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Se il Carbonio non è più il nemico

Su Nature prove di dialogo con l’elemento chimico che essendo alla base della vita sul nostro pianeta non dovrebbe essere demonizzato

Riassunto

In un articolo uscito su Nature e liberamente accessibile, William McDonough mostra quanto di assurdo e di profondamente diseducativo si celi nel considerare come un nemico l’elemento chimico che attraverso la fotosintesi è alla base della vita sul nostro pianeta. Proviamo qui ad evidenziare sia i pregi sul piano culturale dell’approccio proposto dall’autore sia i limiti insiti nello stesso. In particolare riteniamo che dovremmo imparare dalla natura che tramuta il surplus di carbonio atmosferico in “global greening” e in tal senso sfruttare appieno il ruolo dell’agricoltura di regolatrice del ciclo del carbonio valorizzando la sua attitudine a produrre beni durevoli.

Abstract

In a freely accessible article published in Nature, William McDonough shows that to consider as an enemy the chemical element that is the brick of the life on our planet is absurd and profoundly negative. We try here to highlight both strengths and limitations of the new cultural approach proposed by the author. In particular, we believe that we should learn from nature that transforms the atmospheric carbon surplus in “global greening” and enhance agriculture’s role as a regulator of the carbon cycle by emphasizing its ability to produce durable goods.

________________

Leggo nel commento di William McDonough dall’emblematico titolo “Carbon is not the enemy – Design with the natural cycle in mind to ensure that carbon ends up in the right places, urges”, apparso sull’ultimo numero di Nature e liberamente fruibile qui:

“a basso tenore di carbonio, a emissioni zero, decarbonizzazione, carbon negative, carbon neutral, guerra al carbonio sono frammenti di un discorso che pone al centro il carbonio come nemico ed a cui le imprese, le istituzioni e i politici faticano a rispondere.”. Tutto vero, dico io, basta guardare i trend atmosferici di CO2 per capire che la risposta è fin qui stata del tutto inefficace.

E poi “gli atomi di carbonio sono i mattoni delle vita” e poi ancora “L’anidride carbonica è la valuta della fotosintesi, una fonte della capacità della Terra di rigenerarsi” e “se nel posto giusto il carbonio è una risorsa e uno strumento”.

E ancora “Il cambiamento climatico è il risultato della manomissione del ciclo del carbonio causata dall’uomo: è un errore di progettazione. I gas ad effetto serra di origine antropica in atmosfera fanno del carbonio nell’aria un materiale nel posto sbagliato, alla dose sbagliata e per la durata sbagliata”.

E anche “Piuttosto che dichiarare guerra alle emissioni di carbonio, occorre lavorare con il carbonio in tutte le sue forme. E per attivare un nuovo rapporto con il carbonio, propongo un nuovo linguaggio – vivente, durevole e disperso – per definire le nuove vie per un utilizzo del carbonio che sia sicuro, produttivo e redditizio. Un linguaggio utile a segnalare intenzioni positive, a ingiungerci di fare più bene piuttosto che semplicemente meno male.”

E il nuovo linguaggio proposto dall’autore prevede i seguenti termini:

“carbonio vivente: organico, che scorre in cicli biologici, fornendo cibo fresco, foreste sane e terreno fertile. E’ qualcosa che vogliamo coltivare e crescere. Il terreno comprende carbonio vivente in forma di funghi, microbi, humus, e piante superiori.

carbonio durevole: bloccato in sostanze solide stabili come il carbone e il calcare o in polimeri riciclabili che vengono più volte utilizzati. Si va da fibre riutilizzabili come carta e stoffe a materiali per la costruzione di edifici e infrastrutture che possono durare per più generazioni ed essere riciclati.

carbonio disperso (ho tradotto con “disperso” il termine “fugitive”): che è finito da qualche parte del sistema ove si rivela indesiderabile e può rivelarsi tossico. Esso comprende i rilasci in atmosfera di metano e di anidride carbonica proveniente dalla combustione di combustibili fossili, dalla deforestazione, da molta agricoltura industriale e dallo sviluppo urbano. Carbonio disperso è anche la plastica nell’oceano.”

Le azioni umane rispetto al carbonio vengono poi suddivise in:

“positive: convertono il carbonio atmosferico in forme che migliorano la nutrizione del suolo o in forme durevoli come i polimeri e gli aggregati solidi. Include anche il riciclaggio in sostanze nutritive del terreno di materiali organici, rifiuti alimentari, polimeri compostabili e acque reflue.

neutre: trasformano o mantengono carbonio in forma durevole nel suolo e in sostanze solide stabili. Sono neutre le fonti di energia rinnovabile che non rilasciano carbonio come quella solare, eolica e idroelettrica.

negative: inquinano la terra, l’acqua e l’atmosfera con le varie forme di carbonio. Ad esempio, “carbon negative” sono i rilasci di metano nell’atmosfera o di rifiuti plastici nell’oceano.”

La morale che l’autore trae è pertanto la seguente:

“Usiamo il carbonio dall’atmosfera per alimentare processi biologici, arricchire di carbonio il suolo e invertire il cambiamento climatico. Cerchiamo di adottare pratiche agricole e di design metropolitano rigenerative per aumentare la capacità fotosintetica, migliorare l’attività biologica, costruire sistemi alimentari urbani, e coltivare cicli chiusi di sostanze nutritive di carbonio. Trasformiamo gli  impianti di depurazione in fabbriche di fertilizzante. Consideriamo il ciclo del carbonio sotteso alla vita come un modello per i progetti umani.”

Pregi e limiti di un tale ragionamento

Senza dubbio le affermazioni sono importanti in relazione alla sede in cui vengono pronunciate (e Judith Curry in questo post le definisce significativamente come “provocatorie”).

Noto comunque che il grande limite del discorso di McDonough è la totale assenza di dati quantitativi e noto anche che non emerge mai il fatto che la natura si è accorta senza che noi glie lo dicessimo che il surplus di CO2 presente in atmosfera non è un veleno ma una risorsa. Da ciò il fenomeno del “global greening” che consiste nella crescita massiccia della biomassa vegetale (naturale e coltivata) che si sta registrando negli ultimi  decenni a livello globale e che incrementa in modo massiccio il carbonio durevole. Dal “global greening” noi umani dovremmo quanto più possibile prendere esempio, assecondandolo e favorendolo.

Peregrina è poi l’idea di McDonough di utilizzare le città per produrre cibo, se non altro per il fatto che su un ettaro di frumento allo stato dell’arte e che produca 8 t di granella possono vivere per 1 anno 8000 kg * 3000 cal kg-1 /(2200*365 cal persona-1)=30 persone, per cui per produrre il cibo necessario a nutrire città da 1 milione di abitanti  che si nutrisse di soli cereali occorrono 1000000/30=33mila ettari di terreno vero, profondo almeno 80 cm e ben rifornito di luce solare, acqua e nutrienti (CO2 in primis). Se poi l’alimentazione diviene variata e vi si inserisce anche la carne, il fabbisogno in ettari aumenta considerevolmente, in quanto per produrre 1 kg di carne occorrono dai 4 ai 7 kg di granella di cereali.

Noto anche che McDonough vede l’agricoltura unicamente come un’attività atta a produrre cibo e stoccare carbonio organico nel suolo. In altri termini non traspare mai l’idea per cui l’agricoltura possa essere una parte consistente della soluzione al problema dell’incremento della CO2 atmosferica in quanto produttrice non solo di cibo (che metabolizzato dall’uomo riemette carbonio in atmosfera come CO2) ma anche di energia e di beni di consumo durevoli. Tale aspetto sarebbe invece oggi più che mai meritevole di un deciso potenziamento con l’obiettivo di  alimentare con polimeri di origine vegetale tutte le sintesi industriali che oggi si fondano sui combustibili fossili per giungere ad un futuro “verde” nel vero senso della parola.

Non sto dicendo che l’uso delle biomasse di origine agricola debba avvenire in concorrenza con la produzione di cibo; dico che un’agricoltura molto più produttiva di quella attuale potrebbe destinare i propri surplus (che nelle “annate di vacche grasse” sono rilevantissimi) a filiere non alimentari. In tal senso potrebbe anche risultare strategico lo sfruttamento razionale della biomassa dei boschi che oggi, grazie al “global greening”, sta aumentando in modo considerevole e che ad esempio nel nostro paese giace spesso inutilizzata e può essere causa di problemi anche gravi (penso agli incendi boschivi). In proposito noto che nel ragionamento di McDonough non trova spazio l’energia da biomasse che a mio avviso è un elemento importante sia la gestione dei boschi sia per la gestione dei sottoprodotti agricoli e dei rifiuti organici.

Conclusioni

Nonostante i imiti sopra evidenziati, il discorso di McDonough ha il pregio di gettare un sasso nello stagno evidenziando che solo una crescita delle conoscenze supportata da un atteggiamento culturale nuovo può contrastare con efficacia l’incremento di CO2 in atmosfera. Vedremo se tale riflessione avrà conseguenze tangibili oltre alla prevedibile levata di scudi da parte delle vestali della fiorentissima religione che vede nel carbonio il nemico.

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Published inAmbienteAttualità

12 Comments

  1. Gianluca

    Salve a tutti,
    sono un ingegnere che da un pò di tempo cerca di farsi un’idea sul global warming, e premetto che la teoria dell’influenza antropica mi lascia molto perplesso.

    Scrivo qui per la prima volta, anche se vi seguo da tanti anni, così come seguo da altrettanto tempo il sito a voi antagonista Climalteranti.it e tanti altri siti di entrambi gli schieramenti (parola brutta, ma non me ne viene in mente un’altra).

    Volevo sottoporre alla vostra attenzione (così come ho fatto anche su Climalteranti.it) alcuni recenti articoli ed eventualmente sentire un vostro parere:

    http://news.ubc.ca/2016/11/16/climate-change-may-prevent-volcanoes-from-cooling-the-planet/

    http://blogs.agu.org/geospace/2016/11/16/global-warming-reduce-volcanic-cooling-effects-climate/

    http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/2016JD025405/full

    In sostanza, questi articoli sembrerebbero voler suggerire due aspetti interessanti:

    1) che le eruzioni vulcaniche interagiscono in qualche modo con il global warming, per cui andrebbero tenute in maggior considerazione nella formulazione dei modelli;

    2) che il global warming, tutto sommato, non è forse così cattivo come sembra, ma può anzi essere utile per mitigare l’effetto eccessivamente “raffreddante” delle eruzioni vulcaniche.

    Chiedo scusa in anticipo se forse ho scritto cose troppo banali o se si tratta di argomenti già oggetto di vostre passate discussioni qui sul sito e che evidentemente potrebbero essermi sfuggite.

    Cordiali saluti

    • Guido Botteri

      Grazie Gianluca per il tuo intervento.
      Ho letto i tre articoli, che però sono tutti sullo stesso studio. Ok, la tesi è chiara, i vulcani raffredderebbero il pianeta. Che lo facciano in qualche maniera, questo è fuori dubbio, basta vedere i grafici della temperatura in corrispondenza degli avvenimenti più clamorosi, e si nota un picco negativo di temperatura che conferma questa osservazione.

      Ma dobbiamo fermarci a questa prima osservazione?
      Io farei un ragionamento più approfondito. I vulcani emettono, oltre ad aerosol, enormi quantità di gas serra.
      Ora, siamo tutti d’accordo che i gas serra contribuiscano al GW; quanto, questo è in discussione, ma certamente in una certa misura lo fanno.
      Quindi, se è vero questa tesi, che i gas serra siano tali (come dice il nome), allora non possiamo trascurare l’effetto riscaldante di questi gas serra, salvo poi a valutarne l’impatto per quantità e nel tempo.

      Non avendo dati miei, mi limito quindi a far notare come “anche” le eruzioni vulcaniche, come molti altri fattori, non danno semplici reazioni negative o positive, ma contributi di entrambi i segni, da valutare appunto nella quantità e nel tempo (visto che il loro comportamento dà effetti che variano nel tempo).

      In fondo il sistema climatico è più complesso di quanto lo immagina chi vuole semplificarlo a forza, secondo me.
      La stabilità intorno ad un punto di equilibrio si nutre di fattori positivi e fattori negativi che in qualche misura si attenuano l’un l’altro, seppur non siano perfettamente uguali.

      A me sembra che si cavalchi troppo un aspetto, dimenticando che ci sono quasi sempre aspetti diversi, che nel tempo possono dare effetti anche opposti.
      Secondo me.

    • Gianluca

      Grazie Guido per la cortese risposta, che condivido pienamente.
      Cordiali saluti

  2. Guido Botteri

    @Diego
    hai scritto
    // L’hockey stick (ancora?) è stato confermato da decine di studi successivi. //
    io vorrei capire come si fa a dire che l’hockey stick sarebbe stato confermato, quando i dati dicono il contrario.
    Tu sai, vero, (uso il tu perché così richiede la netiquette), che la parola “hockey stick” vuol dire bastone da hockey, e tale bastone ha una sua forma, piatta per tutta la lunghezza, tranne poi impennarsi vertiginosamente.
    Tu mi vieni forse a dire che Mann non intendeva dire che stavamo sulla parete praticamente verticale, e la temperatura sarebbe aumentata vertiginosamente? Mi stai dicendo che all’IPCC non si sarebbero accorti di questo allarme, e non ne avrebbero, allora, fatto l’elemento centrale proprio per suggerire che non ci sarebbe stato più tempo (che sarebbe quello che continuamente dicono ancora oggi) e che le temperature sarebbero state in aumento vertiginoso?

    Vedi forse le temperature aumentare vertiginosamente?
    Le hai forse viste aumentare vertiginosamente in questi anni?
    Se non sai come sia fatto un hockey stick, puoi andare a dare un’occhiata a questa pagina
    http://blog.icewarehouse.com/category/hockey-stick-reviews/

    A che scopo appiattire le temperature del millennio precedente, e mostrare temperature in aumento vertiginoso ai giorni d’oggi (che poi così vertiginose non sono state affatto negli anni seguenti) ?

    da wikipedia
    // The term hockey stick was coined by the climatologist Jerry D. Mahlman, to describe the pattern this showed, envisaging a graph that is relatively flat to 1900 as forming an ice hockey stick’s “shaft”, followed by a sharp increase corresponding to the “blade”.[7][8] A version of this graph was featured prominently in the 2001 IPCC Third Assessment Report (TAR), along with four other reconstructions supporting the same conclusion.[6] The graph was publicised, and became a focus of dispute for those opposed to the strengthening scientific consensus that late 20th century warmth was exceptional.[9] //

    Quindi, gentile Diego, non mi pare affatto che l’hockey stick sia stato confermato, anzi mi sembra sia stato clamorosamente smentito, dai fatti.
    Le temperature del passato non sono state così piatte, né quelle attuali sono in così vertiginosa crescita.
    Ovvero
    le temperature non hanno avuto, e non hanno, l’andamento di un hockey stick, piatte nel passato, ed ora, improvvisamente schizzate in alto.
    Secondo me.

  3. Rinaldo Sorgenti

    @ Diego:

    Ancora una volta mi sorprende questa retorica che cerca di screditare le opinioni diverse da coloro che professano la religione dell’AGW e credo proprio che la ricerca di documentazione di veri scienziati che studiano questi argomenti meriterebbe almeno altrettanto impegno di quello che viene prestato per elaborare ipotesi e scenari catastrofici.

    Tra i tanti documenti scientifici, suggerisco quindi di almeno cercare questo semplice approfondimento che forse aiuta a porsi in maniera diversa rispetto a certe ipotesi:

    ” A Guide to Understanding Global Temperature Data by Roy W. Spencer, Ph.D. ”

    Ci sono alcuni elementi e dati relativi al supposto riscaldamento degli oceani che merita davvero di essere approfondito.

    • Diego

      @Sorgenti
      Avevo letto ai tempi lo scritto di Spencer, in cui non ho però trovato riferimenti bibliografici a supporto delle affermazioni in esso contenute. Sa indicarmi qualche studio referenziato sul riscaldamento degli oceani?

  4. Diego

    Un paio di considerazioni a commento del commento di Lupicino, e una domanda finale più ampia.

    La “prova provata” dell’aumento della concentrazione è nelle variazioni della composizione isotopica della CO2.

    Il Sole non c’entra, attività solare e variazione delle temperature mostrano un andamento disgiunto. Per adesso, la spiegazione più economica, ampia e coerente è quella che ascrive l’aumento delle temperature all’aumento della concentrazione di gas serra (come fattore prevalente, vanno comunque tenute in considerazione altre modifiche alle componenti del Sistema Terra di origine antropica). Si tratta di una spiegazione provvisoriamente non falsa, e al momento di alternative valide non se ne vedono.

    Gli oceani si scaldano a causa dell’aumento dei gas serra in atmosfera, che ha incrementato la quantità di calore presente nel Sistema Terra. Incidentalmente, e senza voler considerare il processo di acidificazione in atto, gli oceani scaldandosi da pozzi rischiano di trasformarsi in sorgenti di CO2. Allora, senza ombra di dubbio, saremmo davvero nei guai.

    L’hockey stick (ancora?) è stato confermato da decine di studi successivi. Dia un’occhiata ai risultati del PAGES 2K.

    Il ciclo biogeochimico del carbonio è un ciclo, e noi lo stiamo alterando (così come peraltro stiamo facendo con quelli dell’azoto, del fosforo, solfo). Nessuno dice che l’incremento di carbonio non potrà essere assorbito, lo sarà senz’altro, con tempi che vanno dal giorno alle centinaia di migliaia di anni. Nel frattempo, le temperature saliranno, perché questo prevedono la fisica e la chimica.

    Questo riscaldamento sarà una catastrofe o aprirà le porte a un paradiso verdeggiante?

    E arrivo alla la domanda di cui all’inizio. Leggo da anni blog “scettici” e i commenti di chi ci scrive, e mi sforzo di restare aggiornato sui (pochissimi) studi di matrice scettica. Le due cose sono separate, vorrei concentrarmi solo sulla prima parte, quella cioè dei blog e dei commentatori. Quello che mi lascia perplesso è l’atteggiamento che mi pare spesso di rilevare in chi scrive, atteggiamento che provo a riassumere così: come fate a essere così sicuri che le cose andranno bene, e che senz’altro non subiremo danni dalle modifiche che stiamo apportando a tutte le componenti del Sistema Terra? Cos’è? Fiducia nella capacità di adattamento della nostra specie? Certezza sull’esistenza di meccanismi di retroazione negativa che ancora non conosciamo ma che senz’altro devono esistere? Perché nel range delle stime voi scartate sempre e comunque quella più alta? Perché invocate spesso la complessità del sistema, e scartate la possibilità che dall’interazione delle sue componenti (difficile ma non impossibile da analizzare e quantificare) non risultino fenomeni pericolosi?
    E se queste stime fossero corrette? Non dovrebbe essere parte dell’atteggiamento scettico, ammettere la possibilità che le cose potrebbero essere finanche peggiori di come le ipotizziamo, modellizziamo e immaginiamo?

    • Massimo Lupicino

      Ciao Diego, commenti molto lunghi e davvero difficili da esaurire in una discussione allegata a un post… Provo solo a risponderti su alcuni punti specifici, ringraziandoti in anticipo per il tono civile ed educato del tuo post (cosa rara, tra i post dissenzienti…).
      1) Il riscaldamento degli oceani e il rilascio di CO2 non e’ incidentale, ma e’ semplicemente espressione della legge di Raoult. Sale la temperatura, sale la fugacita’ della CO2 in fase acquosa, la CO2 passa allo stato gassoso. Questo avviene quale che sia la causa del riscaldamento.
      2) “Il sole non c’entra”. Ammiro e invidio queste certezze granitiche, ma non le condivido. Perche’ allora come spieghiamo le variazioni della temperatura su questo pianeta precedenti all”antropocene’? (termine che non so se mi procura piu’ disgusto o ilarita’) E le glaciazioni? E non si cominci con la storia che “adesso le temperature variano piu’ in fretta”, che’ il mainstream cerca sempre di svicolare dalla termodinamica (quando scomoda) chiamando in causa le cinetica…
      3) Hockey Stick: sono 25 anni che i profeti di sventura producono modelli mirabolanti che dovrebbero prevedere con precisione temperature che sono puntualmente smentite dai dati reali. E anche su questo sono comparsi innumerevoli articoli, su CM e non solo. Poi, d’incanto, i profeti in questione fanno i loro history match, pretendono di aver “tarato” i loro modelli e di essere diventati attendibili, perche’ i loro modelli adesso simulano bene il passato (e naturalmente prevedono il disastro futuro). Ricordo che fino a 2 anni fa i soloni si stracciavano le vesti perche’ non riuscivano a spiegarsi le cause di 20 anni di hiatus (altro che hockey stick!) e il modo in cui hanno “rimediato” allo hiatus grida ancora vendetta e, a mio modesto parere, ne dimostra la malafede assoluta.
      4) La nostra specie ha dimostrato nella storia di sapersi adattare molto bene ai periodi caldi associati a momenti di sviluppo sociale, culturale ed economico, e di subire particolarmente quelli freddi, contraddistinti da raccolti poveri, carestie, e malattie. Sulla base di cosa, bisognerebbe aver paura di mezzo grado in piu’? I dati relativi alle catastrofi naturali, ai cicloni, alla produzione agricola mostrano tutti trend positivi e rassicuranti in questi anni. E’ solo una conferma di quanto scritto sopra, del resto, in linea con le evidenze (opportunamente taciute) sul global greening.
      5) Sono sinceramente stufo di sentire litanie interminabili basate su modelli di previsione “bellissimi e precisissimi” quando l’evidenza della vita reale, e della storia dell’umanita’ mostrano che il caldo e l’abbondanza di CO2 sono ben lungi dall’essere un problema esiziale per l’umanita’. Se le minacce esiziali esistono, sono tuttavia legate a catastrofi naturali di ben altra natura: impatto di asteroidi, esplosione di supervulcani, o glaciazioni che in alcuni casi hanno tempi di ritorno che dovrebbero farci preoccupare molto piu’ di 0.2 o 0.4 gradi in piu. Ma purtroppo non si puo’ pretendere di controllarle, e quindi non tornano comode alle agende politiche dei salvamondo.
      In conclusione. ben lungi dal far cambiare idea a chicchessia, questa e’ la mia idea di base, e per adesso non cambia perche’ si alimenta di argomenti a mio parere convincenti, in mancanza di argomenti per me altrettanto convincenti. Ognuno e’ libero di rimanere della propria opinione, e quindi immagino e spero che chi crede nel mainstream rispetti anche coloro che si permettono di dissentire. L’aria che tira e’ molto differente, e piu’ che di liberta’ di opinione si discute di censura preventiva e di “verita’” acclarate. Parlare di “verita’ acclarate” e’ gia’ di per se’ un esercizio pericoloso in ambito scientifico. Farlo laddove, a mio parere, di verita’ ce ne sono ben poche, rischia di diventare un esercizio esclusivamente politico, ed economico.
      Ciao, e grazie ancora per il tuo intervento.

    • Luigi Mariani

      Gentile Diego, qui di seguito rispondo solo alla parte finale e più generale della sua domanda, dicendole anzitutto che non mi ritengo scettico in quanto rientro in quel 97% degli scienziati che pensano che la CO2 sia una gas serra e che quindi secondo Cook et al (2013) aderiscono alla teoria AGW.
      Sottolineo anche che la CO2 a 400 ppmv è sintomo di un’alterazione del ciclo del carbonio a livello planetario che a mio avviso è in prevalenza di origine antropica. Cercare di sanare tale squilibrio e al centro dei miei interessi come ho cercato di esprimere in questo commento.
      Il fatto poi che le cose possano andare molto peggio di quanto preventivato rientra nelle possibilità proprie di un sistema caotico come il sistema climatico del nostro pianeta, che solo negli ultimi 2 milioni di anni, in assenza dell’azione umana, ne ha viste di cotte e di crude (15 glaciazioni con altrettanti sovente torridi, innumerevoli eventi di Dansgaard–Oeschger, ecc.).
      Il fatto le cose possano andare molto peggio non esclude tuttavia che possano anche andare molto meglio e da ciò discende che non aderisco alle visioni catastrofiche oggi così diffuse e cerco il più possibile di stare ai dati. Al riguardo una cosa che mi permetto di suggerire è quella di tenere d’occhio i dati FAO 1961-2013 (dataset faostat3). Da essi emerge che la produttività globale delle 4 grandi colture che nutrono il mondo (mais, riso, frumento e soia) aumenta in modo monotono del 2-3% l’anno dal 1961 ad oggi, il che a mio avviso ci dice che la catastrofe non è a tutt’oggi in atto.

    • Alessandro

      Buongiorno Diego, premetto che il mio scopo è solo quello di cercare di capire e non di avere ragione, ed avendo dato uno sguardo ai risultati del progetto 2k ho trovato trovato che uno dei co-autori – l’italiano Mirko Severi, del dipartimento di chimica “Ugo Schiff” dell’università di Firenze – aggiunge:
      ❝Vi è stato un generale trend di raffreddamento, durato fino alla fine del IX secolo. Ha fatto eccezione il continente antartico, dove il fenomeno è stato più attenuato. In seguito il riscaldamento ha toccato tutto il pianeta. Abbiamo scoperto che i periodi più freddi corrispondo ad una diminuzione dell’attività solare e ad un aumento dell’attività vulcanica, che con l’emissione di aerosol nell’atmosfera blocca la radiazione solare. Entrambi questi fattori hanno un ruolo più importante di quanto si ritenesse.”
      Da questo ne ricavo che l’argomento necessità di essere approfondito e che rappresenta una componente importante e non solo “non falsa”.
      Mi lascia parecchio perplesso il fatto che questo studio possa rappresentare in qualche modo che l’aumento delle temperature sia legato alla componente di origine antropica e soprattutto come questo possa confermare l’hockey stick. Se le temperature sono scese in concomitanza con l’attività vulcanica(co2+aerosol), perché adesso aumentano? Non sa quanto vorrei che qualcuno spiegasse, a un profano come me, come questo complesso di fattori modificanti il clima venga irreversibilmente hackerato dal nostro intervento, ma purtroppo non riesco a trovare una spiegazione soddisfacente.
      Vorrei anche aggiungere che è giunto il momento di smetterla di parlare di scetticismo, io non sono scettico in quanto la sua opinione non è una religione e pertanto va continuamente messa in dubbio.

      Saluti

  5. Massimo Lupicino

    Grazie Luigi, bel contributo pieno di spunti di riflessione. Sono d’accordo con te su un punto, in particolare: la pretesa di “segregare” il carbonio in categorie e’ assurda in partenza, dal momento che si ammette che esista un ciclo. Se la CO2 finisce in atmosfera non e’ “per sbaglio”, ma perche’ e’ un passaggio necessario per essere assorbita e processata dalle specie vegetali. Il secondo punto critico e’ nella decisione che “la CO2 fa male”. Sarebbe un punto di partenza accettabile se ci fosse la prova provata e inconfutabile che la CO2 aumenta per via delle emissioni antropiche e non, per esempio, a causa dell’aumento delle temperature dei mari indotto da altre forzanti piu’ banali e convenzionali come il sole. Per fare un parallelo, e’ come se l’autore paragonasse la CO2 ad un prodotto farmaceutico: nella dose giusta fa bene, ma se te ne inietti un litro endovena, muori. Mi sembra una ricerca disperata di un compromesso impossibile.
    La CO2 resta il mattone essenziale della vita sulla Terra, e l’operazione (in gran parte mediatica) di trasformarla in un veleno resta fallimentare e insostenibile dal punto di vista scientifico. Tanto piu’ che se di ciclo si tratta, allora gli idrocarburi che si vanno a bruciare fanno a tutti gli effetti parte di questo ciclo, e il fatto di bruciarli accelera solamente il ciclo in questione, senza alterarlo aggiungendo elementi esterni al ciclo stesso. Ed e’ da qui che nasce il falso senso del l’urgenza: ovvero dall’invenzione originale che o interveniamo adesso o siamo rovinati, perche’ l’accelerazione del ciclo in questione non puo’ essere “assorbita” dal ciclo stesso. Chi e’ in grado di provarlo? Non mi sembra che l’hockey stick abbia fatto un figurone, per esempio.
    Infine i “rimedi”: basterebbe accelerare la componente dell’assorbimento per compensare, per esempio incoraggiando la coltivazione di terreni aridi, magari con grandi progetti infrastrutturali in grado di portare acque dove non ce ne sono (si pensi ad esempio al progetto visionario di Gheddafi che ha regalato acqua in quantita’ ad una scatola di sabbia desertica), o alla possibilita’ di dissalare l’acqua a basso costo in presenza di fonti energetiche economiche. Ma di queste cose non si parla mai, perche’ non fanno girare la macchina mangiasoldi del terrorismo climatico e perche’ del benessere e della lotta alla poverta’ non interessa realmente a nessuno.

    • Rinaldo Sorgenti

      Ringrazio Luigi Mariani che ha la capacità di analizzare le cose e riproporle nella giusta dimensione e prospettiva. Demonizzare la CO2 è un’azione che definire blasfema è poco!

      Molto lieto delle ulteriori considerazioni di Massimo Lupicino che sposo in toto.
      Purtroppo, la grancassa mediatica e superficiale, che si alimenta delle incredibili speculazioni del supposto “ambientalismo” hanno causato tali e tanti danni ed un immane sperpero di risorse che gridano vendetta all’etica ed alla morale che noi tutti dovremmo invece porre in cima alle nostre azioni per consentire che quel terzo dell’umanità che ancora vive in condizioni miserevoli nei troppi Paesi sottosviluppati del pianeta possano infine evolvere e raggiungere un minimo di benessere.

      Occorre quindi non desistere e reagire a questa barbarie che ha ubriacato le menti di tante persone che hanno ingenuamente assorbito tale retorica fuorviante che ha ingrassato molti speculatori.

      Ieri ero ad un convegno degli Amici della Terra (che stimo e seguo da lungo tempo) sull’Efficienza Energetica ed ho purtroppo dovuto sentire una relatrice fare un osceno parallelo per denigrare la CO2, al punto tale di paragonarla all’amianto! La nutrita audience del convegno, non ha fatto una piega! Mi augurerei che la non reazione fosse un atto di compassione, ma non sono proprio sicuro che questa non reazione fosse dovuta a tanta umana comprensione.
      Quando, nell’intervallo ho cercato di attirare l’attenzione con alcuni sul punto, ho trovato stupore e sorpresa non disgusto!

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