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Tag: Copertura nevosa

La serie storica di copertura nevosa dell’emisfero nord e il cambiamento climatico brusco del 1987

Giorni orsono Guido Guidi, nel post dedicato all’ottobrata ed al nuovo indice circolatorio OPI, ha segnalato un  sito della Rutgers University dedicato alle coperture nevose. In tale sito, alla pagina, è presente una interessante tabella che riporta i dati mensili di fonte NOAA delle superfici innevate nell’emisfero boreale per il periodo 1966 – 2013 su cui ho mi è parso interessante condurre alcune analisi del tutto preliminari di cui qui sotto riporto i metodi impiegati ed i risultati ottenuti.

 

Anzitutto per ragioni di qualità dei dati (i dati dei primi anni solo parzialmente presenti e con alcuni spikes), ho preferito analizzare i soli dati dal gennaio 1973 al dicembre 2012. Da tali dati mensili ho ricavato gli innevamenti medi annuali espressi in milioni di kmq. Le medie, ad una prima analisi visuale, mostrano la presenza di un evidente discontinuità (alias change point, alias breakpoint), con l’innevamento che cala drasticamente a decorrere da fine anni ’80. Per sostituire all’analisi visiva un criterio più oggettivo ho applicato il test di Bai e Perron presente nel software Strucchange di R Cran e che è deputato all’individuazione di discontinuità singole o multiple. Il test, i cui risultati sono illustrati in figura 1,  individua un’unica discontinuità che con una confidenza del 99% ricade fra l’aprile 1986 ed il settembre 1988 (linea orizzontale rossa) e che ha come momento più probabile di accadimento il marzo 1987. Il livello  di confidenza molto alto (99%) ed il fatto che la banda di confidenza sia così ristretta rendono il test assai probante. Si noti che in virtù del “gradino” del 1987 la nevosità media annua passa dai 25.6 milioni di kmq del periodo gennaio 1973- marzo 1987 ed i 24.7 milioni di kmq del periodo aprile 1987-dicembre 2012.

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Ai nastri di partenza una nuova fase climatica? – Parte II

Con il precedente articolo abbiamo osservato gli andamenti dell’anomalia della temperatura globale, l’anomalia della copertura nevosa dell’emisfero nord negli ultimi quattro mesi e l’anomalia della copertura nevosa in zona euroasiatica a partire dal 1967.

 

La temperatura globale a partire dal 1880 (inizio serie del dataset dell’NCDC) ha subito due aumenti importanti, il primo tra il 1912 e il 1944 (32 anni) e il secondo tra il 1977 e il 1998 mantenendosi tale fino al 2010 (33 anni). Tra il 1944 e il 1977 (33 anni) si è invece osservato un periodo in cui le temperature hanno subito una lieve flessione. Per quanto riguarda la copertura nevosa in zona euroasiatica abbiamo osservato una tendenza netta alla diminuzione dal 1967, inizio serie, fino al 1990-1991. A seguire, pur rimanendo sostanzialmente sotto media, si è registrata una tendenza ad una timida ripresa.

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Ai nastri di partenza una nuova fase climatica?

Con questo articolo, diviso in più parti, a dire la verità non cercheremo di fornire una risposta certa alla domanda posta nel titolo ma cercheremo di indicare alcuni dei molti elementi che certo non aiutano a dipanare con successo la teoria del global warming per causa antropica.

 

Come noto il riscaldamento globale che interessa il nostro pianeta è iniziato attorno alla metà del 1800 (questo bisogna ricordarlo perché spesso lo si attribuisce erroneamente solo all’ultimo trentennio) quando la copertura glaciale giunta alla sua massima estensione iniziò una nuova fase di regressione che in maniera tutt’altro che omogenea continua anche nei nostri giorni (vedi, ad esempio, la discrasia della massa glaciale tra Artico e Antartico). Il periodo compreso tra il XVII secolo e il XIX secolo, nella sua massima eccezione, è stato comunemente chiamato Piccola Età Glaciale e il clima ha subito un raffreddamento rispetto al precedente periodo e all’attuale periodo. In letteratura vi sono numerose ricerche che dimostrano come il raffreddamento intercorso in quei due secoli ha coinvolto l’intero pianeta e certamente non attribuibile a fattori di ambito locale.

 

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Meno ghiaccio ma più neve: variabilità stagionale o climatica?

Alcuni giorni fa su Science Daily è comparso il commento ad un nuovo paper pubblicato sui PNAS tra le cui firme compare anche Judith Curry. Il lavoro è interessante, sebbene a prima vista potrebbe sembrare uno dei soliti lavori di sostegno all’ipotesi AGW.

Impact of declining Arctic sea ice on winter snowfall – PNAS – Jiping Liu et al., 2012

In effetti non dobbiamo essere stati i soli ad avere questa prima impressione, tanto che un media australiano ha subito risolto l’equazione titolando: Il riscaldamento globale sta rendendo il mondo più freddo. Sommersi dalle risa dei lettori, hanno poi velocemente cambiato il titolo del pezzo: Lo scioglimento dell’Artico causa inverni più nevosi in Europa e negli USA. A seguire la BBC, con il noto giornalista scientifico devoto alla causa della catastrofe climatica, Richard Black, che ne ha fatto subito una prova di disastro alle porte: L’Artico che si scioglie è collegato a inverni freddi e nevosi in UK.

Vediamo di cosa si tratta.

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