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Solo il 5 per cento

In questi giorni, grazie al G8 in corso, siamo bombardati da ogni tipo di informazione, programma e previsione sul clima e l’economia. Senza distogliere l’occhio puntato sull’importante raduno di potenti, noi procediamo con la nostra analisi sui legami tra economia e mitigazione climatica. Oggi affrontiamo un argomento piuttosto delicato, sebbene a qualcuno potrà sembrare un mero esercizio di stile.

E tale in effetti potremmo considerarlo, tuttavia vuole essere uno strumento pratico, numerico, per aiutarci a riflettere sulle dimensioni reali della questione. Nei programmi di massima, negli accordi internazionali e nei discorsi di tanti mezzi di comunicazione sentiamo sempre più spesso citare quantità di denaro per poter mitigare le emissioni di CO2 o in generale per adattarsi al cambiamento climatico in corso. Utilizzando Google e facendo un po’ di ricerca, ciò che emerge è che viene citata una forchetta di spesa compresa tra l’uno e il cinque per cento del PIL globale (o Gross Domestic Product, GDP, in inglese).

Abbiamo già discusso, sebbene non in modo esaustivo, della validità del PIL come misuratore della ricchezza di una nazione, tuttavia anche in questo caso lo utilizzeremo come metrica in quanto al momento è la più diffusa e standardizzata.

Voler investire dei soldi nel processo di mitigazione e sostenere che, tanto, pesa solo 1-5% del PIL sta diventando molto semplice, quasi un “tormentone”. Di quanti soldi si tratta? Effettueremo i calcoli per il BCS (Best Case Scenario, lo scenario più favorevole) e per il WCS (Worst Case Scenario, lo scenario peggiore possibile). Partiamo innanzitutto dal PIL mondiale che si aggira intorno ai 60689 miliardi di $1 .

A questo punto possiamo calcolare gli estremi della forchetta:

  • 1% PIL mondiale = 606,89 miliardi di $
  • 5% PIL mondiale = 3034,45 miliardi di $

Cifre che lette così sono solo numeri, tra poco vedremo il peso effettivo. Prima di passare all’analisi, esporremo il metodo utilizzato per giungere alla rappresentazione dei dati. Le strade possibili sono molteplici, ad esempio si potrebbe calcolare il PIL pro capite e in base a questo stilare la classifica, oppure semplicemente calcolare a quanta parte corrisponde il PIL di ciascuna nazione e quindi cumulare il dato fino al raggiungimento dell’1% e del 5%. Sono metodi validi entrambi, portano a qualche lieve differenza nei risultati (per esempio come è facile immaginare, il Lussemburgo viene mantenuto per il PIL pro capite, ma viene scartato per quanto riguarda il PIL complessivo). Ad eccezione di questi piccoli casi particolari, i paesi più poveri vengono esclusi quasi sempre in entrambi i casi. Particolare attenzione va posta per l’India. Questo immenso e popolosissimo stato, in via di fortissimo sviluppo rimane infatti escluso per quanto riguarda il PIL pro capite ma non per il PIL complessivo.

In questo ambito abbiamo preferito utilizzare il PIL cumulativo, quindi l’India non viene esclusa. Questo dato va tenuto a mente, in quanto l’India è portatrice di ben 1.2 miliardi di persone ovvero circa il 18% della popolazione terrestre complessiva. Inoltre l’India è una nazione attrice principale nel panorama geopolitico mondiale. Tornando ai dati, quindi abbiamo calcolato il peso di ogni nazione rispetto al PIL mondiale e ordinato i dati in senso crescente fino al raggiungimento delle due soglie (1% e 5%).

Nazione % PIL Popolazione2
Kiribati 0,0002 98000
Sao Tomè and Prèncipe 0,0003 163000
Tonga 0,0004 104000
Dominica 0,0006 67000
Guinea-Bissau 0,0008 1611000
Solomon Islands 0,0008 523000
Timor-Leste, Dem. Rep. of 0,0008 1134000
Comoros 0,0009 676000
Samoa 0,0009 179000
St. Kitts and Nevis 0,0009 52000

La tabella di cui sopra riporta una minima parte dei dati analizzati. Tirando le somme, abbiamo che:

  • 1% PIL mondiale = 586643344 persone;
  • 5% PIL mondiale = 1488919672 persone (pari a circa il 22% della popolazione globale).

Infine alcune considerazioni obbligatorie.

Non riteniamo affatto che il valore delle persone sia equiparabile al PIL di una nazione, al contrario utilizziamo tale misura come metrica per riflettere sulla facilità con cui certa informazione sostiene che “si tratti solo del 5%”. Un’altra considerazione è in merito ai costi per la mitigazione e gli eventuali costi per affrontare i danni derivanti dal Global warming. Il punto è sicuramente delicato, infatti i sostenitori della teoria AGW sostengono che i costi di mitigazione siano solo una minima parte dei costi che dovremo sostenere nei prossimi 100 anni per via di tempeste sempre più violente, innalzamento dei mari e altre catastrofi causate dalle attività antropiche. Ebbene, i costi per riparare i danni del Global Warming sono stime, non dimentichiamolo: si tratta di proiezioni ottenute incrociando gli scenari emessi dai modelli climatici e inseriti in modelli economici. Al termine di questi calcoli ci viene fornito il present value del flusso dei pagamenti da qui al 2100 (normalmente), ovvero il valore del denaro tra 100 anni viene reso “omogeneo” con il valore attuale, in modo tale da poter effettuare confronti sensati (il tasso di interesse, infatti, varia nel tempo e rende due quantità monetarie non direttamente confrontabili).

Di seguito abbiamo creato una animazione legata ai dati sopra presentati.

Animazione PIL mondiale - Immagine di Claudio Gravina, Climate Monitor

Sicuramente il dibattito nato intorno alla mitigazione del GW non è semplice, non lo è dal punto di vista della scienza, nè tantomeno dal punto di vista socio-economico. Ciò che, invece, è estremamente chiaro è l’ordine di grandezza della questione.

Mi sia permessa una nota personale: non credo che la decrescita (intesa soprattutto come denatalità) sia una soluzione. Diversamente, uno sviluppo e una crescita più consapevole porteranno ad una migliore qualità della vita a livello globale e dal punto di vista delle amate-odiate emissioni di CO2 si assisterà di certo ad una diminuzione complessiva, fondamentalmente per due motivi. Innanzitutto per i progressi tecnici che coinvolgono sia la generazione di energia sia i processi produttivi. In secondo luogo perchè un impegno a livello sociale porta automaticamente ad una riduzione sostanziale dell’inquinamento, va da sè, è quasi una legge di natura: se un essere umano vede soddisfatti costantemente i propri bisogni primari, di certo potrà dedicarsi con più attenzione anche alle questioni ambientali. Un’azienda di un paese in via di sviluppo, che cerchi di recuperare il gap che la separa dalle concorrenti occidentali, non può per definizione porre troppe attenzioni alla sostenibilità e alla compatibilità ambientale dei propri processi produttivi (in altre parole, costi aggiuntivi). In fondo questo è il leit motiv, il fil rouge che lega ogni dibattito a livello internazionale e che determina uno stallo nelle trattative. Avremo modo di parlarne approfonditamente, tuttavia la cooperazione tra stati è ora più che mai necessaria, perchè il raggiungimento di determinati obiettivi a livello ambientale non è accettabile che passi attraverso lo smantellamento delle nazioni più povere o, mutatis mutandis, di quelle più ricche. Una seria politica di sviluppo che abbia a cuore anche l’ambiente, al contrario, non può prescindere dal miglioramento delle condizioni di vita della grande maggioranza degli abitanti di questo pianeta.

Aggiornamento

Sono disponibili due nuove versioni dell’animazione, entrambe sono più lente in modo tale da poter osservare meglio i dettagli, viene fornita anche una versione a risoluzione più bassa.

Animazione PIL Mondiale. alta risoluzione - Immagine di Claudio Gravina, Climate Monitor
Versione in alta risoluzione (durata complessiva 15 sec)
Animazione PIL Mondiale. bassa risoluzione - Immagine di Claudio Gravina, Climate Monitor
Versione in bassa risoluzione (durata complessiva 15 sec)

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  1. International Monetary Fund []
  2. Department of Economic and Social Affairs Population Division (2009) (.PDF). World Population Prospects, Table A.1
    []
Published inAttualitàEconomia

16 Comments

  1. Ma certo Achab, possiamo mettere sul tavolo tutti i “se” e i “ma” che riteniamo opportuni (è così che nascono i modelli simulativi… ammesso di essere in grado di intercettare tutti i feedback 🙂 ).

    In ogni caso al momento praticamente qualsiasi cosa riceve sussidi dai governi e dalle banche centrali, per i lavori verdi, in particolare, fatto 1 l’investimento nel petrolio (o in qualsiasi altra fonte non rinnovabile) è pari a 2.2 l’investimento necessario per un tempo lunghissimo (si parla di almeno 60/100 anni).

    Personalmente non distrarrei un dollaro (anzi ne aggiungerei) dalla lotta alla povertà, e se proprio abbiamo il pallino di finanziare progetti antieconomici, piuttosto prendiamo i soldi dalla spesa per gli armamenti.

    Il concetto è, e lo dico a lei così come ad altri, che questo articolo NON è un modello economico fatto e finito sul quale fare ragionamenti troppo raffinati. E’ un primer (come direbbero oltreoceano) per capire, innanzitutto, l’entità delle cifre in gioco. Tempo permettendo ci arriveremo al modello economico integrato al modello climatico, in quel caso avremo modo di fare tutti i peli nell’uovo che vorremo/vorrete.

  2. Achab

    @Claudio Gravina

    Mi riferivo al confronto fra il 5% di riduzione del PIL e il 22% della popolazione che lo produce oggi. Se non ho capito male, mi sembra che si dovebbe confrontare il 0.05% o 0.1% se la riduzione e’ su 100 o 50 anni. Per carità, non cambia il senso del suo discorso, ma cambiano i numeri.

    Ci sarebbe un’altro punto (e molti altri in realtà) che andrebbe considerato quando si parla di queste cifre. I soldi da spendere non devono essere considerati in toto risorse aggiuntive. Attualmente l’industria e il consumo del petrolio sono abbondatemente sussidiati dai governi e anche dalla Banca Mondiale nei programi di sviluppo.

    Nel solo anno fiscale 2003-2005 la Banca Mondiale ha erogato prestiti in supporto del solo settore elettrico per circa 500 milioni di dollari. Ad oggi in pratica questo significa petrolio, gas e carbone. Anche l’Europa e gli USA finanziano in varie forme le compagnie petrolifere direttamente o indirettamente, una decina di miliardi l’anno l’Europa, circa 30 gli USA.

    Questo è solo un piccolo esempio per dire che una parte dei soldi necessari, quel 1-5% in 100 anni, di certo possono provenire da una riallocazione delle risorse.

  3. Luca Galati

    Egregio Sig.Costa molte delle sue domande sono OT in questo post: le riproponga certamente quando sarà più opportuno.

    Cordialmente
    LG

  4. Claudio Costa

    I sostenitori della teoria dell’effetto serra antropogenico dovrebbero rispondere ad una serie di quesiti per dirimere tutte le questioni riguardanti l’incompatibilità della suddetta teoria con i riscontri reali sia nel clima attuale sia nel paleoclima. Questo per giustificare gli enormi sacrifici che si dovranno affrontare per ridurre le emissioni. In particolare nella soluzione inverosimile dell’abbattiemnto dell’80%

    http://www.wpsmeteo.it/index.php?ind=news&op=news_show_single&ide=810

    Aspetto le risposte in particolare di Luca Galati

  5. @ Bregolin

    La ringrazio, molto presto continuerà l’analisi degli stretti tra ambiente e sviluppo.

    @ Achab

    Non a caso ho parlato di NPV (Net Present Value, in italiano VAN, Valore Attuale NEtto), in questo modo riusciamo a cumulare il flusso di denaro in un tempo T e attualizzarlo al tasso di rendimento registrato in T0, oggi. Ricordo che tale tasso è un costo opportunità, quindi i soldi che rientrano in questo calcolo non possono essere utilizzati per altri scopi (è come se io avessi 10000€ da investire e dovessi scegliere se investirli in banca o acquistare un appartamento e metterlo in affitto, o l’uno o l’altro, quello è un costo opportunità).

  6. Achab

    Ricordo male o la riduzione del PIL dell’1 o del 5% si riferisce ad un periodo di 50 o 100 anni? Questo significherebbe una riduzione del PIL annua media di 0.1% o 0.05%.

  7. bregolin

    caro Claudio
    cndivido in pieno la tesi del tuo studio.
    non sono in gradodi seguire fino in fondo la tua analisi relativa ai calcoli sul Pil. D’istinto sono molto prplesso sulla diffusioni all’inverosimile di questi dati nei media. Immagino che siano indicatori che permettono di misurare il flusso di un fenomeno. na istantanea. ma il processo di qualsiasi fenomeno è cosa complessa. I dati sul riscaldamento del pianeta sono i più controversi e i meno documentati. E giustamente i pesi poveri che meno inquinano sono i più penalizzati. Non c’è di fonto una tensione etica adeguata nell’affrontare il problema e neppure traspare la retta intenzione
    bregolin adriano

  8. Luca Galati

    Flussi di aiuti a che?
    Non stiamo parlando di spese per la mitigazione da parte di ciascuno?

    E se facessimo la classifica al contrario cosa accadrebbe…?

  9. @ Galati

    Quello che faccio mi sembra abbastanza chiaro. Ci sono vari modi per stilare la “classifica”. Io ho (con un po’ più di logica di quanta lei me ne attribuisca) preferito stilare l’elenco in ordine crescente di partecipazione al PIL globale, partendo dal presupposto che se verranno ridotti i flussi di aiuti questi, normalmente, si muovo top-down e non bottom-up.

  10. Luca Galati

    Lei vuole dire che il 5% del PIL Totale equivale al valore ecnonmco prodotto da 1,48 miliardi di persone considerando solo i paesi più poveri: continuo a non capire: che senso ha scartare i paesi ricchi e considerare solo i poveri?

  11. Luca Galati

    No, momento: c’è qualcosa che non capisco nel calcolo dei dati della tabella:

    MA lei che fa? Cumula i dati a partire dai paesi più poveri: normale che per raggiungere il 5% del PIL totale ci vogliano circa 1,5 miliardi di persone: peccato che manchino i dati dei paesi più ricchi e meno popolosi che anche loro devono contribuire al raggiungimento del 5% del totale e che hanno un peso maggiore in termini di % di PIL totale…non mi sembra un giusto calcolo…anzi è un assurdità logica…

    Banalmente 5% del PIL totale vuol dire, partizionando il totale come la somma dei PIL parziali di tutti gli Stati, il 5% del PIL di ogni paese: il dato parla da sè…

  12. admin

    Grazie a Maurizio Morabito. Abbiamo provveduto a inserire due nuove versioni 5 sec per frame, totale 15 secondi. Dovrebbe essere sufficiente a questo punto.

    C.G.

  13. la GIF animata cambia troppo velocemente…non sarebbe meglio rallentarla fino a circa 5 secondi per frame?

  14. Ivan 72

    Ottimo Claudio, l’articolo è perfetto, i dati estremamente precisi, concordo in pieno.

    Stavo riflettendo sulla questione del Pil : quali interessi economici si celano per qualche solito noto dietro questa mitigazione? Così su due piedi, non sò quale sia il dato esatto di coloro che vivono con meno di 1$ al giorno, penso siano una grandissima quantità, uno degli esempi è proprio l’India a livello di Pil procapite, appunto, su 1,2 Mld di abitanti, quelli che vivono in condizioni disagiate sono la stragrande maggioranza, allora, inevitabilmente mi ricollego al fatto che, certe scelte e decisioni a chi gioveranno? Sicuramente non penso a quella grande maggioranza di persone che se la passano male.

    Un esempio facile sarebbe, prendendo l’Italia e gli stipendiucci medi, miseri degli italiani che oltretutto sono anche quelli che in un anno lavorano più ore che negli altri Paesi, oltre al danno la beffa (al 23° posto come reddito procapite nella UE), una totale installazione di energie pulite come i pannelli fotovoltaici e le centrali eoliche, a chi farebbe comodo? Pensiamo un pò a far sostenere costi enormi a chi non arriva alla fine del mese, dobbiamo fare mutui x mettere i pannelli solari? Chi decide ciò, avrà solo il suo tornaconto ma contribuirà a ad affossare meglio la popolazione, ma la povera popolazione viene suggestionata dalle previsioni catastrofiste (serriste) sul clima, puntando il dito erroneamente solo ed esclusivamente sul fattore antropico, ma così è troppo comodo x qualche signore, invece, perché non guardare quella stella che dista circa 150 milioni di Km dalla Terra, ovvero l’artefice N°1?

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