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Mese: Luglio 2013

Il prossimo global warming? Sulla Luna!

Il prossimo AGW (quello vecchio si è fermato 15 anni fa e ‘A’ sta per anthropic) sarà sulla Luna. Ovviamente, però, sulla faccia nascosta, dove solo le menti argute e lungimiranti dei catastrofisti generici medi lo potranno vedere, studiare, misurare, spiegare e, ovviamente, pubblicizzare. A noi toccherà crederci e basta, come sempre.

 

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Un clima meno sensibile è anche meno irritabile, ma molto meno utile

Sono parecchi mesi ormai che si parla con sempre maggiore frequenza di sensibilità climatica. E se ne parla sempre al ribasso. Cioè: più passa il tempo più sembra che il sistema climatico sia decisamente meno suscettibile di stravolgimenti in ragione dell’aumento della concentrazione di CO2.

È la temperatura media superficiale del pianeta l’unico tracciante disponibile di questa sensibilità? È quindi perché le temperature sono aumentate prima tanto e poi affatto che ci si è orientati prima verso una descrizione del sistema ad elevata sensibilità e poi la si sia abbassata di fronte all’evidenza?

 

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Influenza della fusione della calotta glaciale antartica e di quella groenlandese sull’accelerazione dell’aumento del livello dei mari

La variazione della velocità di aumento del livello medio dei mari è stata oggetto di discussione su CM in diverse occasioni. Nell’ultimo post dedicato a questo argomento ho avuto modo di commentare le analisi effettuate dal prof. Nicola Scafetta sui vari record di dati mareografici utilizzati nella letteratura scientifica. Uno degli aspetti di maggior rilievo posto in evidenza dal prof. N. Scafetta, riguardava l’influenza della lunghezza del record preso in considerazione sulla stima della variazione della velocità di aumento del livello del mare. In estrema sintesi il livello del mare varia in modo ciclico con periodicità multidecadale per cui a periodi di aumento seguono momenti di diminuzione del trend di variazione del livello del mare. Se il record utilizzato è corto non possiamo sapere se ci troviamo in una fase in cui il trend è in aumento o in diminuzione per cui corriamo il rischio di attribuire a cause non naturali effetti che sono del tutto naturali: se ci troviamo nel tratto ascendente della curva che rappresenta la variazione multidecadale del livello del mare, siamo portati a credere che la velocità con cui varia il livello del mare è aumentata, viceversa se ci troviamo nella parte discendente della medesima curva.

 

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Il vento cambia, il clima non cambia più tanto…

Yvo de Boer, noto comunicaclimatologo già Segretario Esecutivo dell’UNFCCC, ci aveva avvisati: “Il prossimo report IPCC spaventerà tutti a morte”. Senza mancare di aggiungere che almeno la paura avrebbe dato una scossa a ai politicanti di tutto il mondo, che tra un tremore e l’altro avrebbero finalmente intrapreso la via maestra della lotta al clima che cambia e cambia male. L’amico Claudio Costa ce ne aveva parlato già parecchio tempo fa.

 

Ora siamo ancora in trepidante attesa di questo ennesimo capitolo della saga dell’orrore climatico, ma siamo anche negli anni di wikileakes, del climategate e di Edward Snowden. Poteva restar segreto fino all’ultimo minuto il contenuto (molto parziale e provvisorio) del nuovo report IPCC la cui prima parte è in uscita a settembre?

 

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Che tempo farà nel 2018? Nuvoloso ma caldo!

Una previsione per il 2018. Da meteorologo lo considero il sogno di una vita. Irraggiungibile. Da climatologo, quale non sono ma non chiedetemi perché, lo considererei un traguardo irrinunciabile, anche se lontano e molto difficile da raggiungere.

 

Una disciplina scientifica, quale essa sia, deve avere una sua utilità. Per decenni la climatologia, insieme alle altre branche delle scienze naturali, ha avuto lo scopo di spiegarci cosa é successo nel nostro passato. Da una ventina d’anni a questa parte, dopo aver brutalmente sciolto i suoi legami con il resto del mondo scientifico, specie quello geologico evidentemente non molto incline a rinnegare il proprio passato, fare climatologia sembra possa significare esclusivamente fare previsioni o, per usare un vocabolo appositamente generato, proiezioni su scenari. Con un particolare, tali previsioni-proiezioni, non devono essere verificabili, perciò si parla solo di tempi multi decadali o, meglio ancora, secolari.

 

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Se la mazza da hockey diventa un panettone

Questo articolo, è uscito nel giugno scorso sul Giornale del Popolo, il quotidiano della Svizzera Italiana. la versione originale la trovate in pdf qui e qui.

 

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L’hockey Stick, appunto mazza da hockey, lunga e piatta ma con una estremità che s’impenna verso l’alto, è l’emblema del riscaldamento globale. Forse sarebbe meglio dire lo è stata, perché dopo essere assurta agli onori della cronaca nel 3° Report dell’IPCC del 2001 e dopo aver subito una rivisitazione nel report successivo del 2007, la ricerca che aveva prodotto il grafico di ricostruzione delle temperature dell’ultimo millennio è stata soggetta a critiche piuttosto pesanti, al punto di minarne seriamente l’attendibilità. Questa però, è ormai storia vecchia in materia di clima e di dibattito sulle origini delle sue più recenti dinamiche, perché, nel frattempo, più specificatamente a partire dal 1998, il trend delle temperature medie superficiali del pianeta ha cessato di essere statisticamente significativo. La pendenza della curva, cioè, pur calcolabile e ancora lievemente positiva, rientra nella fascia d’errore della stima. Traduciamo per i non addetti: la temperatura media del pianeta ha smesso di aumentare.

 

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Interazione oceano-atmosfera, piccoli vortici grandi cambiamenti

Il sistema climatico, nella sua enorme complessità, esiste perché l’energia che riceviamo dalla nostra stella non giunge sul pianeta in modo uniforme, ma piuttosto in eccesso alle latitudini equatoriali e in difetto su quelle polari. Deve quindi essere continuamente redistribuita. Questo lavoro è compiuto dall’atmosfera e dagli oceani, tra le cui superfici di contatto, inoltre, avviene uno scambio continuo di energia attraverso meccanismi che coprono tutta la scala spaziale, da quella più vasta, dei grandi sistemi barici a quella più piccola, della microcircolazione locale.

 

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El Nino e il Global Warming, questioni di uova e di galline

Un paio di anni fa, forse anche tre, Roy Spencer ha pubblicato un libro in cui dice di essere convinto che l’errore più grosso che la moderna scienza del clima abbia commesso, sia quello di aver confuso i rapporti di causa effetto, ossia di attribuire tutta la responsabilità del riscaldamento delle ultime decadi del secolo scorso alla CO2 attraverso l’aumento del vapore acqueo in atmosfera. Secondo lui, una buona parte del riscaldamento potrebbe essere attribuito anche a piccole variazioni della copertura nuvolosa totale – ossia di vapore acqueo condensato. Sarebbe dunque la nuvolosità a modulare almeno una parte del riscaldamento e non il contrario.

 

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L’Unione Europea e l’ETS, codice rosso.

Era lo scorso aprile, l’ETS, il mercato europeo dei certificati di emissione, giungeva al pronto soccorso in codice rosso. Il Parlamento Europeo, pur soffrendo moltissimo,…

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