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Il Servizio Meteorologico Cinese Conferma lo Iato in Atto dai Primi Anni di Questo Secolo

Riassunto

Un’analisi condotta sul dataset termico globale 1901-2014 del servizio meteorologico Cinese evidenzia due fasi di riscaldamento inteso (1911-1930 e 1981-1997) e tre fasi stazionarie e cioè dal 1900 al 1910, dal 1940 al 1980 e dal 1998 al 2014 (fenomeno noto come hiatus).

Abstract

An analysis carried out on the global thermal dataset 1901-2014 of the China meteorological service shows two main stages of warming (1911-1930 and 1981-early 2000) and three phases of stationarity or slight decline, respectively from 1900 to 1910, 1940 to 1980 and 1998 to 2014 (phenomenon known as hiatus).

Il servizio meteorologico cinese (CMA) è impegnato da alcuni anni nella creazione un dataset globale di temperature mensili omogeneizzate (acronimo CMA GLSAT). Non c’è da stupirsi del fatto che il servizio meteorologico nazionale di un grande paese gestisca un dataset climatico globale poiché illustri esempi ci vengono ad esempio dalla Gran Bretagna (dataset gestito dall’Hadley center dell’UK Metoffice e dalla CRU della East Anglia University) o dagli Usa (dataset GHCN-V3 della NOAA e il dataset BEST dell’università di Berkeley).

Il dataset CMA GLSAT si riferisce alle temperature di superficie per le terre emerse (Land surface air temperature – LSAT) ed in esso trovano posto dati provenienti da diverse fonti (dataset australiani, canadesi, vietnamiti, coreani, russi oltre che GHCN, CRUTEM4 e BEST).

Analizzando CMA GLSAT, Sun et al. (2017) hanno pubblicato un report breve sulla rivista scientifica Science Bulletin segnalato dagli amici di WUWT tramite il post “China Met Office Confirms Global Warming Hiatus”.

A detta degli stessi autori i risultati ottenuti e che sono espressi come anomalie rispetto alla media trentennale 1961-90 non si scostano sensibilmente da quelli offerti da alte fonti (IPCC in primis) e tuttavia mi pare interessante commentare la figura tratta dal lavoro e che riassume con diagrammi e carte i trend termici a livello globale e emisferico.

In particolare il diagramma delle temperature globali dal 1900 al 2014 (figura 1c) evidenzia il riscaldamento dal 1910 al 1940 e dal 1980 ai primi anni del 2000 cui si oppongono le fasi di stazionarietà o lieve raffreddamento dal 1900 al 1910, dal 1940 al 1980 e dai primi anni 2000 ad oggi e cioè il cosiddetto iato. In forte sintonia con tale trend globale è il trend dell’emisfero nord (figura 1b) mentre l’emisfero sud (figura 1a) si scalda assai meno di quello nord e con una maggiore gradualità, il che dovrebbe essere l’effetto della mitigazione offerta dagli oceani. Peraltro si tenga conto che nell’emisfero sud le celle occupate da terre sono davvero poche per cui la rappresentatività dei loro dati rispetto al comportamento dell’emisfero è senza dubbio inferiore.

La carta del trend termico dal 1900 al 2014 (figura 1d) mostra un riscaldamento delle terre emerse estremamente omogeneo mentre la carta del trend termico dal 1979 al 2014  (figura 1e) evidenzia un riscaldamento meno omogeneo e con maggiore intensità in Groenlandia e nelle aree artiche di Canada e Siberia orientale. Si noti anche il trend positivo sensibile che interessa l’Europa, il Nord Africa e il medio Oriente. Unica zona in lieve raffreddamento appare l’areale sudamericano sopravvento alle Ande.

Figura 1 – Tale immagine è tratta dall’articolo di Sun et al. (2017)

La carta del periodo 1998-2014  infine conferma lo iato evidenziando che:

  • Il segnale di raffermamento proviene dal Pacifico e che viene trasportato sulle Americhe dalle Westerlies e su Asia e Australia dal Monsone
  • L’Artico come unica area tuttora in riscaldamento molto attivo, credo per effetto del feedback positivo esistente fra calo della copertura glaciale e aumento della temperatura dell’aria.

I dati prodotti dal servizio meteorologico cinese costituiscono dunque una sintesi interessante e molto apprezzabile anche per la concisione con cui è stato redatto l’articolo di Su net al. che è disponibile gratuitamente in rete e di cui consiglio senza dubbio la lettura.

Bibliografia

Sun X., Ren G., Xu W., Li Q., ren Y., 2017. Global land-surface air temperature change based on the new CMA GLSAT data set, Science Bulletin 62 (2017) 236–238 (http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2095927317300178).

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Published inAttualitàClimatologia

8 Comments

  1. Luigi Mariani

    Rispondo agli ultimi tre commenti (Alex, Fabrizio e Virgilio) provando a riflettere in termini modellistici sui temi da voi posti.
    Per come l’ho capita io, la fase d’intenso (e non “inteso”, grazie) riscaldamento degli anni 30 non viene simulata correttamente dai GCM in quanto tali modelli vanno sostanzialmente a CO2, le cui emissioni antropiche negli anni 30 erano assai contenute (come Virgilio e Alex fanno giustamente osservare).
    Da ciò il fatto che parametrizzare i GCM in modo da riprodurre bene gli anni 30 significherebbe poi creare un aumento eccessivo e de tutto irrealistico dagli anni 50 in avanti.
    Per questo vi sono anche a mio avviso diverse cose che non tornano nell’interpretazione dell’andamento delle temperature globali dal 1900 in avanti dato dalla teoria AGW.
    Debbo peraltro dire che il sistema climatico è molto complesso, il che significa che presenta dei ritardi di risposta o delle risposte brusche (a gradino) come quella manifestatasi dagli anni ’80 al 2000. Tali risposte non sono di per sé incompatibili con la teoria AGW ma oggi non siamo in grado di modellarle in termini meccanicistici con i GCM (dietro al gradino degli anni 80-2000 ci stanno un busco cambio di fase nella grande circolazione anulare nei due emisferi e un altrettanto brusco cambio di fase di NAO mentre dietro allo iato in atto ci sta l’inatteso raffreddamento dell’oceano Pacifico) e dunque a mio avviso costituiscono a tutti gli effetti delle eccezioni rispetto a tale teoria, al quale vede le simulazioni con i GCM come il suo principale pilastro.
    In sostanza non basta dire che la CO2 è un gas serra, rientrando così nel 97% della comunità scientifica, per essere annoverati nel gregge dei credenti nell’AGW.

  2. virgilio

    Penso che se c’è stato aumento intenso (nel testo dell’articolo è riportato “inteso” ma credo sia un refuso) della temperatura globale dal 1911 allora non può esserne responsabile l’attività industriale. Nel 1911 (a me risulta) Cina, Russia, Estremo e Medio Oriente erano a un livello socio-economico preindustriale. La Russia inizia un graduale ammodernamento non prima del 1924 (pure per la N.E.P.), la vasta Cina nel 1911 arrancava in uno stadio quasi medioevale come il resto dell’Asia, vedi India, l’arcipelago nipponico non era sufficientemente dotato delle industrie occidentali come avvenne in seguito sotto la guida USA del dopoguerra. In America solo gli USA erano avanzati, l’America dal Messico in giù andava avanti con allevamento del bestiame, agricoltura, pesca, turismo, estrazione nelle miniere come del rame… In tutto il mondo l’automobilismo stava alle prime fasi, gli aeroplani erano come quello del Barone Rosso… e mettici pure la grande crisi del ’29 che rallentò lo sviluppo delle nazioni occidentali. Invece fu a ridosso della 2° Guerra Mondiale con lo sviluppo forzato dell’URSS e l’impulso tecnologico a scopo bellico che comincia la fase della contemporanea rivoluzione industriale con “catene di montaggio” e fabbricazioni in serie. Ma la fase stazionaria del clima si presenta proprio dal ’40 all’Ottanta, ossia da quando l’industria bellica andò al massimo e poi cominciò la corsa, pur per reciproca concorrenza, delle due grandi Potenze e in Giappone accelera lo sviluppo tecnologico?! Se davvero così è mi par chiaro che l’innesco del trend planetario del Warming, ammesso che vi sia, sia ben poco imputabile all’azione antropica!

  3. Diego

    Articolo interessante, che da un lato evidenzia il ruolo sempre più rilevante della Cina anche in ambito climatologico, e dall’altro conferma quello che emerge in tutti i dataset, cioè che è in atto un riscaldamento che procede con ritmi diversi su scale decennali. Variabilità naturale e trend di fondo, what else?

    • Luigi Mariani

      Concordo con lei.
      Il tratto più saliente mi pare sia che abbiamo alle spalle la fase più acuta del riscaldamento che si è concentrata fra 1977 e primi anni 2000. Oggi siamo su un plateau rispetto al quale è difficile dire cosa accadrà nei prossimi anni. Ad esempio siamo in attesa che AMO passi in fase negativa e paiono preannunciarsi cicli solari deboli. Che effetto avranno questi due fenomeni che sono variabilità naturale? Non possiamo che attendere gli eventi.

    • Alex

      Comunque tra variabilita’ naturale e trend di fondo , siamo a circa 1C per cento anni. Inoltre l’ andamento della temperature non segue quello dell’ aumento della CO2.

      Siamo sicuri che questo trend positivo non sia soltanto il naturale recupero da un periodo anomalo di freddo (little Ice Age)?

    • … e conferma che nessun modello sinora ci ha preso.

  4. Massimo Lupicino

    Luigi, correggimi se sbaglio, ma alla fin fine i cinesi avranno adottato lo stesso database degli altri (Hadcrut immagino), che a differenza dei dati massaggiati/omogeneizzati/interpolati mostra molto bene lo hiatus. In altri termini, lo hiatus c’e’, e c’e’ poco da discutere (confermato da dati satellitari UAH e radiosondaggi per altro). I cinesi immagino si siano astenuti dai giochi di prestigio con secchi, orbite satellitari e forzanti naturali con cui si e’ cercato di ottenere l’agognato match tra modelli e dati reali.
    La cosa e’ comunque positiva: c’e’ bisogno di rompere il monopolio dell’IPCC/NOAA, e il fatto che i cinesi ci stiano lavorando e’ una buona notizia per la ricerca scientifica in generale, comunque la si pensi.

    • Luigi Mariani

      Anche se i dati di base sono in linea di massima gli stessi per tutti, vedo che i cinesi hanno attinto da varie fonti (dataset australiani, canadesi, vietnamiti, coreani, russi oltre ai dataset globali GHCN, CRUTEM4 e BEST) e infine alla rete di misura cinese, che copre un’area non indifferente delle terre emerse. A valle di tale acquisizione possono crearsi differenze rispetto ad altri dataset globali e che sono legate in particolare alle scelte progettuali in termini di:
      – controllo di qualità dei dati
      – ricostruzione dei dati errati o mancanti
      – spazializzazione del dati (da dati puntuali a dati che coprono l’intero globo).
      In ogni caso la mia impressione è che allestire e gestire un dataset globale sia oggi relativamente semplice (se vi fosse un mecenate potremmo gettarci anche noi nel’impresa…) e dunque a mio avviso il pericolo di monopolio non dovrebbe sussistere.
      Trovo poi anch’io che sia un’ottima cosa che anche i colleghi cinesi siano parte attiva nel processo di analisi delle temperature globali.

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