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Peer Review à la carte, dopo il WWF è la volta di Greenpeace

Una cosa bisogna riconoscere alle multinazionali dell’ambiente, la capacità di mantenere saldi i propri principi ideologici e le proprie mission, obbiettivi perseguiti con tenacia e con molto attivismo. Tanto di cappello, la coerenza è una virtù. Il problema è che questo lascia poco spazio al confronto e, soprattutto, trattandosi di aspetti ideologici, si fonda su una visione del mondo in aperto contrasto con altri approcci, spesso altrettanto ideologici e perseguiti con pari tenacia e con pari scarsa attenzione ai colpi sotto la cintura, ma non per questo con meno diritto di esistere.

Questa non è scienza, si può decidere di condividere l’una o l’altra visione, si può essere d’accordo oppure no, ma bisogna aver chiaro che l’indagine scientifica è un’altra cosa. Per questo non è accettabile che l’organismo sovranazionale che si vanta di fare della rigidità del processo scientifico il fondamento del proprio lavoro, faccia così spesso ricorso al contributo di queste organizzazioni per formare i propri rapporti. Ciò significa che nelle sfere decisionali di quella organizzazione si condivide quella visione del mondo, una scelta che ognuno di noi può decidere personalmente di fare, ma che non può essere imposta e tantomeno spacciata per imprescindibile, perché le organizzazioni sovranazionali devono necessariamente essere sopra le parti, altrimenti cessano di essere rappresentative della totalità dei cittadini.

E così, dopo aver appreso che l’allarme sul prossimo scioglimento dei ghiacciai dell’Himalaya proveniva non da accurate indagini scientifiche, ma dall’uso quantomeno superficiale di opinioni espresse in modo informale in un’intervista e successivamente fatte proprie da un report del WWF, scopriamo anche che tra le fonti non scientifiche impiegate per comporre il rapporto IPCC del 2007, figurano anche molti lavori di Greenpeace. A questo link trovate una lista delle citazioni che fanno riferimento alla potente organizzazione ambientalista, insieme ad un’altra interessante notizia.

Soltanto analizzando la lista dei contributors alla composizione di una singola sezione della parte del 4AR messa a punto dal Working Group III, si trovano nell’ordine tre impiegati di Greenpeace, due rappresentanti di Friends of the Earth, due responsabili di Climate Action Network e un singolo rappresentante rispettivamente per WWF International, Environmental Defense e David Suzuki Foundation. Personalmente ho qualche dubbio che possano aver messo da parte il loro legittimo attivismo per fornire un contributo che si suppone essere “sopra le parti”. Naturalmente però, anche questi, così come probabilmente molti altri, figurano tra i famosi 2500 scienziati che dovrebbero essere la patente di credibilità del lavoro del panel.

Una cosa è certa, il prossimo rapporto dell’IPCC, dovrà essere parecchio diverso da quelli che lo hanno preceduto, perché adesso, giustamente, avranno un po’ il fiato sul collo.

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