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Il livello del mare crescerà molto più del previsto (peggio di quanto pensassimo)!

Qualche settimana fa, qui su CM, sono stati pubblicati due post (qui e qui) in cui si commentavano le conclusioni di due articoli che analizzavano l’andamento del livello del mare (regionale nel primo caso e globale nel secondo). Di recente sono stati pubblicati altri due articoli:

 

 

Entrambi gli articoli analizzano il trend di aumento del livello medio del mare negli anni futuri.

 

Rahmstorf et al. 2012 analizza il trend di aumento del livello del mare a partire dal 1980 basandosi su dati mareografici e su dati satellitari (esperimento GRACE). Sulla base di tali dati gli autori giungono alla conclusione che (al 2011) il livello globale del mare si colloca ai limiti superiori degli scenari IPCC.

 

Rahmstorf et al fig_2
(nel grafico, in arancione, i dati mareografici, in rosso quelli satellitari, in azzurro gli scenari del terzo rapporto IPCC ed in verde gli scenari calcolati sulla base delle metodiche IPCC ma non pubblicati nel quarto rapporto del panel)

Gli autori dell’articolo calcolano il tasso di variazione del livello del mare essenzialmente sulla base dei dati satellitari in quanto i dati mareografici presentano una variabilità notevole e, inoltre, non sono indicativi del livello globale del mare a causa del numero ridotto di stazioni mareografiche. Sulla base di tale considerazione il livello medio del mare, secondo Rahmstorf et al. 2012, sta aumentando con un tasso superiore a 3 mm per anno e, quindi, molto più velocemente di quanto prevedesse lo scenario centrale dell’IPCC.

Personalmente noto che i dati satellitari e quelli mareografici sono piuttosto contrastanti e sulla scorta di un calcolo grossolano da me effettuato, il livello del mare, tra il 1985 ed il 2010, è aumentato di circa 6 cm (circa 2,4 mm per anno su base maereografica). Che il tasso di variazione su base mareografica sia inferiore a quello su base satellitare, si evince anche dal secondo grafico elaborato dal Rahmstorf et al. 2012.

 

Rahmstorf et al fig_3
Nel grafico, in arancione, il rateo di variazione del livello del mare a partire dal 1900, in rosso il rateo calcolato nel periodo 1993-2011 sulla scorta dei dati satellitari e in verde, celeste e azzurro i possibili scenari delineati dal report IPCC a fronte di diverse ipotesi di emissione di CO2.

 

 

A conferma di quanto scrivevo poco più sopra si noti che il rateo calcolato sulla scorta dei dati satellitari è maggiore di quello calcolato sulla base dei dati mareografici. Le ragioni, secondo me, devono ricercarsi negli errori sistematici da cui è afflitto l’altimetro satellitare e in quelli connessi alla quota di riferimento a terra calcolata sulla base di capisaldi geodetici. Tali errori sono noti ed ampiamente analizzati dalla letteratura scientifica ed in particolare dai ricercatori del JPL di Pasadena, tanto che la NASA ha in programma di sostituire GRACE con un altro esperimento.

 

A parte questa considerazione resta il fatto che il rateo di variazione del livello del mare si colloca sui valori massimi previsti dall’IPCC tanto sulla scorta dei dati satellitari che di quelli mareografici. A cosa è dovuto questo aumento del livello del mare?

 

Rahmstorf et al. 2012 su questo punto concordano con quanto hanno scritto J. M. Gregory et al. nel loro articolo “Twentieth-century global-mean sea-level rise: is the whole greater than the sum of the parts?” pubblicato da AMS Journals Online e di cui si è discusso qui.

 

Rahmstorf et al. 2012, al pari di J. M. Gregory et al., reputano molto improbabile che la fusione delle placche glaciali terrestri (Groenlandia ed Antartide) o variazioni del contributo delle acque superficiali terrestri o modifiche del confinamento di quelle sotterranee, abbiano contribuito a far variare il livello del mare, per cui l’unica causa possibile deve essere ricercata nella dilatazione termica degli oceani. Considerando le variazioni di temperatura verificatesi nell’ultimo trentennio la cosa è altamente probabile.

 

Appare condivisibile, pertanto, che a causa delle forti variazioni di temperatura che hanno caratterizzato l’ultimo trentennio del secolo scorso si sia verificato un innalzamento del livello del mare a causa della dilatazione termica degli oceani (trascurando fenomeni che coinvolgano equilibri isostatici).

 

Il problema, ora, è quello di stabilire cosa succederà nel futuro. Rahmstorf et al. 2012, sulla base di un approccio semi-empirico alla problematica esaminata, sostengono che il livello del mare, nel 21° secolo, si innalzerà ad un ritmo superiore a quello ipotizzato dall’IPCC. Sulla base di studi condotti da J. Hansen, dallo stesso Rahmstorf e da altri ricercatori, infatti, il livello del mare appare fortemente correlato alla temperatura globale. Questo, almeno, è quello accaduto nel passato per cui è altamente probabile che la stessa cosa accadrà anche nel futuro. Poiché le temperature nel corso del 21° secolo sono destinate ad aumentare, se ne deduce che anche il livello del mare, grazie alla correlazione individuata, ne seguirà le sorti. Il corollario che deriviamo da questo ragionamento è che anche il livello del mare, come la temperatura, dipende da cause antropiche.

 

Personalmente ho molti dubbi su questa interpretazione in quanto non credo che la correlazione possa considerarsi causalità. Altro aspetto che, però, mi lascia alquanto dubbioso riguarda i modelli statistici semi-empirici che vengono utilizzati per le proiezioni future. Essi, stando a quanto scrivono J. M. Gregory et al., sopravvalutano molto le variazioni del livello del mare al 2100 rispetto ai risultati ottenuti con i modelli matematici utilizzati dall’IPCC.

 

Ed è proprio dall’approccio semi-empirico che parte l’altro lavoro di cui ho accennato all’inizio del post.

 

A. Zecca et al. 2012, proprio in considerazione del fatto che i modelli semi-empirici stimano incrementi del livello del mare molto più consistenti di quelli previsti dai modelli matematici su cui si basano gli scenari IPCC, analizza l’evoluzione del livello del mare nel corso di questo secolo e di quello successivo. Gli autori, stando all’abstract dell’articolo che, essendo consultabile solo a pagamento, non ho letto, hanno preso in considerazioni diversi scenari che tengono conto del previsto esaurimento dei combustibili fossi in un prossimo futuro. Essi, sulla base di un metodo semi-empirico accoppiato ad un semplice modello climatico, hanno testato diversi scenari di esaurimento dei combustibili fossili tradizionali ed hanno stimato l’andamento del trend di variazione del livello del mare. Sulla base dei risultati ottenuti i due scienziati hanno stimato in circa 80 cm l’aumento del livello del mare alla fine di questo secolo. Tale cifra risulta sostanzialmente in linea con gli scenari peggiori dell’IPCC. Però, A. Zecca et al. 2012 estendendo lo studio al 2200, hanno stimato un prosieguo della crescita del livello del mare anche nel 22° secolo pur in presenza di un esaurimento dei combustibili fossili nel corso del 21° secolo.

 

Fossil fuel emissions

 

In questo grafico, tratto dal materiale liberamente consultabile allegato all’articolo citato, sono individuati i vari scenari di esaurimento dei combustibili fossili indagati. Nel grafico seguente, invece, si possono vedere i valori dell’innalzamento del livello del mare calcolati sulla base dei vari scenari ipotizzati per questo secolo e per il successivo.

 

Sea level rise

 

Come si può vedere dal secondo grafico l’approccio metodologico utilizzato è tale da generare risultati ancora più angoscianti di quelli dell’IPCC.

 

Quale approccio è più realistico? Personalmente nutro forti dubbi circa gli scenari a lunghissimo termine che stiamo esaminando. Non perché siano logicamente o formalmente sbagliati, ma perché legare tutto alla correlazione tra livello del mare e temperatura globale (come si fa nell’approccio semi-empirico) e tra temperature e CO2 (come si fa negli altri casi, trascurando tante altre variabili che caratterizzano il sistema) mi sembra una semplificazione eccessiva.

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Published inAttualitàClimatologia

10 Comments

  1. Carlo Del Corso

    Scusate questa mia domanda un pò rozza , da vero ignorante.
    Siccome viene dato per scontato che l’aumento del livello del mare sia dovuto soprattutto alla dilatazione termica causata dal riscaldamento medio dell’atmosfera, questo stesso non dovrebbe causare più evaporazione che, non necessariamente, essendo l’atmosfera un sistema aperto, tornerebbe sul pianeta con maggiori precipitazioni, e quindi contrastare l’effetto dilatazione?

    • donato

      La tua domanda non è né rozza né da ignorante, ma rappresenta uno dei corni del problema climatico.
      La dilatazione termica dei mari dipende dalla quantità di calore che viene immagazzinata in essi e la temperatura degli oceani è solo un pallido riflesso della prima. L’aumento della quantità di calore immagazzinata negli oceani non è determinata dall’aumento di temperatura dell’atmosfera, ma “dall’effetto serra” cioè dai fenomeni radiativi che coinvolgono i gas-serra presenti nell’atmosfera: essi interagiscono con la radiazione infrarossa uscente dalla superficie terrestre e la riflettono verso la Terra impedendo alla stessa di sfuggire verso lo spazio profondo e, quindi, agli oceani di raffreddarsi. Per il resto hai perfettamente ragione: maggiore temperatura degli oceani (almeno dello strato superficiale, perchè per gli strati profondi non possiamo parlare di aumento di temperatura almeno sulla base dei dati delle boe del sistema ARGO) comportano maggiori precipitazioni e, quindi un raffreddamento dell’atmosfera, ma maggiore temperatura degli oceani determina un riscaldamento per convezione dell’atmosfera determinando una serie di delicatissime interazioni che ancora non abbiamo capito a fondo e che non riusciamo a schematizzare nei modelli numerici che rappresentano gli stati dell’atmosfera ( il noi è un po’ presuntuoso in quanto la comprensione riguarda fisici dell’atmosfera, io mi limito ad apprendere da ciò che essi scoprono e che pubblicano nei loro articoli, diciamo che mi limito a studiare 🙂 ).
      Spero di essere riuscito con queste poche righe a dare un’idea (molto pallida ovviamente) del problema.
      Ciao, Donato.

  2. donato

    Con il suo solito stile piacevolmente ironico A. de Orleans B. ha individuato alcuni interessanti spunti di discussione a molti dei quali mi sembra che abbia esaurientemente risposto Max Pagano con il suo commento. Per quanto mi riguarda ho apprezzato in modo particolare la chiosa del punto 5. del suo commento. Credo che egli abbia perfettamente ragione: ancora non conosciamo la derivata prima e già ci preoccupiamo della derivata seconda! Alvaro, il tuo commento mette il dito nella piaga in quanto, all’epoca dei miei studi di geodesia, il livello medio del mare era il piano di riferimento stabile rispetto a cui calcolare la quota delle terre emerse. Il Geoide Internazionale è sempre sato definito come la quperficie equipotenziale che, in linea di massima, coincide con il livello medio del mare. Il rilievo altimetrico italiano curato dall’IGM ed a cui fanno riferimento tutti i rilievi aerofotogrammetrici oggi esistenti, era basato su capisaldi costituiti da stazioni mareografiche site in alcuni porti italiani (Genova, Napoli, ecc.). In altri termini per stabilire la quota del monte Bianco si partiva da quella del mare di Genova. 🙂 Oggi come oggi, invece, le cose sembrano cambiate: si determina il livello del mare sulla scorta di capisaldi geodetici posizionati a terra. A me sembra un’enormità in quanto la terra è tutto tranne che ferma.
    Il circostanziato ed interessantissimo commento di Max Pagano illustra in modo impeccabile le dinamiche complesse che regolano i movimenti della “terraferma”. Esistono sicuramente aree in equilibrio isostatico che potremmo considerare immobili in tempi umani, ma la stragrande maggioranza della superficie terrestre solida è in continuo movimento e le oscillazioni possono essere anche di notevole entità. Le stazioni mareografiche hanno sempre avuto il compito di determinare la posizione relativa tra terra e superficie del mare ipotizzando la prima mobile e la seconda fissa proprio in virtù delle considerazioni che ha sviluppato Max. Le stesse misure satellitari che, apparentemente, dovrebbero svincolarci dai movimenti isostatici, in realtà, si appoggiano a caposaldi geodetici basati a terra di cui nessuno garantisce la costanza della quota nel tempo. Sembra, anzi, che proprio in questi caposaldi si annidi uno dei vulnus principali dei rilievi satellitari.
    Su questi aspetti, però, ho intenzione di sviluppare un altro post augurandomi che G. Guidi lo pubblichi. 🙂
    Ciao, Donato.

    • max pagano

      ti metto una pulce nell’orecchio: io a tempo perso faccio la guida escursionistica con un’associazione di Trekking; ovviamente, quando facciamo le uscite, siamo sempre dotati di GPS cartografico; NON E’ MAI SUCCESSO, e sottolineo MAI, che rilevando il punto (coordinate geografiche e quota), con 3-4 o anche 5 dispositivi GPS contamporaneamente, la quota slm indicata abbia mai coinciso tra un GPS e l’altro….. l’inaffidabilità delle rilevazioni satellitari sull’altitudine è nota, e credo che in questo ci sia ancora tanta strada da fare….. 🙂

  3. Alvaro de Orleans-B.

    Interessante, veramente grazie!
    Alvaro

    • max pagano

      🙂

  4. max pagano

    la questione è un po’ più complessa e penso posta anche in modo un po’ fuorviante:
    intanto, non è la crosta terrestre che galleggia sul mantello, ma la LITOSFERA, che comprende sia lo spessore di crosta (crosta a composizione “granitica” sotto le terre emerse, – spessa in media 30-35 km, fino a 70 km sotto gli orogeni più elevati – e crosta a composizione “basaltica” => più densa e pesante, sotto i fondali oceanici, spessore medio 5-10 km), sia lo spessore della parte più superficiale del mantello, che dal punto di vista meccanico si comporta come un corpo rigido e si muove solidarmente alla porzione di crosta sovrastante, durante gli spostamenti delle zolle, scivolando e “galleggiando” sull’ASTENOSFERA, porzione sottostante del mantello che si ipotizza fusa o parzialmente fusa, e a comportamento assimilabile ad un fluido molto viscoso, e quindi deformabile in maniera plastica;

    nelle zone dove c’è – o c’è stato – uno sprofondamento della litosfera, è perché si era creato – o esiste tutt’ora – uno squilibrio isostatico, in altre parole, lo spessore di crosta a causa di una collisione tra placche ha dato origine ad una catena montuosa e questo aumento di spessore ha causato di riflesso l’affondamento delle radici dell’orogeno a profondità maggiori;
    al contrario, esistono altresì testimonianze verificate di sollevamenti isostatici (ad es in tutto il nord europa e nord america) delle terre emerse in conseguenza dello scioglimento delle calotte glaciali dall’utima glaciazione di 12.000 anni fa (+/-); e ancora, sempre verificato, la catena Himalaiana si sta alzando, ma non è del tutto chiaro se questo è dovuto all’isostasia per l’alleggerimento della catena per l’erosione, o al fatto che la placca Indiana sta costantemente e tuttora spingendo verso quella Asiatica…
    Il principio dell’isostasia prevede che, se una certa porzione di crosta aumenta di peso (=> spessore), essa reagisce sprofondando e si solleva se accade il contrario oppure se l’aumento di peso non è accompagnato da un aumento di volume tale da rovesciarne gli effetti. Tutta la crosta terrestre tenderebbe a un riequilibrio isostatico per compensare gli effetti della dinamica profonda, che porta continuamente a ispessimenti di crosta, e quelli dell’erosione, che porta ad alleggerimenti. In base a considerazioni geofisiche, si pensa che questi spostamenti avvengano a profondità non molto elevata e che esista una superficie, detta di compensazione isostatica, situata a 60-100 km di profondità, al di sotto della quale cessano le variazioni di densità e si realizza uno stato permanente di equilibrio.

    con questo voglio dire che in assenza di cause geologiche o tettoniche, non necessariamente le terre emerse per forza di cose tendono ad “affondare” sempre e comunque nell’astenosfera; vaste zone della superficie terrestre, inattive dal punto di vista tettonico da decine di milioni di anni e non interessate da fenomeni glaciali, hanno raggiunto ormai una situazione di equilibrio (sempre precario e suscettibile di alterazione, per carità….)
    per altro, dato che la crosta sotto i continenti e sotto gli oceani è di composizione diversa, e in linea di massima come si diceva pare che esista una superficie di compensazione isostatica, mi pare difficile immaginare che un affondamento di una parte di litosfera a causa ad esempio di un’orogenesi, possa avere come reazione “elastica” un analogo sollevamento di un fondale oceanico nelle vicinanze, con conseguente innalzamento del livello marino, cosa che invece succede quando a sollevarsi sono catene montuose sommerse, le dorsali oceaniche, ma in quel caso lo stravolgimento geologico-tettonico comprende talmente tanti aspetti che rimane difficile imputare la causa di un cambiamento del livello marino ad un singolo specifico fattore….
    lascio la parola ad altri geologi più esperti di me…..

  5. Alvaro de Orleans-B.

    Perdonatemi una considerazione e una domanda da estremo ignorante.

    1. Se ricordo bene, la profondità media degli oceani (4/5 della superficie terrestre) è attorno ai 3.500 metri e l’altezza media delle terre emerse è sugli 800 metri.

    2. Assumendo una densità media delle terre emerse sui 2,5 – 3.0 g/cm3, abbiamo un notevole energia potenziale che le spinge a sprofondare nel magma sottostante, aumentando così la profondità media degli oceani.

    3. Ricordo inoltre che su Marte è possibile avere montagne alte 30 km, mentre sulla Terra è difficile che le montagne superino gli 8-9 km perché, per altezze superiori, la loro propensione a crescere ulteriormente dovuta alla spinta delle placche continentali è inferiore alla crescita del tasso di sprofondamento dovuto al loro peso, molto maggiore sulla Terra — menziono questo solo per evidenziare che esiste uno sprofondamento, anche se non ho idea delle velocità.

    4. Mi domando quindi quanto i rispettivi tassi di crescita delle terre emerse e del loro sprofondamento siano, anzitutto, variabili ed eventualmente scorrelati fra loro e se questi fenomeni possano o no avere un effetto calcolabile sul livello dei mari. In fondo (scusate la scelta della parola!) se tutte le terre emerse sprofondassero sott’acqua, il “llivello” medio si alzerebbe di circa 150 metri — il fenomeno ha quindi valori potenzialmente significativi.

    5. Fino a quando non fu misurata la velocità, in cm/anno, dello spostamento relativo delle placche tettoniche, questo discorso non aveva senso, ma qualche anno fa mi trovai a volare con un motoaliante tra una collina di Zurigo e il monte Titlis per misurare, di 100 in 100 metri, i parametri atmosferici tra questi due punti — tale misura permise di aumentare di circa cinque volte la precisione della distanza misurata tra i due punti con un fascio di microonde e mi venne di chiedere ai geofisici: “ma lo spostamento accelera o frena?” e la risposta fu: “fateci almeno misurare la derivata prima, poi ci occuperemo della seconda!”

    6. Mi sembra quindi ragionevole — grazie all’ignoranza temeraria — domandarmi se oltre ai ghiacciai che si sciolgono e gli strati oceanici che si espandono scaldandosi, quel “dito nel bicchiere” rappresentato dalle terre emerse stia salendo o scendendo, contribuendo così a modificare il livello dell’acqua. Forse la domanda è così stupida da essere già superata dall’effetto, sul livello del mare, del materiale eroso che i fiumi trasportano sott’acqua come sedimenti!

    Rinnovo le mie scuse per formulare una domanda così ignorante e ringrazio fin d’ora per una risposta.

    Alvaro

  6. donato

    Claudio, il tuo commento mi offre la possibilità di precisare meglio questo concetto.
    I modelli matematici utilizzati dall’IPCC valutano la velocità con cui cresce il livello del mare ed estrapolano questo dato agli anni futuri. Dall’epoca del 3° rapporto IPCC ad oggi la variazione del livello del mare è avvenuta in modo piuttosto conforme a quanto previsto dai modelli matematici (sempre in termini di velocità). Il tempo intercorso (circa dieci anni) tra la pubblicazione degli scenari e l’attualità, però, è tale che, considerando una velocità di crescita di 3 mm/anno, il livello del mare dovrebbe essersi innalzato di circa 3 cm. Si tratta di un valore assoluto piuttosto ridotto che, secondo me, potrebbe essere imputato alle cause più disparate non ultimi eventuali errori di misurazione di tipo sistematico. Quello che interessa ai fini del nostro discorso è la variazione della velocità con cui cresce il livello del mare: essa è aumentata oppure no?
    Secondo J. M. Gregory et al. 2012 l’accelerazione, se vi è stata, è stata estremamente ridotta e, quindi, inferiore alle previsioni. Secondo i due studi di cui ho parlato in questo post, invece, la velocità con cui è variato il livello del mare coincide con quella prevista e, per il futuro, essa è destinata ad aumentare: l’aumento del livello del mare accelererà.
    La tua osservazione è giusta in quanto i modelli IPCC valutano essenzialmente l’aspetto termico dell’aumento del livello del mare. Secondo J. M. Gregory et al. 2012 il solo aumento termico non è in grado di giustificare l’incremento di velocità di variazione del livello del mare calcolato dall’IPCC e, a maggior ragione, quello calcolato da altri ricercatori con l’utilizzo dei modelli semi-empirici (come Rahmstorf et al. 2012). Essi, però, sono giunti a simili conclusioni utilizzando modelli matematici per tener conto anche delle altre variabili che influenzano il livello del mare. Le misurazioni, purtroppo, restano sempre in secondo piano rispetto alla modellistica anche perché i dati in nostro possesso occupano uno spazio temporale estremamente ridotto e, riguardando il passato, non sono in grado di garantirci previsioni future non essendo note leggi deterministiche che regolino il fenomeno variazione livello del mare. Dobbiamo, pertanto, accontentarci dei modelli e discutere dei risultati modellisitici: o bere o affogare. 🙂
    Ciao, Donato.

  7. Claudio Costa

    mmmm mi sembra di ricordare però che gli scenari dell’IPCC sul livello del mare non comprendessero l’aumento del livello del mare dovuto allo scioglimento dei ghiacciai terrestri, ma solo quello dovuto alla dilatazione termica. Giocoforza lo scenario è inferiore alla realtà.

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