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Sudden warming, i modelli fiutano la preda

Tra tutte le dinamiche atmosferiche, probabilmente ce n’è una sola della quale si può discutere sia quando si parla di clima che quando si parla di tempo atmosferico. E’ lo Stratwarming o se si preferisce il Sudden Warming. Rispondendo ad un commento sull’ultimo post che abbiamo pubblicato su questo argomento, ho fatto proprio questa riflessione. Gli effetti del riscaldamento improvviso della stratosfera polare nell’inverno boreale sono infatti più che tangibili nello strato inferiore – la troposfera – e si traducono in tempo meteorologico nel breve volgere di poche settimane. Ma questi eventi, perdurando nel tempo, dalla fase iniziale a quella di recupero influenzano pesantemente un arco di tempo paragonabile almeno con una stagione. E questo è il clima. Certamente ne conosciamo altri, tanto per fare un esempio le oscillazioni dell’indice ENSO, però, forse per romanticismo, le teleconnessioni con i Sudden Warming sono più affascinanti. L’energia in gioco è enorme, i numeri stessi sono enormi, decine e decine di gradi di gradiente termico in pochi giorni, circolazione atmosferica completamente invertita e, aspetto interessante ed anche un pò comico, modelli deterministici nel panico.

Almeno fino a quando l’inevitabile diventa visibile anche ad occhio nudo. E’ quello che sta accadendo in questi giorni. Dopo aver a lungo seguito l’evoluzione di questo evento ed aver atteso che si propagasse nella troposfera, tre giorni fa abbiamo visto le prime corse dei modelli che cominciavano ad avvertire il cambiamento. Molte settimane di flusso ad elevato indice zonale, con treni d’onda che hanno martellato le coste europee, e poi ecco le correnti a matrice meridiana o, per dirla tutta, antizonale, far capolino alle scadenze più lunghe. Una situazione da prendere con le molle, perchè in condizioni normali quelle scadenze siamo abituati a considerarle quasi – mi si perdoni il termine – immorali. Ma l’inevitabile accadrà, l’Atlantico vedrà il suo anticiclone crescere a dismisura ed affacciarsi quasi fin sul polo, indebolirsi alla base e mantenere la pressione atmosferica su valori piuttosto bassi sul Mediterraneo occidentale. I primi segnali sul nostro paese saranno paradossalmente quasi tiepidi, con l’aria fredda che scivolerà sulle Alpi ed entrerà da ponente, risultando sufficiente a far tornare probabilmente un pò di neve sulla pianura padana, quindi, niente di eccezionale. Poi le correnti si disporranno finalmente da nord ed allora quella bassa pressione sul Mediterraneo ci piacerà un pò meno, perchè fungerà da attrattore, avrà un cuore relativamente caldo e potrà essere causa di forte contrasto con il flusso meridiano. Non è detto che accada con il primo impulso, cioè entro la prima decade di febbraio, ma con il secondo, verso la metà del mese, il rischio di neve a bassa quota anche sul Tirreno sarà molto più elevato.

E così, almeno per l’Europa, l’inverno percepito come freddo ma in realtà solo tiepido ed instabile, mostrerà il suo carattere come già accaduto in parecchie altre occasioni. Ma in fondo dall’altra parte dell’Atlantico non è andata molto diversamente. Non è un caso però che ce le ricordiamo tutte così bene, alle nostre latitudini e con la situazione a contorno che abbiamo è il clima temperato a farla da padrone, ed il freddo è per lo più un’eccezione. Mi chiedo infatti come deve essere stato qualche centinaio di anni fa quando sembra invece che fosse la normalità, durante la piccola era glaciale della perdurante assenza di attività solare. Pensiamoci un attimo, in questi mesi di piogge, temporali e qualche nevicata il nostro territorio è stato messo a dura prova. Ma adesso, rispetto ad allora, siamo efficacemente protetti ed aiutati dalla tecnologia e dalle infrastrutture. Certamente le nostre in particolare sono un pò malconce, ma comunque ci sono. Eppure hanno subito gravi danni. Ma in un inverno come questo, in che condizioni potrebbero essere state le vie di comunicazione tra le città feudali? E se alla pioggia, cioè al tempo brutto per molti mesi si fossero aggiunti bruschi abbassamenti della temperatura ed abbondanti nevicate? E questo è probabilmente accaduto per decine e decine di inverni consecutivi. Con il minimo solare.

Già, proprio come quello che abbiamo ora, lo scrivo a beneficio di qualche esperto di proiezioni climatiche che potrebbe non essersene accorto. Ma no, il sole non c’entra nulla, specialmente con gli Stratwarming. Ne siamo sicuri? Appena pochi giorni fa è comparso sul GRLun lavoro che aspettiamo di leggere con molto interesse. Il titolo di per sè è tutto un programma: “Sudden stratospheric warmings seen in MINOS deep underground muon data“. In pratica un team formato da ricercatori del NCAS (National Centre for Atmospheric Science – UK) e del STFC (Science and Technology Facilities Council– US), ha trovato un elevato indice di correlazione tra i raggi cosmici misurati in una miniera in disuso del Minnesota e gli eventi di rapido riscaldamento della stratosfera. In particolare, i cosiddetti muoni, raggi cosmici secondari che si producono dal decadimento naturale dei mesoni, sono soggetti a picchi proprio nelle fasi di sudden warming. Il riscaldamento dell’alta atmosfera, provocandone l’espansione e quindi la diminuzione della densità, permette il passaggio di una maggiore quantità di mesoni che, piuttosto che essere distrutti dall’impatto con le molecole d’aria in atmosfera possono naturalmente decadere e generare muoni. Sarà interessante vedere, con la pubblicazione definitiva dell’articolo, quante e quali misurazioni sono state effettuate. I risvolti di questa scoperta sono in effetti molto interessanti, perchè potrebbero aggiungere molte informazioni alla dinamica delle fasi iniziali di stratwarming. In effetti se come abbiamo detto anche di recente, spesso l’innesco sembra provenire dal basso, è anche vero che i primi a scaldarsi sono i piani più alti e poi il processo si propaga verso le quote inferiori. Chissà che per il prossimo stratwarming non si riesca a saperne di più. Per adesso dedichiamoci al presente ed all’immediato futuro, che si annunciano piuttosto interessanti.

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Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

16 Comments

  1. Antonio Federici

    Io sono d’accordo sul fatto che i modelli “fatichino” ad interpretare le relazioni che intercorrono tra stratosfera e troposfera… in caso di SW… e in special modo nel caso di un evento come quello appena trascorso in stratosfera… sono davvero poche le volte che i modelli hanno dovuto affrontare situazioni di tale spessore, e condivido il fatto che il tutto sia ancora molto empirico….
    Ma chiedo al col. Guidi a livello sinottico….e modellistico.. nelle varie uscite (run) come ci accorgeremo di questo cambiamento?
    il fatto che le ECMWF prolunghino l’antizonalità fino alla troposfera nel grafico della mean zonal wind… può già essere considerato un segnale riconducibile al MMW ed al suo lento propagamento in troposfera?

    Grazie…

  2. zolla

    ….un gran bel leggere, pieno di spunti e stimoli.
    Complimenti e grazie.
    Roberto.

  3. Salve Marcello,
    in questi giorni siamo un pò tutti presi dalla frenesia, perchè si stanno mostrando i primi segnali (pur molto tenui) del coinvolgimento dei piani troposferici nella dinamica di questo SSW. Appena qualche giorno fa eravamo più tranquilli perchè era in effetti giusto che in troposfera non si notasse nulla di strano, nè sui modelli nè, ovviamente nella realtà osservata. Ora che il processo è più maturo, vorremmo che questo si manifestasse nella sua interezza. In realtà, alla quota di contatto (diciamo sui 100hPa) tra i due strati, il processo è ancora in corso ed il promontorio sull’area Atlantica si vede solo nelle previsioni. E’ questa probabilmente la ragione per cui ad oggi i modelli deterministici troposferici sono ancora così, perdona il termine, ballerini, al punto da mostrare addirittura una vigorosa ripresa del flusso zonale alle medie latitudini per fine scadenza. Il punto è ovviamente che pochi gradi di longitudine nel posizionamento del promontorio faranno la differenza, però, la retrogressione sarà inevitabile, dopo il completamento del processo di SSW anche a bassa quota. La gran parte di queste convinzioni ha matrice empirica più che modellistica, dato che quanto stiamo facendo è ancora a livello embrionale. Quanto all’attendibilità della previsione, mentre quanto detto sin qui è frutto di anni di osservazioni, l’approccio deterministico ha purtroppo uno skill stabilmente basso alle lunghe scadenze (e lo dimostrano le configurazioni di segno opposto che stiamo vedendo di questi giorni).
    Dobbiamo aver pazienza, ad ogni modo, comunque vada, alla fine ne sapremo di più per la prossima volta.
    Grazie per il tuo prezioso contributo.
    Guido.

  4. marcello (stellon)

    buon giorno e complimenti per gli spunti interessantissimi degli articoli scritti sullo SW.

    Voleso sapere quali motivazioni inducono a pensare ad un coinvolgimento (n una seconda fase)più incisivo-freddo del mediterraneo, visto che i modelli non propongono per la bassa stratosfera nuove retreogressioni importanti del nocciolo siberiano del vp.

    Le analisi fatte scaturiscono da qualche vs. modello sperimentale?. E’possibile mostrare qualcosa di concreto, tipo anomalie termiche e/o gpt previste tra 10 e 20gg (tanto per fare un esempio).

    E perchè una previsione (sia pure di massima, espressa come linea di tendenza) a 15gg (o giù di li) dovrebbe avere maggiore attendibilità delle emissioni quotidiane dei modelli troposferici in balia dell’evento di SW?

  5. @ Sergio e Giuseppe
    Questo argomento ci ha incuriosito. Stiamo lavorando ad una analisi preliminare dei dati sugli Stratwarming occorsi dal 1958 ad oggi, per vedere se in qualche modo, possono essere messi in relazione con l’attività solare nel suo complesso. L’ipotesi più probabile in effetti l’hai già formulata Sergio, si tratta probabilmente di pre-condizioni. Quanto ai raggi cosmici, è probabile che possano essere impiegati come proxy data per investigare le fasi iniziali del fenomeno.
    Questo in qualche modo mi porta a rispondere anche a Giuseppe. Una parte di questa riflessione, più puramente sociologica che meteorologica, traspare anche da quanto ho scritto in questo articolo. Può darsi che esca fuori qualcosa anche per “immaginare” un eventuale comportamento stratosferico in epoche per le quali non si dispone di osservazioni dirette. Chissà, comunque come è andata sul serio non lo sapremo mai.
    gg

  6. Giuseppe Voltini

    Anche io ringrazio il col. Guidi, l’articolo è interessantissimo e all’avanguardia: chiarisce quello che è la frontiera attuale delle conoscenze sul Sudden Warming.
    A questo punto vorrei chiederti: sono stati fatti studi sulla possibile incidenza di tali fenomeni nel passato? non mi riferisco agli ultimi decenni ma ad almeno fino a 100- 150 anni fa. Ad esempio il famoso inverno del 1929 o l’anno senza estate del 1816 ( attribuito a polveri vulcaniche), oppure, ancora più indietro, la ” piccola era glaciale ” che tu hai citato possono in qualche modo essere correlati a Sudden Warming? Se non ancora è stato fatto, quali potrebbero essere le prove da ricercare che potrebbero aiutarci a chiarire come correlare tali situazioni alle situazioni meteo del tempo: in pratica , oltre alla paleoclimatologia.. è possibile abbozzare un progetto di paleometeorologia?
    Grazie ancora, Giuseppe

  7. Giuseppe Voltini

    Anche io ringrazio il col. Guidi, l’articolo è interessantissimo e all’avanguardia: chiarisce quello che è la frontiera attuale delle conoscenze sul Sudden Warming.
    A questo punto vorrei chiederti: sono stati fatti studi sulla possibile incidenza di tali fenomeni nel passato? non mi riferisco agli ultimi decenni ma ad almeno fino a 100- 150 anni fa. Ad esempio il famoso inverno del 1929 o l’anno senza estate del 1816 ( attribuito a polveri vulcaniche), oppure, ancora più indietro, la ” piccola era glaciale ” che tu hai citato possono in qualche modo essere correlati a Sudden Warming? Se non ancora è stato fatto, quali potrebbero essere le prove da ricercare che potrebbero aiutarci a chiarire come correlare tali situazioni alle situazioni meteo del tempo: in pratica , oltre alla paleoclimatologia.. è possibile abbozzare un progetto di paleometeorologia?
    Grazie ancora, Giuseppe

  8. Lorenzo Fiori

    Sono i meccanismi fisici e non tanto, o non solo, le ipotesi a dar valore ad una ‘teoria fisica’: in questo senso Sergio sei stato abbastanza chiaro sui meccanismi che coinvolgerebbero onde planetarie e SSW sebbene personalmente ne abbia una conoscenza minima.

  9. Giorgio 1940

    Grazie Guido!
    il vecchio “meteocontadino” attinge a piene mani da chi come te, ci gratifica di tanta scienza.
    Ciao,
    Giorgio-Rimini

  10. Sergio Musmeci

    Carissimi appassionati Guido Guidi e Lorenzo Fiori, sono contento di commentare insieme a voi questo bellissimo td. Da tempo mi occupo degli effetti dell’attività solare sul clima, studiando pubblicazioni scientifiche e cercando di riunire in un tutto organico le informazioni attraverso l’uso (confesso, forse non sempre con le competenze necessarie!) della statistica. Dopo tutti questi anni per me è difficile immaginare che il sole non abbia un ruolo attivo nelle varizioni climatiche e non solo sul lungo periodo ma anche sul breve termine (mesi). Come? Beh, un principale indiziato ce lo abbiamo sotto il naso questi giorni ed è proprio la stratosfera, o meglio il “coupling” tra stratosfera e troposfera. E’ l’ipotesi più ragionevole da fare! Sugli SSW ho qualche riserva, infatti il meccanismo è repentineo a tal punto, e così collegato inizialmente con le vicende troposferiche che difficilmente si può pensare che abbia in questo un ruolo da “protagonista”. Però, il sole potrebbe disporre situazioni più favorevoli o meno favorevoli per il breaking dell’onda troposferica entro la stratosfera o modulando l’intensità degli warming (o cooling). In quest’ottica, anche un silenzio anomalo della nostra stella in realtà potrebbe voler dire qualcosa…In assenza prolungata di attività solare le onde planetarie potrebbero risultare più pronunciate e meridiane, dunque chissà…I raggi cosmici e in particolare i muoni sono sì associati ai SSW ma sembrano (almeno per quello che ho capito) solo la conseguenza del SSW. D’altra parte questi giorni non ci sono stati aumenti improvvisi nei rilevamenti di CR delle varie stazioni). L’effetto più evidente inoltre sembra limitato ai livelli “underground”, questo perchè aumenta la frequenza dei muoni dotati di elevatissime energie. Risposte a questo commento sono graditissime!

    ciao e complimenti ancora

  11. @ Lorenzo
    Che i raggi cosmici possano essere l’origine degli Startwarming io non l’ho scritto, lo hai scritto tu. L’aver chiaro – se così sarà – il momento in cui il fenomeno ha origine, anche attraverso queste misurazioni, potrebbe favorirne la comprensione.
    In questo campo, tra le poche cose che so ci sono due certezze assolute, ovvero il divieto di utilizzare parole come “nulla più” e “di certo”. Aspettiamo semplicemente di poter leggere la ricerca per imparare qualcosa in più.
    Quanto alle dinamiche, c’è molta letteratura in giro, ma non ci sono testi (almeno a mia conoscenza) che facciano un punto di situazione. Sin qui è soprattutto l’esperienza nell’osservazione che genera le opinioni.
    Saluti, gg

  12. Lorenzo Fiori

    Il fatto che i raggi cosmici, e quindi l’attività solare, siano correlati con i Sudden Warming non vuol dire che sono la causa degli Stratwarming; anzi, dalla lettura dell’articolo sembrerebbero due cose a se stanti: quest’ultimi sarebbero solo un mezzo che favorirebbe la propagazione dei raggi cosmici al suolo sotto forma di muoni, nulla più….
    quindi non capisco bene dove vuole arrivare con la Teoria dell’ Attività Solare e Stratwarming:
    sembrerebbe appunto che questi abbiano un origine dal basso e di certo non può esserci alcun riscaldamento negli alti strati dovuta all’attività solare quando si sà che questa, con il vento solare associato, è attualmente al minimo…

    Comunque mi interesserebbe molto un libro di sinottica dove andare a studiare le varie dinamiche, ma mi sembra di aver capito che in realtà non esiste, o sbaglio?

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