i grafici sono ben lungi da costituire una reppreserntazione oggettiva, anzi manipolandoli adeguatemente con variazioni nelle ascisse e ordinate si puo fare vedere un po quello che si vuole, poi se non é sufficiente , per far variare la pendenza a una curva o una retta basta aggiungere qualche correzione matematica e “scientifica” per ottenere il risultato sperato. Questo grafico se lo riportassimo a una scala di qualche secolo o migliaia o centinaia di migliaia di anni e a variazioni di temperatura di qualche grado non sarebbe altro che un pelucchio, una lineetta senza picchi, o come diceva enrico la talpa “una cacca di grillo”
    Dibattere su queste come é come discutere di sesso degli angeli o di aria fritta. Purtroppo mi sembra che questo soggetto sia alla base degli sforzi di gran parte del mondo scientifico -climatico che pur di dimostrare le loro teorie antropocentriche e catastrofiche ricorrono a modelli sempre piu complessi ed elaborati e non disdegnao di cercare la benché minima anomalia in un grafico, anche quando questa anomalia rappresenta semplicemente l’errore sperimentale piuttosto che il “rumore di fondo”.

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