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Alla scoperta del Vortice Polare

Il Vortice Polare stratosferico o Polar Vortex, termine che ha negli ultimi anni conosciuto spesso impropriamente anche la ribalta mediatica, è una struttura stagionale dell’alta atmosfera che nasce in autunno, si consolida in inverno e si dissolve in primavera. Le sue evoluzioni, i suoi spostamenti dalla verticale delle latitudini polari, sono spesso all’origine di brusche modifiche della circolazione troposferica, sebbene a loro volta siano innescate proprio da alterazioni di quest’ultima in un accoppiamento tra i due strati più bassi della nostra atmosfera che ancora non siamo riusciti a comprendere perfettamente. Variazioni che si identificano nell’insorgere di incursioni di aria fredda verso le medie latitudini cui si oppongono intense risalite di aria calda verso le latitudini polari, segnando delle modifiche alla posizione del bordo più meridionale del vortice polare troposferico, che diversamente da quello stratosferico, persiste per l’intero anno solare come struttura ciclonica che occupa le latitudini polari.

Polar Vortices
Schema del Vortice Polare stratosferico (blu) e troposferico (rosso) – Figura 1 Waugh et al.

Ormai però siamo fuori dal guado già da qualche settimana. Anche quest’anno, come accade sempre durante la primavera, il Vortice Polare Stratosferico Boreale sta perdendo la sua caratteristica di circolazione ciclonica e sarà presto rimpiazzato da una circolazione in opposizione di segno.

A ben vedere, il brusco cambiamento di massa d’aria che ha segnato lo scorso week end, potrebbe essere un portato del riscaldamento della stratosfera polare di qualche settimana fa, quello che, dato il periodo stagionale, si definisce Final Warming del Vortice Polare Stratosferico.

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Temperatura a 10hPa 2015-2016 tra le latitudini 90N e 65N, il picco della seconda decade di marzo è il Final Warming- Fonte NOAA CPC.

Un lavoro di prossima pubblicazione sul BAMS (Bullettin of American Meteorological Society), forse anche per spazzare via le recenti esagerazioni mediatiche, affronta in termini molto chiari e leggibili le caratteristiche strutturali della circolazione atmosferica polare, sia in troposfera che in stratosfera, mettendo in chiaro che gli episodi di brusco raffreddamento delle medie latitudini, non sono da imputare a comportamenti anomali di queste strutture circolatorie, quanto piuttosto una normale manifestazione delle loro dinamiche.

WHAT IS THE POLAR VORTEX, AND HOW DOES IT INFLUENCE WEATHER? (qui per il pdf in pre-print)

Più di qualche appassionato sarà tentato di storcere il naso nella lettura di questo paper, che invece vi consiglio vivamente, non fosse altro per la chiave di lettura principale che riporto direttamente dalle conclusioni:

Dato che esistono due diversi vortici polari e quello stratosferico può giocare un ruolo significativo ma spesso non lo fa, l’utilizzo di questo termine [Polar Vortex] potrebbe infatti causare delle incomprensioni. Inoltre, dato che i disturbi del tempo al livello superficiale sono unicamente associati a spostamenti del bordo del vortice su aree limitate piuttosto che a modifiche al vortice a scala emisferica, non è chiaro che invocare il termine “vortice” chiarisca alcunché, dato che il vortice è una struttura a scala emisferica. L’uso del termine senza adeguata spiegazione può suggerire un cambiamento della circolazione troposferica globale di quanto sia effettivamente avvenuto.

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Published inAttualitàMeteorologia

3 Comments

  1. Flavio

    Molto interessante, grazie per la segnalazione! Il termine e’ abusato, e a mio modesto parere tante cose sono abusate per un eccesso di semplificazione. C’e’ la tendenza a imputare a singoli fatti dinamiche che non possono essere attribuite ad una unica causa. Un giorno fa freddo “perche’ c’e’ il vortice polare”, un altro giorno fa caldo “per colpa dell’ITCZ”, poi c’e’ alta pressione “perche’ l’atlantico e’ freddo” e piove poco perche’ “c’e’ la lacuna iberica”. Sono a mio parere spiegazioni sgangherate e in tanti casi si confonde l’effetto con la causa, sempre che abbia senso parlare di “causa”. Se si guarda alle configurazione sinottica globale come ad un immenso frattale (bellissimo quanto complesso l’articolo uscito su CM alcuni giorni fa a riguardo), si capira’ che attribuire le configurazioni sinottiche ad un unico evento e’ tanto semplicistico quanto, semplicemente, dilettantesco. Ad ogni azione corrisponde una reazione, una pulsazione dinamica anticiclonica in atlantico si assocera’ ad un cavo d’onda in europa e, possibilmente ad un’altra pulsazione anticiclonica piu’ a est, magari con un contributo termico d’inverno, e cosi’ via. E’ per questo che mi piace parlare di configurazioni sinottiche “in risposta dinamica” a qualcos’altro, e non “a causa” di quel qualcosa. E’ una sfumatura dialettica, d’accordo, ma deriva proprio da questa consapevolezza. Che di “cause”, per uno stesso evento meteorologico, se ne possono identificare a migliaia, fino a concludere con il vecchio quanto intramontabile concetto del battito d’ali della farfalla…

    • Guido Botteri

      Giusto, Flavio, non bisogna semplificare oltre il livello di complessità del fenomeno
      altrimenti se ne perdono fattori importanti e si stravolge tutto.
      Secondo me.

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