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Mese: Luglio 2013

L’IPCC e la “manutenzione non programmata”

Il KNMI è l’Istituto Meteorologico Olandese, un faro per tutti quelli che si occupano a vario titolo di meteorologia e climatologia. Sulle loro pagine web, infatti, è possibile scaricare i dataset di praticamente tutte le variabili atmosferiche. Un esempio di trasparenza e attenzione quasi ossessiva alla libera circolazione delle informazioni. Una policy e uno sforzo che conferiscono autorevolezza all’istituto.

 

Qualche giorno fa, attraverso le pagine della Global Warming Policy Foundation, una fondazione che non ha mai fatto mistero di compiere azioni di lobbying sullo scetticismo climatico, è spuntato fuori un documento proveniente proprio dal KNMI. In appena tre pagine, gli esperti olandesi chiedono con forza all’IPCC di adeguarsi ai tempi, di mutare alcuni dei fondamentali principi istitutivi, di focalizzare meglio l’attenzione sulle problematiche regionali piuttosto che su quelle globali, di porre in essere procedure di definizione dei report più trasparenti, di rendere gli stessi report meno prolissi e più comprensibili. Insomma, una bella revisione che sebbene avviata, forse, come già suggerito dall’Inter Academy Council e riportato anche dal KNMI, avrebbe dovuto aver luogo in modo più completo ben prima di giungere alle fasi finali della pubblicazione del 5° report del panel di prossima pubblicazione.

 

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Criticità nelle curve di normalizzazione regionali utilizzate in Briffa et al. 2013

Circa un mese fa, qui su CM, è stato pubblicato un articolo in cui ho commentato un notevole lavoro del dr. K. Briffa et al. relativo alla revisione della cronologia delle serie di dati dendrocronologici desunti dallo studio di campioni (in vivo e sub fossili, cioè alberi morti di cui si conserva, generalmente, la parte più vicina al terreno) di larici siberiani raccolti nelle aree della penisola di Yamal e degli Urali polari russi.

 

Briffa et al., 2013 per estrarre dalle serie di dati raccolti il segnale climatico, ha fatto ricorso a delle curve di normalizzazione regionali (RCS). In occasione del mio precedente commento ebbi modo di sottolineare che queste curve rappresentavano un elemento di una certa debolezza nella trattazione di Briffa et al. 2013. Nelle settimane successive alla pubblicazione del post questi miei dubbi hanno trovato un’autorevole conferma in una serie di post del dr. Jim Bouldin che, in originale, possono essere liberamente consultati qui.

 

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Il riassunto di Nicola Scafetta

Nicola Scafetta, ricercatore della Duke University, ha pubblicato un nuovo paper su Energy & Environment e, puntualmente, me lo ha mandato.

 

Si tratta di un lavoro che riassume quanto faticosamente studiato e pubblicato nel corso degli ultimi anni, in sostanza un resumé di quella che Nicola stesso definisce la sua teoria sui cambiamenti climatici. Gli elementi salienti di questo paper sono per molti aspetti quelli che già conosciamo, ma che per la loro intrinseca complessità penso proprio che necessitassero di un approccio più divulgativo. Esattamente quello che Nicola Scafetta ha voluto fare con questo nuovo paper. Tra gli highlights:

 

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Un mese di meteo – Giugno 2013

Un giugno(*) 2013 altalenante, in cui le anomalie termiche positive delle seconda decade si sono affiancate ad anomalie termiche negative della prima e terza decade portando le temperature medie del mese su valori prossimi alla norma salvo locali anomalie negative specie sul centro-sud. A livello pluviometrico il settentrione manifesta una diffusa anomalia negativa che chiude così la lunga fase ad anomalia positiva che aveva marcato i mesi precedenti. Molto più variegata a livello pluviometrico si presenta invece la situazione al centro-sud.

 

In complesso si è assistito al transito di un totale di 5 perturbazioni principali (grandi saccature atlantiche o grandi depressioni mediterranee o fasi di variabilità perturbata).

 

Andamento circolatorio

 

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Chantal, Kerry Emmanuel e il Carpe Diem

Quella in corso dovrebbe essere una stagione degli uragani particolarmente attiva, spceialmente per l’area atlantica e quindi per la costa est degli USA e i paesi del Golfo del Messico. Almeno così recitava l’outlook della NOAA uscito a fine maggio, giusto pochi giorni prima dell’inizio nominale della stagione. Nel frattempo, altri centri di prognosi, allora in accordo con la NOAA, hanno rivisto leggermente al ribasso i loro outlook. Tra questi l’ECMWF, il centro di Reading al cui mantenimento partecipa anche il nostro Paese. Il modello di reading, tra l’altro, si è dimostrato parecchio più performante di quello della NOAA in occasione del passaggio dell’uragano Sandy, prevedendone con molto più anticipo la deviazione che poi lo avrebbe portato ad interessare le coste USA, sebbene scendendo allo stato di Post-Tropical Storm, cioè sotto la categoria 1 della scala Saffir Simpson, usata appunto per misurare l’intensità di questo tipo di eventi.

 

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Tuning: Il potere delle manopole

Ehm…no, quello nella figura è un altro genere di tuning. La temperatura sale oltretutto molto di più che con il riscaldamento globale, ma è meglio lasciar perdere. Ricominciamo.

 

Con il termine tuning si definisce anche la scelta dei valori da assegnare a quei parametri inseriti in un modello che non possono essere risolti autonomamente dal modello stesso per problemi di scala spaziale, come è il caso ad esempio della convezione nei modelli atmosferici, o per impossibilità di replicarne efficacemente tutti i meccanismi fisici, come è il caso ad esempio della sensibilità climatica per i GCM (global circulation models). Qui, per esempio, un paper che affronta questo tema.

 

Un giro di vite di qua, un altro di là e, se tutto va bene, il modello è pronto per essere lanciato indietro nel tempo, cioè per vedere se riproduce efficacemente il passato. Un eventuale successo di questa operazione non necessariamente è garanzia di successo per il futuro, sebbene questo sia il solo metodo possibile per testarne l’efficacia, al di là dell’ovvio riscontro con la realtà man mano che il modello invecchia.

 

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Duri di comprendonio

Non saprei come altro definirli i nostri media. In una delle nostre ultime discussioni è apparso un commento con il link, che definirei molto appropriato, all’ultima prodezza del solito ignoto redattore di corriere.it. Si tratta di poche righe scritte per rilanciare il report dell’OMM, massima autorità meteorologica mondiale, che riassume quanto accaduto dal punto di vista climatico e meteorologico negli ultimi dieci anni.

 

 

Neanche a dirlo, l’accento è andato sul fatto che l’OMM dichiara che gli ultimi dieci anni sono stati i più caldi da quando si fanno misure oggettive e che ci sono state circa 370.000 cadute vittima di eventi atmosferici. Un disastro nel forno praticamente. Forse però, i nostri amici del corriere, così come tutti quelli che riprenderanno entusiasticamente questo lancio nei prossimi giorni, dovrebbero andare a leggere quel report. Così facendo scoprirebbero nell’ordine che l’OMM:

 

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Tecnologia e Agricoltura – Spunti di Riflessione dallo Speciale di IEEE Spectrum

Tecnologia e agricoltura: associare i due termini è del tutto spontaneo per l’agronomo ma lo è assai meno per il comune cittadino, vittima dei luoghi comuni del naturale, del biologico, del biodinamico, del chilometro 0, della tradizione, dei buoni cibi di una volta, ecc. E così mentre è chiaro a tutti che sarebbe tecnicamente improponibile ed oltremodo pericoloso realizzare un’automobile con la tecnologia di fine ‘800, lo stesso concetto di “improponibilità tecnica” e “pericolo per la salute” fatica non poco ad essere avvertito in relazione alle filiere agro-alimentari, anche perché le stesse ditte tecnologicamente più avanzate usano i concetti di naturale e pre-tecnologico come strumenti di marketing dei propri prodotti (un esempio per tutti: il “mulino bianco” di Barilla) contribuendo non poco al proliferare di miti e luoghi comuni. In proposito occorre dire in modo netto che è l’agricoltura tecnologica a sfamare il mondo, gran parte del cibo di cui si nutre l’umanità essendo oggi prodotto in aree ad agricoltura tecnologica evoluta quali Usa, Canada, Australia, Europa, Brasile ed India. Inoltre gli esseri umani al di sotto della soglia di sicurezza alimentare sono circa 900 milioni secondo FAO, cifra rimasta pressoché invariata in termini assoluti dagli anni ’60 ad oggi ma che in termini relativi è scesa dal 35% dell’umanità del 1970 al 15% attuale. Per intenderci sono usciti da una cronica insicurezza alimentare i giganti asiatici Cina ed India e la stessa Africa mostra segnali significativi di progresso nell’autosufficienza alimentare. All’ottimismo dovrebbero spingere inoltre i dati in figura 1 ed il fatto che l’outlook FAO del marzo 2013 preveda un raccolto di frumento per l‘anno in corso di ben 690 milioni di tonnellate (28 milioni di tonnellate in più del 2012; il secondo raccolto record di sempre).

 

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