Il tempo scorre veloce e l’appuntamento di Copenhagen si avvicina. I negoziati sono sempre più serrati ma ancora non si è raggiunto un accordo. Nel frattempo negli Stati Uniti, la nazione che tutti aspettano al varco e che, con il proprio atteggiamento giocherà un ruolo dirimente sull’approvazione o meno di un trattato, si stanno alzando non poco i toni del dibattito.
Nell’impossibilità di aggiungere qualcosa di nuovo circa il livello di comprensione scientifica del peso delle attività umane sulle dinamiche del clima, che alcuni giudicano già soddisfacente, altri invece deficitario, l’attenzione si è spostata sugli aspetti puramente pratici ed economici delle eventuali azioni legislative che diverrebbero necessarie in seguito al raggiungimento di un accordo di respiro globale.
Per un’iniziativa che mette l’accento sui danni che un’evoluzione disastrosa del clima potrebbe generare, se ne registra un’altra che si affretta a -è il caso di dirlo- a raffreddare gli animi. Articolo su articolo, discorso su discorso, media su media, spesso tra approssimazioni e omissioni più o meno volontarie, per tirare acqua al proprio mulino.
Esce il film documento “The Age of Stupid ” e gli fa subito eco un’altra pellicola, “Climate Chains ” del Cascade Policy Institute. E se la comunicazione scientifica latita un po’, quella mediatica scoppia di salute. Buona visione.
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