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Sensibilità e precipitazioni nelle simulazioni, due lavori interessanti

Il solito invito alla lettura della domenica se credete, ma anche lo stimolo per una discussione sulle simulazioni modellistiche. Il primo dei due lavori in questione è alquanto innovativo, perché si pone l’obbiettivo di andare ad investigare le simulazioni del bilancio radiativo (energia entrante e uscente dal sistema) al top dell’atmosfera attraverso l’analisi di un numero definito di parametri atti a descrivere i processi più significativi per la sua definizione. Tra questi, naturalmente, la microfisica delle nubi e gli aerosol.

A sensitivity study of radiative fluxes at the top of atmosphere to cloud-microphysics and aerosol parameters in the community atmosphere model CAM5 (anche su Science Daily)

Si mette in risalto la caratteristica per le variazioni della maggioranza dei parametri utilizzati di avere un impatto significativo a livello locale, ma anche di averne uno più importante di quanto non abbiano, sempre nelle simulazioni, le variazioni delle forzanti esogene come le emissioni. Alla luce di queste differenze, direi che sia d’impatto anche la frase con cui si chiude l’abstract: “Questo studio ci aiuta a comprendere meglio le incertezze nei parametri nel modello CAM5, e quindi fornisce informazioni per ulteriore calibrazione dei parametri incerti nei modelli con la sensibilità èiù elevata.”

Può darsi che la mia lettura sia errata, ma credo possa voler dire che il fatto che le dinamiche afferenti alla microfisica delle nubi hanno un peso più significativo di quello delle forzanti esogene possa costituire un passo verso la definizione (simulazione, per ora) di un sistema meno sensibile alle perturbazioni indotte dalle emissioni, cioè avvicinarlo di più al limite inferiore della sensibilità climatica. Come del resto ci raccontano gli studi più recenti e la realtà degli ultimi anni.

Il secondo lavoro è più classico, in quanto si tratta di un tipico esempio di comparazione tra le simulazioni e la realtà osservata. Nella fattispecie si parla di precipitazioni:

Evaluation of Precipitation Simulated by Seven SCMs against the ARM Observations at the SGP Site (anche su Science Daily)

Come commentato in molte altre occasioni i due piani, reale e virtuale, differiscono per molti aspetti sia temporali che spaziali anche in ordine alle precipitazioni. In qualche modo, neanche tanto alla lontana, questi due lavori sono collegati, perché è un fatto che il ruolo delle nubi sia determinante nel bilancio radiativo, ma è anche un fatto che dalle nubi scaturiscano le piogge, ovvero il modo con cui il sistema scarica l’energia.

Buona lettura e buona domenica.

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Published inAttualità

2 Comments

  1. Luigi Mariani

    Come ulteriore elemento di riflessione richiamo il concetto di CRE (Cloud Radiative Effect) che, secondo la definizione data da Ramanathan et. al (1989) è dato dall’effetto sulla radiazione netta al TOA con e senza nubi. A livello di TOA Valori positivi indicano che il flusso netto è diretto verso la superficie e negativi che il flusso netto è diretto verso lo spazio.
    CRE, secondo i dati riportati qui (http://www.iac.ethz.ch/edu/courses/bachelor/vertiefung/atmospheric_physics/Script-2014/Script-energy-balance.pdf), può essere scomposto nelle 2 componenti a onda corta (SCRE) e a onda lunga (LCRE).
    SCRE ammonta mediamente a -47.3 W m-2 mentre LCRE ammonta a 26.2 W m-2, per cui l’effetto netto delle nubi è di raffreddare il pianeta (-47.3+26.2=-21.1 W m-2).
    Si noti che -21.1 è pari a circa 6 volte l’effetto di forcing legato al raddoppio di CO2 (+3.7 W m-2 , che secondo il modello di Myhre, 1998). Pertanto basta che le nubi aumentino di 1/6 per annullare completamente l’effetto di forcing dovuto al raddoppio di CO2.
    Per questa ragione mi pare del tutto logico che cambiando le parametrizzazioni legate alla nubi nel modello CCM5 si possono disegnare moltissime “mappe del nostro futuro”. Il problema vero è capire quale di tali mappe sarà quella vera, e questo temo che non lo sapremo se non quando il futuro sarà divenuto passato.

  2. donato

    Con riferimento al primo articolo segnalato da G. Guidi, ho aderito all’invito alla lettura (l’articolo è liberamente accessibile al sito
    http://www.atmos-chem-phys.net/13/10969/2013/acp-13-10969-2013.pdf ) e ho potuto notare che si tratta di un lavoro essenzialmente modellistico. Gli autori, in altri termini, hanno fatto girare CAM5 utilizzando moltissime combinazioni di 16 parametri di input del modello (metodo simil-Montecarlo) e hanno analizzato i risultati ottenuti. L’analisi statistica dei risultati ottenuti ha consentito di accertare che a seconda del set di parametri di input utilizzati si ottengono, come ovvio che sia, risultati diversi che, però dipendevano non solo dai valori assegnati ai singoli parametri, ma anche all’insieme dei singoli parametri. In altre parole chi influenza il risultato non è il singolo parametro, ma anche il modo (sconosciuto) in cui essi interagiscono tra loro.
    Se fa effetto la frase conclusiva dell’abstract, dovrebbe fare ancora più effetto quella conclusiva delle discussioni:
    “Sebbene le proiezioni dei futuri cambiamenti climatici sono comunemente ottenute da un
    modello climatico usando il suo set “standard” di parametri interni che possono
    riprodurre il clima storico, potrebbe esistere un altro set di parametri interni in grado di riprodurre un clima storico, ma produrre un clima futuro significativamente diverso.”
    Ciao, Donato.

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