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Ma quanto è sicuro il nucleare? – Parte III, Radioprotezione

Nell’ottica di arrivare a concludere questo primo approccio all’energia nucleare da un punto di vista tecnico e non ideologico, non guasterà un cenno finale ai problemi di radioprotezione.

Benché misconosciuti nei primissimi anni di studio, sin dagli anni ’20 ormai esiste un’esauriente trattazione del pericolo dovuto all’esposizione a sorgenti radioattive, ed al loro controllo; conoscenza che si è ovviamente affinata nel corso dei decenni. Non bisogna dunque farsi prendere da paure superstiziose quando si affronta tale materia: si assume che ogni dose ricevuta possa essere pericolosa, per quanto ciò possa risultare improbabile, come principio di precauzione; ma le radiazioni “sfuggite” ad una centrale nucleare (non vivendo noi nel mondo reale, per quante sicurezze si possano attuare, nessun componente potrà mai essere perfettamente stagno) sono di gran lunga inferiori alla dose media quotidiana ricevuta da ogni individuo per cause puramente naturali. Lo vediamo bene nella figura sottostante:

Sarà bene far presente che la scala delle ordinate di tale grafico è evidentemente logaritmica: il che vuol dire che la dose di radiazione dovuta all’energia nucleare, al 1980, era nemmeno lo 0.1% del totale cui era esposto un individuo medio nel globo. E’ vero che nel 1980 era installata solo circa la metà della potenza nucleare totale, e che nel 1986 vi fu l’incidente di Chernobyl; ma è anche vero che la sicurezza delle centrali è aumentata nel corso degli anni. Comunque, per dare un dato numerico, la dose media globale di radioattività naturale (al suolo) è di circa 2.4mSv in un anno, in Italia varia tra 1mSv e 3mSv; una radiografia comporta una dose di 1mSv; una TAC di 3-4mSv. Effetti sensibili di avvelenamento da radiazioni insorgono solo con dosi molto più elevate: ad esempio, con 1Sv (dunque mille volte oltre una singola radiografia) in un’ora si ha una prima lieve alterazione dell’emoglobina; 4Sv in una settimana portano alla morte nel 50% dei casi; oltre i 6Sv, la dose assorbita è letale.

Molte sorgenti radioattive, come ad esempio l’U238 non irraggiato (costituente il 99.3% dell’uranio naturale), emettono solo deboli radiazioni, in questo caso a, incapaci di attraversare anche comuni vestiti leggeri o pochissimi centimetri di aria, se non la pelle umana: non bisogna dunque pensare che tutte le sorgenti radioattive siano incontrollabilmente pericolose; però va anche ricordato che altre forme di assorbimento (es. inalazione dell’uranio) sono molto più rischiose per lo stesso composto che altrimenti potrebbe essere maneggiato senza grossi rischi. E, ovviamente, che nel combustibile irraggiato ed “esaurito” esistono prodotti della fissione pericolosissimi e da trattare con tutte le adeguate precauzioni: per questo i bidoni che li contengono, oltre ad essere spesso seppelliti in profonde cavità geologiche, sono in grado di sostenere senza alcun danno l’impatto di un missile o la caduta libera da diverse centinaia di metri d’altezza; tuttavia la parte altamente radioattiva di tali rifiuti non supera il 3%, ed una consistente parte di essi decade completamente in tempi “umani”. Non bisogna infatti dimenticare che gli isotopi radioattivi hanno un proprio tempo di decadimento, e che spesso quelli con attività maggiore sono anche i primi ad “andarsene”: un isotopo come il polonio-210 (per altro emettitore a, e quindi assai più pericoloso per ingestione/inalazione che per irraggiamento esterno) ha un tempo di emivita di appena 140 giorni.

Nei prossimi articoli tratteremo della parte legata ai problemi economici ed energetici dell’energia nucleare; e poi verrà fatta una rapida panoramica sui reattori attualmente in costruzione nel mondo (soprattutto per quanto riguarda la generazione III+), e su quelli che dovrebbero essere commercialmente disponibili entro una trentina d’anni (generazione IV)1.

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NB: per le sigle e gli acronimi impiegati vi rimandiamo a questa tabella esplicativa

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  1. Si ringrazia il prof. Carlo Lombardi, consigliere scientifico dell’ENEA, già docente di Impianti nucleari presso il Politecnico di Milano e responsabile italiano del programma IRIS, il cui libro “Impianti nucleari” è stato una preziosa fonte di informazioni per alcune parti di questo articolo. []
Published inAttualitàEnergiaNewsVoce dei lettori

4 Comments

  1. elmar

    La sicurezza delle centrali nucleari è una questione di credibilità. Negli anni sessanta gli esperti hanno calcolato quanto sono sicure le centrali nucleari. Il risultato che il primo incidente serio poteva succedere dopo 10000 anni, è stato contradetto dalla serie di incidenti che sono successi dopo.

    Per gli esperti di oggi la sicurezza è ulteriormente migliorata. Ma la prof. Schmitz Feuerhake, ex responsabile di protezione contra radiazioni della Germania, ha dimostrato che gli incidenti ci sono stati anche di recente. Ma dopo Cernobyl nessun incidente è più stato ammesso. L’aumento di radioattività è stato attribuito a Cernobyl. La prof. Schmitz Feuerhake ha anlizzato le polveri in giro e ha trovato che erano presenti radioisotopi che, per una questione di tempistica, non potevano venire da Cernobyl.

    Il raddoppio dei casi di leucemia infantile intorno alle centrali nucleari è stato ammesso, ma dichiarato inspiegabile.

    Gli esperti di oggi sono più onesti di quelli di 60 anni fa? O dicono anche loro quello che gli viene detto di trovare. La prof. Schmitz Feuerhake, da parte dell’università di Hamburg ha avuto notevoli difficoltà. L’università ha dichiarato che il suo punto di vista è incompatibile con le finalità dell’università.

    In una tesi di dottorato di ricerca eseguita all’univeristà di Padova, con l’utilizzo di strumentazione del CERN (Marco Calviani, 2 Ferbbraio 2009, lavoro dichiaratamente eseguita a sostegno del rientro italiano nel nucleare) viene affermato che mezzi ingegneristici per la sistemazione delle scorie possono tenere per mille anni. Il sarcofago di Cernobyl però e già da rifare in quanto non resiste alle radiazioni.

    I materiali vengono alterati dalle radiazioni delle scorie. I raggi gamma spostano elettroni con l’effetto Compton. I transuranici subiscono fissioni spontanee con emissioni di neutroni, che rendono radioattivo i materiali che prima non erano radioattivi. Acciai diventano fragili come vetri. Vetri diventano idrosulubili.

    Ma il vero rischio sono i malintenzionati, i terroristi, che possono usare materiali altamente radioattivi, cioè elementi combustibili esauriti, per la produzione di bombe sporche. Un bombo a fissione nucleare fa fuori una città. Una bomba sporca, estremamente più facile da fare, fa fuori una regione. Eppure il modo politico si preoccupa sola della proliferazione delle bombe nucleari, non della disponibilità di materiale per bombe sporche.

    La propaganda nucleare mette in evidenza che le quantità di scorie nucleari sono modeste, volumetricamente. E’ vero. L’incidente di Cernobyl ha messo in atmosfera solo qualche centinaio di litri di materiale altamente radioattivo.

    La quantità totale di scorie altamente radioattive, che bisogna mettere al sicurco per almeno 100 000 anni è di soli 196 000 tonnellate, calcolate dalla produzione di energia elettrica delle centrali nucleari (gennaio 2010), con un burn up di 40 GWd/t (GigaWattDays per tonnelata di uranio metallico). Sapessimo dove sono. Il sospetto è che un po’ sia sul fondo del mare in navi affondate allo scopo.

    • Filippo Turturici

      Lei però confonde volutamente un incidente come Chernobyl con un qualunque incidente: Chernobyl non è mai più capitato, ed anzi è impossibile che capiti in una qualunque centrale occidentale, e per precisi motivi in parte elencati nei seguenti articoli:

      http://www.climatemonitor.it/?p=10210

      http://www.climatemonitor.it/?p=10222

      La cifra dei 10,000 anni (per reattore, non in assoluto) è dunque realistica, dato che è riferita a centrali costruite con gli standard occidentali e non sovietici: Chernobyl, bisogna ripeterlo, è stato solo un incidente dell’URSS, non dell’intero mondo nucleare (anche se l’isteria successiva ha danneggiato tutti).
      D’altra parte, per la stampa e certi anti-nuclearisti anche un’auto che sbatte contro il cancello di una centrale è un “incidente nucleare”! Una battuta che amava ripetere un mio professore.
      Bisogna dunque attentamente distinguere i diversi tipi di incidenti, e non lasciarsi prendere da facile panico per cose poco conosciute (colpa anche della scarsa comunicazione del mondo nucleare al pubblico).

      L’infragilimento dei materiali, nonché gli effetti più diretti della loro attivazione, sono ben conosciuti, e considerati nella progettazione e nei criteri di sicurezza.
      La vetrificazione delle scorie è considerata invece una forma molto più stabile di quella metallica.

      Infine concordo sul problema di una simile proliferazione nucleare, ma non possiamo certamente rinunciare a produrre l’energia necessaria alla nostra vita a causa di pochi folli terroristi, per quanto pericolosi essi siano.

    • Filippo Turturici

      P.S. con i reattori di generazioni III+, come AP1000 ed EPR, la probabilità di incidenti “gravissimi” è scesa a 1 ogni 10^6-10^7 anni reattore.

  2. Filippo Turturici

    Piccolo refuso mio: la frase “non vivendo noi nel mondo reale” è da leggersi, ovviamente, come “vivendo noi nel mondo reale”.

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