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Tag: Vapore acqueo

La natura è in grado di auto regolarsi!

L’affermazione contenuta nel titolo sembra paradossale in quanto ovvia. Questa ovvietà, però, è sempre stata messa in dubbio da coloro che sostengono che il nostro Pianeta, per cause antropiche, è destinato a finire arrosto. Ora sembra che qualcuno stia cambiando opinione.

 

Il prof. L. Mariani in alcuni suoi post ed in molti commenti ha sempre sostenuto che i modelli climatici trascurano gli effetti dell’evaporazione e, quindi, del vapore acqueo nell’atmosfera. Egli sostiene, se non ho mal interpretato il suo pensiero, che una maggiore evaporazione e successiva condensazione del vapore acqueo, sono in grado di mitigare l’effetto riscaldante dei gas serra. Oggi, “passeggiando” in rete mi sono imbattuto in un comunicato stampa della Hebrew University di Gerusalemme ripreso anche da Science Daily  in cui si sostiene il ruolo raffrescante del vapore acqueo.

 

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Il Global Warming c’è, sopra le nuvole

L’immagine in testa a questo post, sebbene piuttosto nota a chi ci segue abitualmente, necessita di una spiegazione per i non addetti ai lavori. Tutte quelle linee colorate si chiamano in gergo ‘spaghetti’ e ognuna rappresenta l’uscita di un modello climatico globale sulle temperature della media troposfera intertropicale. La linea nera un po’ più grande è la media di tutti i modelli. I quadratini sono invece le osservazioni ricavate dai palloni sonda e i cerchietti infine quelle rilevate dalle sonde satellitari.

 

Quelli rappresentati sono i modelli utilizzati per il 5° report IPCC, forzati con uno scenario delle emissioni (rcp8.5) in cui nulla o quasi viene fatto per abbatterle, cioè con un aumento della concentrazione di CO2 molto veloce e significativo (qui sugli rcp). Appare chiaro che non c’è un modello che riesca ad avvicinarsi efficacemente alla realtà osservata, specialmente in questi ultimi tre lustri. Da notare che se la realtà delle temperature globali è ben lontana da quella prospettata dai modelli, la concentrazione di CO2, nonostante i molti sforzi comunque quasi tutti nominali e inefficaci, continua a crescere senza dar segni di rallentamento. L’unica eccezione l’hanno fatta segnare i primi due anni della crisi economica mondiale.

 

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L’umidità fa male alle ossa…dei catastrofisti

Per far camminare le auto ci vuole il carburante, normalmente fossile. Molto più raramente e, più specificatamente negli ultimi tempi, si vedono in giro auto che impiegano la propulsione elettrica. Se ibride, con l’ausilio – e molto minor consumo – sempre di combustibili fossili, se elettriche pure, con energia fossile più o meno pura anche in quel caso, perché l’elettricità deve comunque essere prodotta. Insomma, per avere a disposizione dell’energia di movimento, ci vogliono grandi quantità di energia termica. E, purtroppo, quella immessa nel sistema è sempre molto superiore di quella utilizzata con efficienza.

 

Il clima e il tempo atmosferico funzionano allo stesso modo. Il sistema riceve energia termica e si mette in moto, producendo gli eventi atmosferici. In atmosfera il vettore di questo calore è il vapore acqueo, che però, essendo anche il più potente dei gas serra, ha anche un ruolo determinante nel modulare la quantità di calore disponibile. In modo molto poco ortodosso, si potrebbe dire che il vapore acqueo decide “da solo” quanto calore avrà da trasportare e quanto ne renderà disponibile per far muovere gli eventi atmosferici. Ma, con le temperature che aumentano o, meglio, sono aumentate, in atmosfera c’è maggiore disponibilità di vapore acqueo, quindi più energia disponibile e più effetto serra, quindi anche temperature che dovrebbero aumentare ancora.

 

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Meno ghiaccio ma più neve: variabilità stagionale o climatica?

Alcuni giorni fa su Science Daily è comparso il commento ad un nuovo paper pubblicato sui PNAS tra le cui firme compare anche Judith Curry. Il lavoro è interessante, sebbene a prima vista potrebbe sembrare uno dei soliti lavori di sostegno all’ipotesi AGW.

Impact of declining Arctic sea ice on winter snowfall – PNAS – Jiping Liu et al., 2012

In effetti non dobbiamo essere stati i soli ad avere questa prima impressione, tanto che un media australiano ha subito risolto l’equazione titolando: Il riscaldamento globale sta rendendo il mondo più freddo. Sommersi dalle risa dei lettori, hanno poi velocemente cambiato il titolo del pezzo: Lo scioglimento dell’Artico causa inverni più nevosi in Europa e negli USA. A seguire la BBC, con il noto giornalista scientifico devoto alla causa della catastrofe climatica, Richard Black, che ne ha fatto subito una prova di disastro alle porte: L’Artico che si scioglie è collegato a inverni freddi e nevosi in UK.

Vediamo di cosa si tratta.

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