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Eco-consapevole

[photopress:hummer_little.jpg,thumb,alignleft]Il mondo dell’editoria continua incessantemente a proporci i temi del clima e dell’ambiente e, da un po’ di tempo si occupano anche gli spazi normalmente dedicati all’economia ed ai cicli produttivi insieme a quelli, più ovvi, dell’informazione scientifica. Questo accade per due ragioni; da un lato ci si è resi conto che i costi in termini di impegno ambientale saranno probabilmente elevatissimi nel prossimo futuro, dall’altro questi costi saranno facilmente trasformati in ricavi da molti settori produttivi e quindi, di fatto, costituiscono una grande opportunità. Gli interventi sulla stampa sono molto vari, seppur uniti da un onnipresente fattor comune: siamo nei guai, siamo in ritardo, stiamo continuando a sbagliare.

L’articolo che ha suscitato il mio interesse è stato pubblicato per l’appunto sull’inserto economico del corriere della sera. Un pezzo firmato dal Governatore dello Stato della California, Arnold Schwarznegger, dal titolo “La mia Hummer a idrogeno”. In realtà il titolo ha offerto il pretesto per uno spot sulle iniziative ambientali intraprese con recenti provvedimenti legislativi ma, del resto, anche questa è informazione. La discussione sullo sviluppo di nuovi sistemi di propulsione per le automobili è però stimolante. Nell’articolo si parla di idrogeno e biocombustibili, due soluzioni tra le più gettonate per il futuro della nostra mobilità. Come tutte le alternative ai combustibili fossili però, nessuna delle due, compatibilmente con il livello di tecnologia attualmente raggiunto, potrebbe essere adottata senza valutarne le conseguenze.

Sulla prima, l’idrogeno, va detto innanzi tutto che pur essendo molto abbondante a livello molecolare, necessita di una fonte di energia esterna per essere estratto e quindi non rappresenta una vera e propria fonte di energia alternativa. Inoltre si trascura spesso un elemento importante. Il problema non nasce soltanto dalla necessità di trovare un sostituto ai combustibili fossili per ragioni di disponibilità e di impatto ambientale derivato dal loro impiego. Il nostro spauracchio è l’effetto serra, ovvero l’aumento della concentrazione dei gas ad effetto serra nell’atmosfera del pianeta. Il più potente di questi è il vapore acqueo, virtualmente non dannoso come l’anidride carbonica o il metano, ma estremamente efficace nel trattenere in basso il calore emesso dalla crosta terrestre. Dalla combustione di idrogeno si produce appunto vapore acqueo.

[photopress:Forcing_radiativo.JPG,thumb,alignleft]Quanto ne verrebbe immesso in atmosfera facendo largo uso di auto che utilizzano l’idrogeno come combustibile non lo sappiamo, però sappiamo che un aumento della concentrazione di vapore acqueo a livello troposferico potrebbe costituire un forcing radiativo negativo, cioè un effetto di potenziale raffreddamento causato da un incremento della nuvolosità, mentre a livello stratosferico lo stesso aumento potrebbe avere un pesante impatto positivo, cioè di riscaldamento, aumentando l’effetto serra. Il 4° Rapporto dell’IPCC (si veda la Tab. 1) di recente divulgazione assegna però un livello di comprensione scientifica molto basso ad entrambi questi fattori di alterazione del sistema clima. Vale a dire che ancora non se ne sa molto.

Sui biocombustibili il discorso è diverso, perché in effetti rappresentano una valida fonte di energia alternativa, ma anche in questo caso occorre fare dei distinguo. Le coltivazioni di mais e di zucchero di canna destinati alle taniche di carburante stanno aumentando vertiginosamente, specie nelle americhe, più specificatamente negli Stati Uniti le prime ed in Brasile le seconde. Questo può comportare una ulteriore importante modifica dell’uso del suolo e di consumo delle risorse idriche, altri fattori di prima importanza nella dinamica del clima. Non solo, l’uso di coltivazioni già destinate ad alimentazione dalle popolazioni più povere, per la produzione di carburanti ne aumenta la preziosità e quindi il prezzo sul mercato, a discapito proprio di quelle popolazioni per le quali costituiscono la base della catena alimentare. Tutto questo lo dicono le Nazioni Unite in un recente rapporto della FAO. Giusto per avvicinarci un po’, almeno idealmente, ai fatti di casa nostra è bene sapere che per sostituire il 10% del carburante che utilizziamo attualmente sulle nostre strade con biocombustibile dovremmo coltivare mais su di un’area estesa come la pianura padana, a meno di non farlo coltivare ad altri con le conseguenze (ed i costi) cui si è appena accennato.

La strada è quindi ancora lunga, tuttavia le nostre auto Euro “n” subiranno l’ennesima modifica e ci precipiteremo a cambiarle, perché siamo eco-consapevoli, ma anche soprattutto perché l’auto ci serve per andare a lavorare e, dopo averla strapagata per l’acquisto ed il mantenimento, ci piacerebbe anche usarla piuttosto che doverla contemplare in garage perché ce lo impone una limitazione al traffico. Una domanda per gli eco-consapevoli: inquina di più un’auto non nuovissima ma in buona efficienza, usata su strade a traffico scorrevole o un’auto nuova per produrre la quale si è consumata una grande quantità di energia, di materie prime e di acqua cui si deve aggiungere il cubo di gomma, metallo e plastica in cui si trasformano le auto dopo la rottamazione?

Al riguardo non è semplice dare una risposta. Mancano i dati sull’impatto ambientale delle catene di produzione automobilistica, però possiamo fare riferimento ad un paio di ricerche condotte alcuni anni fa negli Stati Uniti. In entrambi i casi il ciclo di vita di un’auto in relazione al bilancio energetico di produzione-impiego-rottamazione è molto superiore all’intervallo di circa quattro anni con cui solitamente si cambia un’auto. In pratica ci disfiamo delle auto prima che diventi non conveniente tenerle in circolazione dal punto di vista energetico . E questo vale anche per auto molto vecchie cioè con consumi elevati, in rapporto ad auto nuove con consumi molto più ridotti. Le auto aumentano non perché ne servano di più, almeno non nei paesi occidentali, dove non si sa già dove metterle, ma perché sono considerate anzitempo obsolete, anche dal punto di vista normativo…non solo edonistico.

Questo è sicuramente un beneficio per l’economia industriale e per il consumo e quindi commercio di combustibili, ma non sembra molto eco-consapevole, a prescindere da quale sia il numero che accompagna la dicitura Euro sul libretto della nostra auto. Questo però le pubblicità di automobili non ce lo dicono. Varrebbe la pena chiederglielo.

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Published inAmbienteAttualitàEnergia

5 Comments

  1. […] in valore assoluto del frenetico ricambio delle auto in circolazione, vi rimando al post pubblicato il 19 giugno scorso su questo […]

  2. Massimo

    L’auto ad aria compressa pare che avesse dei seri problemi di affidabilità.

    L’intervento di Guidi lo condivido in toto.

    Vorrei però introdurre anche il concetto dell’importanza del trasporto pubblico come bene collettivo. Bene collettivo perché può consentire di limitare l’acquisto e l’uso delle auto, riducendo così notevolmente l’impatto ambientale dei nostri spostamenti, a prescindere dal tipo di auto euro[n] che abbiamo. Peccato che si continui ad andare, in Italia, sia a livello di strategie che di gestione, in direzioni opposte.

  3. Lorenzo Fiori

    C’era anche l’ipotesi della ‘Macchina ad Aria Compressa’ che doveva andare in produzione qualche anno fa e poi misteriosamente non se ne seppe più nulla…..

  4. Fabio

    A riguardo di questo articolo, mi sento di appoggiarlo.
    Il capitolo idrogeno è ancora da sviluppare, ma bisogna fare in fretta perchè il tempo passa e intanto continuiamo a far danni.Bisogna essere ben sicuri di non immettere altri veleni in atmosfera con l’idrogeno, o comunque non alterare niente del nostro pianeta, ne in quota, ma tanto meno sul suolo.
    Io però appoggio l’elettricità per la locomozione.Non ha nessuna emissione, si tratta solo di sviluppare delle batterie molto più potenti di quelle attuali, ma non per far andare più veloci le macchine, almeno così verrebbero rispettati i limiti, ma per renderle autonome a fare diverse centinaia di chilometri.Oppure per iniziare, usare le macchine ibride, come la Toyota Prius.Tempo fa mi hanno detto che la marca orientale vuole portare entro il 2011 tutta la flotta ad alimentazione ibrida.

    Fabio De Stefano

  5. Davide Depaoli

    infatti sono sempre stato convinto anch’io che la storia euro 1 2 3 4 ecc.ecc. sono solo a scopo per vendere e non per l’ambiente,ora mi chiedoa questo punto se l’idrogeno ha i suoi lati negativi e giustamente anche le enormi coltivazioni di mais per il biocarburante quale sarà la soluzione?

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