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Alisei più forti, non, più deboli, no, vabbè, climate change

L’inatteso (?) arresto del riscaldamento globale sta davvero provocando parecchi grattacapi. Arrivano praticamente ogni giorno suggerimenti sulle origini dello strano comportamento di un clima che non segue più le indicazioni del mainstream scientifico. Su WUWT c’è un piccolo elenco: Aerosol vulcanici in eccesso, dinamiche dell’ENSO, calore rintanato nelle profondità oceaniche, raffreddamento degli oceani, scarsa attività solare, misurazioni della temperatura sbagliate in area artica e, per finire, la ola dello stadio. Qualche giorno fa ne è arrivata un’altra, l’aumento dell’intensità degli alisei.

 

Recent intensification of wind-driven circulation in the Pacific and the ongoing warming hiatus

 

Dunque, l’intensità degli alisei nell’area del Pacifico intertropicale è la base del meccanismo dell’ENSO, ovvero dell’alternarsi ciclico ma allo stesso tempo randomico di fasi di El Nino e La Nina separate da condizioni neutralità, fase terza, quest’ultima, molto più simile alla seconda che alla prima. Nei periodo in cui prevale la Nina, gli alisei sono più forti, accumulano acqua ad ovest e accentuano la risalita di acque profonde e più fredde sul lato orientale generando anche una differenza di livello del mare tra le due sponde del Pacifico in favore di quella occidentale. Lo stesso dicasi per le condizioni di neutralità.

 

Quando il vento cala, e ancora nessuno sa perché ma pare anche per eventi come il disturbo indotto da eventuali Cicloni Tropicali al traverso dell’equatore – quelli sì, del tutto casuali – si attenua l’upwelling, l’acqua calda scivola letteralmente verso est e si spalma sulla superficie ampliando l’area dalla quale viene ceduto più calore all’atmosfera. Questo calore sale verso l’alto per convezione e la circolazione generale lo distribuisce sul pianeta, facendo aumentare le temperature. Questo è El Nino, la cui occorrenza non a caso coincide con i picchi delle temperature medie superficiali. Il picco delle temperature del pianeta degli anni del global warming ruggente risale infatti al 1998, proprio in concomitanza con l’ultimo super El Nino.

 

Ma le temperature di superficie degli oceani oscillano anche nel lungo periodo. Infatti con le oscillazioni multidecadali della PDO (Pacific Decadal Oscillation) possono esistere periodi con prevalenza dell’una o dell’altra condizione; la fase negativa della PDO favorisce La Nina, quella positiva El Nino. Per cui è normale che con il cambiamento di segno della PDO dei primi anni 2000 stiano ora prevalendo condizioni neutrali o di La Nina (che è un’accentuazione della neutralità); ed è normale che sia ceduto meno calore all’atmosfera. Ceduto, non trattenuto o imprigionato però, come vorrebbe la teoria del disastro climatico nascosto in fondo al mare di cui ad uno dei link segnalati all’inizio.

 

Quando tornerà a prevalere El Nino, ma se la PDO rispetta i suoi cicli non prima di un paio di decenni, le temperature saliranno di nuovo, inevitabilmente. Questo processo però sarà naturale e spiegarlo senza far riferimento a questi meccanismi, tra l’altro molto noti, serve solo a preparare il terreno per poter dire “ecco, ve l’avevamo detto che il calore sarebbe tornato fuori dal mare per arrostirci tutti“.

 

A meno che non si voglia smentire quello che altri andavano dicendo appena sette anni fa, e cioè che gli alisei si sono in realtà attenuati e ancora si attenueranno in condizioni di cambiamento climatico, naturalmente per colpa delle attività umane. Quello che segue è un breve estratto del paper segnalato più su:

 

Il calore immagazzinato nel Pacifico occidentale a causa di un rinforzo senza precedenti dei venti alisei equatoriali sembra essere largamente responsabile dell’interruzione del riscaldamento superficiale osservato negli ultimi 13 anni.

 

Questo, invece è un periodo altrettanto breve estratto dalle pagine dell’UCAR, dove nel 2006 si spiegava:

 

La vasta circolazione di venti che govenrnano il clima e il comportamento dell’oceano lungo il Pacifico tropicale si è attenuata del 3,5% dalla metà dell’800, e potrebbe attenuarsi di un ulteriore 10% per il 2100.

 

Pare che l’origine di questa attenuazione fosse stata inequivocabilmente individuata nel cambiamento climatico di origine antropica. Facciamo così, in attesa che il Pacifico decida cosa fare rendendo onore e gloria agli uni o agli altri, godiamoci la ‘pausa’ del riscaldamento globale, chissà che prima o poi non diventi anche una pausa del vociare di tutti questi esperti sull’argomento.

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