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Aumento del costo dei carburanti? Pago felice solo se è “carbon tax”

Nel periodo della Pasqua un evento ha preoccupato ed indignato molte persone, l’aumento del prezzo del carburante. Molti i colpevoli individuati: l’euro debole a causa dei disastrosi bilanci dei famosi paesi cosiddetti “pigs”, l’aumento del prezzo del petrolio, la rigidità della rete di distribuzione italiana, l’avidità dei petrolieri capaci di sfruttare a proprio favore l’oscillazione del prezzo del petrolio, l’enormità della percentuale delle accise sul prezzo del carburante (sulle quali si paga anche l’IVA), etc. Gli italiani non pagano prezzi tra i più alti d’Europa solo per i combustibili fossili acquistati presso i distributori di benzina, ma ad es. anche il gasolio per riscaldamento costa il 51% in più (1.164 EURO/litro in Italia contro 0.768 prezzo medio europeo, 0.574 il costo minimo in Lussemburgo). A parte gli “odiati” petrolieri ed il gettito dello Stato, nessuno sembra scorgere aspetti positivi della situazione.

Invece leggendo i sondaggi dovrebbero essere moltissimi i felici, almeno tutti i sostenitori della “carbon tax” (la “carbon tax” altro non è che una tassa sulle emissioni di CO2 ed è un meccanismo che, nelle sue intenzioni, dovrebbe scoraggiare chi utilizza i combustibili fossili; nella proposta europea di cui si era parlato nei mesi scorsi la sua applicazione sarebbe stata circoscritta a famiglie, trasporti e piccole aziende, cioè al 50 per cento delle emissioni che per il momento sono fuori dal controllo degli strumenti comunitari).

L’attuale aumento dei prezzi nei fatti, senza imposizioni ma “dolcemente”, dovrebbe dissuadere dall’uso dei combustibili fossili favorendo l’uso di tecnologie più efficienti e l’eliminazione degli sprechi, crea un gettito che finisce nelle casse dello Stato e ritorna ai cittadini come servizi. Gli stessi effetti richiesti a gran voce dagli ambientalisti italiani sostenitori della “carbon tax” di cui recentemente Sarkozy era divenuto paladino (forse perché rassicurato dall’alta percentuale di energia prodotta con il nucleare in Francia), finché i risultati delle ultime elezioni francesi non hanno trasformato questa sua idea in un’illusione.

Per un attimo però giochiamo un po’ con i numeri, non per dire cifre esatte, ma per fornire un’idea degli ordini di grandezza in gioco. Sarkozy, nonostante la bocciatura del consiglio costituzionale, prevedeva entro luglio 2010 di istituire in Francia una “carbon tax” del valore di 17 euro a tonnellata di CO2 (un milione di grammi). Un’auto che emette tra i 218 g/km di CO2 (di una BMW 335i) ed i 119 g/km (di una  Fiat Panda ECO),  avrebbe dovuto spendere circa 20 euro in più per percorrere rispettivamente 5397 Km o 9886 Km. Se la tassa dovesse essere estesa a tutte le emissioni in Italia, che ad esempio nel 2006 sono state pari a 567,9 milioni di tonnellate di CO2, l’introito sarebbe  indicativamente pari a 9,6 miliardi di Euro (per un raffronto sono di più delle stime di quanto rientrato con lo scudo fiscale che varrebbe “ben oltre 6 punti di prodotto interno lordo” portando ad un gettito relativamente di soli 4,7 miliardi). Viste le previsioni di incremento nelle emissioni nei prossimi anni, sarebbe un graduale affiancamento della tassazione del reddito con l’energia (tassazione che in passato ha lentamente abbandonato il patrimonio).

La sensazione è che se il prezzo dei carburanti aumenta per “salvare il pianeta malato” tutti sono d’accordo e contribuiscono “piacevolmente”, quando è il mercato (e/o altri fenomeni) a produrre gli stessi andamenti questi divengono molto più indigesti, nonostante generino per certi aspetti gli stessi effetti.

Sembra ripetersi quanto accaduto per alcuni sostenitori della “decrescita felice”, sempre presenti sui mass-media in tempi di vacche grasse, quando il problema su cui ci si accapigliava era come spartire il tesoretto (a proposito, che fine ha fatto?). Con l’arrivo della crisi economica e conseguente disoccupazione e povertà, anziché esultare paiono aver cercato posizioni meno esposte. Quando finalmente il destino sembra aver deciso di sperimentare le loro idee, quando si realizza quanto proposto per un mondo migliore possibile ma finora non capito dal popolo consumista e rintronato dalla televisione, in alcuni casi “i sogni” rischiano di trasformarsi in incubi poco gradevoli al momento che sono vissuti dalle persone sulla propria pelle.

Come visto nel caso della stima dell’incremento di costi per l’auto dovuto alla tassazione delle emissioni, dopotutto la “carbon tax” non comporta costi insostenibili per società ricche come quelle sviluppate. Il vero rischio è che la rivoluzione verde si traduca solo nel dover pagare delle tasse per fare le stesse cose che si facevano prima, sostenendo con gran parte dei ricavi la burocrazia che si creerebbe nella gestione di questo nuovo settore “verde”. Gli italiani con quanto pagano i combustibili a causa di accise e tasse varie, senza saperlo da tempo sborsano una cospicua “carbon tax” più di quanto sperava Sarkozy, quindi o con questo siamo divenuti un paese virtuoso dal punto di vista ambientale (nonostante quello che dicono gli ecologisti) oppure è inutile imporre altre tasse.

Una domanda però rimane; gli introiti della “carbon tax” dovrebbero servire solo ad incentivare le nuove tecnologie verdi (in realtà esiste già un contributo di questo tipo pagato nella bolletta dell’energia elettrica, leggete qui e qui), invece le semplici tasse pagate sul prezzo dei carburanti finanziano servizi generici al cittadino. Questo è vero, non c’è però da preoccuparsi, anzi creare una bolla temporanea di richieste solo dovuta agli incentivi a lungo termine non è mai stato benefico. Chi invece crede nella rivoluzione della “green economy” fatta di nuove tecnologie che aiutano la qualità della vita e sono veramente competitive, deve aver fiducia che nel tempo emergeranno: il cellulare, l’auto, il computer, la lampadina, gli elettrodomestici, l’energia elettrica, etc., all’inizio si sono diffuse senza incentivi e nonostante qualcuno fosse preoccupato per la presenza delle lobby delle poste, delle carrozze, delle macchine da scrivere, delle candele, etc. Quello che dovrebbe essere il “nuovo mondo” dovrà reggersi sulle proprie gambe, non può basarsi sugli incentivi come se fosse la sostituzione del decoder (mentre per diffondere la Tv non erano serviti).

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Published inAttualitàEconomiaNews

6 Comments

  1. davide bertozzi

    …a giudicare dal traffico che noto a tutte le ore,direi che il costo dei carburanti è ancora “molto basso”!!!
    Il sottoscritto si reca tutti i giorni al lavoro con la BICI (pur
    non avendo problemi economici),per cui ditemi voi come bisogna agi
    re contro il caro benzina,l’inquinamento,gli incidenti etc.

    • duepassi

      Caro Davide,
      poni questioni che richiederebbero risposte molto lunghe.
      Senza pretese di rappresentare altri che me stesso, proverò ad iniziare a risponderti.
      1. La bici
      lodevole ed esemplare il tuo comportamento. Andare al lavoro in bici ti fa onore, ma non potrei imitarti, per quanto l’avrei tanto desiderato. Vivo a Napoli, dove arrischiarsi in bici è una forma di tentato kamikazeismo. Se anche vivessi altrove, il tuo esempio sarebbe da seguire, per quelli che possono,
      ma
      realisticamente
      quanti sono impossibilitati ad imitarti, perché il posto di lavoro non è a breve distanza ? …o per altri motivi che ti lascio la fantasia di pensare.
      Mi associo dunque al tuo appello di usare quanto più possibile la bici, ma al tempo stesso sono convinto che i risultati saranno ahimè magri e poco consolanti. E non mi sento di biasimare chi non ci ascolterà.
      Secondo me.

    • duepassi

      driblo il problema caro-carburanti, per il quale non mi sento di avere qualcosa di particolarmente intelligente da dire, e sugli incidenti, sui quali mi astengo, perché il discorso ci porterebbe lontano,
      e passo al punto
      2. l’inquinamento
      problema spinoso, sul quale ho parlato più volte, ma non ricordo se su CM o altrove
      però vorrei ribadire che l’inquinamento è argomento ben diverso dalla lotta alla CO2.
      La parola “inquinamento” evoca sporcizia e veleni, ma, in questo senso, è, a parer mio, fuorviante, visto che viene usata per cose ben diverse, come l’inquinamento acustico (un rumore fastidioso prolungato, che però non sporca e non è velenoso) e l’inquinamento termico, che anch’esso non sporca e non è velenoso.
      Anzi la CO2 fa benissimo alle piante, che restituiscono proprio quell’ossigeno di cui abbiamo bisogno noi e forse il nostro buco dell’ozono che, al freddo gelido dell’Antartide, forse trarrebbe vantaggio da una maggiore disponibilità di ossigeno, che, dopo aver ricevuto tanta bella energia dal sole, ricombinandosi (ioni azoto permettendo), avrebbe occasione di formare più molecole di O3 (ozono).
      Quanto qui detto è però solo frutto di una mia personale idea, tutta da verificare, lo ammetto.
      Ma, stessero così le cose, mi pare che la CO2 sia qualcosa di ben diverso da quello che nell’immaginario della gente è un “inquinante”.
      Ma allora perché chiamarlo “inquinamnto termico” ?
      Perché la Scienza ufficiale ritiene che un aumento di temperatura porterebbe gravissime, catastrofiche conseguenze.
      Personalmente obietterei che anche una forte diminuzione di temperatura dovrebbe allora chiamarsi “inquinamento termico”.
      Ma mi domando se davvero per Canada e Siberia un aumento di temperatura porterebbe conseguenze così disastrose. Nella mia ignoranza mi sembrerebbe vero tutto il contrario.
      La mia è una voce piccola piccola, di poca importanza, ma vorrei metterti una pulce nell’orecchio, riguardo a quella parola “inquinamento” su cui, credo, il futuro dovrà fare maggiore chiarezza.

      Secondo me.

    • davide bertozzi

      …Imola ha una buona rete di ciclabili,per cui non trovo grossi
      problemi,inoltre il posto di lavoto dista circa 3Km.
      Non criticavo l’uso in sè dell’auto,ma spesso l’ABUSO(ho colleghi
      che devono percorrere meno di 1Km)ma il lamento pressochè continuo
      tipo:NON ARRIVO ALLA FINE DEL MESE!
      Un caro saluto dalla piatta EMILIA.

    • duepassi

      Al posto tuo andrei anch’io, e volentieri, in bici.
      In vita mia ho potuto andare in bici pochissime volte, ma quando ho avuto l’occasione l’ho fatto. Ho imparato ad andare in bici a 22 anni, a Minturno, e dopo una settimana un camion mi ha tagliato la strada, e mi son dovuto buttare nel fosso. Sono stato fortunatissino e non mi sono fatto niente, ma non ho avuto il tempo di prendere la targa di quel criminale. L’unica altra volta che ho avuto occasione, è stato nell’isola di Porquerolles, dove ho affittato delle bici. Vorrei che andare in bici fosse più facile (e meno pericoloso).
      Ricambio il saluto, da Napoli.

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