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Ricordati che devi morire! Di caldo, ogni sei anni.

Questo post è uscito in originale su La nuova Bussola Quotidiana

 

Ricordati che devi morire! In che modo? “Arrosto”. Ogni 15 agosto dobbiamo sopportare l’editoriale di Giovanni Sartori ed ogni 7-8 anni c’è la pubblicazione a rate di un nuovo report dell’IPCC, ciò affinché ad ogni nuova rata del nuovo report l’annuncio della catastrofe si rinnovi. Abbiate pazienza!

Il 13 aprile è stato presentato a Berlino la terza parte del nuovo e quinto rapporto sul clima dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc). Scrivono i quotidiani “Dalla scienza arriva un messaggio chiaro”, infatti La Repubblica titola “Riscaldamento globale, l’Ipcc: Solo 17 anni di tempo per invertire la tendenza”, Il Messagero invece “Effetto serra, Ipcc: «Emissioni record, solo 16 anni per cambiare rotta”  ed il Corriere della Sera “Effetto serra, gli scienziati dell’ONU: Solo 15 anni per evitare il disastro”. Avete letto bene: 15, 16 o 17. Chi offre di più? Certo 16 è più bello perché fa conto paro con il 2030 che è l’obiettivo delle politiche Ue. È da escludere 17 e 6 mesi?

Per chi ha una cattiva memoria i titoli potrebbero metter paura, invece se li confrontate con quelli di solo pochi mesi fa lo stato d’animo cambia. Infatti settembre 2013, solo sette mesi fa, secondo i titoli degli stessi quotidiani, per l’IPCC rimanevano: “Dieci anni per salvare il pianeta. L’allarme degli scienziati dell’Onu“. Lo stesso titolo già utilizzato da La Repubblica nel 1989, 25 anni fa, infatti sul medesimo quotidiano si poteva sorprendentemente leggere: “Dieci anni per salvare la Terra“. Insomma per gli stessi esperti dovevamo già essere morti da 15 anni ed invece scopriamo che ce ne rimangono ancora 15 per guarire. Che direste ad un medico che vi da 6 mesi di vita e quando tornate a visita dopo un anno vi dice che avete altri 6 mesi? Ci credete o cambiate medico?

Ed ultimamente il tenore delle previsioni sembra ottimistico, alla pubblicazione del quarto rapporto Ipcc le previsioni furono molto più tragiche. Infatti, all’epoca della pubblicazione del quarto rapporto, nel 2007-2008, il mondo era molto diverso da oggi, la crisi economica doveva ancora deflagrare, il catastrofista Al Gore vinceva sia il premio Oscar con il film An Inconvenient Truth (presentato al Festival di Cannes) sia il premio Nobel per la pace insieme all’Ipcc, il “verde” Obama a fine 2008 sostituiva “l’inquinatore” Bush, tutti i grandi della Terra sembravano propensi ad incontrarsi a Copenhagen nel 2009 e firmare un accordo globale che ampliasse, estendesse e rafforzasse il Protocollo di Kyoto (quello che inseguito si è rilevato inutile, anzi dannoso, infatti non ne parla più nessuno). All’epoca i mass media ad ogni notizia o evento a carattere climatico davano uno spazio ed un’evidenza incredibili, ogni “fatto negativo” che avveniva era dovuto, o almeno connesso, ai cambiamenti climatici: dai calcoli renali, alla miopia o alla morte delle api  (che con ritardo di anni si scoprirà dovuto ad altre cause).

Tutti erano concordi in un futuro dove le tasse sarebbero divenute verdi e gradite, in borsa si sarebbe investito preferibilmente in aziende verdi, in Europa si creava un apposito mercato per lo scambio dei “carbon credit” mentre ecologisti e no-global volevano la creazione di un “emissions trading system” globale (anche per loro il mercato avrebbe salvato l’ambiente, ora invece dicono di esser contro i liberisti). Tutto ciò era descritto ed amplificato dai mass-media, mentre, contemporaneamente ed in modo più silente, le produzioni più inquinanti si stavano spostando dal mondo dei paesi più ricchi, già meno inquinati del passato, a quello brutto, sporco e talvolta cattivo degli stati poveri dove la popolazione è disposta a lavorare a basso costo e con minori tutele. I titoli 7 anni fa erano del seguente tipo:

Secondo quanto era stato previsto già dovevamo essere con un piede dentro la fossa, quindi i titoli di questi giorni, che allungano ancora la possibilità di salvare il pianeta ai prossimi 15-17 anni, non dovrebbero allarmare più del necessario.

Ma perché ogni sei anni viene scritto un nuovo “rapporto di valutazione” che costa milioni di euro e l’impegno di migliaia di persone che s’incontrano in vari posti del mondo emettendo Co2 con gli aerei? Il clima dicono che è valutabile su periodi di almeno 30 anni: quindi per verificare cosa sta accadendo al sistema climatico sarebbe sufficiente aggiornarlo con tempi molto più lunghi. Da notare che nel cambiamento climatico non sono utilizzati approcci scientifici tradizionali in cui “l’attribuzione di responsabilità” inequivocabile richiederebbe sperimentazione controllata con il nostro sistema climatico. L’attribuzione delle cause del cambiamento climatico è perseguito con tre fasi: rilevare che il clima è cambiato, dimostrare che la variazione rilevata è coerente con simulazioni informatiche del cambiamento climatico calcolato come il verificarsi di una risposta a forzanti antropogeniche, dimostrare che la simulazione del clima effettuata senza tener conto delle forzanti antropogeniche offre una simulazione meno corretta.

Quindi l’attribuzione della “certezza” si basa per la rilevazione del cambiamento sui dati osservati mentre per l’attribuzione delle cause agli output del modello ( vedi “detection and attribution”). Quello che può accadere è che annualmente mutino i risultati scientifici in quanto i modelli matematici cambiano e si modificano nel tempo, modelli che possono girare solo nei grandi centri di calcolo di importanti enti di ricerca. Può accadere, quindi, che la certezza possa poi essere smentita dopo poco tempo: ciò andrebbe spiegato sui quotidiani quando si scrive di risultati e cause scientificamente “certe”. Passando dall’individuazione delle cause alle previsioni, nulla si può dire sull’affidabilità delle complesse proiezioni per il futuro, come è anche possibile verificare analizzando l’attendibilità di quelle effettuate nel passato.

Purtroppo però questa è un’epoca a cui piace ascoltare i profeti di sventura. Ricordate quando il Principe Carlo d’Inghilterra, a Londra nel 17 maggio 2008 profetizzò l’ennesima apocalisse: “Abbiamo soltanto 18 mesi per fermare il disastro provocato dai cambiamenti climatici?”.  Visto che quella volta il mondo si è salvato, a Roma, alla Camera dei Deputati, il 27 aprile del 2009, Carlo cambiò data: “Sui cambiamenti climatici ci rimangono solo 99 mesi prima di raggiungere il punto di non ritorno”. Fu in quella occasione che il presidente della Camera Gianfranco Fini si rivolse al principe del Galles definendolo ‘un alfiere’ della cultura ambientale” e il responsabile ambiente del PD, on. Ermete Realacci, chiese al Governo italiano di raccogliere “l’appello lanciato dal Principe Carlo”. Il bello, o brutto, della storia è che questo tipo di pseudo esperti sono tutti pagati lautamente con le nostre tasse.

L’unica previsione certa è che in futuro ci saranno nuovi rapporti dell’Ipcc e nuove previsioni di catastrofi imminenti. L’efficienza nell’uso dell’energia, un mix energetico equilibrato, un uso corretto del territorio, l’attenzione alla modificazione del clima urbano ed alla solitudine degli anziani nelle città, la riparazione/costruzione degli acquedotti, etc. vanno perseguiti  indipendentemente dal fatto che il futuro sarà caldo o freddo o stazionario.  Faremmo bene a investire in questi ambiti piuttosto che spendere nella redazione del prossimo rapporto di valutazione che andrà ad affiancarsi ai già tanti convegni e trasmissione televisive sul tema.

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Published inAttualità

9 Comments

  1. Uberto Crescenti

    Larticolo di Fabio Spina mi è molto piaciuto. Sarebbe opportuno inviarlo ai giornali che hanno propagandato le catastrofi previste senza successo dall’IPCC. Quando penso ai cosiddetti scienziati dell’IPCC non so se considerarli in buona fede o in mala fede.

    • No Uberto è semplice…mai supporre malafede dove stupidità e conformismo bastano e avanzano

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