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Il Golem serrista

Golem: creatura animata, artificiale, creata dall’uomo a partire da sostanze inerti, inanimate. Fondamentalmente senza una coscienza di sè, atta a eseguire gli ordini nel loro senso più letterale. Spesso, se mal comandata, si ritorce contro il proprio creatore.

Quando qualche decennio fa, alcune elites decisero di sposare la causa ambientale per portare avanti altri obiettivi e raggiungere ben altri traguardi, ebbe inizio la costruzione del Golem serrista. Come tutte le forzature o come le verità poco convenienti e vendute per assolute, però, prima o poi cominciano a incrinarsi.  Se dal punto di vista fisico il riscaldamento globale è ancora scientificamente da dimostrare e spiegare inequivocabilmente (non ci basta la debole motivazione di chi sostiene l’AGW che non si potrà mai arrivare ad una prova certa e quindi dobbiamo compiere un atto di fede), dal punto di vista economico dopo una iniziale infatuazione per il mainstream, la verità ha cominciato a venire a galla. L’affaire AGW è una macchina da soldi, per determinati settori politico-industriali, per tutti gli altri sarà un ulteriore passo verso l’impoverimento e l’indebitamento. Nessun complotto, sia chiaro, nessun Ordine degli Illuminati, no: soltanto qualcuno che sta cavalcando l’irrazionalità delle masse, a proprio esclusivo beneficio.

Qualche giorno fa ha avuto luogo, presso il CNR, un convegno promosso dall’Associazione Galileo sull’argomento “Clima, energia, società“. Vi riportiamo alcuni estratti di una interessante intervista di Roberto Santoro a Guido Possa. L’intervista integrale può essere letta qui, su “L’Occidentale”.

Prima di passare alle parole dell’intervista, facciamo notare come la posizione espressa dal Sen. Possa stia emergendo contemporaneamente ed indipendentemente presso diversi politici, commentatori e Think Tank sparsi per il globo.

Ed ecco i passaggi più interessanti dell’intervista.

Senatore Possa, perché il “riscaldamento globale” minaccia la nostra libertà?

Perché è un tema fortemente ideologizzato: dall’Unione Europea, che sul clima vuol essere “la prima della classe”; dalle socialdemocrazie, con la loro idea di sviluppo sostenibile; dalle sinistre e dai movimenti Verdi. Ma è un discorso che vale anche per spezzoni del Partito Popolare europeo… che unisce Blair alla Merkel.

Lei critica il “dirigismo” dell’Unione Europea sulla questione clima

La burocrazia messa in piedi da Bruxelles nasce dal Protocollo di Kyoto. L’Unione Europea si è impegnata a ridurre i Gas serra dell’8 per cento nel periodo compreso tra il 2008 e il 2012, a fronte del 5,2 per cento degli altri Paesi sviluppati, esclusi gli Usa. Gli obiettivi del successivo “20-20-20” sono stati decisi con un blitz del Consiglio Europeo nel 2007 – e si tratta di decisioni molto importanti per la nostra economia e la nostra società. Principi che però non sono mai stati veramente discussi o approvati dai parlamenti nazionali. Il metodo della UE è quello della centralizzazione burocratica delle decisioni, dell’assenza di informazione, dei paletti messi al libero mercato.

(…)

Quali saranno le conseguenze di queste politiche?

Probabilmente aumenterà il costo dell’energia, diminuirà la nostra competitività, avremo meno sviluppo e occupazione. Dovremo pagare più tasse per sovvenzionare i Paesi in via di sviluppo e versargli costosi indennizzi, visto che ci accusano di aver avvelenato l’atmosfera.

E la visione di fondo che le sostiene?

Vogliono una società tecnologica a basso consumo di combustibili fossili ed imporci comportamenti energetici dettati dalla sobrietà, se non dall’austerità. Così l’UE pensa di acquistare una leadership mondiale sul clima, verso il resto del mondo e rispetto agli stessi Paesi dell’Unione.

Quanto descritto è lo scenario più tipico della corrente che punta all’ecoefficienza (scientific industrialism1 ), per un sistema produttivo e uno stile di vita più sostenibile. In particolar modo in Europa questa corrente si sposa bene con l’attuale burocrazia (in alcuni casi piuttosto farraginosa) che coordina l’Unione. Ed infatti la modernizzazione ecologica, una delle leve mosse dall’ecoefficienza, si poggia su due pilastri fondamentali: da un lato l’aspetto economico, fatto di ecotasse e licenze di emissione (abbiamo parlato di Emission Trading qui e qui); dall’altro lato un aspetto puramente tecnologico che mira a incentivare la sostituzione della tecnologia desueta con una più nuova e a minor impatto2 . Ed è proprio lo scenario che oggi ritroviamo in Europa, con forti incentivi da un lato a sostituire le vecchie tecnologie (auto, elettrodomestici e altro), nonché ecotasse e un sistema, attualmente unico nel suo genere, votato allo scambio delle emissioni di CO2.

L’altra grande corrente figlia dell’ecologismo ottocentesco è il cosiddetto culto della wilderness (wilderness thinking3 ), che porta con sè una ulteriore grande fetta di élites, in questo caso principalmente, se non esclusivamente, occidentali “bianche”. La Natura come fine ultimo, meglio ancora la Natura come inizio e come fine. L’uomo? Uno spettatore che può fruire della bellezza incontaminata del nostro Pianeta. L’uomo va escluso dagli habitat da preservare e può entrarvi, in punta di piedi, solo come osservatore distaccato.

Quanto detto è il notevole retroterra culturale che sta per scontrarsi a Copenhagen con l’ultima (in ordine cronologico), ma non meno importante, ramificazione dell’ecologismo: il cosiddetto movimento della “Giustizia ambientale”. Il merito di quest’ultima corrente è l’aver messo in luce un serio problema di distribuzione degli effetti negativi della crescita economica e dello sfruttamenteo delle risorse, e non solo. Pone l’accento sui problemi delle popolazioni umane (tutte), oggi, e propone un approccio materialista alla Natura, che è fonte di sostentamento per le popolazioni umane presenti (non le future generazioni).

Questi sono gli ingredienti combinati insieme, per dar vita al Golem serrista. Va detto, per correttezza, che le correnti di pensiero appena esposte spesso si incrociano e si fondono insieme (più facilmente le prime due, mentre quella relativa alla giustizia ambientale è decisamente più antitetica). Non stiamo parlando, comunque, di un castello di carte, questo è il concetto. Ma la creatura potrebbe ribellarsi agli stessi suoi creatori. Fuor di metafora, questo è quanto potrebbe accadere se, di imposizione in imposizione, di tassa in tassa, gli elettorati cominciassero a far mancare il proprio appoggio. Questo è il timore principale con cui le delegazioni, in primis quella statunitense che si avvia a importanti appuntamenti elettorali, si preparano ai negoziati di Copenhagen.

Per concludere, un interessante breve documentario, in inglese, che richiama i concetti espressi da Guido Possa nella sua intervista.

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  1. “Environmentalism: A global history”, Ramachandra Guha []
  2. “Ecologia dei poveri”, Joan Martinez Alier, pag. 15 e segg. []
  3. “Environmentalism: A global history”, Ramachandra Guha []
Published inAttualitàEconomia

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