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Eccezioni piccole piccole…

Il titolo si riferisce ad eccezioni rispetto alla teoria AGW che hanno la loro radice nel gradiente pseudo-adiabatico (o adiabatico-umido o adiabatico-saturo, se preferite), concetto un po’ ostico da digerire ma che cercherò di approfondire in quanto nasconde una cruciale caratteristica del sistema climatico terrestre. Ma procediamo con ordine.

Il sistema climatico del nostro pianeta ha come fine principale quello di riequilibrare lo scompenso energetico continuamente reimposto dall’ineguale ripartizione della radiazione solare che giunge alla superficie e che è massima nella fascia intertropicale e minima nelle aree artiche. Il riequilibrio è affidato per l’80% alla circolazione atmosferica che si avvale del vapore acqueo come vettore.

La circolazione atmosferica viene attivata dalla salita convettiva della massa d’aria nella zona di convergenza intertropicale (ITCZ), fenomeno che costituisce l’innesco delle due celle di Hadley, responsabili del trasporto energetico fra equatore e medie latitudini. Perché tale risalta convettiva possa aver luogo è essenziale che l’atmosfera presenti un gradiente di tipo pseudo–adiabatico e la presenza di un tale gradiente è uno dei fondamenti della stabilità del sistema climatico terrestre.

Ma vediamo di approfondire un po’ meglio la questione.

La salita convettiva della massa d’aria nell’ITCZ richiede che le bolle d’aria che stanno in vicinanza del suolo e che sono riscaldate dal suolo stesso possano salire. Tutte le bolle d’aria in salita si espandono e si raffreddano. L’espansione avviene in modo adiabatico e cioè fra la bolla d’aria e l’esterno non vi sono scambi di energia significativi (per rendersi conto della veridicità di tutto ciò basta guadare una nube convettiva, che altro non è che una bolla d’aria che è salita fino ad un’altezza sufficiente per aversi condensazione, e constatare che il bordo della nube è separato in maniera abbastanza netta rispetto all’atmosfera esterna).

Il raffreddamento delle bolle in salita avviene secondo una delle due modalità:

  1. seguendo il gradiente adiabatico secco (-0.96 °C/100 m), il che si ha finché non inizia la condensazione con formazione del corpo nuvoloso;
  2. seguendo il gradiente adiabatico umido (-0.4/-0.6 °C/100 m), il che si ha dopo l’inizio della condensazione.

Se tutte le bolle in salita di questo mondo si comportano secondo una di queste due modalità, il profilo termico verticale dell’atmosfera esterna alle bolle è invece più che mai variabile e per rendersene conto basta guardare i dati dei radiosondaggi, disponibili ad esempio a questo link.

La relazione esistente fra temperatura delle bolle in salita e temperatura dell’atmosfera esterna è cruciale in quanto se si raggiunge l’isotermia (bolla in salita che a una certa quota perviene alla stessa temperatura dell’atmosfera esterna) la salita si interrompe inesorabilmente.

Un caso molto diffuso nell’atmosfera terrestre è quello dell’instabilità potenziale, che si ha nel caso in cui una bolla non possa salire finché non inizia a condensare il vapore presente al proprio interno ma possa poi salire quando tale condensazione ha avuto inizio. L’instabilità potenziale si verifica allorché l’atmosfera esterna presenta un gradiente vicino a quello pseudo-adiabatico, come viene illustrato in figura 1.

Figura 1 – Comportamento di una bolla d’aria in salita in una atmosfera con profilo termico verticale rappresentato dalla spezzata T. In (a) la bolla segue inizialmente l’adiabatica secca (A) e, da quando inizia la condensazione (segnalata dalla comparsa della nube) l’adiabatica satura (o pseudoadiabatica) B. In assenza di condensazione la bolla avesse proseguito l’ascesa secondo il gradiente adiabatico secco (C) raggiungendo l’isotermia (iso) con l’atmosfera esterna ed interrompendo la sua ascesa. Si osservi che l’ascesa della bolla una volta raggiunta la saturazione è resa possibile dal profilo atmosferico T che è di tipo pseudoadiabatico. Nel caso invece di (b) l’atmosfera manifesta un profilo T di inversione (temperatura che sale con la quota), il che si traduce nella prematura interruzione dello sviluppo convettivo.

Ricapitolando: la presenza di un gradiente vicino a quello pseudo-adiabatico nell’atmosfera è l’elemento chiave per mantenere quelle condizioni di instabilità potenziale che sono alla base della convezione nell’ITCZ e dunque della circolazione di Hadley e pertanto della circolazione generale

Il gradiente pseudo-adiabatico ha tuttavia la seguente particolarità che può essere colta osservando un diagramma termodinamico di quelli che i meteorologi adottano per analizzare i dati dei radiosondaggi (figura 2): per ogni °C di aumento della temperatura al suolo si osservano 1.4°C nella media troposfera e 2.8°C nell’alta troposfera. Tale fenomeno trova immediato riscontro nelle simulazioni dei GCM, i quali essendo stati scritti da fisici valenti si conformano appieno alla teoria mostrando ad esempio che agli 0.4°C di incremento delle temperature globali osservato in superficie nel periodo 1977-1998 corrispondono 0.6°C di incremento a 5000 m di quota e 1.1°C a 12000 m. Peccato che tali risultati non trovino riscontro nelle misure effettuate con radiosonde, le quali mostrano invece che nel periodo in esame la troposfera medio-alta non solo non si è scaldata più della superficie ma al contrario si è raffreddata.

Figura 2 – In questo diagramma termodinamico (un emagramma) le adiabatiche umide (Moist adiabats) sono rappresentate dalle linee tratteggiate spesse. Si osservi che a 30°C un aumento di 1°C della temperatura al suolo corrisponde all’aumento di 1.4°C a 50 kPa (circa 5500 m di quota) e di 2.8°C a 20 kPa (circa 12000 m di quota).

Quel che ho illustrato rappresenta una eccezione rispetto alla teoria AGW che meriterebbe di essere chiarita.

E sempre partendo dal concetto di gradiente pseudo-adiabatico, un’altra eccezione in attesa di chiarimento ci viene segnalata da un recente lavoro di Klotzbach et al (2009) ed è la seguente.

I dati da sensore satellitare MSU – UAH, relativi alla troposfera medio-bassa (primi 4500 m di quota) mostrano che le temperature globali sono salite il 20% in meno rispetto alle temperature rilevate in superficie, mente il summenzionato principio di conservazione del gradiente pseudo-adiabatico imporrebbe l’esatto opposto e cioè un incremento termico in troposfera medio-bassa del 20% in più rispetto a quello di superficie.

Figura 3 – Differenze nelle temperature globali fra misure da stazioni in superficie e misura da satellite (MSU – UAH). La forbice fra differenze osservate e differenze attese si sta progressivamente ampliando.

Si osservi anche che lo scostamento fra dati MSU e dati di superficie si manifesta nei dati riferiti alle terre emerse mentre non ha luogo per i dati oceanici. Anche qui dunque un’eccezione al momento non chiarita.

Una spiegazione delle due eccezioni sopra riportate potrebbe risiedere nel fatto che le temperature misurate con stazioni meteo in superficie (e cioè a 1.80 m di quota) sono influenzate da uno o più dei seguenti fenomeni:

  1. Aumento della copertura nuvolosa medio bassa.
  2. Aumento degli aerosol (di origine antropica o non).
  3. Diminuzione dello stabilità del sottile strato limite notturno con accresciuto rimescolamento del’aria più vicina al suolo (più fredda) con quella più in alto (più calda) dovuto ad esempio a cambiamenti nella scabrezza delle superfici prossime alle stazioni.
  4. Variazione del contenuto in umidità del terreno che altera il flusso di energia verso l’atmosfera.
  5. Effetti di isola di calore urbano incrementatisi nel tempo a seguito dell’espansione delle aree urbane.
  6. Accumulo notturno dei gas serra (vapor acqueo, CO2) in vicinanza del suolo.
  7. Problemi legati alla strumentazione di misura (es: modifiche nella tipologia degli schermi anti-radiazione dei termometri).

Si noti che i fenomeni 1,2,3,5,6 sono assai più efficaci sulle minime notturne che sulle massime diurne e si noti inoltre che:

  • I fenomeni 2,3,4,5,6 sono fenomeni locali e non globali, afferendo a quella branca della meteorologia nota come micrometeorologia e che indaga i processi che avvengono nello stato limite (boundary layer);
  • il fenomeno 3 non comporta variazioni del contenuto di energia del sistema ma solo una riallocazione della stessa fra gli strati;
  • I fenomeni 3,4,5,6 possono aver luogo sulle terre e non sugli oceani, il che giustificherebbe il fatto che l’eccezione pare interessare le terre emerse più che gli oceani.

Rispetto alla complessità che pare emergere da tali fenomeni segnalo alcune risposte trovate in bibliografia e riportate da Klotzbach:

  1. si tratta di errori casuali e che dunque si compensano fra loro (sarà vero? In nome di cosa gli errori dovrebbero compensarsi?)
  2. si tratta di errori indotti dalla disomogeneità della distribuzione della rete globale di stazioni meteo al suolo
  3. lo scostamento osservato fra dati MSU e dati da reti al suolo è frutto di problemi di qualità nei dati di superficie, nei dati MSU o in entrambe.

Tutte risposte che non soddisfano fino in fondo.

Riferimenti bibliografici

  • Klotzbach, P.J., R.A. Pielke Sr., R.A. Pielke Jr., J.R. Christy, and R.T. McNider, 2009: An alternative explanation for differential temperature trends at the surface and in the lower troposphere. J. Geophys. Res., 114, D21102, doi:10.1029/2009JD011841.”, liberamente scaricabile da internet (il link è indicato sul blog di Pielke).
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Published inAttualitàMeteorologiaNews

8 Comments

  1. filipporiccio

    Be’ io sono un fisico… eppure i detentori della verità contestano ugualmente quello che dico.

    • Luigi Mariani

      Gentile dottore,
      a questo debbo spiegare gli antefatti che mi hanno portato a parlare di rischi di “fisicizzazione” della materia:
      1. gran parte dei modellisti che si occupano di previsioni sul clima globale (GCM) sono fisici
      2. in un articolo apparso su Le Scienze un paio d’anni orsono e che purtroppo non ho sottomano, per cui sono costretto mio malgrado a citarlo a memoria, il professor Guido Visconti sostenne che la climatologia era disciplina ancora agli albori (chissà cosa ne avrebbe detto Koeppen….) e che il tasso di fisica era ancora troppo basso.
      Tuttavia il fatto che lei dica “Be’ io sono un fisico… eppure i detentori della verità contestano ugualmente quello che dico.” mi porta a pensare che la salvezza può venire dai fisici stessi, nel senso che occorrerebbe che i “detentori della verità” fossero richiamati ad un confronto stringente fra modelli e realtà, secondo lo spirito che fu di Galileo.

  2. “Pertanto sono convinto che la fisicizzazione della materia, per cui solo i fisici avrebbero diritto di parola, si tradurrebbe in un intollerabile impoverimento culturale …”

    Sono d’accordo, ma vorrei puntualizzare che se arriviamo a questo tipo di discussione, abbiamo già fatto un errore madornale. Da quando in qua la pratica scientifica è diventata così chiusa da imporre esclusioni a priori su chi ha titolo o no di parlare? Non funzionava che qualunque scienziato deve avere il diritto di scrivere un paper e sottometterlo ad una peer review e poi da lì si discute su chi ha argomenti e chi no?

    • Luigi Mariani

      In linea di principio sono pienamente d’accordo con lei: ci sono le riviste scientifiche come luogo di confronto fra tesi diverse e di presentazione delle validazioni dei modelli per confronto con i dati di misura.
      Il punto chiave è far si che questo si mantenga prassi costante, evitando che qualcuno, autoproclamatosi detentore della verità, tolga la parola a tutti gli altri….

  3. Luigi Mariani

    Donato,
    dai dati che ho commentato emerge che sugli oceani:
    1. per il periodo 1979-2010 il trend delle temperature di superficie è inferiore rispetto a quello della troposfera medio – bassa (il che è coerente con la teoria e con quanto indicato dai GCM)
    2. le temperature in superficie sono stazionarie dal 1998 (il che è invece in contrasto con quanto indicato dai GCM, che per valori crescenti di CO2 indicano valori crescenti di temperatura di superficie).

    Circa poi chi abbia o meno diritto di parlare di clima, ricordo che la climatologia fin dalla sua fondazione (avvenuta nel 1816 ad opera del geografo Alexander von Humboldt) è una scienza interdisciplinare, cui hanno dato contributi sostanziali i botanici (es: Koeppen), i meteorologi (es: Ettner, Bergeron), i biofisici e gli agronomi (es: Thorhntwaite, Penman), i geografi (es: Mario Pinna), gli astronomi (es: Milankovich), i geologi…..

    Pertanto sono convinto che la fisicizzazione della materia, per cui solo i fisici avrebbero diritto di parola, si tradurrebbe in un intollerabile impoverimento culturale,

    Ciò non toglie tuttavia che i concetti propri della climatologia fisica ( meccanismi della circolazione generale, lo schema di effetto serra, il gradiente termico verticale, il bilancio energetico di superficie, ecc.) debbano essere conosciuti fino in fondo da chi dibatte di clima.

    Da questo punto di vista sarebbe più che mai auspicabile che da tutto questo parlare di clima derivasse quanto meno una crescita culturale rispetto a tale materia. In altri termini se il clima agendo come variabile guida degli ecosistemi condiziona le nostre vite non è tollerabile la lettura becera che i nostri concittadini ricavano da slogan del tipo “lottiamo contro l’effetto serra” oppure “abbiamo rovinato il nostro clima”, espressi in pubblico da illustri ”climatologi” e contro i quali i credenti nella teoria AGW si guardano bene dal protestare.

    Anche queste considerazioni ci additano la necessità di individuare una terza via fra credenti e scettici, nella quale trovi spazio una crescita culturale concreta e la presa di coscienza del fatto che i modelli non sono nulla se non sono confortati dalla realtà, che resta l’unico vero criterio di giudizio (per dirla come nostro padre Galileo).

  4. Donato

    Dal post emerge, ancora una volta, che molte cose riguardanti la climatologia non quadrano. Le previsioni dei modelli, in particolare, sono diverse dalla realtà. Una cosa mi stupisce: ogni volta che emerge una difformità tra le previsioni dei GCM ed i dati reali la spiegazione più ricorrente è che i dati sono errati. In genere, se i dati non quadrano con la teoria, è la teoria ad essere errata e, quindi, da revisionare. In ambito climatologico, ho l’impressione, che la regola valida in tutte le discipline scientifiche abbia delle eccezioni (tanto per restare in tema). Le mie, comunque, sono considerazioni di un profano che, non essendo climatologo professionista, non dovrebbe avere neanche diritto alla parola (stando a quanto emerge dalla navigazione in siti pro AGW). Chiudo con un quesito (multiplo). Se ho capito bene le previsioni dei GCM sono verificate sugli oceani ma non sulla terraferma. Ciò significa che sugli oceani i dati reali corrispondono a quelli attesi e, quindi, la teoria funziona. A questo punto, mi chiedo, che razza di temperatura globale si sta considerando visto che quella di superficie, sulla terraferma, sembra essere affetta da errori di misura? Può una teoria funzionare sui mari e non sulla terraferma?
    Ciao, Donato.

  5. secondo la teoria degli errori, il limite del valore atteso di un errore casuale è 0
    per questo se gli errori fossero realmente casuali si annullerebbero tra loro

    • luigi Mariani

      Temo che gli effetti che i succitati fenomeni propri dello strato limite hanno sulle temperature dell’aria in superficie non producano errori casuali.
      Basta pensare all’effetto indotto dalla costruzione di edifici in vicinanza di una stazione….

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