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Se l’alluvione è fuori stagione

Dalla newsletter quotidiana di Science Daily arriva la notizia della pubblicazione di un lavoro interessante, sebbene si possa arrivare ad apprezzarne i contenuti solo dopo essersi sorbiti un bel po’ della solita retorica del clima che cambia, titolo e abstract compresi. Un lavoro che suscita anche qualche perplessità…

Changing climate shifts timing of European floods

Già molte volte sulle nostre pagine abbiamo ricordato ad un certo pubblico con molto attivismo e poca memoria, che lo stato dell’arte delle attuali conoscenze non consente di stabilire se ci sia un nesso tra il trend positivo delle temperature globali e gli eventi atmosferici estremi, di cui certamente le alluvioni sono uno degli effetti più dirompenti. Né, ovviamente, hanno trovato sin qui adeguata verifica o conferma le proiezioni che questi eventi li vedrebbero aumentare sia per frequenza che per intensità, anzi.

Il problema è nei dati, che sono scarsi e poco affidabili e suggerirebbero prudenza, ma è anche nel livello di conoscenza dei meccanismi che mettono in comunicazione le diverse scale temporali a ci agisce il sistema, quella climatica e quella del tempo meteorologico. Sicché questo folto gruppo di ricercatori (oltre 30), ha pensato di guardare al problema da un’altra prospettiva, andando ad investigare non gli aspetti quantitativi – come e quanto – degli eventi alluvionali, quanto piuttosto “quando”.

Nell’ambito delle importanti differenze del clima europeo, che va comunque dal tipo glaciale al tipo mediterraneo, gli eventi alluvionali, se analizzati nel loro complesso, sono connessi a periodi stagionali diversi ed a cause diverse da zona a zona. In alcune aree gioca un ruolo determinante lo scioglimento delle nevi invernali, in altre l’insorgenza delle perturbazioni, in altre ancora l’umidità del suolo, tutti fattori questi che naturalmente sono soggetti a dinamiche che subiscono variazioni a tutte le scale temporali, anche quindi nel lungo periodo.

Accade così che mettendo in relazione le date di occorrenza degli eventi alluvionali e l’eventuale trend di anticipazione o ritardo con le serie relative a questi fattori, si possono ipotizzare delle connessioni con il trend climatico in senso più generale. Qui sotto la Fig. 1 del lavoro in questione, che mette in evidenza le zone dove le date medie di occorrenza degli eventi alluvionali hanno subito un ritardo o un’anticipazione.

Nonostante la discussione spieghi abbastanza chiaramente le deduzioni fatte in termini di attribuzione, la situazione appare a prima vista un po’ confusa e di difficile interpretazione, specie riducendo la scala spaziale. In Italia, ad esempio, fissate le stagioni in cui arrivano la maggior parte delle alluvioni, ci sarebbe un trend di anticipazione della data media di occorrenza per il nord-ovest, per le isole maggiori e per l’alto e medio Tirreno, mentre ci sarebbe un posticipo per il nord-est e per il meridione peninsulare. Una differenza di comportamento non banale. Ed è però qui che l’articolo si fa interessante, sebbene opinabile, perché nella loro analisi gli autori hanno focalizzato l’attenzione su 6 hot spot in cui i trend temporali (positivi o negativi) sono più evidenti, ed uno di questi è l’alto Adriatico. Per gli autori la ragione di questo shift in avanti dell’occorrenza delle alluvioni tra i Balcani e l’est della Penisola potrebbe essere in uno spostamento verso sud della stormtrack, cioè della fascia latitudinale dove scorrono le perturbazioni, per effetto degli eventi a mesoscala che queste innescano. Quel che mi sfugge, tuttavia, è come possa questo aver causato anche un’anticipazione delle alluvioni sul versante ovest del nostro Paese, che è notoriamente molto più esposto agli eventi a mesoscala originati dai flussi atlantici di cui parlano proprio gli autori. In sostanza si parla di NAO (North Atlantic Oscillation) e di distribuzione della massa atmosferica, ma a prima vista i conti non tornano, almeno per l’Italia.

Ma, c’è di più. Concentrandosi su di un altro hot spot, La Norvegia, gli autori individuano come fattore di origine del trend rilevato proprio l’evoluzione della NAO, che avrebbe subito una modifica a partire dagli anni ’80, attribuendone però l’origine piuttosto vagamente al riscaldamento dell’Artico e trascurando di ricordare che proprio in quegli anni, per effetto dei cambiamenti di fase delle oscillazioni multidecadali sia dell’Atlantico che del Pacifico, si ebbe quello che viene definito lo shift climatico, ossia un notevole cambiamento nei regimi circolatori europei. In sostanza, se un cambiamento c’è stato, l’origine è ben più complessa e articolata di quanto non spieghi un non meglio specificato cambiamento climatico da riscaldamento globale…

Infine, dal momento che dalla rappresentazione grafica che gli autori fanno dei trend se ne percepiscono solo l’ampiezza e la componente lineare, partendo dai dati che dovrebbero aver messo a disposizione sarebbe interessante investigare sulla presenza di eventuali discontinuità nelle serie, magari proprio con riferimento agli anni ’80. So che ci sono dei lettori di CM che potrebbero raccogliere l’invito… aspettiamo 😉

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Published inAttualitàClimatologia

10 Comments

  1. Luigi Mariani

    Caro Guido, grazie per la segnalazione.
    Articolo interessante e in particolare mi pare molto bella la figura 3 che riporta una climatologia delle date medie degli eventi alluvionali sull’intero areale europeo (non ricordo di aver mai visto una figura analoga).
    Alcune note critiche:
    1. visto che da che mondo è mondo la climatologia lavora su decadi o loro multipli o sottomultipli, come mai qui si lavora sul periodo 1960-2010 e non il 1961-2010? Si saranno accorti i 58 autori che stavano lavorando su 51 anni? (parrebbe di no, perchè in tutto l’articolo continuano a parlare di 50 anni)
    2. lo spostamento del timing delle alluvioni porterà anche qualche beneficio, immagino. Invece no, solo danni (“If the trends in flood timing continue, consid-
    erable economic and environmental consequences
    may arise, because societies and ecosystems have
    adapted to the average within-year timing of
    floods.”). Deduco dunque che evidentemente, prima dell’avvento dell’AGW, si vivesse nel “migliore dei mondi possibili” anche se alcuni (es. alluvionati del Polesine del 1951, di Firenze del 1969 o di Genova del 1970) non se n’erano accorti
    3. analizzare lo spostamento del timing delle alluvioni, che come mostra la figura 1 ha fortissime radici nella mesoscala, usando l’indice NAO è come sparare ai passeri con il fucile da elefanti. Anche a mio avviso temperature del mare e storm tracks (e,aggiungo io, tipi di tempo a mesoscala) potrebbero dare risultati molto più appaganti.
    Ciao.
    Luigi

    • DarioC

      Firenze del 1969 —–>1966 (??!??)

  2. Ho provato a guardare i dati di precipitazione del Sahel postati da Alessandro.
    Nella figura che accludo (il pdf che si può ingrandire è a
    http://www.zafzaf.it/clima/sahel.pdf ) si vede bene che nel 1970 inizia una lenta diminuzione dell’anomalia che passa da positiva a negativa e culmina nel 1985-86. Da questa data riprende una salita che non ha ancora (a metà del 2016) recuperato i valori che aveva negli anni ’50. Lo spettro non mostra particolari periodicità, a parte quella a 12 mesi che si vede benissimo anche nella funzione di autocorrelazione (acf)
    http://www.zafzaf.it/clima/sahel-acf.pdf : il periodo che sembra più significativo è quello a 29-30 anni ma non è molto netto e a me non dice quasi nulla (non so, forse un semi periodo di NAO ma siamo un po’ fuori dal Nord Atlantico), anche se la lentezza dell’oscillazione fa proprio pensare a
    grandi fluttuazioni atmosferiche o meglio oceaniche in grado di influenzare il regime delle piogge. Franco

    Immagine allegata

    • In realtà la diminuzione inizia dal massimo degli anni ’50 e nel 1970 c’è un brusco salto (sembra un vero e proprio break point, con la situazione “dopo” diversa da quella “prima”) che conduce al minimo del 1985-86 da cui inizia la risalita.

  3. Alessandro

    Ho controllato la serie storica di precipitazioni dal 1916 ad oggi. La pioggia più copiosa in 24 ore è avvenuta nel 1° settembre 1965 con 150 mm e dal 31 agosto 1965 al 3 settembre 1965 sono stati i 4 gg consecutivi più piovosi.
    E’ l’alluvione fuori stagione che colpì Prima Porta Roma Nord e Latisana in Friuli Venezia Giulia.

  4. Guido, te la butto lì….

    devi guardare la temperatura del mare….

    Partendo dal nord-ovest dell’Europa,… l’Irlanda subisce il raffreddamento periodico (ogni 15 giorni) dovuto alla Corrente del Labrador che si scontra con quella del Golfo. Il freddo si accumula prima a largo di Terranova finché ad avere la meglio è la Corrente del Labrador. Poi, quando prende il sopravvento la CdG, il freddoviene redistribuito in giro per l’Atlantico. E l’Irlanda è la prima a raffreddarsi.

    Tutte le coste del Mare del Nord, quindi Gran Bretagna e Norvegia, risentono invece del flusso freddo della Corrente Orientale della Groenlandia (non mi ricordo il nome preciso).
    La Svezia, invece, è “riscaldata” da mare “chiuso” Baltico.
    Il Portogallo è notoriamente caldo, mentre la zona del nord-est della Spagna, risente dell’imponente presenza dei Pirenei e delle lande semi-desertiche del nord della Spagna.
    L’Italia tirrenica è immersa in un mare abbastanza caldo, specialmente quello ligure… mentre la parte adriatica, risente della presenza dei vicini Balcani… notoriamente molto più freddi. L’adriatico, da Ancona in su, è un mare molto poco profondo, pertanto si scalda subito in estate, ma si raffredda anche molto velocemente.
    La parte centrale europea è invece molto boscosa.. e questo consente alla vegetazione ivi presente di garantire una certa umidità dell’aria che mitiga notevolmente le temperature.

    Vista in questo modo, la mappa risulta quindi molto più “completa”, almeno secondo me…
    Bisognerebbe vedere comunque, anche il “quantitativo”…

  5. Alessandro

    Se si guarda ai tropici più vicini all’Europa abbiamo già fatto presente come gli inizi degli anni’80 le precipitazioni in Sahel abbiano evidenziato un periodo di discontinuità corrisposto a forti anomalie negative mai registrati nella serie che parte dal 1900 sia per continuità che per intensità:
    http://research.jisao.washington.edu/data_sets/sahel/
    Dal 2015 ad oggi sembra che si stia osservando un periodo di tre anni di seguito di anomalie positive precipitative su Sahel che mancava dagli anni ’60.

  6. So che ci sono dei lettori di CM che potrebbero raccogliere l’invito… aspettiamo
    Guido, uno di quei lettori potrei essere io: sto completando un post che cerca un break point negli anni ’80 (più o meno reale, nel senso che dopo il cambiamento si può recuperare la situazione precedente; quindi non un vero BP ma, come dire, un colpo di tosse) nei dati di livello del mare di 23 stazioni mediterranee.
    Ho cercato nell’articolo di Blöschl et al,,2017 i dati che avrebbero dovuto mettere a disposizione ma non li ho trovati. Uno degli autori è di un dipartimento di ingegneria di Bologna: proverò a telefonare (non in questi giorni) per capire se i dati sono disponibili. Ciao. Franco

  7. robertok06

    Buongiorno:

    chiunque fosse interessato ad avere una copia dell’articolo e del “supplementary material” non ha che da chiedermelo… e-mail: molflow@gmail.com

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