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I poli sono agli … antipodi (anche per le temperature)

Ieri pomeriggio in un momento di sconforto in cui non avevo voglia di fare niente, ho dato un’occhiata al sito dell’ANSA e il mio sguardo è caduto, casualmente, su un articolo:

Artico e Antartide comunicano grazie alle correnti oceaniche

Dopo aver letto l’articolo ho intuito che la cosa era piuttosto intrigante in quanto coinvolgeva, quasi sicuramente, la cosiddetta “altalena bipolare” di cui, su Climatemonitor, abbiamo discusso a più riprese. Dopo qualche minuto di ricerca in rete ho trovato prima il comunicato stampa dell’Università dell’Oregon in cui veniva data notizia della pubblicazione dell’articolo avente ad oggetto lo studio cui si riferiva il lancio dell’ANSA e infine l’abstract dell’articolo pubblicato su Nature:

Precise interpolar phasing of abrupt climate change during the last ice age a firma di Christo Buizert più una settantina di altri autori (WAIS Divide Project Members) da ora Buizert et al., 2015.

Nell’articolo gli autori prendono le mosse dalle brusche oscillazioni climatiche che hanno caratterizzato il clima dell’emisfero nord nell’ultima glaciazione (meglio note come eventi di Dansgaard-Oeschger) e le cui tracce sono conservate negli archivi paleoclimatici esistenti. Buizert et al., 2015 esaminando i dati desunti da due carote di ghiaccio (una groenlandese e l’altra antartica) hanno potuto notare che durante le fasi calde dei cicli di Dansgaard-Oeschger in Groenlandia, si potevano registrare dei periodi freddi in Antartide e viceversa.

Tale circostanza suggerisce una redistribuzione inter-emisferica di calore attraverso il meccanismo dell’altalena bipolare. Si tratta di un fenomeno che comporta un ribaltamento della circolazione oceanica nell’Atlantico Meridionale (AMOC) che, secondo alcuni studi (Tzedakis et al. 2012, per esempio), non è estranea alle glaciazioni.

Di Tzedakis et al. 2012, in particolare, si è discusso ampiamente qui su CM. In estrema sintesi le glaciazioni, ed i relativi interglaciali, sarebbero determinati da condizioni astronomiche particolari che, però, da sole, non sarebbero mai in grado di modificare il clima terrestre senza l’inversione dell’AMOC. Buizert et al., 2015 non indagano sulle cause che innescano gli eventi di Dansgaard-Oeschger, ma si limitano ad analizzare la successione temporale degli eventi grazie ad una serie di carote stratigrafiche ad altissima risoluzione (sub secolare) estratte nell’Antartide occidentale in un’area caratterizzata da abbondanti accumuli di neve.

Le brusche variazioni di temperatura nell’emisfero settentrionale determinano variazioni di temperature di segno opposto nell’Antartide con tempi di ritardo di circa 200 anni. Per la precisione, in media, ad un brusco riscaldamento della Groenlandia corrisponde un raffreddamento dell’Antartide dopo 218 ± 92 anni (2 σ ) per gli eventi Dansgaard-Oeschger. Analogamente un raffreddamento della Groenlandia determina l’insorgenza del riscaldamento dell’Antartide dopo circa 208 ± 96 anni. I risultati ottenuti da Buizert et al., 2015 dimostrano una direzionalità da nord a sud del segnale climatico. I tempi intercorrenti tra l’innesco del riscaldamento nell’Artico e quello del raffreddamento in Antartide, ovviamente, suggeriscono che la “cinghia di trasmissione” è di tipo oceanico e non atmosferico. Detto in altri termini Buizert et al., 2015 individuano nell’AMOC e nell’altalena bipolare le cause delle connessioni climatiche tra nord e sud emisfero.

Secondo uno dei coautori dell’articolo (Brook) anche se le correnti oceaniche sono la chiave di volta del sistema di distribuzione del calore a livello inter-emisferico, dovrebbero esistere, però, dei meccanismi d’innesco e dei feedback (copertura nevosa dei continenti, estensione dei ghiacci marini, ecc.) in grado di modificare la salinità delle acque superficiali che, superata una certa soglia, darebbero luogo alle inversioni di temperatura.

Nel seguito riporto un grafico pubblicato da uno dei coautori (E. Steig) su RealClimate dal quale si nota che le variazioni di temperatura in Groenlandia ed in Antartide sono simultanee.

Fig_1

Nel grafico D-O sta per Dansgaard-Oeschger, mentre A.I.M. sta per Massimi Isotopici Antartici.

In realtà la simultaneità è solo apparente e deve essere attribuita alla scarsa risoluzione delle carote. La risoluzione a livello sub secolare delle ultime carote estratte nell’ambito del WAIS Divide Project Members, ha potuto evidenziare, invece, un ritardo tra quanto accade al polo nord e quanto succede al polo sud. In particolare ha potuto mettere in evidenza che i cambiamenti climatici partono dal polo nord e arrivano al polo sud. L’immagine successiva è esemplificativa di quanto ho appena scritto.

Fig_2

Personalmente ho trovato estremamente interessante il discorso che E. Steig ha sviluppato su RealClimate circa le conseguenze di questo studio. Premesso che il riscaldamento globale odierno e gli eventi di Dansgaard-Oeschger risultano di natura completamente diversa, secondo Steig, la scoperta della differenza di fase tra le temperature del nord emisfero e quelle del sud emisfero dovrebbe avere importanza fondamentale nella calibrazione e messa a punto dei modelli di circolazione globale. Oggi come oggi l’Antartide sembra non risentire affatto del riscaldamento del polo nord (amplificazione polare) e ciò costituisce un mistero climatologico. Buizert et al., 2015, fornisce una possibile risposta a questa domanda e, pertanto, consente, ad esempio, di modellare in modo più realistico l’andamento del livello del mare a seguito della fusione delle calotte glaciali groenlandesi ed antartiche. In altri termini, sostiene E. Steig, i meccanismi che regolano il trasferimento di calore dal nord al sud del pianeta sono di vario tipo: alcuni di tipo atmosferico, altri di tipo oceanico e via cantando. In Buizert et al., 2015 sembra che il meccanismo oceanico sia preponderante, ma ciò non toglie che esistono altri meccanismi secondari, ma non per questo meno importanti, che rendono il sistema più complicato. Tutti questi meccanismi non sono stati ancora del tutto compresi e sono oggetto di ricerca.

Un esempio illuminante potrebbe essere costituito, secondo E. Steig, dall’annoso dibattito circa le cause dell’inversione dell’AMOC. Secondo alcuni un aumento dello scarico degli iceberg e della fusione delle calotte polari (marine e terrestri) sarebbero in grado di alterare AMOC. Lo studio condotto dimostra, invece, che su circa 30 eventi di Dansgaard-Oeschger, solo 6 sono imputabili alla fusione dei ghiacci mentre i restanti non hanno una spiegazione plausibile e, quindi, devono essere attribuiti alla variabilità interna del sistema oceano-atmosfera.

Per chiudere una considerazione personale. Gli autori, a più riprese e con toni diversi, hanno tenuto a precisare che il cambiamento climatico attuale, di origine antropica, naturalmente, non ha nulla a che vedere con quelli passati, ma a me qualche dubbio è venuto. Se i tempi di ritardo dei cambiamenti di temperatura emisferici sono di circa duecento anni, ha senso ragionare in termini di decenni con riferimento ad essi? Mi spiego meglio. La propagazione delle perturbazioni termiche avviene con periodicità diverse: decadali, multidecadali, secolari, plurisecolari. Se ciò, come sembra, è vero, come facciamo a capire che quello di oggi è un riscaldamento solo di natura antropica e non un episodio di un periodo secolare o multisecolare? Che la CO2 sia responsabile di una parte del riscaldamento attuale mi sembra un fatto piuttosto scontato, ma non possiamo escludere che parte del riscaldamento derivi da variabilità interna plurisecolare. In questa ottica appare molto sensato il pensiero di N. Scafetta che attribuisce il riscaldamento odierno per il 50% a cause antropiche e per la restante parte a cause naturali. Detto in altri termini ancora non abbiamo capito bene come funziona il sistema, però pensiamo di poterne prevedere gli sviluppi futuri. Speriamo bene.

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Published inAttualitàClimatologia

30 Comments

  1. daniele

    @Donato
    P.S. Mi viene in mente che tra le serie di dati utilizzati da Marcott et al. dovrebbero essercene alcune dalle quali risultino periodi più caldi dell’attuale altrimenti l’operazione di “lisciatura” sarebbe poco rilevante (al fine di trovare il periodo più caldo…)

    • donato

      In gergo statistico: la “lisciatura” elimina le oscillazioni ad alta frequenza (di breve periodo) e conserva quelle a bassa frequenza (di periodo maggiore). Detto in altri termini se in un periodo di 1000 anni, per esempio, si è verificato un periodo caldo di 80 anni ed uno freddo di 40 anni, scompaiono entrambi (vengono “filtrati”) e resta tutto quanto ha durata maggiore del secolo o di altro intervallo prestabilito. Sempre in “statistichese” si elimina il rumore per leggere il segnale.
      La procedura è, però, ordinaria quindi non vedo secondi fini da parte degli autori. Periodi più caldi o freddi (in valore assoluto) dell’attuale potrebbero anche esserci stati, ma se di lunghezza minore di 140 anni non sarebbero stati messi in evidenza in quanto la risoluzione media della serie di dati è di circa 140 anni. Come si può vedere la risoluzione è piuttosto bassa già nelle serie originarie, dopo la lisciatura scompare quasi tutto e si ottiene una linea debolmente ondulata (tranne che nel tratto finale, ovviamente 🙂 ).
      Ciao, Donato.

  2. daniele

    @Donato
    Grazie per i chiarimenti. Forse ho capito: se in un periodo di 400 anni fosse presente un picco di temperatura maggiore dell’attuale e un periodo sufficientemente lungo e più freddo, facendo la “media” (?) sui 400 anni risulterebbe, in questi 400 anni, una temperatura inferiore all’attuale dato che i dati attuali sulla temperatura hanno una “risoluzione” temporale inferiore (e tale da non mascherare il picco attuale).

  3. daniele

    @Donato
    Da quanto letto nell’articolo di Guidi del  19 marzo 2013   e dall’ occhiata data all’articolo di  Steve McIntire 
    http://climateaudit.org/2013/03/16/the-marcott-shakun-dating-service/
     (avendo poco tempo e insufficienti conoscenze per approfondire) mi pare di capire che il problema del grafico di Marcott è che è stato ottenuto rielaborando in modo errato (?) i dati disponibili.Questo mi pare l’unico motivo per non ritenere valido/utile il grafico di Marcott. Il discorso sulle incertezze delle misure ricostruite (differenti da quelle misurate direttamente) mi pare comporterebbe solo problemi “grafici”.
    Per quel che riguarda l’hockey stick di Mann mi pare che il problema sia quello della divergenza (differenza tra le temperature misurate e quelle dedotte dagli anelli di accrescimento: questo problema potrebbe esserci anche per il passato).

    • donato

      Daniele, il grafico di Marcott non è affatto inutile: è inutile solo l’ultimo pezzo, cioè quello degli ultimi centocinquanta anni circa. Le critiche sollevate da Climate Audit (i commenti al post citato sono illuminanti) riguardano sia la metodologia utilizzata sia il trattamento dei dati, ma tali critiche non inficiano il corpus dello studio.
      Marcott e colleghi non hanno fatto nulla di innovativo, si sono limitati ad una rianalisi dei dati di altri studi precedenti. In questa opera hanno trascurato parti delle serie di dati su cui erano basati tali studi in quanto, a posteriori, hanno reputato che le carote di sedimenti raccolte avevano delle teste e delle code affette da errori di datazione conseguenti al fatto che i campioni erano stati disturbati durante il prelievo. Dopo questa operazione che lascia un poco perplessi in quanto gli autori originari degli studi non avevano reputato di tagliare tali dati (una delle critiche principali di Climate Audit), Marcott et al. hanno ricostituito la serie completa dei dati mediante una serie di acrobazie statistiche utilizzando i periodi di sovrapposizione tra le varie serie. Hanno provveduto, infine, a lisciare il grafico così ottenuto con una finestra mobile di ampiezza pari a 400 anni. Questo significa che tutto ciò che è minore di 400 anni non ha senso in quanto non è evidenziato nel grafico. Considerando la lunghezza della serie di dati (11000 anni) la scelta del filtro appare congrua, ma rende del tutto illogica la pretesa di appiccicare a dei dati con risoluzione di 400 anni dati con risoluzione annua o decennale. Ciò anche se non teniamo conto del fatto che i dati strumentali vengono attaccati in un punto che in realtà è un intervallo ampio 400 anni.
      A tal proposito è illuminante un post a firma di D. Middleton pubblicato su WUWT
      http://wattsupwiththat.com/2013/03/11/a-simple-test-of-marcott-et-al-2013/
      Oddio, se si vuole si può fare tutto, ma spacciarlo per un fatto scientificamente valido mi sembra un po’ esagerato.
      Ciao, Donato.

    • donato

      Dimenticavo. In una FAQ pubblicata da Real Climate ( http://www.realclimate.org/index.php/archives/2013/03/response-by-marcott-et-al/ )
      sono gli stessi autori che giudicano statisticamente poco robusto il diagramma dell’ultimo secolo e considerano poco robusti tutti i periodi di riscaldamento (raffreddamento) inferiori al secolo. Che l’uptick finale sia una sciocchezza, pertanto, è assodato per ammissione stessa degli autori.
      Resta la domanda: perché lo hanno fatto?
      Qualora non lo avessero fatto non avrebbero potuto dire che le temperature odierne sono le più alte degli ultimi 11.000 anni e del loro studio non sarebbe importato a nessuno. Idea mia personale, ovvio 🙂 (non dobbiamo dimenticare, però, che “a pensar male si fa peccato, ma ……”).
      Ciao, Donato.

  4. daniele

    @Donato
    Nell’ articolo linkato non ho capito il commento alla fig. 3
    “Allo stesso risultato si arriva se consideriamo lo studio  Marcott et al. 2013 in cui mediante un’analisi multiproxi si vede che le temperature globali negli ultimi 10000 anni sono state sempre maggiori di quelle attuali (la parte in viola all’estrema destra del grafico è un palese artificio in quanto a dati proxi si è “appiccicata” la serie strumentale degli ultimi 150 anni).”
    Perché non si possono attaccare ai dati proxi i dati strumentali?

    • donato

      Daniele, questa è una lunga querelle che divide il mondo dei ricercatori. I dati di prossimità hanno un elevato livello di incertezza in quanto le temperature, per esempio, vengono derivate in base a delle grandezze che sono ad esse correlate. Nel caso delle carote di ghiaccio, per esempio, si procede ad analisi spettroscopiche dell’aria intrappolata nelle bolle contenute nel ghiaccio per determinare le concentrazioni di diversi isotopi. In Buizert et alii 2015 le temperature sono state desunte dalle concentrazioni dell’isotopo 18 dell’ossigeno e del metano. Le temperature così calcolate hanno un grado di incertezza molto più ampio di quelle misurate strumentalmente, anche maggiore dei famosi 0,8 °C di cui sono aumentate le temperature dal 1880 ad oggi. Appare, pertanto, illogico “incollare” ai dati di prossimità le serie di temperature misurate strumentalmente.
      Nel caso di Marcott e collaboratori, 2013 il diagramma delle temperature è stato ricostruito sulla base di dati di prossimità molto diversi l’uno dall’altro incollando i risultati di molti studi diversi (multiproxi). Ciò ha determinato un ovvio aumento della banda di incertezza del risultato finale.
      Uno dei co-autori di Marcott et al., 2013 ha riconosciuto pubblicamente l’inopportunità di collegare i dati strumentali a quelli di prossimità, ma ormai la frittata era fatta e come dice il vecchio detto “cosa fatta, capo ha!”
      La cosa è, comunque, piuttosto comune ed uno dei diagrammi più famosi della climatologia degli ultimi anni, la famigerata mazza da hockey di M. Mann, è stato costruito appiccicando ai dati di prossimità desunti da analisi dendrologiche i dati strumentali.
      Per quel che riguarda Marcott et al., 2013, se la cosa può interessare, se ne è discusso qui su CM alla pagina
      http://www.climatemonitor.it/?p=31096
      Ciao, Donato.

  5. daniele

    P.S. Mi rendo conto di fare un po’ di confusione tra imprevedibilità e casualita’.

  6. daniele

    @Donato

    “Circa la casualità del comportamento del sistema climatico, esistono molti scettici ( e non solo) che non hanno remore a sostenerlo: WUWT ne è piena. E non nascondo che l’ipotesi mi affascina in modo particolare: è temperata solo dall’esistenza di attrattori che mantengono il sistema in equilibrio nello spazio delle fasi.”
    Io spero che il sistema (tutto, l’universo) sia casuale (mi riferisco, per esempio, a quanto il Prof. Ghirardi sostiene in “Un’occhiata alle carte di Dio”; 
    http://www.roma1.infn.it/exp/webmqc/Cosmelli/GianCarlo Ghirardi – Testo.doc
    se non ho completamente frainteso, ovviamente).Se così non fosse mi pare che risulterebbe sminuita l’opera del Padreterno.
    Dunque se il comportamento umano fosse “libero” o quantomeno imprevedibile lo sarebbero anche le conseguenze sul clima (dopotutto l’utilizzo dei combustibili fossili è possibile grazie a tecnologie ideate da alcune persone…).

  7. donato

    Bernardo Mattiucci nei suoi interventi ha sollevato molte questioni.
    .
    La prima riguarda la mancanza di qualsiasi legame tra la CO2 ed il clima terrestre. A questa obiezione ha dato risposta L. Mariani e, per quel che mi riguarda, sottoscrivo integralmente quanto da lui scritto.
    .
    Altra questione riguarda le ciclicità che caratterizzano il sistema climatico. Non ho problemi a convenire con B. Mattiucci circa l’esistenza di queste ciclicità. Su queste pagine mi sono occupato della questione commentando i lavori di N. Scafetta che ha individuato molte ciclicità di natura astronomica. Il clima terrestre, secondo N. Scafetta, è il risultato della composizione di cicli caratterizzati da periodi diversi.
    F. Zavatti, sempre su queste pagine, ha analizzato le serie di temperature del NOAA individuando una serie di periodi che solo in parte coincidevano con quelli di N. Scafetta. In ogni caso la ricostruzione delle temperature terrestri richiede la composizione di un trend lineare e di diverse armoniche caratterizzate da periodi diversi.
    Il trend lineare di cui non si può fare a meno nelle ricostruzioni delle temperature, può essere spiegato in due modi: un’armonica di periodo lunghissimo che nel breve periodo ci appare come una retta oppure la traccia dell’influenza antropica nell’andamento delle temperature. Personalmente opto per la seconda soluzione: in questo caso resta, però, l’incognita della pendenza della retta, ovvero il parametro che potrebbe rappresentare l’impronta antropica.
    E a questo punto iniziano i dolori. Come scrive L. Mariani il dibattito riguarda i feedback positivi che il cambiamento d’uso dei suoli, il vapore acqueo e via cantando esercitano sull’effetto molto modesto della sola CO2.
    Tutto questo, come B. Mattiucci sa meglio di me, riguarda, però, il problema della sensibilità climatica.
    E qui si apre un altro capitolo sterminato di cui abbiamo avuto modo di occuparci più volte su CM e su cui non mi sembra il caso di tornare se non con un semplice riferimento numerico: il suo valore oscilla tra 1 e 4 a seconda degli studi. Ultimamente, mi si perdoni l’accostamento finanziario, con outlook negativo. 🙂
    .
    La terza questione riguarda la complessità del sistema climatico. Su questo punto B. Mattiucci sfonda una porta aperta: i post in cui io e gli altri autori di CM hanno sottolineato la questione sono innumerevoli. Così come sono innumerevoli le volte in cui si è lamentata l’ignoranza di molti dei meccanismi che regolano le interazioni tra le varie grandezze che caratterizzano il sistema climatico nel suo complesso. Tutto quanto questo mi ha portato a considerare in modo estremamente cauto ogni previsione climatica a scadenza più o meno lunga.
    .
    Ad ogni buon conto come ha scritto qualche giorno fa J. Bastardi in un commento su WUWT, ci stiamo avvicinando ad un periodo caratterizzato da un’attività solare particolarmente bassa (qualcuno ipotizza che il prossimo ciclo solare sarà ancora più basso di quello attuale, quasi un simil Maunder) e da PDO ed AMO favorevoli ad una fase fredda: se in questo periodo le temperature globali subiranno un’inversione di tendenza (non solo una stasi), le tesi scettiche ne usciranno rafforzate, in caso contrario prepariamoci a rivedere molte delle nostre convinzioni. Personalmente non avrò problemi a riconoscere il mio errore, per adesso aspetto il succedersi degli eventi.
    .
    Circa la casualità del comportamento del sistema climatico, esistono molti scettici ( e non solo) che non hanno remore a sostenerlo: WUWT ne è piena. E non nascondo che l’ipotesi mi affascina in modo particolare: è temperata solo dall’esistenza di attrattori che mantengono il sistema in equilibrio nello spazio delle fasi.
    Ciao, Donato.

    • Il discorso è complesso… com’è il clima terrestre …ma ci sono alcuni punti sui quali è bene fare una precisazione… (perdonami, ma vorrei evitare di discutere con chi non vuol sentire).

      Primo: “…legame tra la CO2 ed il clima terrestre…”
      Di quale CO2 stiamo parlando? Di quella “naturale” o di quella “antropica”? Le variazioni della prima sono assolutamente ascrivibili a ciclicità naturali interne e/o esterne al nostro pianeta (legate quindi all’attività solare). Le variazioni della seconda sono ascrivibili alle attività umane. Se consideriamo le percentuali della CO2 antropica rispetto a quella naturale, possiamo escludere facilmente qualsiasi forcing “antropico” sul clima. Se poi decidiamo che le variazioni attuali del clima sono imputabili solo alle variazioni della componente “antropica” della CO2, allora dobbiamo essere pronti a sostenere l’esistenza, in passato, di numerose civiltà tecnologicamente avanzate, anche in periodi storici durante i quali sappiamo che non vi erano esseri umani “moderni”. Questo perché… se oggi una variazione climatica ha origine antropica, la stessa variazione climatica rilevabile nel passato, DEVE avere una origine ugualmente antropica. Non si possono avere 2 effetti “identici” con 2 cause “differenti”. Spero che su questo non ci siano obiezioni. Possiamo discuterne… ma la sostanza è questa.
      Ma andiamo avanti…

      Secondo: “Il trend lineare di cui non si può fare a meno nelle ricostruzioni delle temperature, può essere spiegato in due modi: un’armonica di periodo lunghissimo che nel breve periodo ci appare come una retta oppure la traccia dell’influenza antropica nell’andamento delle temperature.”
      Tra le 2 possibilità, l’unica scientificamente attendibile è l’armonica di periodo lunghissimo.
      A favore di questa possibilità c’è il fatto che il sistema climatico terrestre ha una inerzia termica semplicemente enorme… data principalmente dagli oceani, ma anche dai sistemi complessi formati da ghiacciai e foreste.
      A SFAVORE dell seconda possibilità, c’è la testimonianza, diretta (sia tramite le cronache dell’epoca che da ricostruzioni scientifiche), che la temperatura media del pianeta, in epoche passate, era più alta rispetto ad oggi. Optimum Medievale e Romano in primis. Pertanto ipotizzare (veri punto 1) che l’attuale cambiamento climatico è attribuibile alle attività umane, impone l’attribuzione alle attività umane anche delle precedenti variazioni climatiche significative.

      Terzo punto: “…ci stiamo avvicinando ad un periodo caratterizzato da un’attività solare particolarmente bassa…”
      Non è solo una questione di attività solare.
      I cicli che si stanno sovrapponendo sono essenzialmente 3:
      1) attività solare (ciclo undecennale, secolare e multimillenario, tutti e 3 tendenti al minimo intorno al 2020-2025).
      2) campo magnetico terrestre (in continuo declino da quando si hanno informazioni sullo stesso. Minimo previsto a partire dal 2030 circa)
      3) numero di terremoti ed eruzioni vulcaniche (la storia insegna che in concomitanza con i periodi glaciali, si registra un aumento anche nel numero di terremoti ed eruzioni vulcaniche).

      Infine, se vogliamo cercare di capire le interazioni tra Sole e Terra, dobbiamo prima di tutto capire quali sono le cause che fanno variare l’attività solare. E sappiamo che la nostra stella subisce una profonda influenza sia di tipo magnetico che gravitazione, tanto dai pianeti del sistema solare (non tutti e non tutti in equal misura), quanto da altre stelle presenti nel sistema stellare di cui fa parte. E per quest’ultimo parametro si può ricostruire la durata di due periodi orbitali, uno di circa 120.000 anni ed uno di circa 400.000.

      Bernardo
      http://www.attivitasolare.com

    • max

      “Se consideriamo le percentuali della CO2 antropica rispetto a quella naturale, possiamo escludere facilmente qualsiasi forcing “antropico” sul clima.”

      è un po’ eccessiva come conclusione; a parte il massimo termico del Paleocene-Eocene (parliamo di decine di milioni di anni fa), in cui molte (ma non tutte) evidenze geologiche sembrano acclarare una percentuale di CO2 superiore all’attuale, che ha coinciso cin una T media più alta, è indiscutibile che la % di CO2 in atmosfera attuale sia aumentata in questi ultimi 2 secoli con una rapidità mai verificatasi nel passato, e sicuramente per effetto di attività antropica; quanto questo possa aver influenzato la variazione in positivo di T media terrestre dell’ultimo secolo e mezzo credo che ancora nessuno possa dirlo con certezza, quindi qualsiasi conclusione in un senso o nell’altro mi sembra quantomeno azzardata; è proprio qui l’origine del dilemma AGW o GW;

      “se oggi una variazione climatica ha origine antropica, la stessa variazione climatica rilevabile nel passato, DEVE avere una origine ugualmente antropica.”…
      non vedo questa inevitabile correlazione: ammesso e non concesso (e io sono scettico in questo senso) che la sola causa delle variazioni di T media terrestre sia la CO2, che sia di origine antropica o naturale, una sua variazione di concentrazione in atmosfera nulla cambia relativamente agli effetti che ha (avrebbe);

      “… (la storia insegna che in concomitanza con i periodi glaciali, si registra un aumento anche nel numero di terremoti ed eruzioni vulcaniche)….

      da dove è tratta questa correlazione? a me non risultano dati in questo senso; come si fa a dire una cosa del genere? per altro molti studi sulla correlazione tra glaciazioni e vulcanismo arrivano a conclusioni diametralmente opposte: alcuni sostengono (come nel caso del Vesuvio) che “…La formazione di ghiacci aveva infatti diminuito il livello del mare che, pesando meno sulla crosta profonda, aveva creato stress sfavorevoli alla risalita del magma intrappolato negli strati più bassi…;
      – in altri casi si sostiene che “la formazione di ghiacci che determina la diminuizione del livello del mare, pesando meno sulla crosta oceanica, favorisce al contrario la risalita di magmi, in particolar modo nelle zone di margine divergente (dorsali oceaniche, Islanda)”;
      l’ultima glaciazione inoltre è terminata circa 12.000/18.000 anni fa, e non esistono misure dirette (ovviamente) né testimonianze storiche/archeologiche di eventi sismici più frequenti di quel periodo (non esistevano nemmeno le “società umane”, intese come sistemi sociali di aggregazione urbana), men che mai per i periodi glaciali più antichi;
      se poi la frase di cui sopra che ho ripreso dal suo post si riferisce solo agli ultimi secoli, credo che una “statistica” estrapolata da un periodo di tempo così breve, geologicamente parlando, non abbia molto senso;

      per il resto, concordo che l’approccio alla discussione e allo sviluppo di studi e ipotesi da verificare, debba essere necessariamente multitematico e multidisciplinare;

    • “…in cui molte (ma non tutte) evidenze geologiche sembrano acclarare una percentuale di CO2 superiore all’attuale, che ha coinciso con una T media più alta, è indiscutibile che la % di CO2 in atmosfera attuale sia aumentata in questi ultimi 2 secoli con una rapidità mai verificatasi nel passato, e sicuramente per effetto di attività antropica;…”

      Affermazione, la tua, molto pesante e discutibile. Su quali basi affermi che l’aumento della CO2 atmosferica ha origine antropica? Il tuo è il classico discorso di chi pretende che l’AGW abbia un ruolo fondamentale nel cambiamento climatico. Ma la realtà dei fatti e i grandi scienziati che non concordano sulla pseudo teoria dell’AGW, sostengono che non esiste alcuna correlazione tra attività antropiche e aumento della CO2 atmosferica.

      Prima di tutto ribadisco il fatto che la quantità di CO2 rilevata nei carotaggi non corrisponde affatto alla percentuale totale della CO2 presente in atmosfera in quel momento, ma solo ed esclusivamente ad una frazione della stessa… tra l’altro relativa alla zona in cui si è depositato il ghiaccio analizzato.

      Ma resta il fatto che se si continua ad andare avanti con i paraocchi, analizzando come unica causa dell’aumento della concentrazione della CO2 nell’aria, l’aumento delle attività umane, non si arriverà mai alla verità. Ad esempio sappiamo che la quantità di CO2 immagazzinata/immagazzinabile negli oceani, varia notevolmente a seconda della temperatura stessa degli oceani. E sappiamo che la temperatura degli oceani è cambiata notevolmente negli ultimi secoli. Pertanto bisogna, prima di tutto, fare dei distinguo notevoli e magari mettersi a calcolare quanta CO2 resta che non può essere attribuita al rilascio oceanico.
      A questo punto andrebbero analizzate le eruzioni vulcaniche, cosi’ da eliminare un’altra buona fetta di quella CO2 che a noi risulta aumentata… Sappiamo infatti che alcuni vulcani rilasciano periodicamente quantità enormi di CO2 (e in alcuni casi anche SO2) nell’aria… tanto che in almeno un paio di occasioni, è stata riscontrata la morte per asfissia di migliaia di animali (e centinaia di esseri umani). Tali eventi sono stati registrati in Camerun e per quel che ne so potrebbe essere che qualcosa di simile stia accadendo oggi tra il Rwanda e il Congo.
      A questo punto, tolta la componente “oceanica” e tolta anche quella “vulcanica”, dobbiamo andare ad analizzare quella “naturale”. Ovvero… verificare quanti ettari di foresta abbiamo eliminato negli ultimi 2 secoli… cosi’ da calcolare quanta CO2 abbiamo evitato che venisse assorbita. Ed è proprio qui che casca l’asino.
      Infatti… a conti fatti, la percentuale di CO2 “antropica” effettivamente attribuibile alle attività umane derivanti dall’uso di fonti di energia non rinnovabili, scende paurosamente ad una quantità insignificante. Quantità che mai potrà giustificare gli attuali cambiamenti climatici. E questo per il semplice fatto che l’aumento della CO2 nell’aria non provoca sempre l’aumento della temperatura… ma, oltre un certo limite, può provocarne anche la diminuzione. Almeno in laboratorio.

      Per quanto riguarda invece “chi viene prima”, se l’aumento della temperatua o della CO2, studi scientifici anche recenti hanno eliminato qualsiasi dubbio stabilendo che la variazione della CO2 segue, SEMPRE, la variazione della Temperatura. Con un ritardo che varia da pochi decenni ad alcuni secoli! Pertanto è da escludere in modo pressoché assoluto che l’aumento della temperatura media del pianeta sia da attribuire all’aumento della CO2, anzi è il contrario.

      Ma tutto questo… comunque… non deve distogliere il nostro sguardo dal fatto che la temperatura media del pianeta non sta aumentando dal 1998!

    • max

      “..Affermazione, la tua, molto pesante e discutibile. Su quali basi affermi che l’aumento della CO2 atmosferica ha origine antropica? Il tuo è il classico discorso di chi pretende che l’AGW abbia un ruolo fondamentale nel cambiamento climatico….”
      Bernardo, mi scuso per le omissioni dei miei precedenti interventi: giusto per chiarire, io non sono affatto un sostenitore AGW, anzi, tutt’altro, ma che la concentrazione di CO2 sia aumentata nel modo in cui io ho descritto è un dato di fatto scientificamente accertato e accettato da tutti;”catastrofisti” e “scettici”; il che non vuol dire, e PER ME non lo vuol dire, che ci sia relazione diretta e univoca tra questo parametro e l’aumento di T; è però altrerttanto da “ciechi” non vedere la correlazione evidentissima negli ultimi 150-170 anni tra aumento della CO2 (NON DELLA T°) e industrializzazione del pianeta;
      dai carotaggi non si evince solo la quantità di CO2 (per altro, dalle carote glaciali i gas rilevati e intrappolati sono gas originariamente presenti in alta atmosfera quindi nel complesso si può ritenere che rappresentino la % di quel gas diffuso globalmente, e non localmente, altrimenti tutti i lavori di correlazione e studio stratigrafico che si fanno da decenni non avrebbero senso), ma tanti altri parametri, che concorrono a ricostruire le variazioni di T°, uno tra tanti il rapporto isotopico O18/O16, e via dicendo;
      sull’incidenza dell’attività vulcanica, io stesso ho scritto spesso su queste pagine, essendo la mia materia (sono geologo), riportando studi e ricerche degli ultimi 30 anni, quindi mi trovo assolutamente in linea con Lei; inoltre, come spesso ho avuto modo di sottolineare, l’attività vulcanica è più frequentemente causa di parziali raffreddamenti che del contrario;
      diverso il discorso degli oceani: la quantità di CO2 immagazzinata/immagazzinabile negli oceani, come giustamente sottolinea Lei, varia notevolmente a seconda della temperatura stessa degli oceani; ma si tratta di un equilibrio dinamico tra l’interfaccia oceani/atmosfera, cioè di un continuo scambio tra i due sistemi, non di CO2 prodotta ex novo, come invece lo è quella dei vulcani e quella derivante da attività antropiche;

      le chiedevo di fornirmi dati e bibliografia sulla correlazione diretta da lei affermata tra periodi glaciali, e aumento anche nel numero di terremoti ed eruzioni vulcaniche:
      le ripeto, io personalmente non conosco nessun lavoro che accerti questa cosa;

      in ultimo, giusto per essere corretti:
      “Per quanto riguarda invece “chi viene prima”, se l’aumento della temperatua o della CO2, studi scientifici anche recenti hanno eliminato qualsiasi dubbio stabilendo che la variazione della CO2 segue, SEMPRE, la variazione della Temperatura.”
      non è SEMPRE così: sia nel caso del massimo termico Paleocene/Eocene, sia nei precedenti periodi geologici, le evidenze stratigrafiche e le correlazioni che si riescono a ricostruire, pur con tutti i lmiti (parliamo di decine/centinaia di milioni di anni fa), a volte testimoniano un iniziale aumento CO2 e un successivo e conseguente aumento T° (sulle cause, è tutto da studiare e verificare, anche solo pensando che la disposizione di terre emerse e oceani nel mesozoico era drasticamente diversa da ora); in sostanza, le questioni climatiche fanno parte di un mondo di studio estremamente complesso eterogeneo e mutlidisciplinare di cui credo che molti meccanismi di funzionamento causa/effetto siano ben lungi dall’essere noti o capiti;

  8. “Che la CO2 sia responsabile di una parte del riscaldamento attuale mi sembra un fatto piuttosto scontato….”

    Su questo passaggio nutro fortissimi dubbi. Anzi… dissento completamente. Non c’è alcuna prova che la CO2 possa in qualche modo modificare la temperatura globale del pianeta. Mentre ci sono evidenze di qualsiasi tipo che a farlo sia l’attività solare (sia tramite la TSI, sia tramite un meccanismo simile a quello dell’induzione magnetica… ovvero tramite l’interazione tra il Vento Solare e il Campo Magnetico Terrestre).
    Evidentemente in molti pensano sia giusto continuare a raccontare favolette… tanto la gente è cosi’ stupida che ormai crede a tutto!

    • Luigi Mariani

      Gentile signor Matteucci,
      la CO2 è un gas serra e ne conosciamo in modo assai accurato le bande di assorbimento. Pertanto sul fatto che CO2 abbia un effetto sul clima non ci piove. Casomai il dibattito è centrato su:
      1. “quanto” modifica il clima, nel senso che pesa per il 18% circa sull’effetto serra globale mentre l’acqua pesa per il 75%, per cui senza i feed-back positivi legati all’acqua la CO2 può relativamente poco.
      2. esternalità positive di CO2 (es: aumento delle produttività degli ecosistemi naturali e delle piante coltivate).

    • L’influenza “totale” della CO2 sul clima terrestre, nel senso che intendono darvi i fanatici (perché tali sono) del Riscaldamento Globale Antropogenico, è inferiore al 2%. Il resto viene esclusivamente dall’Attività Solare nelle sue molteplici influenze (come dicevo… TSI e interazione SW-CMT).

      Il problema reale del capire il clima, come cambia e perché, invece, è secondo il mio modesto parere tutt’altro.
      Fino ad oggi si è partiti dal presupposto che è la CO2 a determinare una variazione significativa e quantificabile della temperatura terrestre. Ricerche passate e presenti, invece, dimostrano che la concentrazione della CO2 nell’aria dipende dalla temperatura del pianeta stesso (oceani, aria, ecc…) e dalle condizioni dell’ecosistema. Ed è proprio qui che c’è l’elemento che è cambiato maggiormente da alcuni secoli a questa parte, ovvero: la flora.
      Quante foreste sono state abbattute negli ultimi 2-3 secoli? Quanti ettari sono stati cementificati? Questi dati sono determinanti per capire come varia il clima terrestre, perché determinano variazioni significative e quantificabili nei microclimi locali.
      E sappiamo bene entrambi che la produzione e l’assorbimento della CO2 da parte del sistema terrestre non è uniforme e non è legato, tra l’altro, in modo diretto alla densità della popolazione. Tutto va inquadrato nel giusto contesto. E in questo le mappe della concentrazione di CO2 nell’aria lo chiariscono in modo, penso, inequivocabile.
      Vogliamo per forza di cose convincere che è la CO2 a produrre variazioni significative della temperatura dell’aria? Allora la prima cosa da fare è spiegare in modo preciso, attendibile e scientificamente riproducibile, il perché delle variazioni di temperatura del passato. Partendo tra l’altro dal presupposto che la quantità di CO2 rilevata nei carotaggi NON CORRISPONDE alla quantità totale di CO2 presente nell’atmosfera ma solo ad una % della stessa.
      Pertanto anche paragonare la % di CO2 presente OGGI nell’aria a quella rilevata nei carotaggi, è come paragonare i soldi che si hanno il giorno dopo l’accredito dello stipendio con quelli che ci sono avanzati lo scorso anno dopo aver mangiato, cazzeggiato (leggi: andati in vacanza 2 o 3 volte per 15-20 giorni), pagato le tasse e magari anche perso distrattamente per strada. Sono 2 valori completamente diversi che non possiamo paragonare in modo DIRETTO.

      Ma ci sono tante altre cose che andrebbero chiarite… e che invece non si fanno… per il semplice motivo che si preferisce (forse anche giustamente) semplificare il sistema climatico terrestre ad una sorta di “scatola” isolata nella quale esistiamo noi e basta.
      Il sistema climatico terrestre è invece alla costante ricerca di un equilibrio con lo spazio che lo circonda… posto ad una temperatura notevolmente sotto lo zero …e riesce a mantenere una temperatura media NORMALE di 8-10° grazie alla presenza dell’atmosfera e dell’effetto serra indotto principalmente dal vapore acqueo (che è il più potente e abbondante gas ad effetto serra presente in natura). Ma siccome è impensabile TASSARE il vapore acqueo, allora è fin troppo facile fare DISINFORMAZIONE facendo credere alla gente comune che il ruolo principale è la CO2…. tassando quindi quella microscopica percentuale prodotta dalle attività umane.

      Ricordiamoci sempre che, come detto sopra, la temperatura media NORMALE del pianeta Terra non è di 14°C, ma di 8-10°C. Una temperatura, questa, che viene mantenuta per il 90% circa del tempo. E solo per un 10% tale temperatura, ciclicamente, sale a circa 14°.

      Il tutto è ovviamente correlato all’attività solare e ai cicli solari. Cicli che hanno una durata di anni (macchie solari), decenni (variazioni delle temperature oceaniche), secoli (variazioni dell’estensione delle calotte glaciali), millenni (variazioni delle correnti oceaniche), centinaia di migliaia di anni (variazioni dell’assetto orbitale del Sistema Solare). E per quest’ultimo ciclo possiamo individuare quello dei periodi interglaciali di circa 120 e 400 mila anni.

      Se omettiamo tutti questi dati, semplifichiamo a tal punto il sistema che alla fine possiamo dare la colpa a qualunque elemento presente nel sistema. Sia esso di origine animale che vegetale. Anche al caso!

      Ma sappiamo che il caso in natura non esiste!

  9. Sarò pure scemo o deficiente… fate voi… ma per me, qualunque lavoro, di qualunque tipologia ed entità, che venga basato su una natura antropica del cambiamento climatico, andrebbe bocciato ed etichettato come INUTILE PERDITA DI TEMPO. E gli autori, chiunque essi siano, andrebbero messi alla porta!
    Continuare a sostenere in ogni dove che il cambiamento è (anche) di origine antropica, significa fregarsene altamente della storia, della scienza, della natura e della vita di chiunque abbia investito tempo, soldi e fatica, per cercare di capire come funziona il mondo. Ovvero… totale mancanza di rispetto verso il prossimo!

  10. luigi mariani

    Caro Donato,
    se guardiamo l’andamento termico olocenico nel plateau groenlandese (dati GISP2 che si travano ad esempio graficati si climate4you) si vedono benissimo 5 picchi termici positivi e cioè:
    1. massimo termico di 8000 anni BP (prima fiammata del grande optimum postgalciale)
    2. massimo di 7000 anni BP (seconda fiammata del grande optimum postgalciale)
    3. massimo di 3000 anni BP (optimum miceneo)
    4. massimo di 2000 anni BP (optimum romano)
    5. massimo di 1000 anni BP (optimum medioevale).
    Una domanda che mi è sorta spontanea è se anche nell’olocene vi sia opposizone di fase fra Artide e Antartide e per verificare la cosa ho preso il diagramma presente qui (https://www.ncdc.noaa.gov/paleo/abrupt/data4.html) ed ho confrontato i diagrammi termici di GISP2 e di Dome C (aiutandomi con una linea tracciata in paint). Il risultato è molto interessante::
    se infatti il massimo 1 groenlandese: corrisponde ad una fase a temperature crescenti in Antartide, gli altri 4 massimi groenlandesi corrispondono a minimi in Antartide.
    Parrebbe dunque che l’opposizione di fase ci sia anche in occasione degli optima olocenici i quali potrebbero dunque essere forse letti come riproposizioni degli eventi di Dansgaard Osgher. E poiché l’Antartide si sta comportando in modo divergente rispetto all’Artide ciò supporterebbe la tesi secondo cui quello attuale è il sesto optimum postglaciale olocenico.
    Che ne dici?

    • Io dico che il discorso fila Luigi, ma come dice Steig per non mettersi nei guai commentando su Science Daily, ora è diverso da allora. Quindi secondo i libri sacri non è il sesto optimum dell’olocene, ma il primo dell’antropocene. Circa il fatto che sia comunque un optimum, beh, è un’altra cosa che va taciuta.
      gg

    • Luigi Mariani

      Fra i motivi a favore della mia tesi metto quello per cui il nostro optimum (in qualche misura modificato dalle attività umane) rientra negli optimum con periodo di 1000 anni circa (il prossimo sarà quello del 3000 dC). che si sono manifestati a partire per mo meno dall’optimum miceneo.
      Per inciso se guardiamo il diagramma olocenico di GISP2 (sarebbe bello poterlo riportare -> te lo invio per e_mail) si nota un optimum ogni 1000 anni a partire dal 9000 BP.

    • Luigi Mariani

      Dimenticavo: nella parte inferiore del diagramma di GISP2 è riportato l’andamento dei livelli di CO2 atmosferici. Fra CO2 e ciclicità non mi pare vi siano legami evidenti.

    • donato

      Caro Luigi, nelle nostre considerazioni dobbiamo tener presente che il confronto tra i dati groenlandesi e quelli antartici deve essere fatto con le molle in quanto lo sfasamento di 200 anni è stato desunto da dati diversi da Dome in quanto quelli di Dome sono meno dettagliati di quelli assunti da Buizert e colleghi nel loro studio. Essi sostengono, inoltre, che dal momento in cui si verifica il brusco aumento di temperatura in Artico, in Antartide la temperatura continua a seguire il trend originario per circa 200 anni e poi inverte la tendenza. Questo significa, secondo quanto ho potuto capire (e se ho capito bene, ovviamente 🙂 ), che per i primi duecento anni dal verificarsi del cambio di tendenza in Artico, in Antartide non succede nulla, dopo i duecento anni si ha l’inversione di tendenza.
      .
      Fatta questa premessa, però, credo che il tuo ragionamento sia condivisibile a condizione che l’intervallo di tempo considerato sia maggiore di 200 anni e che l’opposizione sia sfasata di almeno duecento anni rispetto al verificarsi dell’evento di riscaldamento in Artico. Ciò nell’ipotesi in cui il paradigma delineato da Buizert e colleghi sia confermato, ovviamente. Gli eventi che tu hai citato, non sono stati studiati nell’articolo di Buizert e colleghi, ma nei materiali supplementari è presente un grafico in cui viene rappresentata la sfasatura rispetto agli anni assoluti: negli ultimi 11000 anni BP lo sfasamento è quasi costantemente inferiore ai 200 anni (più o meno 2 sigma). La tua ipotesi, pertanto, mi sembra piuttosto forte.
      .
      Per quel che riguarda il presente nulla posso dirti: gli autori, come ha scritto G. Guidi tengono a precisare che ciò che era valido in passato non va bene per l’oggi, ma tu sai meglio di me che questo è il massimo che possiamo aspettarci. Per quel che mi riguarda credo che anche per quel che sta accadendo oggi possiamo dire la stessa cosa indipendentemente dalla causa: anche per il passato, come scrivono gli autori, non si conoscevano le cause delle variazioni di temperatura, ma lo schema era valido. Mi sembra strano che non lo sia per il presente.
      Ciao, Donato.

  11. Fabio Vomiero

    Condivido in particolare la considerazione finale di Donato che mi sembra molto obiettiva. Quello che però vorrei far notare, ma se sbaglio qualcuno mi smentisca pure, è che ciò detto, corrisponde esattamente allo stato dell’arte delle conoscenze scientifiche espresso anche nell’ultimo rapporto dell’IPCC, e che talvolta dà origine a dibattiti che a mio modo di vedere, a volte tendono ad equivocare. Nel senso che, l’IPCC non ha mai sostenuto e non sostiene che tutto il riscaldamento globale è attribuibile completamente alle attività umane, ma parla di “maggior parte del riscaldamento globale 1951-2010”. Perciò, preso alla lettera, questo potrebbe significare anche il 51%, e quindi essere in linea con il pensiero di Scafetta riportato, ad esempio. La scienza riconosce eccome anche il ruolo della variabilità naturale o delle forzanti non antropogeniche e infatti cerca continuamente di attribuire ad esse un valore quantitativo. Quello che l’IPCC definisce inequivocabile è il riscaldamento globale, così come definisce molto probabile l’influenza umana, ma non parla di totale attribuzione delle cause alle attività umane. O almeno questo è quanto ho interpretato io, nel leggere la sintesi per i decisori politici. Saluto sempre tutti cordialmente.

    • donato

      Fabio, giustissime considerazioni. L’unico guaio è che molti sostengono il contrario e cioè che TUTTO il riscaldamento moderno è attribuibile all’uomo: stampa, media, gruppi ambientalisti, lobby, ecc., ecc..
      La variabilità naturale che ha un impatto uguale se non maggiore del contributo antropico viene sottaciuta o, al massimo, sottovalutata: alla variabilità naturale, per esempio, si attribuisce l’attuale pausa. Essa viene vista, in quest’ottica, come la causa che ha mascherato il forcing antropico.
      Io mi sono sempre interessato alla divulgazione scientifica e, prima di cominciare a fare da me, ero convinto che il riscaldamento globale fosse l’ennesima nefandezza dell’uomo. Solo dopo aver approfondito autonomamente la questione ho cominciato a manifestare scetticismo verso questa tesi.
      Ciò che mi infastidisce, quindi, è la mancanza di obiettività di coloro che sono deputati a divulgare la scienza. Che IPCC e molti scienziati dicano cose diverse da quelle dei media più o meno generalisti e dai gruppi ideologizzati è vero, ma non si vede da nessuna parte se non ti armi di pazienza e vai a spulciarti le carte.
      Ciao, Donato.

    • I famosi 2°C da controllare entro la fine del secolo su quale range di percentuali di responsabilità umana si basano?

    • donato

      Se riuscissimo a scoprirlo, potremmo aspirare a qualche premio …. importante! 🙂
      Diciamo che il range è compreso tra 0 e 100 (dipende da chi è l’interlocutore) … 🙂
      Ciao, Donato.

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