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Sillogismi Pericolosi

Qualche mese fa avevamo dedicato un articolo alla resurrezione dell’agricoltura russa seguita alle sanzioni imposte dall’Europa a seguito della rivoluzione ucraina del Febbraio 2014. Una equazione, quella tra l’imposizione delle sanzioni e il rilancio della produzione agricola russa, che aveva trovato spazio anche su testate non propriamente complottiste o russofile, come il Financial Times. A distanza di tempo la stessa notizia viene trattata, finalmente, anche dalla carta stampata nostrana, ma a modo suo naturalmente. È La Stampa ad informarci, con un mirabile articolo, che l’incremento della produzione agricola russa è dovuto, sorpresa delle sorprese al… (rullo di tamburi) Global Warming!!!

Ma andiamo a guardare nel merito, che l’articolo è particolarmente ricco di spunti…

Questione di Sillogismi

La Stampa, dopo essersi distinta recentemente per una doppietta imbarazzante di articoli in cui si sostiene (in soldoni) che il presunto disastro climatico dell’Artico fa felice la Russia perché può mandare le “petroliere” a insozzare il Polo Nord e per giunta senza rompighiaccio, adesso ci informa che il global warming fa felice la Russia perché fa aumentare magicamente la produzione di cereali. In soldoni, questo global warming fa proprio schifo, è la causa di ogni male e ad approfittarsene, in modo vile e subdolo, pare di capire sia solo la Russia, per altro artefice dello stesso climate change perché produce tanto gas naturale.

Sicuramente mi sbaglio, probabilmente perché ho letto troppo Orwell e ho guardato troppi B-movie come Essi Vivono di Carpenter, ma a me questo modo di presentare certe informazioni fa venire in mente una forma sottile quanto elementare di influenza esercitata sul lettore: l’uso di un sillogismo implicito che con riferimento ad articoli come questo si può riassumere volgarmente in questi termini:

  • Il Global Warming fa schifo.
  • La Russia beneficia del Global Warming (solo lei).
  • La Russia fa schifo.

Di certo ognuno deve essere libero di proporre (o di intravedere) i sillogismi che vuole. Quello che però mi interessa sottolineare in questa sede è il modo in cui la tematica del Global Warming viene ficcata in qualsiasi questione in modo talvolta assolutamente pretestuoso e con esiti francamente grotteschi.

Cosa c’entra il Global Warming?

L’articolo in questione sgombra il campo da fraintendimenti fin nel titolo, come è giusto che sia quando un fatto è evidente in tutta la sua essenza: “Il riscaldamento globale trasforma la Russia in superpotenza agricola” – Sottotitolo: “Clima più mite, le terre del Nord diventano campi di grano”.

L’articolo, nello snocciolare dati sui recentissimi record di produzione cerealicola russa, si fa una domanda e si da una risposta, alla Marzullo: “Ma cosa ha provocato questo boom delle esportazioni di frumento russo? Innanzitutto il riscaldamento globale”. Affermazione che lascia francamente increduli per la sua enormità, tanto più che per corroborarla si fa riferimento ad un non meglio precisato aumento di temperatura di quasi 2 gradi delle aree coltivate in questione rispetto al 1980 e addirittura a 3.9 gradi di aumento previsti per il 2050 (tutti a nuotare nel delta dell’Ob). Si danno i numeri, come al solito, sulla base di quegli stessi modelli climatici che non ne hanno azzeccata una nemmeno per sbaglio, al netto delle famigerate “omogeneizzazioni” a babbo morto.

Ma anche volendo far finta di credere a quei numeri, facciamo un esercizio banale che qualsiasi giornalista dovrebbe fare, a fronte di dichiarazioni così perentorie: prendiamo uno straccio di grafico e proviamo a commentarlo. In Fig. 1 (Fonte) si mostra la produzione totale russa di cereali e quella di grano. Particolarmente significativa la produzione totale, che mostra un andamento sostanzialmente costante negli ultimi 25 anni. Ché l’informazione più interessante che ci dà questo grafico è proprio che la produzione cerealicola odierna si è appena riportata agli stessi livelli del picco di 25 anni fa. Come questo si concili con la narrativa che “la produzione aumenta per colpa del Global Warming” lo sa solo il Padreterno. E La Stampa, naturalmente.

Eppure esistono spiegazioni assolutamente ovvie al grafico in Fig.1. Tra il 1991 e il 1992 Eltsin prende il potere sulle rovine fumanti del fu impero sovietico, e lo trascina in una crisi catastrofica che trova la sua conclusione nel default finanziario del 1998 e nel defenestramento dello stesso presidente. Non a caso il 1998 è proprio l’anno in cui si raggiunge la produzione minima di cereali: quei 50 milioni scarsi di tonnellate che rappresentano meno della metà della produzione di 8 anni prima. E di quella di oggi.

Fig. 1. Produzione di cereali e di grano in Russia.

 

Un trend appena più significativo si può invece riscontrare con riferimento alla sola produzione di grano, e con un aumento che nella sua quasi totalità si è concentrato negli ultimi 5 anni (Fig.2). Anni di global warming feroce? Ipotesi evidentemente ridicola, anche perché specularmente bisognerebbe concludere che tra il 2008 e il 2013 si è avuta una mini-era glaciale. Forse varrebbe la pena invece puntare l’attenzione sulle recenti politiche agricole di rinnovamento tecnologico e sull’accesso facilitato alla terra per la piccola proprietà privata, ma si rischierebbe di far passare il messaggio pericolosissimo ed eversivo che ci sia la mano del governo russo dietro a questa “rinascita”, non sia mai. Così come potrebbe avere un senso citare l’effetto-volano seguito all’introduzione delle sanzioni UE nel 2014, ma anche questo è assolutamente disfunzionale alla narrativa.

Fig. 2. Produzione, domanda ed export di grano (Fonte)

Affermazioni opinabili

L’articolo in questione, tra l’altro, contiene una sequenza di affermazioni alcune delle quali assolutamente condivisibili: che il crollo del rublo, per esempio, abbia favorito le esportazioni russe è del tutto ovvio, specularmente al fatto che la forza dell’euro sta contribuendo a distruggere la manifattura italiana, per esempio. Molto meno ovvia, invece, la tesi che l’inflazione sia stata causata proprio dalle sanzioni europee: una tesi a dir poco spericolata visto che l’aumento di produzione interna e il ricorso a prodotti meno pregiati ha un effetto deflattivo, e non inflattivo. E soprattutto in considerazione del fatto che il crollo di una valuta è causa diretta e immediata di inflazione, ben più del divieto di importare Camembert.

Altra affermazione incomprensibile è che il Climate Change stia favorendo la Russia sui produttori americani e australiani che “soffrono sempre di più la mancanza d’acqua”. In realtà la mancanza d’acqua è uno dei problemi maggiori proprio per l’agricoltura russa, e non mi pare che gli scenari prospettati dai modelli climatici ultra-fallimentari a cui si fa riferimento nell’articolo parlino di grande abbondanza di precipitazioni nei prossimi decenni sulle steppe asiatiche, anzi.

Benedette fonti

È interessante notare come l’articolo de La Stampa si ispiri (eufemismo) ad un altro pezzo uscito pochi giorni prima su Bloomberg (leggere per credere). Un articolo dai toni violentemente russofobi, al punto da meritare un disclaimer con cui lo stesso Bloomberg, colonna portante dell’informazione liberal mondiale, prende le distanze dai contenuti del pezzo in questione, a nome della redazione e della proprietà stessa. La cosa non sorprenderebbe, se si facesse il grande sforzo di leggere il nome dell’autore, in calce allo stesso articolo: quel Leonid Bershidsky che ama caratterizzarsi come militante anti-putiniano, esule per sua scelta in polemica con il governo russo e attivissimo nel settore dell’informazione… in Ucraina. Non propriamente il profilo del giornalista obbiettivo quando si parla di Russia, diciamo.

Una cosa sia ben chiara: che un giornale abbia una linea editoriale filorussa o russofoba piuttosto che francofila è perfettamente legittimo, anzi sacrosanto laddove esiste la libertà di informazione e di opinione. Il giudizio finale, del resto, spetta solo al lettore, e se la linea editoriale di un giornale è gradita ai suoi lettori i risultati verranno di conseguenza, come è nelle regole del mercato. È però altrettanto lecito chiedersi che valore giornalistico abbia un pezzo che pesca a piene mani da un articolo evidentemente “op-ed”, a firma di un militante politico dichiarato, che a sua volta spiattella numeri e sentenze non supportati da nulla, e dal quale la testata stessa che lo ospita prende a sua volta elegantemente le distanze.

Una vera ossessione

Quello che comunque fa veramente specie è l’ossessione che certa stampa mainstream nutre per il Global Warming. Viene da chiedersi da dove venga questa esigenza improrogabile e invincibile di associare qualsiasi evento più o meno infausto o sgradito alla narrativa del Climate Change. Il risultato di questa ossessione è in larga parte controproducente, nel momento in cui basta mettere quattro numeri in fila o quattro pensieri in ordine per ricondurlo al suo rango di pura e semplice fake news, e anche di basso livello.

Anche perché chi di sillogismo ferisce, di sillogismo rischia di perire. Per esempio, a puro titolo accademico e senza riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti, avrebbe un senso guardarsi da sillogismi di ritorno come questo:

  • Il Global Warming è una gigantesca bufala nel modo in cui viene raccontato.
  • Il giornale XYZ parla di Global Warming dalla mattina alla sera, quasi sempre a sproposito.
  • Il giornale XYZ è un bufalaro.

———————————————————

Ah, dimenticavo, un disclaimer ce l’avrei anche io. Non faccio che sostenere di non leggere stampa mainstream e poi mi ritrovo a commentare continuamente perle come questa. A mia discolpa va detto che questo articolo l’ho raccattato attraverso Sputnik. Come a dire che per quanto uno provi a prendere le distanze da certa informazione, è comunque al mainstream che tocca tornare. Non sarà per caso, che si chiama Mainstream…

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Published inAmbienteAttualitàMedia Monitor

14 Comments

  1. Francesco Troia

    “Quello che comunque fa veramente specie è l’ossessione che certa stampa mainstream nutre per…..”Putin! Sempre sulla Stampa, ieri si poteva leggere un articolo incentrato sulle mani che Putin potrebbe mettere sulle elezioni tedesche attraverso la manipolazione dei “russo-tedeschi” giunti in Germania nel subito dopoguerra e dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, giocando sull’equivoco per cui si sarebbe indotti a credere che si tratti di russi-quinta-colonna-in-Germania. Alla giornalista sarebbe bastato dare una distratta occhiata su internet per sapere sommi capi qualcosa sulla storia della migrazione tedesca in Russia, sui tedeschi del Volga e del loro mesto ritorno, nella Germania post bellica. E qui si sarebbe dovuta imbattere in quel personaggio che corrisponde alla Grande Caterina, tedesca per nascita, che dopo aver preso il posto del marito nella guida dell’impero zarista, si attivò moltissimo per colonizzare terre semi desertiche e spopolate corrispondenti alla attuale sud est dell’Ucraina e la regione del basso Volga. Vennero così attirati, tra le masse di contadini russi, tedeschi (fondazione di città e sviluppo del basso Volga, dei distretti minerari del Donbass e della città di Donetsk) e anche italiani (fondazione e sviluppo di Odessa, ecc ecc). Cavolo, però, la giornalista avrebbe scoperto “per caso” e forse compreso il vero e unico motivo per cui negli attuali confini dell’Ucraina circa la metà della gente non è filo-russa….è soltanto russa!Tutto può servire allo scopo di demonizzare la Russia di oggi, anche castronerie artatamente costruite per individuare il nemico da abbattere. Tornando ai “russo tedeschi”, erano tedeschi 250 anni fa e restano tedeschi (solo pochi vecchi infatti conoscono ancora il russo) anche oggi nella loro madrepatria. Voteranno quel che voteranno (speriamo non estrema destra) con buona pace della Stampa. Quello che la Russia, con tutti i limiti di una democrazia arretrata ed imperfetta, cerca di fare è uscire dal ghetto nel quale è stata costretta dalle sanzioni imposte dai diffusori di democrazia avanzata nel mondo. Sanzioni che siamo stati costretti ad imporre anche noi europei ragionevoli che però non hanno avuto la forza di contrastare. Quanto al Global Warming, produzioni agricole e affini…. a mio modesto parere quel che è accaduto è semplicemente il risultato della perseveranza nell’attuare politiche agricole coerenti con obbiettivi prefissati. Ciao e ancora complimenti per l’articolo, Franco

    • Massimo Lupicino

      Ciao Franco, grazie per l’intervento. Ho letto quell’articolo purtroppo. Un articolo che mi e’ suonato volgare, basso, profondamente razzista, livido di una propaganda “di guerra” che non si conosceva sulla stampa italiana da decenni. Se invece di parlare di “russi” si fosse parlato di qualsiasi altra popolazione o etnia ci sarebbe stata una levata di scudi del politically correct. Non si capisce davvero il filo logico dietro un articolo del genere. Tranne quello dell’insulto rozzo e volgare. Tranne che se “voti male” allora lo fai perche’ sei servo sciocco e inconsapevole di poteri occulti.
      Dietro ad articoli come questo c’e’ una considerazione dell’elettore e della democrazia in generale davvero preoccupante. Sembra che il suffragio universale per certi ambienti radical chic sia una gentile concessione, a patto che voti per loro. Altrimenti sei un pirla e sei anche servo del cattivone di turno. Contenti loro.
      Anni fa avevo la home de La Stampa come home del mio browser internet. Da due anni a questa parte e’ diventato un giornale a mio parere imbarazzante per chi lo legge forse solo al pari di chi ci scrive.
      Quanto al sottoscritto, ho indovinato la Russia negli anni attraverso la lettura dei grandi classici: le notti bianche di San Pietroburgo, i dialoghi dei Demoni di Dostoevskij, e poi Tolstoj, Chekhov e tanto tanto altro. Una visione romanzata evidentemente che non puo’ rispecchiare gli enormi problemi che il Paese ancora ha, e di cui non si e’ mai veramente liberato. Ma questa per lo meno e’ la “mia” russia.
      Poi c’e’ la russia dei salotti buoni, quelli che avevano il ritratto di stalin in salotto, e che si compiacevano al cospetto dei 30 milioni di morti nei gulag, magari per costruire le “autostrade delle ossa” in siberia: morti per una “buona causa”, nell’opinione di quegli stessi salotti. Quegli stessi salotti, oggi, non perdonano alla Russia di aver abbandonato “la retta via” nichilista per rifugiarsi nella riscoperta del proprio passato culturale e religioso. Non gliela perdonano perche’ e’ esattamente l’opposto di quello che predicano in Europa occidentale e non solo.
      E allora tanto vale leggersi qualche grande classico dell’800 piuttosto che articoli volgari come quello che hai citato. Non saranno “attuali”, ma almeno ci ricordano quello che vogliono che ci dimentichiamo: ovvero da dove veniamo. Che volenti o nolenti la Russia occidentale e’ Europa, e i nostri destini, nel bene e nel male sono sempre stati comuni e condivisi.

  2. donato b.

    Approfitto dell’intervento di A. Beretta per una piccola digressione a proposito dei sillogismi.
    Il sillogismo aristotelico può essere considerato il primo serio tentativo di dimostrare una tesi partendo da un’ipotesi vera che poi è la quintessenza del metodo ipotetico deduttivo alla base del pensiero matematico moderno. Da un punto di vista storico il metodo ipotetico deduttivo, posteriore al sillogismo aristotelico, ebbe il suo periodo di massimo sviluppo in epoca ellenistica, quando fu posto a base di tutta la costruzione di quella che possiamo considerare la prima rivoluzione scientifica.
    Il metodo ipotetico deduttivo rappresenta il nucleo concettuale alla base del metodo scientifico-sperimentale in quanto anche in questo caso dopo aver formulato un’ipotesi la sottoponiamo a verifica sperimentale e solo se gli esiti sono positivi, quell’ipotesi diventa legge scientifica. E lo resta sino a prova contraria.
    Molti di quelli che oggi straparlano di “settled science” hanno, probabilmente, dimenticato le basi del metodo scientifico sperimentale e, probabilmente, anche il metodo ipotetico deduttivo a vantaggio del sillogismo dialettico.
    Ciao, Donato.

    • Massimo Lupicino

      Grazie Donato e Andrea per i vostri interventi, avete decisamente alzato il livello della discussione rispetto ad un articolo di ben piu’ modeste pretese… 🙂

  3. Andrea Beretta

    Caro Massimo
    approfitto, forse andando un po’ fuori tema, per precisare che il sillogismo, così come lo hai bene descritto tu, è un’invenzione di Aristotele. Tuttavia, Aristotele nei suoi “Topici” distingue i sillogismi apodittici, cioè quelli derivanti da premesse vere, e che conducono alla conoscenza certa, dai sillogismi dialettici, cioè quelli basati sull’opinione: il primo sillogismo che tu porti ad esempio è certamente del secondo tipo. Comunque Aristotele, 2500 anni (quasi) fa si era preoccupato, inventando i sillogismi, di mettere dei confini e dei distinguo per scongiurare l’abuso dei sillogismi dialettici e quindi la diffusione di quelle che oggi chiameremmo “fake news”. Quelle per intenderci che portano a dire: “le emissioni di gas serra provocano il riscaldamento. L’uomo emette gas serra. L’uomo provoca il riscaldamento”. Davanti a un sillogismo del genere il più grande filosofo dell’occidente si sarebbe probabilmente scandalizzato. E però, il nostro mondo non può che aborrire un pensiero, quello aristotelico, che cerca la verità non basata sull’opinione: e non è un caso che Aristotele sia praticamente bandito dalla mentalità moderna, a vantaggio dell’opinione. Mi scuso per il fuori tema, ma il titolo mi sembrava adatto a una digressione un po’ sui generis.

    • Massimo Lupicino

      Caro Andrea, non e’ un fuori tema, e’ perfettamente calzante invece.
      Queste riflessioni mi fanno concludere talvolta che 2000 e passa anni sono passati invano. Abbiamo una tecnologia sempre piu’ sofisticata (e invadente) ma i fondamenti della civilta’ occidentale li abbiamo messi sotto i piedi, a partire da principi basilari come il socratico “so di non sapere”, il cui contraltare perfetto e’ l’orrenda, ignorante e scandalosa espressione “scienza settled”, a tappare la bocca di chi dissente dalla narrativa.
      Non che sia una novita’: il pensiero dominante si avvicina moltissimo a quello della caccia alle streghe, o alle utopie mortifere del nazismo e del comunismo. La ricerca di un male comune a cui addebitare qualsiasi nefandezza, il rifiuto di pensare fuori dagli schemi, la persecuzione di qualsiasi pensiero alternativo, l’insulto personale e l’ingiuria come arma di difesa preventiva. Ci crediamo migliori di chi ci ha preceduto, invece siamo esattamente uguali, in tutte le nostre debolezze, fragilita’, ridicole pretese di avere la verita’ in tasca, ambizioni smisurate di potere e di controllo sugli altri.
      Siamo pur sempre quelli che hanno propinato la cicuta allo stesso Socrate, e che nell’incertezza su chi salvare tra Gesu’ e Barabba hanno scelto Barabba. Questi siamo: cacciatori di streghe, inventori di mondi e utopie assurdi e impossibili e guardiani di rivoluzioni sgangherate. Ma con lo smartphone.

  4. A de Orleans-B.

    Le produzioni annuali di cereali in Canada, alle stesse latitudini, mostrano un analogo “favoreggiamento da ricaldamento climatico” rispetto a quelle russe?

    • Massimo Lupicino

      Ottima osservazione. Naturalmente si, tanto piu’ che il Canada e’ uno dei maggiori produttori mondiali di cereali (piu’ o meno la meta’ della produzione russa mi sembra di ricordare). Tra l’altro, nell’articolo “originale”, quello di Bloomberg, Bershidsky arriva a sostenere che la Russia si avvantaggia proprio sul Canada perche’ a causa del climate change il Canada soffre per la penuria di acqua. Siamo al capovolgimento di qualsiasi fondamento di buon senso e di conoscenza basilare di clima e geografia. Si vede che e’ “esperto di media” il tipo… 😉

    • luigi mariani

      Qualora vi occorressero dati di resa unitaria (t/ha) o produzioni dei singoli paesi (o di continenti o del mondo intero) per le diverse colture potete utilizzare i dati presenti sull’apposito della fao: http://www.fao.org/faostat/en/#home che sono agiornati al 2014. Lì trovate anche moltissime altre statistiche (% di sottonutriti, arativi, ecc.).
      Dati produttivi analoghi ma ottenuti applicando metodologie diverse da quelle FAO li trovate sul sito dell’USDA.

  5. Luigi Mariani

    Massimo,
    in effetti limitazione termica e idrica sono due fattori chiave per rendere ragione della produttività dei cereali, specie in climi continentali come quello russo in cui, come giustamente dici tu, piove davvero poco, perché l’aria umida arriva dagli oceani e gli oceani sono terribilmente lontani. Al riguardo ricordo i modelli empirici russi di produzione del frumento presenti nella vecchia “Guide to agrometeorological practices” del WMO (edizione 1983) che per stimare le rese del grano davano peso alle temperature e alle precipitazioni primaverili.
    Un ulteriore elemento che ha un peso sensibile sono i livelli di CO2 atmosferica che, a parità di limitazione termica e idrica, determinano oggi un incremento delle rese del 30% rispetto al periodo pre-industriale.
    A tutto questo va poi aggiunto l’aspetto economico che ovviamente la fa da padrone e qui io non sono un economista ma credo che le sanzioni abbiano giocato un grosso ruolo di stimolo alla produzione agricola interna, in un paese che ha estensioni enormi pochissimo sfruttate Per lo meno questa fu la mia impressione viaggiando in treno da Mosca a San Pietroburgo.
    Pertanto affrontare il problema in termini di GW è assai parziale ma risponde a mio avviso ad una logica di tipo riduzionistico, utile a evitare di “far pensare il popolo” ponendogli problemi troppo complessi … e ciò perché (banale fin che vuoi…) se la politica è l’arte di conquistare e conservare il potere, chi di potere se ne intende sa benissimo che quando la gente inizia a pensare con la propria testa prima o poi ti fà le scarpe. Per questo il main stream , un pò come donna Prassede, lavora utilizzando sempre i soliti quattro concetti e declinandoceli in tutte le salse, il che è anzitutto una “palla” mortale: sono da tempo convinto che prima che di GW moriremo tutti di noia!
    Ciao.
    Luigi

    • Massimo Lupicino

      Luigi, sottoscrivo il tuo pensiero rigo per rigo. E mi dispiace non aver citato l’effetto della CO2 sul global greening e sulla maggiore resa dei raccolti, argomento veramente fondamentale. Lasciami dire che la citazione di Donna Prassede e’ favolosa. Chapeau 🙂

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