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Aria di fuga

E’ qualche settimana ormai che ci stiamo osservando un po’ divertiti, un po’ -ammettiamolo- compiaciuti, una lenta ma inesorabile presa di distanza del mondo dei media dagli eccessi di catastrofismo e dalle dichiarazioni apocalittiche sin qui diffuse a profusione. Oggi si è aggiunta alla lista un’altra testata, e non si tratta esattemente del Foglio Scandalistico di Vattelapesca o del Notiziario delle Giovani Marmotte, stiamo parlando del Times on Line.

Non credo lo leggano in pochi, perciò, se è vero che l’informazione fa opinione ma segue anche gli umori della stessa, dobbiamo arguire che qualcosa sta cambiando. Da un certo punto di vista la faccenda è curiosa, perchè in realtà al dibattito sul clima non si è aggiunto nulla di eclatante, nè in un verso, cioè a favore della teoria dell’AGW, nè nell’altro, ovvero nella direzione di chi nutre più di qualche dubbio sulla suddetta teoria. Sarà solo una sensazione, ma sembra quasi che si stia preparando il terreno per trarsi d’impaccio, ora che il vento comincia a soffiare da un’altra direzione.

Ci sono però alcuni non banali elementi di diversità nell’approccio del Times, infatti, se testate come il Telegraph, il Daily Mail e Le Monde si sono interrogate circa la possibilità che il riscadamento globale abbia subito un arresto e con esso anche i cambiamenti climatici di origine antropica per le note vicende di medio periodo del clima, sul Times si teme piuttosto che l’eccesso di catastrofismo possa nuocere alla causa, minando con elementi privi di riscontro scientifico argomenti invece consolidati. Su questo punto in particolare tornerò tra poco, per il momento mi preme sottolineare un altro aspetto, e cioè che apprendiamo da questo articolo che si conoscono anche i colpevoli di questo atteggiamento controproducente. Organizzazioni Non Governative, Politici, Lobby ambientaliste e giornalisti a cui, udite udite, si aggiunge anche qualche addetto ai lavori che chissà perchè non viene nominato. Troppo spesso si fa ricorso ad eccessi facilmente smascherabili, quali ad esempio l’attribuzione del verificarsi di fenomeni estremi al cambiamento climatico, oppure l’esagerazione dell’accento su semplici oscillazioni di breve periodo di elementi dei quali va analizzato solo l’andamento nei tempi lunghi.

Abbastanza strano leggere cose del genere, specialmente se supportate dal parere piuttosto autorevole di scienziati del settore. Che abbiano deciso di riprendersi il ruolo che gli spetta? Che abbiano realizzato che lasciare il timone della loro stessa attività di ricerca ad arrivisti dell’ultima ora o a professionisti della ricerca del consenso alla Al Gore non li porterà molto lontano? E così scopriamo che il ghiaccio artico non ha raggiunto alcun punto di non ritorno (anche perchè nessuno sa cosa sia), che non siamo in grado di avere informazioni accurate sul comportamento del clima tra 50 o 100 anni, che quelle di cui si ha cognizione sono delle possibilità delle quali non si conosce la probabilità di occorrenza, che non ha senso prendere gli scenari più peggiorativi e presentarli come fatti e che bisogna essere estremamente cauti nel lanciarsi in proiezioni sul clima futuro. C’è dell’altro? Sì, in effetti. Scopriamo anche che è stato un errore l’aver considerato l’ultima decade del secolo scorso in cui le temperature hanno subito un’impennata, come la prova schiacciante che il riscadamento globale stesse accelerando, perchè la successiva stasi dell’ultima decade ha finito per essere interpretata (giustamente) come l’arresto dell’AGW.

E qui mi preme tornare al discorso interrotto qualche riga fa. Apprendiamo che l’elemento consolidato di tutta la faccenda è uno solo: il riscaldamento. Questo oggettivamente viene dal passato, seppur con un non banale margine di incertezza; un passato anche piuttosto remoto che arriva fino a qualche secolo fa. Infatti, se dobbiamo guardare solo al lungo periodo, sappiamo che le temperature sono aumentate dal 1850 ad oggi, ma erano aumentate anche prima, dato che il culmine del freddo della Piccola Era Glaciale è arrivato attorno al 1700. Per gran parte del tempo che ci separa da allora l’effetto antropico noto o meno noto che sia, comunque non c’era. Invece è sul breve periodo della fase finale del secolo scorso, che ora scopriamo non essere sufficiente, che sono stati fatti gli assunti sulle proiezioni per il futuro, per le quali ci raccomandano cautela, ci paventano incertezza e ci manifestano dubbi di affidabilità.

Questa è la scienza del clima, cui sinceramente dico volentieri bentornata! Anche se so che di qui in avanti, trovare qualcuno che vorrà ammettere di aver ecceduto sarà impossibile. Pazienza, così va il mondo. Con queste premesse, a prescindere dagli eccessi del catastrofismo, che oggettivamente giovano solo a chi ha interesse ad ottenere rendite di posizione da questi atteggiamenti o a chi confida nella credulità dei propri lettori o ascoltatori, come è possibile pretendere di porre in essere azioni dai costi sociali ed economici esorbitanti, che sono invece più che certi? E’ possibile piuttosto concentrare la nostra attenzione su quanto avviene già ora a prescindere dalle cause? Che so, cercare di fare in modo che le infrastrutture delle zone costiere ai tropici siano protette dagli uragani, piuttosto che pretendere di limitarne il numero, oppure mettere in sicurezza le popolazioni che vivono ammassate a milioni nei sobborghi cittadini delle zone monsoniche, o ancora non costruire manufatti negli alvei dei fiumi o nelle piane alluvionali ad esempio. Ci vogliono molti soldi? Molti meno di un qualsiasi protocollo, sia esso firmato a Kyoto o a Copenhagen.

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Published inAttualità

10 Comments

  1. Marco

    Caro Guido (immagino possiamo darci del tu),
    “le supposizioni e le deduzioni alquanto grossolane” e “i soliti incompetenti” se sono riferite ai giornalisti o ai politici , salvo le dovute eccezioni, posso anche essere d’accordo con te. E lo dico senza peli sulla lingua, essendo un giornalista io stesso. Spesso i media e la politica esagerano e semplificano qualche volta per ignoranza, qualche volta per convenienza e opportunismo.

    Se invece ti riferisci al mondo scientifico e, più in particolare, agli scienziati componenti dell’Ipcc e ai numerosissimi climatologi che pubblicano sulle principali riviste scientifiche (non il Times on line ovviamente, ma cose tipo Nature, Science et similia), mi dispiace ma non posso condividere questo giudizio.
    I problemi in seno all’Ipcc non sono l’incompetenza o l’opportunismo, ma piuttosto quelli, per esempio, così ben descritti da Pascal Acot in “Catastrofi climatiche e disastri sociali”.

    Sulle “cure”, possiamo forse quasi convenire, sebbene da posizioni evidentemente distanti. Il protocollo di Kyoto è chiaramente poco più di un’aspirina, lasciando intere nazioni, interi comparti socioproduttivi e attività umane escluse dal calcolo delle emissioni (e quindi dal sostenerne i costi).
    Ma è un’aspirina molto significativa, che cerca di mettere ordine in attesa che qualcuno di occupi più seriamente e più compiutamente di un trattato globale sull’atmosfera, così come è per i mari. Un po’ meno inquinanti non credo facciano male a nessuno.
    Intervenire per prevenire non è mai una perdita nè di tempo nè di denaro. Così come intervenire per curare il dissesto del territorio, come dimostrano le recenti cronache italiane, non solo non è una perdita di tempo, ma è essenziale!
    Come forse saprai, il costo di questa ultima impresa è stimato in 44 miliardi di euro, tanti quanti il governo ne ha invece recentemente stanziati per le realizzare opere infrastrutturali nei prossimi tre anni.

    Investire nella salvaguardia della salute, del territorio e del clima non sembrano essere azioni così separate le une dalle altre. Creando nuovi volani (o “drivers”, come si dice ora) di economia diffusa.

    Grazie per l’ospitalità e buon lavoro.
    m.

    • Marco,
      come ho più volte specificato su queste pagine, non sono uno scienziato nè posso aspirare ad esserlo, perchè ho una formazione professionale preminentemente operativa. Per questa ragione non mi sogno neanche di dare dell’incompetente a chi fa un lavoro diverso dal mio, lavoro che tra l’altro ritengo ovviamente indispensabile ai fini del progresso scientifico, che oggi è più che mai legato al progresso sociale e culturale. E’ un fatto che in commenti esterni ed interni a questo blog, più di qualcuno abbia tentato di tirarmi per la giacca in questo senso, quando non si è trattato di accuse più o meno dirette di opportunismo e qualunquismo. Questo sinceramente non mi preoccupa, dal momento che credo di possedere gli strumenti idonei per comprendere quanto altri fanno nel mio campo. Quello che mi preoccupa, e qui arrivo al nocciolo del problema, è la superficialità con cui si danno per scontate conoscenze che non lo sono affatto, per le quali è sufficiente l’accezione letterale del termine “grossolane”, non c’è bisogno di intenderlo in senso negativo. Tutto quanto gira intorno alla presunta deriva catastrofica del clima ha un serio problema di attribuzione delle cause, cui si è deciso di sopperire procedendo per esclusione, non di ciò che è noto, ma di ciò che non lo è. E questo è accaduto in seno ad un’organizzazione politica e non scientifica, il cui scopo sarà pure quello di raccogliere quanto la scienza produce al riguardo, ma la scelta dei contributi e le decisioni prese sono frutto di un processo politico e non scientifico. Non sarebbe chiaro altrrimenti perchè da questa raccolta siano stati esclusi tutti i lavori che sollevavano dei dubbi su quelle che alla fine sono diventate delle scelte dogmatiche più che scientifiche. Se oggi gli autori stessi di molte delle pubblicazioni impiegate nel 4AR arrivano a dire che c’è bisogno di cautela, vuol dire che ancora (purtroppo) non ci sono delle basi sufficientemente solide per impiegare questo livello di conoscenza per decisioni strategiche. Nonostante ciò quelle decisioni molta parte del mondo politico e lobbystico vorrebbe che fossero prese, proprio come è avvenuto per il Protocollo di Kyoto, che ha avuto e sta avendo solo effetti finanziari. Dalle tue parole comprendo che le nostre posizioni non sono affatto così distanti, salvo un piccolo particolare.Gli interventi sulla salute (o sicurezza ambientale se si vuole) e sul territorio sono alla nostra portata, quelli sul clima no, perchè il sistema non è perturbabile o modificabile a scala globale. Lo è scala regionale e locale, ed è lì che le due cose si incontrano. Per fare qualcosa in questo senso non serve sforzarsi di attribuire la qualifica di gas inquinante alla CO2 che non lo è, onde giustificarne la trasformazione in bene commerciale e purtroppo gli accordi globali mirano a questo.
      Quanto alla stima del costo degli interventi, converrai con me che essendo assoltamente necessari si dovranno reperire le risorse per implementarli. Quello che spenderemo per assolvere a questi accordi globali o per non farlo pagando delle sanzioni enormi, penso potrebbe essere meglio impiegato per queste esigenze. Così forse arriveremo anche, seppur obliquamente, ad una riduzione delle famose emissioni, e saremo tutti più contenti.
      Grazie a te per lo stiimolante commento.
      gg

  2. Lucas

    Condivido tutto quanto ha scritto, però Col. Guidi, ma aggiungerei fra gli interventi auspicabili per il futuro, anche l’abbattimento di sostanze nocive alla saluta umana…e molte di queste vengono prodotte nei processi di combustione di materie fossili! Pensiamo al benzene, aggiunto come additivo alle benzine al posto del piombo(perchè il piombo faceva male, ma il benzene anche di più) che è uno dei cancerogeni più noti! o agli IPA che si sviluppano durante la combustione del carbone! E via dicendo…

    Con questo voglio dire che forse si dovrebbe sfruttare la spinta di quanti avvalorano la teoria del GW, per incentivare la ricerca e lo sfruttamento di sempre più fonti alternative di energia…il tutto per la salvaguardia della salute umana! e non perchè “la CO2 fa aumentare la temperatura globale”.

    Che ne pensate???

    Gianluca

    • Penso che hai ragione da vendere. Basta che non s’inventino il Benzen Trading. 🙂
      gg

  3. alessandrobarbolini

    mettiamoci il cuore in pace,la meteo no sara mai una scienza precisa al 100 per 100 e i misteri della macchina climatica non li scopriremo mai nell,assoluto,per un semplice motivo scientifico ci vuole un teorema

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