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Ghiaccio Artico: il mondo non è iniziato nel 1979

A dire il vero è iniziato molto prima, solo che ne sappiamo molto poco. Infatti, se da un lato il progresso tecnologico sta consentendo di disporre di dati sempre più precisi ed omogenei (con la non banale eccezione delle informazioni relative alle temperature medie superficiali la cui qualità sta invece detriorandosi), dall’altro questa enorme mole di informazoni è molto giovane, spesso troppo per poter essere paragonata a quei pochi dati di cui si dispone per il periodo pre-satellitare.

L’estensione dei ghiacci artici e antartici naturalmente non fa eccezione. Spesso abbiamo sentito parlare dei dati relativi alla superficie marina ghiacciata delle alte latitudini con esclusivo riferimento all’epoca cui risalgono le osservazioni satellitari, ossia poco più di un trentennio. E’ pur vero che sebbene per scopi molto più strtategici che climatici, già qualche anno prima dell’avvento ufficiale dei satelliti, si cercava di mettere insieme quante più informazioni possibile circa lo stato di quella importante porzione del Pianeta. Accadde così che nel 1990, alla pubblicazione del primo report dell’IPCC, l’estensione dei ghiacci artici fu rappresentata non già a partire dal 1979 ma dal 1971. Così come recita la didascalia dell’immagine pubblicata nel report, le fonti delle informazioni erano molteplici: osservazioni navali dirette, aerofotogrammetria e prime riprese satellitari, tutto messo insieme dalla NOAA. Proprio così, anche dai satelliti.

Questi dati, resi allora disponibili in forma cartacea, ovvero in forma di mappe successivamente digitalizzate, pare siano introvabili in formato tabulare, tuttavia, se sono stati giudicati sufficientemente attendibili per il report IPCC del 1990, non si capisce come mai siano stati tagliati fuori da tutti gli altri report e da tutti gli attuali gestori di dataset nel rappresentare l’andamento di lungo periodo dell’estensione del ghiaccio marino.

Pur dovendo ripetere sino alla noia che in un Pianeta mediamente più caldo è lecito attendersi nel lungo periodo una diminuzione delle superfici coperte da ghiaccio e che le dinamiche stagionali e interannuali hanno pochissimo a che vedere con questo processo, essendo sostanzialmente pilotate da forcing legati alla circolazione atmosferica e marina, resta il fatto che a guardare quei dati, sembra che nel corso degli anni ’70, noti per essere stati climaticamente piuttosto freddi, il ghiaccio marino artico passò da una estensione mediamente inferiore alla norma ad una mediamente superiore alla norma, conservandola poi fino alla fine degli anni ’80, quando è iniziato un trend di significativo declino cuminato nel minimo storico del 2007. Trend che ora sembra abbia subito un certo rallentamento.

Pur compiendo un’operazione ai limiti del consentito, se si mettono insieme i dati pre-1979 e quelli che siamo ormai abituati a vedere, si nota piuttosto chiaramente come l’estensione del ghiaccio sia stata soggetta negli ultimi 40 e passa anni ad un andamento in cui si nota una certa ciclicità, pur confermando le tendenza ad una generale diminuzione concretizzatasi però in un periodo specifico, appunto dal 1980 al 2007.

Non che questo aggiunga molto alla discussione con riferimento al periodo più recente. Che il ghiaccio artico sia in deficit è un fatto, come lo è che quello antartico è invece in surplus, ma non si spiega come mai quei pochi dati relativi agli anni precedenti l’inizio del declino siano stati accantonati. Qualcuno sa perché?

NB: da qui.

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Published inAttualitàClimatologia

5 Comments

  1. Gianni

    Visitando il sito ARCTIC-ROOS, non mi sembra che in questi ultimi 3-4 anni l’estensione dei ghiacci artici si sia ulteriormente ridotta.Forse si sarà ridotto il loro spessore.Comunque è verosimile che un’attività vulcanica sottomarina prolungata possa contribuire ad una tendenza allo scioglimento. Ai serristi sfegatati consiglierei più ponderazione prima di lanciarsi in annunci sensazionali.

  2. Giovanni B.

    Ho letto in marzo un articolo su Meteogiornale nel quale si afferma che in base ad alcuni recenti studi nelle profondità dell’Artico (3000-4000 m) vi siano diversi vulcani in attività che contribuirebbero allo scioglimento dei ghiacci artici. Non è chiaro se questa attività possa essere solo recente o da quando si sia sviluppata in modo da correlarla al trend dello scioglimento

  3. Carmen

    Sul corriere di oggi, 27 Marzo 2012, va in scena l’eco dramma:
    “Il Riscaldamento globale: e’ irreversibile.
    Le temperature globali dovrebbero salire di 6 gradi Celsius entro il 2100.
    I poli e le foreste tropicali sono gia’ spacciate. (Amen)
    Per i ghiacci polari – “giganteschi frigoriferi” del mondo – il punto di non ritorno e’ gia’ stato superato: l’Antartide occidentale nello scorso decennio s’e’ gia’ sciolta quasi del tutto
    http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Ambiente/Riscaldamento-globale-irreversibile/27-03-2012/1-A_001329644.shtml
    Ovviamente l’OCSE ha già una soluzione “scientifica”: aumentare le ecotasse.
    Ahimé! Come potremo sovravvivere a questa sciagura planetaria? (Mi riferisco alle tasse)

  4. donato

    In certi ambienti tutto ciò che è ciclico, è visto come il fumo negli occhi. 🙂
    Qualche giorno fa commentando un articolo di Goodman abbiamo notato che con le correzioni apportate al dataset ICOADS si è generato HadSST3 che ha completamente eliminato ogni ciclicità presente nei dati grezzi. Una volta lo scienziato andava alla ricerca di quelle regolarità e di quelle ciclicità che riuscivano a far cadere nel campo della razionalità (e della comprensione) ciò che accade nel mondo che ci circonda. Oggi si segue la direzione opposta: si elimina tutto ciò che è ciclico in quanto la ciclicità mal si adatta ai concetti di “senza precedenti” e “peggio di quanto ci si aspettava”.
    Ciao, Donato.

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