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Open access o circuito chiuso: dove va la comunicazione scientifica?

É iniziata una rivoluzione, almeno così la pensano sull’Economist. Pare infatti che l’impero dell’editoria scientifica, saldamente fondato sulla necessità di pagare per leggere le pubblicazioni, sia destinato al declino.
Da qualche anno, infatti, complici la rete e la tecnologia che la assiste, stanno prendendo corpo diverse forme di divulgazione formalmente indipendenti, ovvero non soggette ai diktat degli editori e, naturalmente, liberamente accessibili.

Il processo, come detto, é iniziato da un po’, ma nei giorni scorsi sono accadute due cose molto importanti. Il 16 luglio il governo inglese ha annunciato che a partire dal 2013, tutte le pubblicazioni scientifiche che siano frutto di ricerca finanziata pubblicamente dovranno essere liberamente accessibili. Il giorno dopo l’Unione Europea ha preso una analoga decisione, decidendo di farsi carico degli oneri di disponibilità delle informazioni dovuti alle riviste scientifiche. Oneri che attualmente sono assolti singolarmente da quanti desiderano avere accesso alle pubblicazioni – situazione occasionale ma ad esempio attinente spesso al sottoscritto – oppure dalle università e dagli enti di ricerca, che pagano e rendono il materiale accessibile agli accademici.

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Published inAttualità

5 Comments

  1. […] Vedremo, può anche darsi che il paper appaia sul web, come pare andar di moda recentemente. […]

  2. […] si dice la coincidenza. Soltanto ieri abbiamo pubblicato un post in cui si affronta il tema molto controverso del rapporto tra l’editoria scientifica […]

  3. donato

    Qualche mese fa ho avuto modo di esprimere, in due articoli pubblicati qui su CM, il mio pensiero in merito al futuro della pubblicazione e della comunicazione scientifica: http://www.climatemonitor.it/?p=21585 e http://www.climatemonitor.it/?p=22195 .
    Oggi scopro che il dibattito sulla questione ormai ha travalicato i limiti della discussione tra specialisti ed è approdato nelle Aule legislative nazionali ed internazionali. Ho la netta impressione che la comunicazione scientifica del futuro sarà completamente diversa da quella che conosciamo oggi. Internet ha globalizzato anche il mondo della ricerca scientifica e quello della revisione paritaria. Come scrive l’Economist, in futuro la revisione avverrà alla luce del sole in spazi virtuali completamente diversi da quelli che conosciamo oggi. Non so se questo fatto sarà positivo o negativo, sarà la storia ad esprimere il suo insindacabile giudizio. So solo che dovremo abituarci a questo nuovo modo di procedere. Anche tra gli addetti ai lavori il vento sta cambiando e sono sempre più i ricercatori che reputano positive le discussioni libere, anche sui blogs, in quanto consentono di individuare nelle pubblicazioni gli errori più grossi consentendo di apportare le modifiche necessarie a rendere il lavoro più rigoroso. Ho letto, in particolare, che mille occhi (i lettori dei lavori liberamente accessibili) vedono meglio di due (quelli dei revisori incaricati dalle riviste).
    Qualche giorno fa si discuteva del fatto che il lavoro di D. Koutsoyiannis et al. non era stato assoggettato alla revisione paritaria per cui valeva poco meno di niente. V. Venema, in particolare, lo aveva massacrato nel suo blog. Oggi Fabio ci fa sapere che, in una presentazione alla stampa, altri ricercatori sono giunti quasi alle stesse conclusioni. Un altro lavoro eseguito da una ricercatrice australiana, poco tempo fa, fu ritirato di corsa dalle pagine di una rivista scientifica on-line in quanto dei commentatori (non revisori professionisti) avevano individuato grosse carenze metodologiche e formali. Le critiche più forti e più fondate ai lavori di M. Mann e di altri climatologi sono arrivate da statistici come McIntyre e non dai revisori paritari. Come si vede la “revisione parallela” dei lavori scientifici già opera in modo piuttosto profondo nel mondo della comunicazione scientifica. Io credo che questo modo di procedere prenderà sempre più piede sconvolgendo definitivamente gli equilibri che si sono consolidati. Apprestiamoci, quindi, ad assistere a questa rivoluzione epocale. Sperando che dia buoni frutti, ovviamente.
    Ciao, Donato.

  4. Fabio

    Spero di non essere troppo fuori tema, ma a proposito di comunicazione, anzi divulgazione scientifica:
    il noto blog USA http://wattsupwiththat.com/2012/07/29/press-release-2/
    ha pubblicato un lavoro di revisione delle modalità di elaborazione delle temperature nelle stazioni meteo USA, secondo il quale metà dell’incremento di temperatura rilevato negli Stati Uniti tra il 1979 ed il 2008 è in realtà fittizio, dovuto ad errori vari.
    Errori del genere fanno venire il legittimo sospetto che problemi analoghi si siano verificati anche altrove sul nostro pianeta, ad esempio nella nostra cara vecchia Europa.
    Mi chiedo se ora i mezzi di comunicazione daranno a questa notizia (vera) lo stesso spazio riservato al (fasullo) scioglimento dei ghiacci in Groenlandia.
    Attendo con curiosità anche un vostro acuto (come sempre) articolo di commento.

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