Molto spesso su queste pagine abbiamo cercato di spiegare che clima e ambiente non necessariamente si identificano, che una cosa è la giusta attenzione che è necessario rivolgere all’habitat nostro e di tutte le altre specie che popolano il pianeta, altro è pretendere di avere voce in capitolo nell’evoluzione del clima. Altrettanto spesso però si sentono portare quali esempi del disastro climatico prossimo venturo, le difficoltà che molte specie animali potrebbero dover affrontare, al punto di paventare per molte di queste una sicura estinzione.
Con non poco sollievo però scopriamo che queste “previsioni” se guardate in chiave climatica, non sono più fondate di quelle di cui abbiamo discusso tante volte e di cui ci fidiamo davvero poco che riguardano proprio il clima. Il collegamento dovrebbe essere questo: su una Terra dal clima sconvolto ad opera dell’uomo, quelle che ci rimetterebbero di più sarebbero le specie animali e vegetali, in quanto indifese e prive di capacità di adattamento.
Ma è davvero così? Il 6 novembre scorso è uscito su Science1 un articolo di cui vi riporto interamente l’abstract:
Over the past decade, several models have been developed to predict the impact of climate change on biodiversity. Results from these models have suggested some alarming consequences of climate change for biodiversity, predicting, for example, that in the next century many plants and animals will go extinct and there could be a large-scale dieback of tropical rainforests. However, caution may be required in interpreting results from these models, not least because their coarse spatial scales fail to capture topography or “microclimatic buffering” and they often do not consider the full acclimation capacity of plants and animals. Several recent studies indicate that taking these factors into consideration can seriously alter the model predictions.
A questo link sul Timesonline trovate invece un pezzo che fa una breve recensione dell’articolo, sottolineandone gli aspetti più salienti. Il problema sembra essere soprattutto la risoluzione spaziale dei modelli di simulazione del clima, decisamente troppo ampia per poter descrivere efficacemente l’evoluzione degli habitat animali e vegetali. L’esempio che leggiamo chiarisce il problema. Descrivere l’ambiente alpino con una griglia di 16km di lato, porta a concludere che tutte le specie vegetali alpine saranno presto estinte. Riducendo nello stesso modello la griglia a 25m di lato, si scopre che malgrado le previste (e tutt’altro che certe) modifiche del clima, continueranno ad esistere le condizioni ideali di sopravvivenza per tutte le specie.
Secondo questo recentissimo studio dunque, gli effetti delle variazioni climatiche sulle specie animali e vegetali sono stati largamente sovrastimati. Questo sembra essere un atteggiamento non solo ragionevole, ma anche molto più in linea con la storia del nostro pianeta di quanto non lo siano stati in passato molti altri. Sappiamo che il clima ha sempre subito oscillazioni importanti, nonostante ciò le specie animali e vegetali hanno continuato la loro evoluzione, proprio grazie alle loro capacità di adattamento.
Ancora più importante è a mio parere un altra considerazione contenuta nell’articolo, ovvero quella concernente l’esistenza di minacce molto più immediate cui si rivolge invece molta meno attenzione che a quella del clima. La caccia, l’eccesso di pesca, la distruzione di habitat hanno prodotto e produrranno effetti prima, molto prima che si possa parlare di variazioni climatiche, ammesso che queste siano un problema.
Personalmente credo che considerazioni del genere dovrebbero farle anche e soprattutto tutte quelle associazioni più o meno grandi e più o meno organizzate che, nate per difendere l’ambiente, hanno inspiegabilmente concentrato ora tutti i loro sforzi nell’unico settore della lotta (che lotta non è) al cambiamento climatico. Ci pensino le multinazionali dell’ambiente, prima che sia troppo tardi.
- Biodiversity and Climate Change - Science 6 November 2009: Vol. 326. no. 5954, pp. 806 – 807 DOI: 10.1126/science.1178838 – Willis et al. [↩]
Decisamente vero quanto è scritto!!!
Il clima, nella scala delle insidie per la biodiversità , è sicuramente più in basso rispetto ad altre, caccia, pesca, inquinamento ecc!
Peccato che ridurre queste ultime minacce comporterebbe la scomparsa di parecchi introiti economici ….proprio il contrario accade per ridurre il GW……..
Buona sera, non so se sia l’esatta collocazione come argomento comunque tra 15 minuti inizia su La2 Svizzera italiana il film sotto indicato 2075 il clima che verrà .
Ve lo segnalo in quanto potrebbero esserci spunti per chi anche se non addetto ai lavori come me comunque segue con interesse CM.
Grazie in anticipo per gli eventuali commenti da chi capta la TSI.
saluti
Luigi Chilin
21:00 Serata evento
Il clima che verrÃ
di Marion Milne
A cura di Mario Casella
Presenta Alessandra Zumthor
Ospiti Bruno Oberle e Marco Gaia
777
Nascondi dettagli Cronaca di una catastrofe annunciata: il riscaldamento climatico sta avendo un impatto devastante sulla terra e questa docu-fiction, ambientata nel 2075 arriva sul teleschermo come un elettro-choc che scuote le coscienze. Le vite dei protagonisti di questo film raccontano le conseguenze di questo futuro inquietante.
A poche settimane all’atteso vertice mondiale di Copenhagen sul clima, RSI LA2 propone una serata speciale con il film “2075:il clima che verrà ” e con il commento in studio agli scenari presentati nella finzione basata sui dati delle più rigorose ricerche scientifiche. Alessandra Zumthor interpellerà in studio sul tema Bruno Oberle, direttore dell’Ufficio federale per l’ambiente e che rappresenterà la Svizzera a Copenhagen, e Marco Gaia, metereologo e responsabile del servizio previsioni di Meteosvizzera a Locarno Monti.
Peccato, me lo sono perso!
Viste le premesse deve essere stata veramente una pietra miliare.
Magari c’è qualcosa su youtube, non vorrei proprio lascia passare inosservata la trasmissione dell’ennesima climafiction.
gg