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Le vestali della scienza

Lo scorso 7 maggio è uscito su Science Magazine un editoriale firmato da ben duecentocinquanta membri della US Academy of Sciences. Una lettera accorata che vorrebbe riportare il grido di dolore di quella parte della comunità scientifica fortemente impegnata a convincere il mondo che siamo sull’orlo del baratro, ora, a loro dire, sottoposta ad ingiusti attacchi in stile McCartiano da parte di biechi politici in cerca di giustificazioni per non seguire i saggi consigli così provvidamente elargiti negli ultimi anni.

A pilotare questi assalti, sempre leggendo la lettera, scopriamo che sarebbero degli altrettanto biechi “negazionisti” non intenzionati a fornire teorie alternative a quella della totale origine antropica del cambiamento climatico che soddisfino le “evidenze” di tale cambiamento, ma piuttosto animati da interessi di parte o dogmatici. E così, incidentalmente, si fa allegramente di tutta l’erba un fascio, dimenticando che tra questi loschi personaggi ci sono scienziati di tutto rispetto come Lindzen e Spencer che cercano di comprendere il ruolo della nuvolosità nei meccanismi del clima, come Roger Pielke Sr, che investiga di continuo le differenze tra i rilevamenti di temperatura effettuati in superficie e per mezzo dei sensori satellitari, come Scafetta, che cerca di comprendere quale ruolo possano avere le forzanti astronomiche, come Dyson, che si dice stupefatto anche solo del sospetto che una parte dei dati impiegati per supportare questa teoria siano stati in qualche modo “massaggiati” etc etc.

Tuttavia, questo nutrito gruppo di firmatari, si dice “profondamente disturbato” dall’escalation degli assalti politici cui sarebbe ora sottoposto, dimenticando totalmente di aver avuto per anni lo stesso identico atteggiamento. Né sembra ci sia alcuna intenzione di cambiare registro, perché affibbiare tout court l’epiteto (perché di questo si tratta) di negazionista a tutti quelli che non la pensano come loro non si può certo dire sia una mossa distensiva. A quanto pare, questi scienziati con la S maiuscola e la Z morbida, sono in guerra contro uno sparuto gruppo di addetti ai lavori di serie B, consci di essere predestinati a salvare il mondo e ritti a difesa del culto della scienza.

La quale, ci dicono, non agisce secondo consenso, questo ce lo hanno insegnato uomini come Galileo, Darwin o Pasteur (era ora!). Ma ci sono alcune teorie consolidate in cui il consenso è inevitabile, e ad esse ci si deve riferire come “fatti”. Gli esempi sono calzanti, l’età del pianeta, il big bang, l’evoluzionismo, tutte cose assodate che comunque attendono -non si può mai dire – che qualcuno le confuti con teorie altrettanto scientificamente valide. Tra queste rientrerebbe anche l’origine antropica del riscaldamento globale e dei suoi effetti sulle dinamiche del clima.

Fatti. Come è un fatto che l’editore di Science Magazine, certamente più realista del re, ha saggiamente deciso di corroborare questa tesi e rinforzare l’editoriale con la toccante immagine di un orso polare in bilico su un fazzoletto di ghiaccio che galleggia su un mare calmo come l’olio. Un pianto. Ma forse si sarebbe potuto far meglio, magari con un pinguinotre pinguini.

Già, perché l’immagine è stata prodotta da istockphoto.com, e nella didascalia sul loro sito si legge: “Questa immagine è un disegno di photoshop. L’orso polare, il ghiaccio flottante, il cielo ed il mare sono reali, ma semplicemente non erano insieme come lo sono ora”. Scoperto il “trick”, su Science sono corsi ai ripari, ammettendo di aver fatto un errore utilizzando quell’immagine e sostituendola con un’altra (questa volta vera di provenienza NatGeo), in cui il mare è lo stesso, il cielo non c’è più, gli orsi sono due e il ghiaccio è un po’ di più. Non mi risulta che nessuno abbia ritirato la propria firma all’editoriale in ragione di questo -ehm – incidente.

Fatti, come quelli elencati nell’editoriale.

  1. Il pianeta si sta scaldando per effetto dell’immissione di gas serra in atmosfera. Un inverno nevoso a Washington non altera questo fatto. Al di là dell’inverno nevoso – che comunque con strumenti strettamente imparentati con quelli che predicono il riscaldamento di cui sopra ci avevano detto che sarebbe stato caldo – neanche un’estate molto calda altera questa tesi, però nel 2003 ci hanno torturati dicendo che quello era l’inizio della fine. Quanto al riscaldamento indotto dall’aumento della concentrazione di gas serra, questo non è un fatto, è la teoria, e come tale è qualcosa da discutere, perché loro che ne sanno molto più di noi, sanno anche benissimo che è piena di lacune. Se dobbiamo considerarla invece un “fatto” nell’accezione spiegata nell’editoriale, la discussione è finita prima ancora di cominciare.
  2. La maggior parte dell’aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera nell’ultimo secolo è dovuta alle attività umane, specialmente per l’uso di combustibili fossili e per la deforestazione. Vero, ma se non si arriva a definire quanto questo aumento di concentrazione possa influire sulle dinamiche del clima, questo “fatto” riguarda più le politiche energetiche ed ambientali che quelle climatiche, e mi pare che invece si stesse parlando di queste ultime. Curioso poi che si tralasci il “fatto” che oggi la deforestazione vada di moda per far posto a colture di vegetali per autotrazione e che nel frattempo la superficie verde di molte zone del pianeta sia piuttosto aumentata.
  3. Le cause naturali hanno sempre avuto un ruolo nei cambiamenti climatici (non mi dire!) ma ora sono sopraffatte dai cambiamenti di origine antropica. Beh, considerato il fatto che da quindici anni le temperature medie superficiali non sono soggette a variazioni statisticamente significative nonostante le previsioni, forse si dovrebbe dire il contrario, e cioè che le variazioni di origine naturale hanno sopraffatto quelle di origine antropica, di fatto ridimensionandole non poco.
  4. Il riscaldamento del pianeta causerà la variazione di molti altri pattern climatici a velocità che i tempi moderno non hanno mai sperimentato, includendo l’innalzamento dei mari e alterazioni del ciclo idrologico. L’aumento della concentrazione di CO2 sta facendo aumentare il tasso di acidità degli oceani. Il primo di questi “fatti” è una previsione, non una realtà, ed è parte della stessa teoria di cui si discute. Anche qui, se lo si deve dare per assodato, possiamo serenamente evitare di discutere. Che poi cambiamenti altrettanto repentini di quelli previsti o osservati siano una novità, questo sì, è un “fatto” abbondantemente confutato, piaccia o no ai seguaci dell’Hockey Stick di Mann e soci. Come possano poi essere arrivate sino ad oggi delle specie animali e vegetali che abitano gli oceani passando per epoche in cui la concentrazione di CO2 era largamente superiore a quella attuale è un mistero, visto che a quanto pare i cambiamenti in corso ne prospettano l’estinzione.
  5. La combinazione di questi complessi cambiamenti minaccia le città e le comunità costiere, le nostre riserve di cibo e di acqua, gli ecosistemi marini, le foreste, le aree di alta montagna e molto altro. Con buona pace dei firmatari, questi problemi esistono con e senza i cambiamenti climatici, e sarebbe forse ora di affrontarli sul serio, magari stornando qualche risorsa proprio dall’isteria del clima, per portare -che ne so – l’acqua a chi muore di sete o il cibo a chi muore di fame, così tanto per passare dalle parole ai “fatti”.

Ognuno si faccia la propria idea, io penso che se non ci fossero interessi corporativi da difendere e un gigantesco movimento da mantenere, piuttosto che teorie scientifiche da discutere, non ci sarebbe stato bisogno di far muro contro le voci di dissenso prima e di scrivere editoriali collettivi poi, men che meno su riviste scientifiche accreditate dove pubblicare significa far carriera nel proprio settore, che dunque non dovrebbero proprio entrare nel merito del dibattito limitandosi ad accogliere i pareri scientifici e non quelli d’opinione.

Penso anche che ci siano molti più studiosi disposti ad accettare la realtà dell’immagine qui sotto tra quanti confutano la teoria del riscaldamento globale antropogenico di quanti non ce ne siano tra quanti la sostengono.

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Published inAttualitàNews

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