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Il Metano non collabora

Aggiornato. Novità in fondo al post.

Le emissioni di Metano, gas serra di gran lunga più efficiente della CO2 ma presente in atmosfera in concentrazioni molto più basse, sono uno degli aspetti più controversi nell’ambito del dibattito sul clima. In questo caso, è ben difficile fare distinzione tra un clima che evolva secondo dinamiche proprie o per effetto di forzanti esogene come le attività umane, perché il pianeta possiede riserve enormi di questo gas, soprattutto sul fondo degli oceani, dove giace in una forma di aggregazione simile al ghiaccio detta idrato di metano, costituita da 6 molecole di acqua e una di metano.

Regola (o profezia) vuole, che con l’aumentare delle temperature degli strati più profondi degli oceani, questi idrati si possano sciogliere liberando il metano che poi risalirebbe verso la superficie, per essere liberato in atmosfera e contribuire, data la sua nota efficienza in termini di effetto serra, al riscaldamento del pianeta.

Non essendo supportata da misure, almeno sin qui, questa sarebbe una delle innumerevoli spade di Damocle pendenti sulle future dinamiche del clima, specialmente nel contesto di una concentrazione di metano in atmosfera che, dopo lunghi anni di aumento e poi inspiegabile stasi, dal 2006 è tornata ad aumentare al ritmo di circa sei parti per miliardo.

Fonte NOAA

Così, un gruppo di ricercatori ha deciso di provare a fare delle misure sul fondo del Mar Glaciale Artico, dove appunto sono i depositi più abbondanti di idrati. Misure ovviamente possibili soltanto nella stagione estiva, dal momento che durante i mesi freddi quella porzione di oceano, piaccia o no alle previsioni e nonostante il trend di diminuzione della sua estensione, è effettivamente ancora coperta da ghiaccio.

I risultati della loro ricerca sono stati pubblicati sul GRL e il titolo parla da solo:

Extensive release of methane from Arctic seabed west of Svalbard during summer 2014 does not influence the atmosphere

Pare infatti che a causa della stratificazione cui è soggetta la massa oceanica specialmente nei mesi estivi, gli scambi verticali siano estremamente ridotti e il contributo del metano proveniente dal fondale in atmosfera sia insignificante. In sostanza, la spada di Damocle c’è ma non è sostenuta da un capello, quanto piuttosto da una solida catena…di eventi che la Natura ha già deciso di porre in essere da qualche miliardo di anni senza sapere che poi, negli ultimi dieci minuti, saremmo arrivati noi a fare delle previsioni ;-).

Oltre l’articolo vero e proprio, ovviamente a pagamento, se volete un approfondimento piuttosto ben scritto potete andare sul sito web del programma di ricerca cui appartiene questa campagna di misura. Si chiama CAGE e lo trovate qui.

Addendum:

Mi era sfuggito un altro paper, sempre del GRL, dove si dice che il metano non collabora neanche se rilasciato dal suolo in ragione dell’aumento della temperatura. Interessante.

No significant increase in long-term CH4 emissions on North Slope of Alaska despite significant increase in air temperature

PS: Grazie a Max per la segnalazione.

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Published inAttualitàClimatologia

2 Comments

  1. […] Ma le chiacchiere stanno a zero, e il Profeta ci informa che la catastrofe è inevitabile per via del metano che si libera dal Mar Glaciale Artico e per lo scioglimento del permafrost, secondo il vecchio schema del feedback positivo tanto caro ai profeti di sventura quanto smentito dai fatti. […]

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