Ieri ho trovato nella rassegna stampa alcuni interessanti seppur distanti punti di vista in ordine ai pre-negoziati in corso per il vertice di Copenhagen. Mentre l’Unità scrive che la riunione del G20 tenutasi in Scozia ha fatto registrare in materia climatica un altro nulla di fatto, producendo la solita dichiarazione d’intenti che accontenta tutti e non impegna nessuno, La Repubblica delle Donne è in edicola con due articoli dal tono diverso.
Nel primo si dà conto della realizzazione di un nuovo megaoleodotto in Cina, grazie al quale il paese del Dragone potrà condurre una politica di approvvigionamento e consumo di combustibili fossili ancora più aggressiva, pur in un contesto di investimenti nello sviluppo di energie alternative superiori a qualunque altro paese impegnato nei suddetti negoziati. Una contraddizione? Non proprio secondo chi ha firmato l’articolo, visto che il governo cinese sarebbe preoccupato al limite della fobia superstiziosa dei numerosi eventi atmosferici avversi che hanno recentemente flagellato il paese. Tempeste di neve, piogge alluvionali e quant’altro. Poco importa che questi eventi non abbiano nulla a che fare con l’argomento clima che cambia, tanto basterebbe a spaventare a tal punto l’opinione pubblica cinese, da pretendere dalle autorità un atteggiamento più collaborativo nei confronti dell’imminente disastro climatico. Un’opinione pubblica coscienziosa ma anche pragmatica, se è vero che in un recente sondaggio l’80% di un campione di 2500 intervistati ha dichiarato di essere preoccupato dei cambiamenti climatici, mentre l’85% ha anche ammesso che sarebbe felice di poter acquistare un’automobile. Con queste premesse non stupisce che le intenzioni negoziali delle delegazioni cinesi siano animate dal seguente punto di vista: “Con quale diritto l’occidente pretende di limitarci? Inizino loro a ridurre le emissioni, rispettando gli accordi di Kyoto”.
Nel secondo si approfondisce ancora di più l’impegno della Cina nel settore delle rinnovabili, ipotizzando che questo potrebbe alla fine far da volano all’intero settore, spronando ad esempio anche gli Stati Uniti ad impegnarsi di più nello sviluppo di queste nuove tecnologie. Punto di vista interessante e probabilmente anche fondato. Peccato che l’articolo inizi con una serie di bufale colossali: dal giudicare velocissimo il ritmo del dissesto atmosferico, al raggiungimento del minimo dell’estensione dei ghiacci artici la scorsa estate, all’impressionante accelarazione del caos climatico, all’altrettanto impressionante effetto sempre più evidente degli eventi estremi: dall’alluvione di Messina alle sempre più frequenti trombe d’aria. Sono certo che chi ha scritto saprà che tutto questo non è vero. Posto che il dissesto atmosferico ed il caos climatico sono due concetti molto naif, ma del tutto privi di significato, se egli sa dirci qual’è il collegamento tra la variazioni del clima e quanto accaduto a Messina, oppure se si è messo a contare le trombe d’aria in Italia, avrei urgente bisogno per evidenti scopi professionali di essere informato al riguardo. Quanto ai ghiacci artici ahimè, la scorsa estate hanno avuto un’estensione superiore a quella dell’anno precedente, che incidentalmente aveva avuto un’estensione superiore a quella del 2007, quando, allora sì, è stato registrato il famoso minimo. Scrivere così però mi rendo conto che sia decisamente poco spaventevole. E allora sotto, giochiamo a chi le spara più grosse. Scommettiamo che sta per arrivare una nuova glaciazione? Quando? Non ne ho idea, ma non mi risulta che altri abbiano le idee più chiare.





Confermo: stiamo aspettando una nuova glaciazione, siamo sicuri che ci sarà … si tratta solo di aver pazienza!
😉