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La bacchetta magica

Quella di Harry Potter è di sambuco. Si accettano suggerimenti sul materiale di cui possano essere quelle che ci si propone di usare in Giappone e, forse, anche in Germania.

L’IEA (International Energy Agency) ha pubblicato i preliminari di un report dal quale si comprende come una riduzione del 50% del potenziale di sviluppo dell’energia nucleare nel mondo avrà impatto sui programmi di riduzione delle emissioni in chiave di contenimento dell’impatto antropico sul clima. Qui, sul Financial Times un’analisi preliminare di quanto sostenuto dallagenzia. Il titolo è eloquente: “IEA: Il mondo ha bisogno del nucleare”.

Per chi potesse pensare che non si dovrebbe chiedere mai all’oste se il vino è buono, rammentiamo che l’IEA si occupa di tutte le fonti energetiche ad eccezione del nucleare, per la quale esiste l’IAEA, altra agenzia intergovernativa. Tutte e due sono state fondate dall’OCSE. La prima fa capo all’OCSE, la seconda all’ONU.

Da questo post di Roger Pielke Jr, arriva qualche notizia su quello che dovrebbe fare il Giappone qualora desse seguito alle intenzioni espresse dal suo Primo Ministro di abbattere drasticamente la percentuale di energia prodotta dall’atomo. In tempi non sospetti, cioè prima del disastro di Fukushima, lo stesso Pielke aveva fatto due conti su cosa sarebbe stato necessario fare nel paese del sol levante per ridurre del 5% la propria quota di emissioni:

  • Costruire nove nuove centrali e aumentarne la percentuale di efficienza dal 60 all’80%
  • Installare 5 milioni di kW di energia eolica
  • Installare pannelli solari su 5,3 milioni di case (circa il 2000% di quanto avviene ora)
  • Aumentare la quota di nuove abitazioni che soddisfino stringenti standard di efficienza energetica dal 40 all’80%
  • Aumentare la quota di veicoli nuovi di nuova generazione dal 4 al 50%.

Venute meno le nove nuove centrali per raggiungere questo obbiettivo ci vorrebbero 10,000 nuove turbine da 2.5 MW. Per arrivare al 25% il tutto si moltiplica per cinque. Ma non basta, perché dovrebbe essere sostituita anche la quota parte attualmente prodotta con il nucleare e a questa si dovrebbe sommare quanto manca per arrivare al 50% del fabbisogno prodotto da fonti rinnovabili. Totale, un po’ meno di 80.000 torri eoliche. Una foresta.

Con tutto il dovuto rispetto, avendoli visti riparare centinaia di chilometri di strade distrutte dal recente catastrofico terremoto in pochi giorni, c’è da aver fiducia nelle loro capacità. Anche perché, purtroppo, le notizie che arrivano dalla centrale di Fukushima sono tutt’altro che buone, diciamo pure pessime.

Tutto questo arriva, tra l’altro, all’indomani della pubblicazione del Summary for Policy Makers dell’ultimo special report dell’IPCC sulle fonti rinnovabili. Tra numeri ottimistici e scenari tutti da verificare (anche perché la vecchia abitudine di pubblicare prima i riassunti per i decisori e poi i report veri e propri non se la sono tolta ancora), si legge tra le righe che la tecnologia per raggiungere degli ipotetici obbiettivi di mitigazione del forcing antropico intorno a 450 ppm di CO2, semplicemente non l’abbiamo.

Abracadabra.

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Published inAttualitàEnergiaNews

7 Comments

  1. Filippo Turturici

    La IAEA è un’agenzia internazionale, formata da tecnici e scienziati di tutto il mondo, con decenni di esperienza sulle spalle che comprendono anche gravissimi incidenti. Rilascia quasi quotidianamente un bollettino su Fukushima, dove presenta sia la situazione nella centrale che la contaminazione dell’ambiente circostante. La fusione parziale del nocciolo del reattore 1, ad esempio, è un evento pubblicamente noto da diverse settimane.
    Do atto delle migliori intenzioni a Greenreport, nonché della moderazione dell’articolo: ma in questo caso, l’IAEA è “di parte” quanto un congresso di astronomi che sostiene che sia la Terra a girare intorno al Sole. Non stiamo infatti parlando della Tepco, che gestisce l’impianto.

    • Filippo Turturici

      Infine, la sindrome cinese è un evento teorico, ma che nella realtà non è ancora mai accaduto: ad esempio a Chernobyl (1986) la totale fusione del nocciolo non portò allo sprofondamento completo, dato che il materiale fuso si “fermò” formando una crosta esterna solida, e rimanendo lì a raffreddarsi. Si hanno comunque altri esempi di meltdown, gestiti con successo come a TMI (1979), ma anche nei reattori di ricerca o nei sottomarini nucleari.

  2. Maurizio Rovati

    A me non sembra che da Fukushima arrivino brutte notizie.
    Se così fosse avremmo il mostro in prima pagina e poi il report dell’IAEA non parla di aggravamento ma di costante ripresa del controllo seppure sa situazione “rimane molto seria”. Sembra anche che sia stato consentito il ritorno temporaneo ad alcuni residenti nella zona evacuata per prendere le proprie cose e sistemare le abitazioni.
    I danni al combustibile nei reattori sono da valutare ma non c’è nessun accenno a una sindrome cinese, i vessel sono tutti integri e le perdite di acqua radioattiva sono dovute a rotture di guarnizioni nei circuiti di raffreddamento. Si continua ad immettere acqua nei reattori per contenere la temperatura. Il reattore 1 è ancora pressurizzato mentre il 2 ed il 3 sono a pressione atmosferica per via delle perdite nei circuiti di raffreddamento. Le barre di combustibile nei reattori sono ancora per metà circa immerse in acqua. Il reattore 4 non contiene combustibile ma quello esaurito presente nella piscina deve essere raffreddato con acqua pompata dall’esteno. I reattori 5 e 6 non hanno problemi.
    I trasferimenti di acqua radioattiva dai basamenti delle turbine verso i condensatori sono iniziati da giorni.
    Non è come rifare una strada, la gente che lavora deve essere protetta e sicura e ogni azione deve essere misurata. Ci vorrà molto tempo, penso un anno come minimo. Tra 6 mesi probabilmente potremo dare una valutazione anche per le cose che oggi non sono ancora chiare sullo stato del combustibile nei reattori.

    http://www.iaea.org/newscenter/news/tsunamiupdate01.html

    Reply
    Maurizio che ti devo dire? Il link lo hai letto no?
    gg

    • Maurizio Rovati

      Guido, ho letto il link, è di greenreport e scrive giustamente il suo parere sulla faccenda.

      Potendo scegliere, preferisco il parere dell’IAEA, sia come obiettività che come qualità dell’informazione.

      Se i due sono contrastanti non ho molti dubbi su quale rappresenti meglio la realtà di Fukushima.

      Purtroppo IAEA è in inglese…

    • Filippo Turturici

      GG, devo dar ragione a MR. Il detto di “chiedere all’oste se il vino è buono” dimostra la malafede del cliente, non il contrario: purtroppo in Italia, o almeno in una parte di essa, c’è da sempre una sfiducia verso ogni istituzione che è solo parzialmente motivata, e che porta a pensare che tutti cerchino di ingannare tutti, anche senza apparente motivo. Nel mondo anglosassone (dove, secondo Adam Smith, all’oste conviene servire la birra buona affinché il cliente torni) tale atteggiamento è definito “complottismo”. Inoltre, se è vero che le opinioni sono tutte uguali, è altrettanto vero che i dati non sono opinioni e non vanno trattati come tali (c’è differenza anche tra dati e proiezioni/previsioni).

      Reply
      Filippo, non ho replicato perché sono d’accordo anche io. E’ anche vero però che le informazioni ufficiali hanno spesso tardato ad arrivare, mentre le cosiddette fonti secondarie le avevano già anticipate. Nessun complottismo, solo bisogno di capire, pur rendendosi conto che questo per molti mesi non sarà possibile.
      gg

    • Filippo Turturici

      Bisogna però fare attenzione. Le fonti ufficiali hanno anch’esse bisogno di conferme; quelle ufficiose, possono liberamente inclinare al “catastrofismo”. E non tutte le notizie di fonti “alternative” si sono rivelate corrette, ed in alcuni casi nemmeno tecnicamente fondate. Faccio poi l’esempio di quanto successo settimane fa: la Tepco diffuse immediatamente una lettura di radioattività incorretta ed esageratamente elevata, che faceva temere il peggio (in realtà si rimaneva comunque lontani dai valori riscontrati a Chernobyl presso il reattore); per poi correggere il valore al ribasso, e scusarsi per il panico generato.
      Purtroppo, la “lotta” fra tecnici/scienziati e giornalisti, vede i primi spesso in svantaggio sul piano dell’immagine.

  3. gbettanini

    Nel summary del Report IPCC ci sono un sacco di scenari e forchette di variazione immense (e.g. tra 5 e 25 EJ prodotti da eolico nel 2030), son d’accordo che facendo previsioni in questo modo è ‘very likely’ azzeccarci.
    Solo qualche sparuto scenario dà previsioni ottime per le energie pulite (80% di penetrazione nel 2050), ma è quanto basta per ben figurare sui giornali e garantirsi un buon ‘effetto annuncio’, in realtà il grosso delle previsioni IPCC rimane su valori simili a quanto previsto negli scenari IEA, secondo cui nel 2035 ricaveremo ancora il 74% dell’energia primaria da fonti fossili… ma tanto il report lo leggono 4 gatti, quel che conta è l’impatto mediatico.

    P.S. Se ricordo bene la IAEA è un’agenzia ONU non OCSE.

    Reply
    Corretto grazie.
    gg

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