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Tempi di deficit, anche nel clima

Qualche giorno fa, girovagando come al solito per il web, sono ‘atterrato’ sul blog di Judith Curry, dove ho trovato un post curioso e credo anche interessante, che fornisce delle informazioni insolite, del tipo che ti fa pensare “ma perché non ci hanno pensato prima?”

 

Ve le riassumo, forse potrà essere utile condividerle con i lettori di CM.

 

Come abbiamo letto, scritto e discusso tante volte, l’aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera, si traduce nei modelli di simulazione climatica in un surplus di energia, cioè la Terra disperde nello spazio meno energia di quanta ne riceve dal Sole. Questo surplus, naturalmente, si è all’origine dell’aumento delle temperature medie superficiali globali. Dal momento che il sistema evolve in continuazione per ristabilire l’equilibrio, in ragione di questo aumento deve aumentare anche la quantità di energia dispersa verso lo spazio. Però, se lo sbilanciamento persiste e le temperature non aumentano, si pone il problema del cosiddetto ‘calore scomparso’, problema che ha portato il dibattito sul clima ad interrogarsi sul luogo dove questo sarebbe dovuto finire. Il candidato numero uno, forse per la semplice ragione che non c’è ancora la possibilità di andare a controllare e nonostante le poche osservazioni disponibili non confermino questa eventualità, è l’oceano profondo. I modelli di simulazione climatica, più nello specifico il modello della NASA, prevedono un aumento progressivo del surplus di energia, specie se accoppiato con lo scenario A1B dell’IPCC, quello più peggiorativo in termini di emissioni antropiche.

 

 

giss_dangerous_lattime

 

Di serie storiche della radiazione totale uscente non ne abbiamo, le misurazioni sono decisamente troppo giovani. Però esistono delle rianalisi che, pur con tutti i loro difetti (le rianalisi utilizzano i modelli per riempire i buchi nelle osservazioni), consentono di provare a ricostruire quanto accaduto nel medio-lungo periodo. La rianalisi CFSR dell’NCEP, tra l’altro, è la prima ad impiegare lo stesso modello radiativo (AER RRTM) impiegato da molti modelli climatici per riempire i ‘buchi’ nei dati satellitari.

 

Sottraendo la radiazione infrarossa uscente dalla radiazione netta ad onda corta, si arriva al flusso radiativo netto. E seprando la radiazione ad onda corta uscente da quella entrante si arriva all’albedo. Quello sotto è un esempio per marzo 1979.

 

bud

 

Qui sotto, invece, quanto risulta dai dati del CSFR sulla radiazione netta al top dell’atmosfera (TOA), con l’anno 1994 che è stato escluso totalmente per discontinuità nei dati.

 

annualcfs_nrad

 

Si vedono bene i brevi periodi di deficit energetico dovuti alle eruzioni dell’El Chichon e del Pinatubo (1982-1991), così come si nota il picco positivo generato dal super El Nino del 1997-98. In modo alquanto sorprendente, oltre ad un trend lineare negativo (che forse non ha molto senso), si nota anche che nella prima decade di questo secolo, il sistema è stato in deficit di energia, cioè è uscito più calore di quanto ne sia entrato. Sempre ammesso e non concesso che i dati di rianalisi siano in buon accordo con la realtà, che comunque sembra essere efficacemente rappresentata, non fosse altro che per la coerenza mostrata nel rappresentare gli eventi noti. Comunque, questi dati sono il meglio di cui si dispone, dati basati sulle poche informazioni disponibili e sugli stessi modelli impiegati per le prognosi climatiche. Dati però che innescano qualche riflessione:

 

  1. Con la Terra in deficit radiativo nell’ultima decade, almeno per quel periodo non c’è nessun ‘calore scomparso’ da cercare.
  2. Il trend negativo che si nota nei dati del CFSR (quanto più prossimo c’è alle osservazioni), è in contrasto con le proiezioni climatiche.
  3. Il deficit di energia, sempre per l’ultima decade, potrebbe essere all’origine del mancato aumento delle temperature medie superficiali globali osservata nella maggior parte dei dataset disponibili.

 

Aggiungerei anche, come forse potrà apparire chiaro leggendo quanto sopra, che dato che nel periodo precedente al deficit le temperature invece sono aumentate, non pare ci sia stato ‘calore scomparso’ (leggi cattura dello stesso da parte degli oceani) neanche prima, per cui forse il mostro del riscaldamento globale non riuscirà improvvisamente dall’oceano pronto a mandarci arrosto semplicemente perché non ci si è rintanato.

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NB: il post originale è qui.

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Published inAttualità

7 Comments

  1. Luigi Mariani

    Caro Guido,
    ricordo anzitutto che l’equazione di bilancio radiativo di superficie è la seguente:
    Rn=Rgob*(1-A) – RL1 + RL2
    Ove i flussi a onda corta (fra 0.3-3 micron e cioè generati dal sole) sono dati da:
    Rglob=radiazione solare globale
    A=Albedo
    ed i flussi a onda lunga (3-100 micron e cioè generati da corpi terrestri) sono dati da:
    RL1=radiazione a onda lunga emessa verso lo spazio
    RL2=radiazione a onda lunga intercettata dai componenti atmosferici e reirraggiata verso la superficie (radiazione del cielo)

    Alla luce di ciò l’interessantissimo grafico che presenti si presta a mio avviso alle seguenti considerazioni:
    1. Come dici tu il trend lineare non ha molto senso. Io nel grafico ci vedo una fase stazionaria in cui il sistema si carica progressivamente di energia e che si conclude con il grande El Nino nel 1998. A valle di questa fase il sistema cambia in modo brusco di comportamento (una ipotesi, da testare ala luce di quanto al punto successivo, potrebbe essere che si è attivata una sorta di valvola di sicurezza che ha emesso verso lo spazio più energia in modo da compensare l’eccesso accumulato nel periodo precedente).
    2. Alla luce dell’equazione di cui sopra emettere più energia verso lo spazio può significare ad esempio che c’è meno Rglob (ed il sole in effetti sta lavorando un po’ meno negli ultimi anni) e/o che c’è più albedo A (e cioè più emissione ad onda corta, il che si lega alle coperture del suolo) e/o che c’è meno emissione netta a onda lunga RL1-RL2 (il che si lega ad una minore emissione a onda lunga verso lo spazio dallo strato emittente e lì i fattori in gioco posso qui essere parecchi -> es. meno vapore acqueo in atmosfera, meno nubi, più flusso di calore sensibile e latente dalla superficie verso lo strato emittente).
    3. Essendo il sistema composto da più serbatoi fra loro comunicanti la tua affermazione “Con la Terra in deficit radiativo nell’ultima decade, almeno per quel periodo non c’è nessun calore scomparso da cercare” non regge fino in fondo, nel senso che potrebbe benissimo essere che calore stia fluendo ad un ritmo maggiore del solito verso i fondali oceanici e che gli altri termini si riassestino in modo da garantire comunque un bilancio radiativo di poco negativo
    4. Sarebbe infine interessante capire quali sono i livelli di accuratezza delle misure (avere cioè una banda di errore).

    • Grazie Luigi.
      Circa il tuo punto 3, il problema è tutto nella misura, nel senso che per avere conferma di un eventuale maggior flusso di calore verso le profondità oceaniche occorrerebbe misurarlo. I dati ARGO potranno tornare utili al riguardo, ma non so davvero come si possa poi metterli a confronto con il passato. E sempre di misure si parla anche nella tua ultima frase (sempre del punto 3). Sono dati di rianalisi, per cui temo che sia piuttosto difficile accertarne l’accuratezza, visto che esistono perché non c’è niente di più accurato disponibile.
      gg

  2. flavio

    “è uscito più calore di quanto ne sia entrato”
    manca una parte alla frase “entrato dal sole”
    il “sistema terra” non deve disperdere solo l’energia che riceve dal sole, ogni volta che accendiamo un fiammifero o una centrale nucleare liberiamo altro calore che va disperso (e viceversa ne sottraiamo ad esempio quando riduciamo la bauxite ad alluminio, ma credo che al confronto siano quantità minime), per non parlare poi di quello geotermico e le altre fonti naturali che non saprei quantificare

  3. Francesco Malucelli

    Grazie Guido, veramente interessante!

  4. giovanni p.

    Un fatto interessante é che tutto il meccanismo dell’effetto serra sia stato rimesso in discussione anni fa da Gehrard Gerlich et Ralf Tscheuschner nonché dal fisico Ferenc Miskolczi ( per chi volesse approfondire puo partire da qui http://www.pensee-unique.fr/effetdeserre.html ). Il nodo centrale é che questi autori ritengono che l’effetto serra cosi come concepito da arrehnius non sia realistico in quanto bastato su un sistema chiuso e non parto com’é quello dell’atmosfera terrestre. Semplificando molto quello che concludono gli autori é che l’effetto serra sarebbe sempre “saturo” e tamponato dall’esterno ( la famosa perdita di calore nello spazio), quindi in pratica cosi come concepito attualmente dalla scienza ufficiale e dall’IPCC l’effetto serra non esisterebbe proprio. Chiaramente queste poubblicazioni sono state oggetto di innumerevoli chritiche da parte di rewiewer e dell’IPCC, considerate eretiche e rifiutate da riviste internazionali. Ora non posso entrare nel merito dei calcoli e delle equazioni in quanto non sono un fisico e il tutto va oltre le mie conoscnze matematiche, in ogni caso leggendo gli articoli mi avevano colpito molto le conclusioni di questi studi che in pratica annulavano alla radice ogni elemento giustificativo dell’esistenza di un prganismo come l’IPCC, in quanto “il problema non esiste”.
    Ora mi sembra che l’articolo della Curry e il ben noto problema del “calore scomparso” vadano in questa direzione e sposino le teorie degliautori sopra citati. Ancora una vota emergono ulteriori elementi piuttosto pesanti che rimetteno in causa l’IPCC, la validità dei modelli sia intrinseca che rispetto alle previsione che ci forniscono. Purtroppo mi sembra sempre piu che questo dibattito (pseudo)scientifico si stia trasformando in un dever smentire ogni volta nuovi ologrammi con fatti reali. Il punto che bisognerebbe smettere di produrre ologrammi.
    Per tornare alla bieca realtà, dopo l’alluvione Sarda che ha dimostrato una volta di piu come in Italia si falsifichino le carte per rendere edificabili terreni in classe 3A e si costruiscano interi quartieri dentro gli alvei dei fiumi, in questi giorni di fine autunno, mi limito a guardare il termometro che ondeggia sopra e sotto zero nelle campagne piemontesi e la neve che lungo le Alpi occidentali e oltre confine si é fermata a qualche centinaio di m.s.l.m.
    si proprio un bel riscaldamento globale. Vado a riprendere il costume da bagno nel cassetto e spengo i termosifoni.

  5. Gianni

    Solo una precisazione, del tutto secondaria rispetto al contenuto generale dell’articolo. Lo scenario A1B non è il “più peggiorativo in termini di emissioni antropiche” perché corrisponde a un rapporto bilanciato tra fonti energetiche ed è considerato una sorta di business-as-usual. Nel gruppo degli scenari A1, lo scenario A1FI è considerato il peggiore, in quanto preconizza un mondo basato esclusivamente su fonti fossili. E’ uno scenario alquanto estremo, generalmente poco utilizzato negli studi di impatto, in cui è piuttosto lo scenario A2 (mondo frammentato) il riferimento degli scenari pessimisti.

    Stiamo comunque parlando degli scenari socio-economici utilizzati nei vecchi rapporti IPCC (http://www.ipcc.ch/ipccreports/tar/wg1/029.htm). Il 5° rapporto ha introdotto matrici che combinano quattro percosi di forcing (Representative Concentration Pathways) e cinque condizioni socio-economiche (Shared Socio-economic Pathways).

    • Gianni hai ragione. Dubito però che qualche sostenitore della teoria AGW sarebbe disposto a non considerare il “business as usual” come il peggiore degli scenari. L’altro, come correttamente scrivi, è comunque decisamente irrealistico. Quanto agli RCP ne abbiamo scritto un anno fa, quando sono stati messi a punto e divulgati. Attualmente vengono utilizzati a corrente alternata, suppongo che molti dei lavori usciti di recente siano stati messi a punto prima dei lavori sugli RCP, li vediamo ora per allungamento dei tempi di pubblicazione. Quelli usciti apposta per essere parte del 5AR si sono invece adeguati.
      Grazie comunque per la precisazione.
      gg

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